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La nuova menzogna in politica e la distruzione delle verità di fatto




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La nuova menzogna in politica e la distruzione delle verità di fatto



In un secolo che ha visto l'inferno materializzarsi concretamente sulla terra con i campi di concentramento e l'olocausto la distorsione delle verità di fatto è quanto di più pericoloso e incauto ci possa essere in previsione di un futuro nel quale questo inferno non debba ripetersi. Se, come ci dice la Arendt, la differenza tra la menzogna del passato e quella moderna sta nella distinzione che esiste tra il «nascondere e il distruggere cioè, nel fatto che la prima tipologia interessasse fatti noti a pochi mentre la seconda fatti noti ad interi popoli , è nel rapporto che l'uomo intrattiene con il proprio passato che dobbiamo ricercare le cause di una tale cattiva evoluzione. L'arte della menzogna moderna e delle sue tecniche di stravolgimento e fabbricazione dei dati di fatto fanno parte dell'imprevedibilit propria dell'uomo e ne dimostrano il carattere fondamentalmente libero: se posta in uno scenario incondizionato dalla presenza degli "altri", che fungano sì da confronto ma anche da limite, l'imprevedibilità dell'azione umana può, attraverso le moderne tecniche di manipolazione, andare a cambiare le carte del passato in proprio favore (o in favore di pochi).

In altri termini, la nostra capacità di mentire - ma non necessariamente la nostra capacità di dire la verità - appartiene ai pochi chiari e dimostrabili dati che confermano l'esistenza della libertà umana. Se possiamo cambiare le circostanze nella quali viviamo, è perché siamo relativamente liberi da esse, e attraverso la menzogna abusiamo proprio di questa libertà snaturandola


Mentire è a tutti gli effetti un'azione frutto della diversità umana: «il guaio è, che il suo opposto, il mero dire i fatti, non conduce ad alcuna azione . Il punto d'incontro tra la realtà dei fatti e la volontà del bugiardo di cambiarli secondo il proprio progetto sta nell'immaginazione umana: «un tale cambiamento sarebbe impossibile se non fossimo in grado di astrarci mentalmente dal luogo in cui ci troviamo e di immaginare che le cose potrebbero essere diverse da come in effetti sono . Ciò che è più allarmante è che la menzogna moderna si è spinta anche oltre il semplice cambiamento delle circostanze fondamentali della realtà, arrivando a distruggere le testimonianze di quest'ultima. Come si potrebbe evitare un simile effetto negativo dell'imprevedibilità dell'azione individuale? Sentiamo di poter rispondere indicando la soluzione in quella memoria custodita dalla pluralità, la quale se da una parte è detentrice del senso comune, al quale il soggetto si rifà anche nel momento in cui dialoga con se stesso, dall'altra deve oggi più che mai fungere da limite al suo agire, poiché quest'ultimo è giunto a stravolgere anche ciò che più di tutto dovrebbe rappresentare un limite alle sue azioni, e cioè la realtà fattuale. Ma prima d'indagare nello specifico la necessità di contrastare la manipolazione dei dati di fatto e di limitare ciò che pure è essenziale nella pluralità umana, e cioè il carattere imprevedibile dell'uomo, vogliamo porre i termini della questione intorno alla menzogna in politica così come la stessa Arendt li predispone all'inizio del saggio Verità e Politica , scritto durante il periodo seguito alla pubblicazione de La banalità del male e perciò contemporaneo all'aspra polemica creatasi intorno ad esso e alle accuse rivolte alla filosofa .



La politica dice: «Siate prudenti come serpenti»; la morale aggiunge (come condizione limitativa) «e semplici come colombe». Se questi due precetti non possono coesistere in un unico comando, sorge veramente un conflitto della politica con la morale: ma se essi devono andare congiunti, allora l'idea del contrasto è assurda e la questione di vedere come si può risolvere quel conflitto non può porsi. Per quanto la massima: «L'onestà è la miglior politica» implichi una teoria, che la pratica purtroppo assai spesso smentisce, tuttavia la massima parimenti teoretica: «L'onestà è migliore di ogni politica» è al disopra di ogni obiezione, è anzi la condizione indispensabile della politica



