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Esiste davvero comunicazione fra gli uomini? LUIGI PIRANDELLO




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Esiste davvero comunicazione fra gli uomini?

LUIGI PIRANDELLO



Sei personaggi in cerca d'autore


N

el maggio del 1921 al Teatro Valle di Roma ci fu la prima messa in scena dei Sei personaggi in cerca d'autore, uno dei testi più innovativi della pro­duzione letteraria del '900. Fu un fallimento: solo a settembre dello stesso anno la pièce riuscirà ad imporsi a Milano e poi nel 1925 a Parigi con l'allestimento di Georges Pitoëff,  iniziando così un cammino - tuttora inconcluso - sui palcosce­nici di tutto il mondo. Rivista e riedita nel 1925, definitiva edizione della commedia, i Sei personaggi vennero modificati in base all'accresciuta esperienza di autore di Pi­randello ed ai cambiamenti inseriti in Francia dal regista georgiano.


Perché la prima dei Sei personaggi fu ac­colta in maniera così controversa? Proba­bilmente la concentrazione di innovazioni e l'aggressiva originalità del lavoro, che squadernava gli ormai consolidati schemi teatrali, stupirono il pubblico del teatro in modo tale da dividerlo in due fazioni opposte che urlavano i loro apprezzamenti o fischiavano in segno di disapprovazione.


Le innovazioni quindi: con questa commedia l'autore di Girgenti rivoluziona il teatro mondiale, sovvertendo completamente lo spazio scenico e il rapporto tra palcoscenico e platea.

La "quarta parete" - per intenderci, quella che viene chiusa dal sipario - che divideva lo spazio della finzione dallo spazio della realtà, cade sotto il peso della componente nichilista ed irrazionale che - da Nietzsche a Freud - pervadeva non solo il pensiero di Pirandello, ma tutta la cultura mitteleuropea degli ultimi decenni. Durante la rappresentazione infatti attori e personaggi si affacciano sulla scena partendo dal fondo della platea, dalle entrate laterali o dalle scalinate, annullando lo scarto tra maschere recitanti e pubblico. L'attore che recita non è quindi che un uomo come gli altri, il quale - almeno per un attimo - ci fa capire che l'umanità intera è solo una massa di inconsapevoli teatranti e, rappresentando un particolare dramma della vita - che è già di per sé un dramma o, come lui scrive, "un'enorme pupazzata" - ci consente di comprendere la realtà delle cose, il labile confine tra follia e ragione, personaggio e uomo, forma e materia.


Leggiamolo dalle parole dello scrittore:


"IL CAPOCOMICO:

Ma che diavolo dice?


IL PADRE:

dico che può stimarsi realmente una pazzia, sissignore, sforzarsi di fare il contrario; cioè di crearne (assurdità, ndt.) di verosimili, perché pajano vere. Ma mi permetta di farle osservare che, se pazzia è, questa è pur l'unica ragione del loro mestiere.



Gli attori si agiteranno, sdegnati.


IL CAPOCOMICO:

(Alzandosi e squadrandolo) Ah sì? Le sembra un mestiere da pazzi il nostro?


IL PADRE:

Eh, far parere vero quello che non lo è; senza bisogno signore: per giuoco. non è loro ufficio dar vita sulla scena a personaggi fantasticati?





IL CAPOCOMICO:

(subito, facendosi voce dello sdegno crescente dei suoi Attori) Ma io la prego di credere che la professione del comico, caro signore, è una nobilissima professione! Se oggi come oggi i signori commediografi nuovi ci dànno da rappresentare stolide commedie e fantocci invece di uomini, sappia che è nostro vanto aver dato vita - qua su queste tavole - a opere immortali!



Gli Attori, soddisfatti, approveranno ed applaudiranno il loro Capocomico.


IL PADRE:

(interrompendo e incalzando con foga) Ecco! Benissimo! A esser vivi, più vivi di quelli che respirano e vestono panni! Meno reali, forse; ma più veri! Siamo dello stessissimo parere!



Gli Attori si guarderanno tra loro, sbalorditi."


(Sei personaggi in cerca d'autore,ed. Oscar Mondadori, pagg 28-29)



Tutta la commedia diventa quindi l'occasione per fare metateatro, ovvero una riflessione sul teatro in forma teatrale. Alcuni spunti sui quali Pirandello riflette "a voce alta" sono

  1. l'attività creatrice dello autore;
  2. l'opera d'arte non è frutto di una creazione assoluta, ma un'operazione di maieutica, un atto creativo dettato dalla fantasia che trascende l'autore.

Interessante è anche l'ottica sotto la quale Pirandello vede l'intera struttura teatrale: il luogo del dramma vero non è più il palcoscenico, ma il teatro stesso, che imbriglia l'uomo all'interno della tragica dialettica persona/personaggio.


Ecco un altro tema su cui si sofferma l'autore: nella trama dei Sei personaggi difatti coesistono vari drammi:

  1. quelli vissuti dai personaggi, che si vedono rifiutati dall'autore proprio per il carattere scabroso del loro dramma;
  2. quello dell'autore, che non riesce a definirli completamente e a dare un significato universale alla loro vicenda.

Più in generale, vediamo come le disgrazie di questi personaggi siano universali. L'uomo moderno, infatti, dal sogno della sicumera positivista si sveglia nudo, inerme di fronte ad una realtà che mette in crisi l'identità e i valori sui quali la società si era fondata. Inoltre in questa nuova concezione della vita e dell'essere umano la materia, vera e vitale, diventa prigioniera di una forma che ne limita le potenzialità.

