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Machiavelli




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Machiavelli


Tra gli autori più importanti e più chiesti in sede di esame.


Contesto Storico


Siamo nella Firenze tra la fine del 1400 ed inizio del 1500. Nato nel 1469 e morto nel 1527.


L'Italia perde l'egemonia diplomatica che aveva avuto nel corso del 1400. Il mondo medioevale sta cambiando, c'è stata la scoperta l'America (1492) ma anche di altre terre, c'è stata l'invenzione della stampa che ha reso possibile il moltiplicare dei libri, aumentando la cultura.


Molto importante la riforma protestante: l'unità della repubblica cristiana dello stato medioevale entra in crisi. Lutero, Calvino e molti altri seguaci iniziarono a mettere in dubbio la centralità di Roma e del Pontefice e quindi il fatto che la religione fosse una sola. E' una crisi dei valori centrali dell'epoca e Machiavelli e J. Bodin ne risentirono molto di questo clima culturale e politico.


Machiavelli fece una discreta carriera politica all'interno della Repubblica Fiorentina; non ebbe mai incarichi di primissima importanza, era segretario alla cancelleria, una carica media; ebbe anche la possibilità di svolgere alcuni incarichi diplomatici. Tutto questo fino al 1512 anno nel quale venne coinvolto in una congiura anti-medicea, contro la signoria dei Medici e viene cacciato da Firenze in esilio. Arrivò in una  località di nome San Casciano dove in pochi mesi scriverà un piccolissimo ma famoso trattato: Il Principe.


Aveva già iniziato a scrivere in quel periodo un opera molto importante, che interruppe proprio in quel periodo per scrivere il Principe, e che poi riprese: Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (Discorsi sopra i primi dieci libri di Tito Livio).


Perché Machiavelli scrisse Il Principe ?

Poiché esiliato, egli scrive questo piccolo trattato dedicandolo proprio ad uno degli esponenti della famiglia dei Medici: Lorenzo dei Medici, che non è Lorenzo il Magnifico. Il quale pare che non avesse accolto questo libricino in modo particolarmente positivo, tanto che Machiavelli rimase in esilio e anche successivamente non ebbe alcun posto di rilievo all'interno della struttura politica della Repubblica Fiorentina.


In questo trattato c'è in effetti la crisi del Medioevo, le novità della repubblica Cristiana e l'inizio di una politica nuova, di un diverso modo di far politica. Poiché i trattati che venivano scritti dagli intellettuali, indirizzati ai loro Principi, sul modo di governare lo Stato, ce ne erano stati durante il Medioevo a bizzeffe. Erano diversi trattati in cui il consigliere di turno indicava al Principe in che modo doveva governare lo Stato.


Però i trattati medioevali erano caratterizzati da un forte spirito ottimistico, di fiducia nelle possibilità della politica, dello Stato. Erano trattati di spirito cristiano, si pensava che il Principe dovesse governare nell'interesse dei sudditi, che la salute del popolo fosse la prima legge.


Il trattato di Machiavelli anche se strutturato come i trattati dell'epoca, molto diverso nella sostanza.


Per questo si legge in qualsiasi libro di storia o di letteratura che Machiavelli è stato il "teorico della autonomia della politica".


Cioè, la politica con Machiavelli si emancipa, si stacca dalle discipline che nel Medioevo erano considerate superiori ad essa, la religione, la teologia, la morale e il Diritto


Per Machiavelli la politica è una cosa a parte, è una cosa diversa, per lui è l'arte, non la scienza, di acquisire e controllare il potere




Concezioni sulla natura umana.


Machiavelli svolge le sue considerazioni a partire da una concezione della natura umana, come del resto molti altri autori.


Concezione decisamente negativa, pessimistica. Per Machiavelli l'uomo è costantemente preso dai bisogni, dalle passioni, ma il problema è che il numero dei bisogni che l'uomo può soddisfare è limitato.


Soprattutto, gli uomini non si accontentano mai, non sono mai appagati, appena ottengono qualcosa, non se la godono e già desiderano qualcosa di altro.


Questo li fa essere sempre in uno stato di agitazione e di inquietudine. Desiderano sempre qualcosa, e il desiderio più grande che hanno è il potere, in particolare il potere politico, il potere di comandare gli altri. Il potere per Machiavelli è una passione.

