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Le origini della lingua italiana




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Le origini della lingua italiana


La notevole frammentazione politica della penisola comportò a partire dal 8° e 9° secolo D.C., che nelle questioni amministrative e giuridiche dei singoli stati italiani si andasse affermando con insistenza l'uso scritto di nuovi idiomi derivati fondamentalmente dalla lingua latina.

Come dalla storia dell'alto medioevo, la caduta dell'impero romano (476 D.C.), coincise dal punto di vista culturale con un processo di rapido ed irreversibile disgregamento linguistico dell'unità sociale costituita dalla lingua latina.

Ben presto il vecchio idioma romano si andò a modificare assumendo forme nuove nelle diverse province d'Europa come: La Germania - La Francia - La Spagna - L'Inghilterra.

Queste erano amministrate e governate da sovrani di stirpe germaniche i quali ritennero di dover assimilare dalla cultura e dalla civiltà che gli aveva preceduti l'uso ufficiale della lingua che tale civiltà aveva espresso.

Ma, se nei ranghi politici e sociali più elevati dei regni barbarici la lingua e la civiltà degli antichi romani aveva notevolmente fatto "breccia", viceversa le popolazioni appartenenti ai ceti umili lentamente acquisirono nell'uso vivo nuove varietà linguistiche dette volgari.

Intorno all'anno mille, nell'Europa Occidentale pertanto la compresenza di una cultura e di una lingua dotte e di una cultura e di una lingua popolare assai diversificate e notevolmente complesse perché risultato di stratificazioni culturali originate da tradizioni linguistiche arcaiche, da forme grammaticali latine e da trasformazioni nuove operate spontaneamente dai membri delle comunità cittadine ed agricole.

Proprio a motivo di controversie rurali tra legittimi possessori di terre, la Storia del volgare italiano presenta un documento redatto con certezza nel marzo del 960 D.C.

Tale documento fu redatto da giudici che operavano presso l'abbazia di Montecassino.

Si tratta in effetti di una sentenza, o alla latina, di un placito.

In questa sentenza, ribattezzata dagli studiosi placito captano, in un volgare che ricorda con insistenza i dialetti del basso Lazio, si attribuisce in via definitiva la proprietà di terre contese tra la stessa abbazia ed uno o più soggetti privati.

Al di là della formula giuridica, a noi interessa l' aspetto linguistico, e questa sentenza è scritta:

"Sao ko kelle terre fini que ki contene trenta anni le possette parte sancti benedict " .

E' in sostanza una dichiarazione di riconoscimento della proprietà dell'abbazia espressa in volgare italiano da un sicuro appartenente alla classe non colta del contado.

All'incirca nello stesso periodo numerosi ritornelli e canti popolari, in volgare, si diffondono nel territorio italiano e trovano nella forma scritta una stabile decodificazione. 

Per noi studiosi delle origini della lingua volgare c'è un interessante indovinello scritto in una varietà di volgare veronese nel quale la lingua latina è tuttavia presente in misura considerevole.

Esso così recita:

" Se pareva boves, alba pratalia araba, albo versorio teneba, negro semen seminaba", la più probabile interpretazione è la seguente:

" Spingeva avanti i buoi, arava un bianco prato, teneva un bianco aratro, seminava un nero seme".

A questo punto della nostra trattazione emerge l'esigenza storica di definire meglio gli aspetti e gli eventi politici che contrassegnarono nel nostro paese il passaggio dal dominio culturale latino all'affermazione della diffusa cultura in lingua volgare.

Dal punto di vista cronologico la data che indica l'inizio dell'età medioevale (476 D.C.), pone l'Italia alla stregua di paese privo di controllo e nella più assoluta anarchia politica.

Due forti poteri tentano con immediatezza di ripristinare ordine e vita civile in Italia:

La Chiesa e L'Impero Bizantino di Costantinopoli.

La chiesa cerca attraverso l'opera apostolica dei suoi vescovi di rinsaldare velocemente la profonda frattura esistente fra le classi aristocratiche delle città e delle campagne e le classi subalterne generalmente allo sbando.

Questa opera di ricostruzione della società italiana post-romana viene sicuramente agevolata dall'affermarsi di sovrani riconosciuti nei loro poteri e legittimati nella loro azione militare dalla chiesa medesima.

Le popolazioni di stirpe germanica che ora occupano la nostra penisola si sono pertanto stabilite strutture politiche ed amministrative, inserendosi oculatamente nelle strutture amministrative di origine romana ed assimilando oltre la cultura linguistica dell'Impero anche le pratiche religiose della Chiesa del cattolicesimo.

Per popoli come i Goti, i Longobardi ed i Franchi l'occupazione dell'Italia assume significati inaspettati per gli stessi principi teutonici provenienti dalle terre dell'Europa Settentrionale che erano giunti con propositi e animo quasi elusivamente bellicosi e predatori.

Si parla con insistenza di una alleanza tra il trono (i principi germanici) e l'altere (la chiesa di Roma) ed ancora un'intesa triplice che vede protagonista anche l'Imperatore di Costantinopoli, il quale più volte indicherà al Papa di Roma la necessità di sostenere il potere politico e militare degli uni o piuttosto di altri popoli germanici che si affacciano con insistenza e logiche ambizioni nel territorio italico.

Il potere della chiesa sostiene che senza la difesa del braccio armato del popolo di Dio la stessa fede in Cristo rischierebbe di essere sconfitta da forze nuove e non ancora convertite.

Tutti i sovrani d'Italia e dell'Europa dell'alto Medioevo chiedono al Papa la legittimazione divina ad operare con le armi nella difesa della cristianità.

L'incoronazione a Roma di duchi, principi e di Re diventa una prassi necessaria e l'unico mezzo a disposizione di un sovrano in Italia per conservare il più possibile la propria incolumità fisica ed il proprio regno; Il titolo di difensore della fede viene attribuito a grandi condottieri germanici in Italia:

Re Teodorico, signore degli Ostrogoti, riconosciuto dalla chiesa e che fece di Ravenna la capitale del regno d'Italia nel 6 sec. D.C.

Re Desiderio, signore dei longobardi, riconosciuto dalla chiesa difensore della fede e che fece di Pavia la capitale fel regno d'Italia nell' 8 sec. D.C. , ed infine il Re dei Franchi Carlo detto Magno per la vastità delle sue conquiste, riconosciuto dal Papa Leone 2° sommo difensore della fede e incoronato dallo stesso Papa nella basilica di San Pietro nella notte di Natale del 799 D.C.



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