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Totalitarismo e crisi dell'istituzione democratica




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Totalitarismo e crisi dell'istituzione democratica



Sulla base del principio della separazione dei poteri, lo Stato moderno manifesta la sua sovranità esercitando tre funzioni:

legislativa;

esecutiva;

giudiziaria.

Pur tuttavia, in un regime democratico, sono i cittadini a prendere insieme delle decisioni: in primo luogo andando a votare ed esprimendo la propria opinione; in secondo luogo accettando di fare ciò che la maggioranza ha preferito ed espresso mediante il voto. La regola della maggioranza è da sempre alla base di tutte le democrazie, da quella vigente nell'antica Atene fino alle moderne democrazie dei nostri tempi. Nelle democrazie, infatti, è condizione necessaria e sufficiente che le scelte e le decisioni che interessano l'intera collettività abbiano il sostegno della maggioranza dei rappresentanti dei cittadini, vale a dire del Parlamento. Accettare quanto deciso di volta in volta dalla maggioranza significa avere la consapevolezza di far parte di uno Stato di cui si accettano le regole fondamentali del gioco politico, ossia le norme contenute nella Costituzione. Naturalmente la società civile, la cosiddetta società di massa fatta di tutti i cittadini, ossia di tutta la popolazione che partecipa alla produzione, al consumo alla vita politica e culturale, e sulla quale lo Stato esercita il suo potere secondo le regole della Costituzione, non è affatto omogenea. Essa presenta al suo interno interessi idee, aspirazioni e obiettivi spesso tra loro contrapposti. E' dunque naturale che i cittadini accumunati dalle stesse idee e dai medesimi interessi, si uniscano e si organizzino allo scopo di farsi rappresentare in un organo appositamente previsto, il Parlamento, da chi mostra di avere la loro stessa opinione. Prodotto di queste unioni sono i moderni partiti politici che, a differenza del passato, sono vere e proprie associazioni di massa, dotate di una loro complessa organizzazione. I partiti fanno, dunque, da tramite tra i cittadini e i loro rappresentanti, tre elettori ed eletti: i primi scelgono i candidati di un dato partito in base al programma proposto, i secondi s'impegnano nei confronti del partito che li presenta ad adoperarsi perché tale programma sia realizzato. Nel nostro paese, ad esempio, il partito, o alleanza di più partiti che ha avuto più consensi alle libere elezioni, potendo disporre della maggioranza dei parlamentari è in grado di condizionare le decisioni delle due assemblee che compongono il Parlamento e rappresentano gli elettori. I deputati e i senatori (Camera e Senato) dei partiti della maggioranza determinano con il loro voto l'approvazione delle leggi e danno sostegno ad un governo democratico formato da ministri di loro fiducia. Ai parlamentari dei partiti della minoranza spetta invece un ruolo di opposizione e di critica democratica.

Quanto sopra esposto non esiste nei regimi totalitari, perché è il regime ad indicare chi deve far parte del governo e a dettar legge senza più interpellare i cittadini, giungendo persino ad eliminare, anche fisicamente, tutti coloro che si oppongono alle decisioni prese. Questo tipo di coercizione sociale si riscontra in tutti gli Stati totalitari europei della prima metà del secolo breve: caratteristica importante dei dittatori che guidarono questi regimi fu la capacità di sfruttare ogni mezzo per la conquista del potere. Carisma e violenza, si rivelarono una combinazione vincente.


1. Il regime stalinista: il primo esempio di regime totalitario del Novecento.

Nell'ottobre del 1917, quando il primo conflitto mondiale (1914-18) non si è ancora risolto, una rivoluzione abbatte le arcaiche strutture del regime zarista che governa l'immenso impero di Russia. Al tempo l'Impero russo si estende dall'Europa orientale all'Asia (sterminato territorio della Siberia) fino a giungere all'estremo Oriente con le regioni cinesi della Manciuria e dell'Amur, dove sorge l'importante porto di Vladivostok sull'Oceano Pacifico. Questo immenso territorio è collegato dalla famosa ferrovia transiberiana che, con una lunghezza di ben 8.000 Km, era stata realizzata tra il 1891 ed il 1904. E' evidente che un tale immenso territorio è costituito di regioni e popoli molto differenti tra loro per cultura, religione ed etnia. Il movimento rivoluzionario del 1917, che coinvolge tutti gli strati della popolazione, porta alla formazione di un'unione di repubbliche rette da un governo comunista. Nasce così l'URSS (Unione delle Repubbliche Sovietiche), di cui la Russia vera e propria diviene una delle repubbliche federate, sebbene quella di gran lunga più importante e dominante sul piano politico ed economico. Il regime comunista sovietico entra in crisi dopo circa 80 anni di vita quando, nel 1991, l'Unione sovietica si scioglie. Si apre così un difficile periodo di trasformazione dell'intero sistema economico e politico sovietico che dura fino ad oggi ed è caratterizzato da fortissime tensioni nazionali, come ha tristemente dimostrato l'azione terroristica cecena al teatro di Mosca.