Per rendere più chiaro questo concetto, egli usa degli esempi storici. Machiavelli spesso usa esempi riprendendo la storia, alcune volte modificandola, altre volte veritiera, ma sempre per chiarire un concetto che ha in mente.


In questo caso, parlando della passione per il potere politico, chiama in causa Caterina Sforza, signora di Forlì. "Forlì era una signoria nella quale c'era stata una congiura: il marito di Caterina era stato assassinato e i suoi tre figli rapiti. Lei, quindi, si rifugia con i suoi seguaci nella rocca. I rapitori inviano l'araldo con il messaggio di invitare Caterina alla resa senza condizioni pena l'uccisione dei suoi figli. Caterina, quindi, si presenta nel belvedere di questa rocca, e, rivolgendosi all'araldo inviato dai rapitori, mostrò gli organi genitali dicendo :"vedete, io sono una donna nel fiore dell'età, posso avere ancora tanti figli, quindi uccideteli pure, ma il potere politico è solo uno, e una volta perso non si recupera mai".


Vediamo come Machiavelli parli di  lato oscuro della politica, qualcuno ha parlato di volto demoniaco del potere.



Il popolo.


Questo pensiero negativo sulla natura dell'uomo, si riflette anche sull'opinione che Machiavelli ha del popolo.


Nel Principe, egli non usa mai la parola popolo, non esiste il popolo, ma il volgo.


I sudditi sono degli oggetti che il Principe deve lusingare, perché altrimenti non riesce a controllare il suo potere. Deve far sembrare di fare dei favori al volgo, ma in realtà tutto viene fatto in quanto al Principe gli interessa solo la conservazione del potere.


Per controllare il potere, secondo Machiavelli, il principe può fare qualsiasi cosa. Anche quelle cose che nella tradizione precedente erano considerate non morali, ingiuste, non cristiane. Ma  egli afferma che la politica con la morale, così come con la religione, non c'entra.


La politica è una cosa che ha le sue regole, una cosa a parte



Differenze tra il Principe e Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio.


Machiavelli cambierà idea nei Discorsi Abbiamo detto che nel Principe Machiavelli esprime la concezione dello Stato forza, cioè lo Stato racchiuso nella forza di chi lo governa: il Principe.


Mentre nei discorsi, egli parla di stato-comunità, cioè di uno stato in cui a governare non è più il principe, ma il popolo, e questo tipo particolare di stato si chiama Repubblica.


All'inizio del Principe, Machiavelli dice che tutti gli Stati sono o Repubbliche o Principati.


Quindi, egli rifiuta la tipica ripartizione delle forme di Governo in Monarchia, aristocrazia, democrazia. Machiavelli dice, che gli stati sono semplicemente o Repubbliche o Principati, per cui, o governano in molti, il popolo, oppure uno solo, il principe.



Il Principe


Il Principe è ovviamente un trattato rivolto a chi governa nel principato, i Discorsi, è un trattato molto più ampio, rivolto a chi governa nelle Repubbliche.


Nel Principe Machiavelli manifesta questo suo desiderio di svincolarsi da alcune linee guida del pensiero politico a lui precedente. In quanto per lui il pensiero medioevale e questa tradizione Cristiana di S.Agostino e altri, erano stati caratterizzati dall'idea di trovare lo Stato perfetto, lo Stato ideale, la migliore forma di Stato.


Tutto questo per lui è irrealistico. Egli afferma :"voglio andare dietro a ciò che è reale, e non alla immaginazione, poiché, ho notato, esaminando la natura umana nella politica, che, colui che pensa a quello che si dovrebbe fare invece di pensare a quello che si fa, cioè, la realtà, impara la moria piuttosto che la preservazione sua".


In pratica, vuole dimostrare che i Principi che hanno voluto cercare quella forma ottima di Stato, prima o poi sono caduti. Egli, invece, vuole trovare una formula che consenta al principe di mantenere il potere politico più a lungo possibile.


Virtù e fortuna.


Ci sono due elementi nella filosofia politica di Machiavelli che giocano un ruolo fondamentale:


la virtù

la fortuna.