Diversamente da ciò che Immanuel Kant attesta con queste parole presenti nell'appendice allo scritto Per la pace perpetua del 1795, e che indicano come direttiva suprema per ogni politica che si rispetti l'onestà, Hannah Arendt precisa che «le menzogne sono sempre state considerate dei necessari e legittimi strumenti non solo del mestiere del politico o del demagogo, ma anche di quello dello statista» . Alla base dell'opinione della filosofa troviamo il principio secondo il quale non sempre la menzogna è utilizzata per un fine negativo, soprattutto nella vita quotidiana. Se infatti dovessimo dar ragion totalmente a Kant e al suo primato della ragione pratica sul resto, dovremmo allora credere che nascondere in casa un uomo inseguito da un assassino (o un'intera famiglia di ebrei al tempo del regime nazista) al quale in seguito non diremo la verità circa la nostra azione, sia da ritenersi un gesto indegno perché implicante una menzogna: ma Kant ci risponderebbe probabilmente con le parole di Ferdinando I, fiat iustitia, pereat mundus . A tal proposito la Arendt sottolinea come ne La pace perpetua il filosofo di Könisberg intenda ridurre la drammaticità di tale frase precisando che «la giustizia deve prevalere anche se come risultato dovessero perire nel mondo tutti i furfanti», ma ciò non basta secondo la filosofa a ridurre le maglie troppo larghe di questo principio, in relazione alle diverse attenuanti che un caso concreto potrebbe presentare: esistono troppe e diverse situazioni che potrebbero smentire questo precetto dimostrando che mentire sarebbe l'unico modo per preservare l'umanità e la giustizia della situazione . Alla base dell'antica diatriba tra verità e politica c'è l'importante questione del primato da attribuire o alla «verità del filosofo» e alle «opinioni della piazza . Questa frase ci conduce direttamente a rappresentarci da una parte il pensiero platonico che respinge la doxa in favore della verità assoluta detenuta dal filosofo, e dall'altra la lezione di Lessing sulla necessità di respingere le verità ultime per facilitare il continuo dibattito tra uomini :

«Possiamo notare, tra parentesi, che l'idea stessa di «una nazione di filosofi» sarebbe stata una contraddizione in termini per Platone, la cui intera filosofia politica, inclusi i suoi espliciti tratti tirannici, si basa sulla convinzione che la verità non può né essere ottenuta né essere comunicata tra i molti . In fin dei conti non è propriamente della verità e della menzogna tradizionalmente conosciute e del loro utilizzo in politica che la filosofa intende principalmente trattare in questo scritto:

La storia del conflitto tra verità e politica è antica e complessa, e la semplificazione o la denuncia morale non sarebbero di alcun aiuto



Volendo per un momento accantonare la verità insita in principi morali o scientifici il cui contrario è ravvisabile nell'«errore, nell'illusione e nell'opinione , la Arendt intende piuttosto spostare l'attenzione su ciò di cui non si dovrebbe neppure poter discutere il grado di veridicità, tanto che chiunque dovrebbe poter affermare con sicurezza "é così e non altrimenti" e cioè la "verità di fatto" il cui contrario è identificabile nella «falsità deliberata : essa «concerne eventi e circostanze in cui sono coinvolti in molti» ed «esiste nella misura in cui se ne parla . Nonostante la sua natura essenzialmente politica la verità di fatto dovrebbe porsi aldilà di qualsiasi accordo tra le parti24 e perciò essere esente da qualsiasi manipolazione umana, in questo senso è possibile affermare che essa «contiene un elemento di coercizione . Nonostante ciò le verità fattuali sono «più vulnerabili di tutti i tipi di verità razionali presi insieme e la «probabilità» che esse «sopravvivano intatte alla contraffazione è davvero ridotta nonostante la testimonianza di una collettività presente al loro accadimento. Se i russi non fossero arrivati a impedire la distruzione totale atta nei campi di sterminio e successivamente dei campi di sterminio per ordine dei loro stessi creatori, e se i sopravvissuti ai lager non avessero raccontato quanto accaduto all'interno di essi28 , nonostante la loro mostruosità, questi inferni sarebbero stati cancellati dalla storia . Proprio i regimi totalitari novecenteschi i quali, abbattendo lo spazio pubblico fra gli uomini e inducendoli all'isolamento e all'estraniamento hanno potuto ingabbiarli in una realtà ideologica e artefatta, sono da ritenersi tra i primi distruttori delle verità di fatto . Per quanto nulla possa essere "teoricamente" più incontrovertibile del passato, quindi di "ciò che è stato" e non può più essere cambiato, "concretamente" le dittature hanno osato rimuovere questo veto scoprendo che non vi è nulla di più manipolabile, insieme alle verità di fatto, della ricezione che di esse ha la mente umana, soprattutto nel momento in cui quest'ultima non è circondata da una pluralità che funga da custode alla memoria: «perché i fatti non hanno alcuna ragione decisiva per essere ciò che sono; essi avrebbero sempre potuto essere altrimenti, e questa fastidiosa contingenza è letteralmente illimitata . A questo proposito non possiamo non citare una situazione simbolo di questa procedura, presente nel libro 1984 di George Orwell . Winston Smith, il protagonista, vive in un superstato chiamato Oceania e amministrato da quella che può essere a tutti gli effetti definita una dittatura totalitaria guidata dal Grande Fratello. Winston lavora (neanche a farlo apposta) al Ministero della Verità organo preposto all'informazione del popolo, ma di fatto operante nel distruggere le prove materiali che andrebbero a contraddire ciò che di volta in volta il partito afferma:



Se il partito poteva ficcare le mani nel passato e dire di questo o quell'avvenimento che non era mai accaduto, ciò non era forse ancora più terribile della tortura o della morte? Il Partito diceva che l'Oceania non era mai stata alleata dell'Eurasia. Lui, Winston Smith, sapeva che appena quattro anni prima l'Oceania era stata alleata dell'Eurasia. Ma questa conoscenza, dove si trovava? Solo all'interno della sua coscienza, che in ogni caso sarebbe stata presto annientata. E se tutti quanti accettavano le menzogna imposta dal Partito, se tutti i documenti raccontavano la stessa favola, ecco che la menzogna diventava un fatto storico, quindi vera. "Chi controlla il passato" diceva lo slogan del Partito "controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato". E però il passato, sebbene fosse per sua stessa natura modificabile, non era mai stato modificato. Quel che era vero adesso, lo era da sempre e per sempre. Era semplicissimo, bastava conseguire una serie infinita di vittorie sulla propria memoria. Lo chiamavano "controllo della realtà"



Prima abbiamo affermato che la menzogna moderna è ben più terribile di quella tradizionale perché va a stravolgere, se non a distruggere, dati di fatto noti a più persone che rappresentano testimonianze di quegli eventi: è chiaro che questi divengono ancora più delicati e camuffabili nel momento in cui di essi si potrebbe ritrovare traccia solo attraverso delle immagini34 o delle opere scritte . Si può avere un opinione su un dato di fatto36 ma non si dovrebbe poter trasformare un dato fatto in un'opinione: che durante la rivoluzione Russa sia esistito un influente rivoluzionario di nome Lev Trotzky 37 in seguito escluso per decisione di Stalin non è un opinione ma è un fatto, così come l'esistenza dei capi di concentramento durante il regime nazista, benché correnti quali il negazionismo ancora oggi tendano a rinnegarli, è un fatto e non un'opinione. Se possiamo distinguere tra questi due poli è perché tra i sopravvissuti ai lager in tanti, benché durante la prigionia («senza più forza per ricordare ) avessero dovuto scegliere la via dell'oblio per rimanere in vita, da liberi hanno deciso d'interrompere la dimenticanza per "rivelare" ciò che hanno subito visto e sentito, restituendo al mondo quelle verità di fatto terribili ma concretamente successe. È necessario che ciò accada e che il soggetto arrivi a "narrare" la sua storia perché questa venga "riconosciuta" dagli altri e possa esistere nello spazio pubblico: a livello collettivo per restituire al senso comune degli uomini ciò che rischiava di andare perso, preservandone così la memoria in vista di un ammonimento futuro, e a livello individuale per rompere l'oblio e rendere possibile al superstite di ristabilire un contatto di consapevolezza con il proprio passato ma anche con il proprio presente, così da poterlo "padroneggiare" e potergli restituire un senso che valga anche per gli altri:



"Il senso di un'azione si rivela solo quando l'azione si è compiuta e diventata una storia suscettibile di narrazione. "Padroneggiare" il passato è possibile solo nella misura in cui si racconta ciò che è accaduto; d'altra parte, tale narrazione, che dà forma alla storia, non risolve alcun problema e non allevia alcuna sofferenza; non padroneggia nulla una volta per tutte. () Finché il senso degli eventi rimane vivente - e ciò può durare molto a lungo - "il padroneggiamento del passato" può assumere la forma di un'incessante narrazione.