2. Il regime fascista.

Nella confusa situazione italiana del primo dopoguerra comincia a trovare spazio il movimento fascista, fondato da Benito Mussolini. Mussolini era stato dapprima socialista massimalista e direttore dell' Avanti!, quotidiano del partito. Era poi divenuto nazionalista e sostenitore dell'intervento italiano nella Prima Guerra mondiale. Molto ambizioso e deciso, egli è ben poco legato ai progetti ed ai programmi politici che, infatti, , cambia con una certa frequenza e disinvoltura soprattutto nei primi anni, ma anche dopo. Malgrado le sue velleità, Mussolini raccoglie sempre maggiori consensi, facendo leva sia sulle emozioni e paure di molti Italiani, sia sugli interessi economici di una parte della società. In pratica:

sfrutta i risentimenti e le inquietudini di tanti ex combattenti spesso privi di un lavoro soddisfacente e, per di più, offesi dalla propaganda della sinistra che, nella polemica politica del tempo, spesso li bollava come militaristi, responsabili o complici delle sofferenze causate dalla guerra;

ottiene l'appoggio dei nazionalisti, di coloro che sostenevano l'idea della "vittoria mutilata", di quelli che sognavano un'Italia potente e "rispettata all'estero" e un governo autoritario all'interno;

trova il sostegno decisivo della classe dirigente, dei proprietari terrieri, dei piccoli borghesi moderati (il cosiddetto ceto medio), intimoriti dalla propaganda rivoluzionaria di matrice sovietica.

Nel clima acceso del biennio rosso, ricco anche di aggressioni e di intimidazioni da una parte e dall'altra, Mussolini fa della violenza un uso sistematico e costituisce vere e proprie bande di uomini armati. Egli ha tuttavia l'astuzia di presentare all'opinione pubblica moderata le "squadracce" dei fascisti come strumento necessario per riportare nel paese l'ordine sconvolto dai "rossi". I continui richiami di Mussolini a uno stato forte ed autoritario e la sua dura e sprezzante propaganda contro il Parlamento hanno successo, anche perché gli ultimi governi liberali si mostrano in genere poco efficienti e incapaci di fronteggiare la situazione. La loro debolezza favorisce il movimento fascista e le sue illegalità che uno Stato più deciso ed organizzato non avrebbe permesso.


3. Il regime nazista.

Fin dalle origini l'ideologia del movimento nazionalsocialista si caratterizza per un violento antisemitismo, che ha le sue radici in vari filoni della cultura tedesca di fine Ottocento-primo Novecento. La sconfitta subìta dalla Germania alla fine della Prima Guerra mondiale alimenta ulteriormente l'antisemitismo, a causa del risentimento suscitato nei Tedeschi dalle pesantissime condizioni imposte alla Germania soprattutto dalla Francia al tavolo delle trattative di pace. Tra i Tedeschi, infatti, si diffonde la convinzione che la sconfitta subìta, e la conseguente umiliazione, siano dovute ad un complotto dell'ebraismo internazionale.