Virtù è un termine molto utilizzata nel linguaggio del '400 e del '500 italiano. Mentre virtù era sinonimo di essere buoni, essere religiosi, ecc, per Machiavelli niente di tutto questo. Per lui virtù è semplicemente l'insieme di quelle azioni che consentono al Principe di acquisire o mantenere il potere. Qualsiasi azione volta al mantenimento del potere è una azione virtuosa.


Fortuna. Si contrappone alla virtù ed è quell' insieme di elementi, di eventi, che vengono a favorire o a sfavorire il tentativo del Principe ad ottenere o mantenere il potere. Possono essere favorevoli o sfavorevoli.


Anche per spiegare questo dualismo tra virtù e sfortuna, egli richiama eventi storici, attraverso dei personaggi che giocano un ruolo molto importante all'interno del Principe.


Il primo è Cesare Borgia. Figlio di Papa Alessandro VI. Questo signorotto, egli dice, aveva acquisito questo principato, non per meriti personali, ma per fortuna, avendo come padre un personaggio molto influente. Però, lo seppe conservare con la virtù, cioè con le sue azioni. Una di queste, riguarda in particolare L'eccidio di Senigallia:

"a Senigallia c'era stata una rivolta. Allora Cesare Borgia ordina al suo luogotenente più crudele e più forte di andare nella Romagna e di uccidere i tutti i rivoltosi, il quale, molto forte e poco furbo, esegue l'ordine immediatamente. Quindi, Cesare Borgia si presenta a Senigallia facendo finta di non sapere nulla di quanto accaduto. Sostiene di non aver mai impartito un ordine di quel tipo e, in pubblico fa giustiziare il suo luogotenente".


Machiavelli sottolinea come Cesare Borgia, abbia ottenuto due risultati: essere riuscito a sedare la ribellione e, contemporaneamente, ad ingraziarsi il popolo, che ora lo vede come un salvatore.


E', per Machiavelli, un esempio di azione virtuosa.


Purtroppo, poi, Cesare Borgia non fu così virtuoso fino alla fine, poiché, la sfortuna volle che, a breve distanza morì suo padre, il Papa, e anche lui si ammalò gravemente. Quindi non è servito essere così abile, da influenzare il conclave ed impedire l'elezione di un papa nemico acerrimo della sua famiglia Giulio II.

Altro esempio per spiegare la virtù e la sfortuna è il Re di Francia, Luigi XII, che, con il suo esercito decise di invadere l'Italia.


All'inizio si è comportato in maniera virtuosa secondo Machiavelli, in quanto, voleva dichiarare guerra al nemico e per farlo si è alleato con la Repubblica di Venezia.


Ottimo principio di strategia militare: fra nemici, bisogna sempre scegliere quello più vicino, alleandosi con il vicino del vostro vicino per arrivare ad una sorta di accerchiamento.


Ricordiamo che Machiavelli era molto attento all'arte della guerra, al punto che scrisse un'opera molto importante: l'arte della guerra.


Con quella che fu chiamata la politica della scacchiera, Luigi XII, secondo Machiavelli, ha fatto molti progressi. Il problema è nato quando, arrivato allo Stato della Chiesa, non ha voluto distruggerlo completamente, chiedendo autorizzazione al Papa di passargli attraverso, senza invaderlo. Questo fu secondo Machiavelli, un grave errore. Errore in quanto si è ritrovato lontano, dalla Francia che è suo il quartier generale, spingendosi troppo in basso. Infatti, una volta arrivato a Napoli, rendendosi conto di non poter ricevere rinforzi in tempo, fu costretto ad allearsi con la Spagna. Altro grave errore, perchè, se devi fare una cosa, la devi fare da solo.


Il problema vero secondo Machiavelli è che, una volta commesso un errore, gli altri seguono a ruota. Per una azione fatta male, non si può recuperare, ne seguono solo azioni errore.




Machiavelli dice al Principe come deve fare per mantenere il suo stato.


Ci sono poi alcuni capitoli dedicati ai consigli di Machiavelli al Principe.


Il Principe deve essere amato e temuto dal suo volgo


Ottenere sia di essere amato che di essere temuto contemporaneamente, è sicuramente la cosa migliore, ma questo accade raramente, e quindi, poiché quasi impossibile, dovendo scegliere, è meglio essere temuti piuttosto che amati. Il motivo è dato dal fatto che, seguendo sempre la sua teoria sulla natura umana, l'amore è un sentimento molto più debole della paura, la paura è un sentimento  molto più forte.