Tutto ciò viene espresso in uno dei passaggi finali della commedia, dove gli attori, dopo aver visto sulla scena la vicenda dei personaggi, provano ad eseguirla: il risultato, nonostante agli altri attori e al capocomico appaia sufficientemente verosimile, secondo i personaggi è decisamente alterato. Ogni tentativo di riproduzione del dramma viene accolto con scherno ed incredulità da parte dei personaggi, che non si riconoscono nelle stesse parole e negli stessi gesti degli attori.


Il conflitto tra materia e forma si manifesta quindi anche nel linguaggio. Il mezzo espressivo per eccellenza, che ha narrato storie e contenuti immortali, è visto come una lente deformante entro la quale la totale comprensione reciproca non è che un'utopia. Perfino la singola parola, mattone con il quale si costruisce tutto il sistema comunicativo, mantiene in maniera ineliminabile un valore connotativo che è soggettivo e varia da persona a persona.

Secondo Pirandello infatti l'incomunicabilità tra gli uomini è un elemento inevitabile nella vita dell'uomo moderno, fantoccio inconsapevole della sua essenza e della maschera che porta.


"IL PADRE:

Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti qui dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo d'intenderci; non ci intendiamo mai!"


(Sei personaggi in cerca d'autore,ed. Oscar Mondadori, pag 40)



Questa è la battuta della commedia sulla quale si impernia tutta la riflessione pirandelliana sul linguaggio: il Padre, esasperato dalla situazione sempre più surreale e dall'incapacità di trasmettere ciò che vorrebbe al Capocomico, urla la sua frustrazione. Un urlo che esprime il dramma di chi, al contrario degli attori e del Capocomico, si sente vivere. Il Padre - almeno in questa sua battuta - sente il flusso vitale dentro di sé e negli altri protagonisti. Qualcosa di spontaneo, puro, essenziale che prova a manifestare sulla scena assieme agli altri Personaggi, rivivendo le proprie passioni e cercando di comunicare la drammaticità insita in questa forza vitale.


Un momento di epifania che tende ancor più a relativizzare il sistema dei personaggi dell'autore siculo, il quale deve misurare le proprie capacità espressive con le limitazioni ineliminabili del linguaggio.

Un linguaggio che mostra le problematiche sul significato esposte nella succitata battuta del Padre: il significato non è qualcosa di univoco, consistente nel perfetto abbinamento tra una parola ed il corrispettivo concetto, ma una struttura comunicativa che, nonostante tenda a favorire la comunicazione tra due o più soggetti, presenta una componente soggettiva che connota tutti gli enunciati che sentiamo, diciamo, scriviamo e non è - secondo Pirandello - esprimibile.


Le parole dunque diventano elementi multiformi, inaccessibili nella totalità dei loro significati e se ciò dovesse avvenire - evento impossibile - non si riuscirebbe ad abbinare l'aspetto connotativo al rispettivo soggetto, dal momento che tutta la comunicazione si basa sulla vuota astrazione delle parole. Oltre che essere strumento non totalmente comprensibile, ogni vocabolo diventa, per l'uomo che non sente la propria vita, qualcosa di simile ad un'etichetta, forma che serve a marchiare le persone, per costringerle ad indossare una maschera. Le parole ed i nomi, se riportate entro i canoni dell'eterno scontro dialettico tra materia e forma, diventano quindi forme che "concludono", che non lasciano spazio agli ulteriori infiniti sviluppi della vita.

La gente, inconsapevole di tutto questo, ha bisogno di tali forme, per potersi aggrappare a certezze che la vita, col suo continuo ed imprevedibile scorrere, non offre. Le parole diventano anche strumenti desueti, morti, in quanto il paradigma linguistico non riesce a tenere il passo con il ritmo frenetico della vita.

Di conseguenza l'uomo è destinato a vivere chiuso nella sua soggettività, prigioniero dentro la sua cella nella quale sta solo e non può comunicare con nessuno. Il momento di massima scoperta dell'altro avviene quando noi ci affacciamo dalla nostra segreta ad osservare tutte le altre celle dove tutta - o quasi - l'umanità è imprigionata, delineando così una sorte di eterna incomunicabilità per l'uomo moderno.


Tuttavia Pirandello nei Sei personaggi - come del resto in tutte le sue opere - non rifiuta l'elemento analitico per indugiare sugli aspetti più figurativi ed immediati di una storia e dei relativi personaggi, anzi.

L'introspezione psicologica è una costante nei suoi romanzi e nei suoi testi per il teatro: per esempio, nel testo che stiamo analizzando, sebbene la natura dei personaggi sia incompleta e la caratterizzazione abbozzata in ogni entità la penetrazione psicologica da parte dell'autore è notevole ed in ognuno si estrinseca un elemento distintivo: dal Padre - persona che reca in sé un profondo travaglio emotivo - alla Madre - simbolo della naturalità immutabile, animata da un movimento continuo che non richiede risposte - dal Figlio - vero personaggio in cerca d'autore, che non riconosce il dramma vissuto dagli altri e dal quale cerca di discostarsi il più possibile a favore di una diversa identità di personaggio - alla Figliastra - unica assieme al Padre a riconoscere pienamente la sua natura di personaggio, cercando quindi disperatamente un dramma da interpretare - l'autore attua un raffinato labor limae sui suoi personaggi, svelandone in modo funzionale all'economia dell'opera le varie caratteristiche psicologiche


Pirandello quindi sfrutta i limiti del linguaggio - che egli stesso vede - per sfumare i suoi personaggi, renderli più evocativi - in maniera differente a ciascuno - ed affascinanti, arrivando a creare figure profondamente indagate dal punto di vista psicologico che diverranno modelli per i commediografi che a lui succederanno.



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