La memoria così come la vera umanità si crea infra gli uomini testimoni totali o parziali degli eventi. Nel momento in cui le testimonianze vengono a mancare è il ruolo dello storico naturalmente a rivestire un'importanza basilare: «È vero, ci vorrebbe molto di più dei capricci degli storici per eliminare dalla storia il fatto che nella notte del 4 agosto 1914 le truppe tedesche hanno varcato la frontiera del Belgio; ciò richiederebbe non meno di un monopolio del potere sull'intero mondo civilizzato . L'abolizione del diritto alla memoria e al martirio come dati di fatto che potessero servire da simulacri per lo sviluppo della pietà tra gli uomini ha rappresentato inoltre, uno dei punti fondamentali della politica dei regimi totalitari, sia dentro che fuori dai lager: «Uno dei metodi più raffinati dei regimi totalitari del nostro secolo consiste appunto nell'impedire agli oppositori di morire per le loro idee, di una morte grande, drammatica, da martiri . Il diritto alla memoria e alla conoscenza delle verità fattuali è necessario allo spazio pubblico perché il suo senso comune si basi su fondamenta oneste e reali così da poter costituire negli individui un forte e quanto più veridico senso del giudizio, anche soprattutto quando questi sono posti in solitudine e costretti al dialogo con se stessi: per quanto un individuo possa disdegnare o ammirare l'utilizzo delle camere a gas nei campi di concentramento nazista, la loro esistenza deve essere posta come un dato imprenscindibile.



È vero che a uno sguardo retrospettivo - cioè in una prospettiva storica - ogni successione di eventi appare come se non sarebbe potuta accadere altrimenti, ma ciò costituisce un'illusione ottica, o piuttosto, esistenziale: nulla potrebbe mai accadere se la realtà, per definizione, non uccidesse tutte le altre potenzialità originariamente inerenti a ogni data situazione



A proposito dell'importanza della fattualità e del diritto al ricordo come strumento necessario che concorra a sviluppare la capacità di giudizio collettiva e quindi individuale, la Arendt evidenzia come la concretezza fattuale di un gesto estremo, poi passato alla storia, di fatto possa influenzare più tangibilmente della semplice "persuasione" della verità filosofica. La filosofa prende a modello di questa riflessione proprio il precetto socratico testimoniato da Platone "è meglio subire il male che fare il male", attestando come pur avendo la forma di una verità filosofica esso sia di fatto entrato a far parte dell'etica universale sin dai tempi antichi grazie al martirio del suo autore:





Socrate decise di mettere in gioco la sua vita su questa verità, per dare l'esempio, non quando è comparso davanti al tribunale ateniese, ma quando ha rifiutato di fuggire la sentenza di morte. E questo insegnamento attraverso l'esempio è, in effetti, l'unica forma di «persuasione» di cui la verità filosofica è capace senza perversione o distorsione; per la stessa ragione, la verità filosofica può diventare «pratica» e ispirare l'azione senza violare le regole dell'ambito politico, soltanto quando riesce a diventare manifesta sotto forma di esempio



È più facile che una verità filosofica entri a far parte del senso comune del tessuto plurale attraverso l'esempio concreto nella storia, rispetto ad una verità di fatto che in sé non abbia alcun principio «manifesto 44 da propugnare: in ciò è ravvisabile un'ulteriore elemento di fragilità della realtà fattuale nel momento in cui essa dev'essere difesa da manipolazioni esterne, libere di dare il senso che vogliono agli stravolgimenti dei fatti che mettono in pratica. In ultima battuta vorremmo accennare alla particolare condizione di chi45 attua la menzogna ai danni delle verità di fatto: la condizione cioè di chi perpetuando l'inganno ai danni della realtà deve necessariamente arrivare ad autoingannare anche se stesso per avere successo. A differenza del bugiardo tradizionale infatti quello moderno, che intenda distruggere le prove "della realtà" per sostituirle con quelle "di un'altra realtà", deve necessariamente autoingannarsi per completare l'opera di sostituzione, e questo perché la sua stessa coscienza sdoppiata tra verità e falsità costituirebbe una prova della sua colpevolezza e una contraddizione in termini del suo operato. Il manipolatore deve "essere" (e non "sembrare") sincero per poter mettere in pratica ciò che ha cominciato, tanto da arrivare a vivere la stessa condizione di chi è ingannato dalla sua menzogna:



Un aneddoto medioevale illustra quanto può essere difficile mentire agli altri senza mentire a se stessi. È una storia che narra ciò che accadde una notte in una città sulla cui torre di guardia una sentinella era in servizio giorno e notte per avvertire la popolazione dell'approssimarsi del nemico. La sentinella era un uomo incline agli scherzi e quella notte suonò l'allarme giusto per far prendere un piccolo spavento alla popolazione della città. Il suo successo fu travolgente: tutti si precipitarono alle mura e l'ultimo a precipitarsi fu la sentinella stessa


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