Questo si vede anche nella vita quotidiana: una persona amata, può essere anche lasciata, mentre, se si ha paura di qualcosa o di qualcuno, questa paura ce la portiamo dietro tutta la vita.



Sul comportamento del Principe in politica.


Qui Machiavelli racconta il famoso episodio della volpe e del leone.


Egli afferma che nell'uomo ci sono due forze, due modi di comportarsi, due nature:


la natura animale, passionale, che esprime forza;

la natura razionale, l'intelligenza, l'astuzia


Il principe deve essere allo stesso tempo forte e astuto Come nel mondo animale, egli afferma che il Principe deve prendere spunto dalla volpe e dal leone. Il primo è forte e abbatte tutti, la volpe, invece, è astuta e si sa togliere dalle trappole dei cacciatori.


Il Principe deve rispettare i patti, le promesse fatte?


Secondo Machiavelli, dipende.


Se il rispetto delle promesse è una azione utile al mantenimento del potere (l'obiettivo è sempre lo stesso), allora si, altrimenti, se il rispetto dei patti non è utile all'obiettivo, allora il Principe può tranquillamente violarli.


In effetti, per Machiavelli, non è che il Principe debba essere sempre un tiranno. Se il Principe si spinge troppo oltre nel suo rapporto con il volgo, la storia insegna che questo si ribella e gli fa perdere il potere. Questo è ciò che accadde al tiranno di Siracusa. Il quale uccise i suoi avversari politici. Questo andava bene, se non fosse che, in un eccesso di tirannia, uccise anche i nobili con i quali si era alleato.


Questo, invece, generò un malcontento che portò alla sua rovina.


Quindi, la morale è che il tiranno in quanto tale non può fare quello che vuole e quando vuole


Il tiranno deve capire fino a che punto può spingersi, e capire quali sono le azioni utili e non utili.


Per questo Machiavelli afferma che non si può essere buoni, mantenere i patti, essere religiosi. Bisogna cercare di esserlo, ma ciò che conta non è l'essere ma l'apparire, il sembrare. La simulazione e la dissimulazione  è un atto fondamentale per il principe.


Tutto questo per contrastare la fortuna, poiché questa gioca un ruolo importante; la fortuna può essere la causa della caduta di un principe.


Machiavelli dice che la fortuna è come un fiume: "quando un fiume è in secca, il principe virtuoso costruisce gli argini, perché quando il fiume sarà in piena, il Principe potrà dirigerlo dove vuole. Non può bloccarlo, ma può indirizzarlo".


Nei "Discorsi", egli sarà più pessimista su questo punto. Affermerà che per quanto gli uomini possano cercare di contrastare la fortuna, di governarla, il caso e gli eventi sono sempre più forti.


Nel principe, invece, egli afferma che la fortuna e la virtù hanno il 50% ognuna.



Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio.


Se il protagonista del Principe era il principe, il governante, il protagonista dei Discorsi è il popolo.


In questa opera machiavelli dà fiducia al governo dei molti.


Questa opera è un commento ai primi dieci libri di un'opera fondamentale del periodo Romano: la storia di Roma di Tito Livio. E' un'opera scritta molti secoli prima di Machiavelli, alla prima parte della quale lui fa un commento. Costituisce i suoi pensieri i suoi ragionamenti sulla storia Romana e sulla Firenze del periodo in cui viveva.


Qui Machiavelli si rivolge alle repubbliche, mantenendo ferma la sua posizione sull'antropologia umana, sostanzialmente negativa.


All'inizio dei Discorsi, Machiavelli afferma che:


"gli uomini per natura tendono sempre a rimpiangere il passato, a disprezzare il presente e a sperare nel futuro".



Critica agli assunti tipici del periodo medioevale e contemporaneo.


Egli cerca di criticare alcuni assunti tipici del pensiero politico del periodo medioevale e anche contemporaneo


Repubblica anziché monarchia. Uno di questi assunti del periodo medioevale, afferma che la monarchia fosse una forma di governo migliore della democrazia, oppure, come dice Machiavelli, che il Principato fosse una forma di governo migliore della Repubblica.