Una forte connotazione antisemita caratterizza anche il libro-guida del nazionalsocialismo, il Mein Kampf (trad. it. La mia lotta), scritto da Hitler nel 1923 durante i 9 mesi trascorsi in carcere a Monaco a seguito del tentativo fallito di un colpo di Stato (il Putsch di Monaco). Giunto al potere nel 1933, il partito nazista non tarda a tradurre i suoi valori razzisti ed antisemiti in direttive politiche ed in norme giuridiche: nel 1935 con le leggi di Norimberga, gli Ebrei sono soggetti a pesanti discriminazioni. In base a quelle norme, l'antisemitismo può svilupparsi inizialmente attraverso la discriminazione sociale ed il boicottaggio pianificati, successivamente con le persecuzioni via via sempre più violente, culminanti nel pogrom del 9 novembre 1938 (la cosiddetta "notte dei cristalli"), nel corso del quale migliaia di abitazioni, negozi, e luoghi di culto di cittadini ebraici sono incendiati, un centinaio di Ebrei sono uccisi e molti altri percossi. Da quel momento in poi la popolazione ebraica è esclusa da qualsiasi attività industriale e commerciale in proprio, dalle manifestazioni culturali e dagli spettacoli pubblici. Molti artisti ed intellettuali dissidenti prendono la via dell'esilio: tra questi ricordiamo il grande fisico, padre della teoria della relatività, Albert Einstein che, nel 1933, si trasferisce negli USA dove contribuisce, sia pur senza condividerne gli intenti bellici, all'avanzamento degli studi sull'impiego dell'energia nucleare; lo scrittore Thomas Mann, premio Nobel nel 1929 e autore di grandi opere di narrativa che simboleggiano il crollo della Germania nazista. Altri illustri uomini di cultura sono costretti, invece, all'esilio perché comunisti, come il drammaturgo e poeta Bertolt Brecht, costretto a fuggire dalla Germania nel 1933, o perché sono ebrei, come Sigmund Freud, medico austriaco fondatore della psicoanalisi. L'avvicinarsi della Seconda Guerra mondiale apre la via al progetto al quale Hitler pensa da tempo: la cosiddetta "soluzione finale", ossia la distruzione della razza ebraica in Europa. Ancora all'indomani dell'avvento al potere di Hitler, nel 1933, in Germania sono in funzione una quindicina di campi di concentramento che hanno lo scopo di rieducare gli avversari politici. Sotto l'amministrazione delle SS (in tedesco Schutzstaffeln, ossia "Staffette di difesa") una specie di milizia privata al servizio di Hitler, si verifica una vera e propria razionalizzazione ed unificazione del sistema dei "campi", che porta alla nascita dei campi di sterminio, premessa necessaria per l'attuazione del terribile progetto di Hitler. Nel 1940, meno di un anno dopo l'inizio della guerra, nei territori occupati dai Tedeschi sono aperti nuovi campi di concentramento (Konzentrazionslager o KL), il più grande dei quali è Auschwitz, in Polonia. Nell'estate del 1941 Heydrich, capo dell'ufficio centrale della sicurezza del Reich (trad. italiana Impero), riceve l'incarico d'iniziare i preparativi per la "soluzione totale della questione ebraica". All'inizio, nelle "camere a gas" costruite nei campi di concentramento per le esecuzioni di massa, viene usato il monossido di carbonio, prodotto da motori diesel. Ad Auschwitz è, però, utilizzato un sistema più efficiente: i medici selezionano gli Ebrei abili al lavoro dopo il loro arrivo al campo stipati in carri bestiame: gli altri vengono avviati alle camere a gas dove si utilizza lo zyklon B, acido prussico impiegato in agricoltura per la disinfestazione.

Nell'autunno del 1942 sono ordinati quattro nuovi grandi forni crematori e camere a gas che consentono di "trattare" 2000 persone alla volta nello spazio di mezz'ora. Tra i sopravvissuti perché abili al lavoro, la fame, il freddo, le malattie e le torture fanno il resto: i tassi di mortalità mensile raggiungono il 20-25%. In alcuni KL, inoltre, gli internati sono utilizzati come cavie per esperimenti: sono loro inoculate malattie per studiarne gli effetti, dopo di che si procede alla loro eliminazione. Con il procedere della guerra e la mobilitazione produttiva, i KL entrano nel circuito di sfruttamento delle risorse e nel 1942 sono emanate direttive per lo "sterminio attraverso il lavoro". Alla caduta del regime nazista, avvenuta nel 1945 ed in concomitanza con la fine della Seconda Guerra mondiale (il suicidio di Hitler è del 30 aprile del '45), su 10 milioni di Ebrei residenti nei territori europei occupati dai Tedeschi, 6 milioni risultano eliminati. Di essi un terzo è stato sterminato nel solo campo di Auschwitz e gli altri nei 15 grandi campi e nei 900 secondari: Mauthasen, Treblinka, Sobibor, Chelmno, Majdanek, eccetera.



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