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Azione politica e potere politico




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Azione politica e potere politico 


Non c'è nell'opera di Weber una vera e propria teoria dell'azione politica. Eppure qualsiasi tentativo di ricostruirne i fondamenti e gli sviluppi nell'ambito delle scienze sociali deve necessariamente partire dagli scritti di Weber, che approfondisce invece i suoi studi a proposito dell' AGIRE SOCIALE su basi di individualismo metodologico, nel cui ambito è possibile collocare frammenti importanti del concetto di AGIRE POLITICO che l'autore riconduce a una particolare e specifica modalità di espressione delle RELAZIONI SOCIALI.

Weber rimane un nominalista :  non esiste la società come realtà sui generis, ma solo gli individui e i significati che essi attribuiscono alle loro azioni e a quelle degli altri individui con i quali interagiscono. Le scienze sociali, per il sociologo tedesco, non posso prescindere che 'ad agire sono sempre gli individui'. Sempre in questo quadro si collocano le sue riflessioni sui fenomeni della politica imputabili, anch'essi, all'agire degli individui. La politica, per Weber, in senso ampio comprende ogni sorta di attività direttiva autonoma, ma in senso stretto riguarda semplicemente la direzione oppure l'attività che influisce sulla direzione di un'associazione politica, CIOE' di uno stato.

Riconducendo l'agire politico a una particolare e specifica modalità di espressione delle relazioni sociali è necessario chiarire questo concetto secondo il filosofo.

Per Weber le relazioni sociali si esprimono quindi in termini di rapporti di potere , in quanto probabilità di far valere (Macht) o possibilità di realizzare (Herrshaft) rapporti di comando-ubbidienza, e in situazioni di lotta più o meno regolata nell'ambito di un processo che conduce alla formazione di elite: e in questo senso vediamo come affiora la dimensione politica delle relazioni sociali.

Le due forme fondamentali di relazione sociale sono la comunità, fondata sul sentimento soggettivo di una comune appartenenza degli individui che la costituiscono, e l'associazione che è invece il prodotto di un equilibrio o di un legame di interessi e presenta un fondamento razionale rispetto allo scopo e al valore.

Ancora la relazione sociale può essere aperta nei riguardi dell'esterno se la partecipazione all'agire sociale reciproco non viene impedita a nessun individuo che sia effettivamente in grado di farlo e disposto a ciò; può essere invece chiusa nei riguardi dell'esterno nella misura in cui il suo contenuto di senso o gli ordinamenti che per essa valgono escludono una partecipazione del genere o la limitano o la subordinano a certe condizioni. Weber ritiene che  l'agire politico sia tendenzialmente attratto nella sfera delle relazioni chiuse.

A seconda poi che l'agire sociale di ogni membro di una comunità o di un'associazione sia imputato a tutti i partecipanti o che soltanto l'agire di alcuni membri (rappresentanti) sia imputato a tutti gli altri (rappresentati) si parla di relazioni di solidarietà o relazioni di rappresentanza.

Quando una relazione sociale è ORGANIZZATA, nonché per questo dotata di un proprio ORDINAMENTO e di un CAPO, oltre a un eventuale apparato amministrativo, si ha un GRUPPO SOCIALE in senso proprio.

Il gruppo sociale è titolare di un '' AGIRE DI GRUPPO '' che è inteso come 'L'AGIRE DEI MEMBRI DEL GRUPPO' in quanto rappresentanti dotati di 'poteri di governo' legittimi entro l'apparato amministrativo o in quanto sottoposti alle disposizioni di quei poteri.

Laddove esista un ordinamento e un apparato preposti alla realizzazione dell'agire di gruppo esistono sempre delle RELAZIONI DI POTERE e nella misura in cui i membri di un gruppo sociale sono sottoposti a relazioni di potere questo assume i connotati di un GRUPPO DI POTERE.

La nozione di gruppo di potere è l'ultimo anello della concatenazione logica che, dall'agire sociale, porta all'AGIRE POLITICO. Anche l'AGIRE POLITICO è riferito a un gruppo, per l'appunto il GRUPPO POLITICO, che è una specie del genere dei gruppi di potere, la cui sussistenza e validità degli ordinamenti vengono garantiti continuamente mediante l'impiego o la minaccia di una coercizione fisica da parte dell'apparato amministrativo. Il tratto caratterizzante di un gruppo politico non è perciò legato allo scopo che esso si prefigge, bensì al mezzo cioè alla FORZA, impiegato per soddisfarlo.

Da qui la distinzione di Weber tra l'agire politico e l'agire sociale orientato politicamente.