Le critiche erano sempre le stesse: il governo di uno è più efficiente, funziona meglio.


Machiavelli è consapevole che sta dicendo qualcosa di inaudito ai suoi tempi.


Secondo lui, tutti i difetti sollevati al governo popolare appartengono anche al governo monarchico, anzi, i vizi del governo di uno, sono superiore a quelli del governo di molti


Essendo la natura dell'uomo corrotta, è facile che, chi ha il potere si corrompa, anzi, è inevitabile. Quindi se il re diventa un tiranno, tutti i cittadini subiranno dei torti arbitrari.


Nel governo popolare, invece, se uno si corrompe, ci saranno sempre gli altri a tenerlo a freno. quindi, data la natura corrotta dell'essere umano, dare il potere a uno solo è più rischioso.


Un altro attacco al governo Repubblicano è che il popolo si sente più vicino alla patria.

In un principato il popolo si sente molto lontano dal suo Principe


Mentre in una repubblica, si sente meno il divario fra lo Stato e i sudditi, poiché molti sono chiamati a partecipare alle cariche. Nella Roma repubblicana esistevano tantissime cariche, e questo, permetteva al popolo di partecipare alla vita dello stato. Ma la cosa fondamentale in una Repubblica è che il popolo rispetti le leggi che ha contribuito a formare. Poiché dice Machiavelli, che una repubblica dove si rispettano le leggi può durare a lungo quanto una monarchia, in contrapposizione a chi affermava che le Repubbliche durano poco. La repubblica romana è durata diversi secoli, come anche la Repubblica di Venezia, al tempo di Machiavelli era già molto antica.


Qui Machiavelli fa la differenza tra la repubblica di tipo aristocratico e di tipo democratico.


Cioè la repubblica al cui governo ci sono un gruppo di nobili scelti non per merito e una repubblica detta "larga", dove il governo è affidato ad una larga parte del popolo. La differenza tra Venezia di quel tempo e Atene.


Machiavelli dimostra tutto il suo pessimismo filosofico quando afferma che il popolo che in tanti anni è stato governato da un principe, da un tiranno, ed improvvisamente riacquista la libertà, non riesce a mantenerla a lungo.


Il Popolo è per lui come un animale domestico: se torna improvvisamente in libertà, diviene subito preda di un animale più forte. Per questo bisogna fare molta attenzione a quei popoli che in rivolta scacciano il tiranno e vogliono subito instaurare, credendolo facile, una repubblica.



La religione

Altro argomento molto importante trattato ne i Discorsi è la religione.


Machiavelli non è ateo come qualche volta si è detto. Ha una posizione sulla religione diversa da quella di S. Agostino. Quello che conta per lui è il valore politico della religione.


Secondo Machiavelli, la religione è necessaria allo Stato. In quanto è una specie di collante per il popolo, lo rende più forte.

Per questo egli afferma che è Numa Pompilio, secondo Re, il vero fondatore di Roma, in quanto ha introdotto il culto degli Dei nella politica, ed è stato molto saggio in quanto questo aspetto ha reso Roma un popolo fiero e unito.

Stessa cosa, accaduta nella Firenze del '400 con Savonarola, il quale è riuscito ad unire il popolo di Firenze, trasmettendo una serie di valori da un punto i vista religioso molto forti, anche se poi è finito sul rogo.

Machiavelli, si rende conto che la storia dimostra che i governi senza religione durano poco. Perchè le leggi devono avere un vincolo più forte rispetto al valore che porta un singolo uomo o un governo.


Potere temporale della chiesa.

I Discorsi si chiudono con la celebre opinione che ha Machiavelli sullo stato della chiesa, ossia sul potere temporale dei Papi. Egli ha un parere negativo. La religione va mantenuta, gli ecclesiastici hanno un ruolo molto importante, ma il Papa non deve possedere uno stato. Non tanto per motivi teorici, ma per un motivo molto pratico, poiché impedisce l'unificazione dell'Italia. La spiegazione sta nel fatto che, lo Stato della chiesa è uno stato mediamente potente: troppo debole per essere protagonista dell'unità d'Italia, ma è troppo forte per essere sopraffatto.


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