Phormio «Formione»
Due
fratelli, Cremete e Demifone, sono partiti da Atene lasciando i rispettivi
figli, Fedria e Antifone, in custodia del servo Geta. Fedria ama una suonatrice
di cetra, ma non trova le trenta mine per riscattarla; Antifone si è invece
innamorato di Fanio, una ragazza originaria dell'isola di Lemno, libera ma
povera, che ha appena perso la madre. Geta, lo schiavo-tutore per aiutare
Antifone, chiede la collaborazione dello scaltro Formione, parassita e delatore
di professione, abile azzeccagarbugli e simpatico furfante, che subito
organizza una tresca. La legge ateniese prevede che se una ragazza è senza
dote, il parente più prossimo è tenuto o a dotarla o a sposarla. Geta spaccia
dunque per amico di famiglia di Fanio e cita in tribunale Antifone, non avendo
di che dotarla, è "costretto" a sposarla. Intanto Demifone torna a casa. Non
approva il matrimonio del figlio, parla di chiederne lo scioglimento, di
cacciare i due giovani di casa. Formione, da smaliziato giurista, lo frena
minacciando ritorsioni. Torna a casa anche Cremete. Il matrimonio di Anfitone
non piace neanche a lui. Egli infatti aveva avuto a Lemno una figlia, di cui la
sua moglie attuale, Nausistrata, non sa nulla, e che, proprio per questo - cioè
per non dover dare troppe spiegazioni sulle origini della ragazza - avrebbe
dato volentieri in moglie al nipote. Cremete chiede a sua volta a Formine di
annullare il matrimonio di Antifone. Formione si dice disposto a sposare lui la
ragazza, ma a patto che Cremete la fornisca di una dote di trenta mine: che in
realtà è la somma necessaria al figlio di Cremete, Fedria, per riscattare la
sua amata citarista. Cremete accetta, ma a contratto stipulato e dopo che
Fedria ha liberato la citarista, scopre che Fanio è sua figlia. A questo punto
Cremete, che auspicava proprio il matrimonio di Fanio con Antifone, non vuol
più procedere, mettendo così nei guai Formione (i soldi ufficialmente destinati
alla dote, son serviti a riscattare la citarista di Fedria). Ancora una volta
Formione si cava d'impaccio, coinvolgendo Nausistrata, ignara di tutto. Alla
fine Nausistarata perdona il marito, ma a patto di un'amnistia generale.
Dall'Epidikozòmenos («Il marito aggiudicato») di Apollodoro di Caristo. Un
perfetto esempio di commedia motoria, cioè «mossa», d'«azione», al contrario di una stataria, «quieta»,
«di carattere», tutta basata sul mero gioco psicologico, come
l'Heautontimorumenos.