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L'età giulio-claudia




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L'età giulio-claudia

Quadro storico-politico

 




Morte di Augusto

Imperatori post-augustei


La morte di Augusto nel 14d.C. provocò un periodo di cambiamenti nella struttura istituzionale e in quella sociale. Il principato con Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone subì cambiamenti tali da somigliare sempre più ad una monarchia ereditari ed orientaleggiante.

I quattro imperatori giulio-claudi hanno caratteristiche comuni. Infatti analizzandoli sotto un certo aspetto è possibile notare che:

la fase iniziale dell'impero di ognuno era sempre caratterizzata da un periodo di positività dove la politica era improntata sulla tolleranza, la saggezza e la collaborazione

la fase finale dell'impero di ognuno vedeva  l'imperatore macchiarsi sempre degli stessi delitti: dispotismo, tirannia, terrorismo.

Tiberio viene presentato come un ingannatore, un dissimulatore e come un debole tiranno. Inizialmente parte con un programma politico basato sulla collaborazione con la classe senatoria ma, in breve tempo, finisce per accentrare nelle sue mani un potere sempre maggiore.

Caligola viene descritto come un pazzo; anche lui come il suo predecessore inizia con un rapporto di collaborazione con il senato ma poi conclude il suo impero trasformando il principato in monarchia; introdusse diverse consuetudini di ossequio e di venerazione della sua persona ed infine dando grossi segni di squilibrio decise di nominare il suo cavallo senatore.

Claudio venne riconosciuto dalla critica come un debole. Soltanto con lui la burocrazia imperiale venne riorganizzata ed adeguata in modo moderno ed efficiente; vennero costituiti i cosiddetti officia cioè dei veri e propri ministeri con importanti incarichi.

Nerone visto come la personificazione del male e della follia portò a compimento quel processo di orientalizzazione del principato portato avanti in precedenza da Caligola
















Cambiamenti sociali e culturali nell'impero

 




Mobilità sociale

L'età augustea ed il classicismo

Gli intellettuali e gli imperatori giulio-claudi

Crisi del classicismo

Una nuova visione del mondo


In questo periodo si ha l'affermazione di nuovi ceti sociali. A causa delle continue lotte con i nobili che volevano mantenere tutti quei privilegi che pian piano andavano perdendo per la prossima affermazione dell'assolutismo imperiale gli imperatori si videro costretti a sostenere e ad accattivarsi sempre più le simpatie dei nuovi ceti sociali. Ad entrare nelle fila di questi nuovi ceti erano personaggi provenienti dall'esercito e dall'ordine equestre. Questi personaggi insieme ai potenti liberti divennero i maggiori rappresentanti della piccola e media borghesia.

Il classicismo era il segno che contraddistingueva la cultura di età augustea. Vi era la cosiddetta letteratura del decorum e della ratio, della compostezza e dell'equilibrio. In età giulio-claudia, invece, gli imperatori non ebbero per nulla a cuore la creazione di un rapporto di collaborazione con gli intellettuali e gli artisti ma finirono per instaurare un clima di censure e di sospetti; si ebbe cos' lo sfaldamento delle forme del classicismo augusteo. Venne profilandosi così un periodo di profonda crisi del classicismo; lo spirito umano si proiettava ora su di un altro cammino che avrebbe portato gli intellettuali sulla strada del rischio e dell'avventura.

Non a caso si elaborò anche una nuova visione del mondo incentrata sull'uomo e su i suoi problemi, sulle sue ansie e sulle sue paure, sul senso della precarietà della vita e della morte.

Quello giulio-claudio non è un mondo all'insegna del disfacimento bensì si tratta di un mondo in trasformazione.

























SENECA

 



Opere :


Dialoghi

Epistulae ad Lucilium

De Clementia

De Beneficiis

Apokolokyntosis

Naturales Quaestiones

Tragedie





-Il vivere bene come antidoto ai mali della vita -



La noia

Il tempo

La morte


La noia, altro non è che lo stato di scontentezza nel quale viene a trovarsi tutti quegli uomini sopraffatti da un senso di frustrazione. Quattro sono i tipi di persone assaliti dalla noia: quelli che vivono in un profondo stato d'insoddisfazione; quelli che avviliti da una qualche sconfitta si sentono in uno stato d'impotenza e di sfiducia nel riprendere il loro cammino; quelli che non riuscendo a realizzare i propri progetti cadono in uno stato di frustrazione; quelli che vivono in un profondo stato d'inerzia. La causa fondamentale della noia è il sibi displicere cioè l'insoddisfazione di se che nasce da uno squilibrio interiore e da desideri ed istinti repressi. L'uomo quando registra il fallimento dei suoi progetti, dei suoi ideali si sente depresso, si sente un fallito e viene preso da un senso d'insicurezza che gli impedisce di intraprendere un nuovo cammino. Quest'insicurezza e questa incertezza finiscono per condurre l'uomo in quello stato di noia che difficile da sradicarsi rischia di condurre all'estremo gesto del suicidio: una radicale soluzione finale.

Il problema del tempo è inteso come durata della vita. Gli uomini sono molto gelosi dei loro possedimenti materiali ma non lo sono del bene più prezioso che gli è stato donato: il tempo. Vi sono individui pronti a disperdere la loro vita, quasi delegando ad altri la possibilità di viverla al posto loro. Seneca critica il comportamento di quelle persone che rinviano in un lontano futuro la possibilità di dedicare a se stessi un pò di tempo della loro vita; cosi facendo progettano di iniziare a vivere proprio quando il tempo a loro disposizione sta per e sta per sopraggiungere la morte. Seneca invita perciò l'uomo a vivere pienamente il proprio tempo.

Altro importante tema è quello della morte: la morte condiziona la vita dell'uomo a tal punto che quest'ultimo vive in un determinato modo proprio per la presenza della morte stessa. Ma per Seneca il vivere non è altro che il morire lento ed inesorabile di ciò che l'uomo lascia alle proprie spalle. Con noi sono destinate a morire anche le nostre sofferenze perciò morire diventa una sorta di liberazione dai mali che tormentano la vita.






LUCANO

 



Opere:



BELLUM CIVILE


Stile e pensiero:



La novità dell'epica di Lucano

Un poema senza protagonista

La vuota trascendenza





- Stoicismo senza fede e visione pessimistica della vita -



Nonostante Lucano parta da una base stoica, influenzato dalla personalità dello zio Seneca, sente sin dall'inizio il ridicolo di un apparato divino nel suo epos. Lucano parte infatti dallo stoicismo ed è possibile averne conferma quando parla di Catone come la raffigurazione dell'ideale del sapiente stoico per eccellenza, quando si impegna in un opera di esaltazione della virus.. Ma dello stoicismo rifiuta una delle prerogative più importanti: l'esistenza di un mondo retto dal fato inteso come provvidenza. Il pensiero di Lucano sembra dominato dalla presenza di una Tyche capricciosa, cieca e crudele, una sorta d'inutile divinità. Lucano è un poeta pessimista, di un pessimismo storico nel senso che vede nella storia un graduale processo erosivo delle istituzioni libere di Roma, un cammino fatale, una tragedia della quale fin dalle prime battute si conosce l'esito. Insomma Lucano è davvero uno stoico che ha perso la fede a causa delle terribili tragedie della storia.
























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