L'agire politico equivale all'agire di gruppo degli stessi gruppi politici, ovvero all'agire che si svolge entro uno schema di relazioni di potere, che si distinguono per il fatto che chi comanda si avvale della forza come mezzo normale e specifico di amministrazione a garanzia dei propri ordinamenti e dei poteri di governo che vi si esercitano; è importante che la minaccia ed eventualmente l'impiego di quei mezzi sia una risorsa sempre a disposizione quanto meno in ultima ratio. Si parla invece di '' monopolio legittimo della forza fisica '' nel caso di QUEL GRUPPO POLITICO PARTICOLARE, per estensione e per importanza storica, che è lo stato. E' evidente che quando Weber parla di ''gruppo politico'' e di ''agire politico'' abbia in mente questa particolare organizzazione del potere politico che corrisponde al concetto di STATO.

L'agire sociale orientato politicamente è invece quell'agire sociale che ha come scopo quello di influire sulla direzione di un gruppo politico, soprattutto mediante l'appropriazione o l'espropriazione o la ridistribuzione o l'assegnazione dei poteri di governo. E' visibile come Weber, con questa definizione, allarghi significativamente la sfera dell'agire politico a una pluralità di campi sociali contigui o esterni alla struttura di governo in senso stretto ubiquità della politica. I cittadini, uti singuli o interagendo in gruppi più o meno complessi, tendono a condizionare e controllare il potere di governo.








Stato e potere politico


Secondo Weber laddove esista una relazione in qualche modo politica -riconoscibile attraverso i tre requisiti della territorialità, dell'organizzazione amministrativa e del monopolio della forza- c'è anche almeno una dimensione di potere in questa relazione; anche se non vale l'inverso, e cioè che le relazioni di potere ( e non potere politico)  mettano sempre e comunque capo a relazioni politiche: il padre di famiglia esercita il potere senza apparato amministrativo.

Per Weber il potere politico è quel potere che conserva in se stesso la pretesa di esercitare il monopolio legittimo dell'uso o della minaccia dell'uso della forza fisica, presuppone quindi l'enforcement ed è solo esercitabile da quel particolare gruppo politico a cui lui fa riferimento ovvero lo STATO. Bisogna affermare a ragione però, che questa osservazione non è del tutto vera e corretta, ma genera un'aporia logica. Emerge infatti il problema storico e antropologo di società senza stato: sono esistite certamente nel passato e ancora in epoca contemporanea le cosi dette società 'acefale' che riservano questo tipo particolare di potere ad altre istituzioni come poteva essere in passato la chiesa, per esempio. E' giusta quindi la chiarificazione di Easton: ''il concetto di stato è di solito niente di più che un'istituzione politica importante, ma inadeguata a descrivere la vita politica'' la quale riguarda invece '' tutte quelle attività diverse che influenzano il tipo di corso politico imperativo adottato da una società''. In questo senso la politica viene intesa come un processo che produce 'decisioni collettivizzate ' e che mira all'authoritative allocation of values e che, quindi, di può rintracciare non solo nella situazione sociale che corrisponde al concetto di stato, ma in tutte quelle situazioni sociali che si svolgono in una pluralità di arene. Non a caso molti autori, non è sicuramente il caso di Weber, ampliano molto la nozione di potere politico accentuandone i profili individualistici e psicologici, rendendolo cosi proteiforme in quanto molteplici e mutevoli risultano le sue modalità d'espressione.


L'ipotesi del contratto e il potere politico come decisione


Il problema del potere politico affonda le sue radici nella filosofia contrattuali sta del XVII secolo. E' evidente come il nostro riferimento al pactum subiectionis e al pactum societatis hobbesiani sia solamente un modello analitico di riferimento generale che ci consente di individuare la genesi e la configurazione del potere politico; si pensa quindi a un modello di azione razionale che da una situazione originaria di anarchia conduca a un 'prototipo costituzionale' che realizza un qualche ordine di tipo politico.

Il punto di partenza quindi è un equilibrio anarchico nel quale ciascun individuo è identificato sulla base delle sue risorse possedute , in quanto ricavate dall'ambiente o depredate agli altri, e la allocazione collettiva dei beni e dei valori è definibile come naturale. Sennonché i costi del conflitto rappresentano esterna lita: i membri del gruppo troveranno maggiore convenienza reciproca accordandosi. Si può però pensare a una vera e propria fase di contratto sociale solo quando i membri di un gruppo stabiliscono vincoli di rispetto reciproco sulle rispettive dotazioni di beni e di risorse modificando la distribuzione naturale. Tuttavia questa è ancora una fase che può essere definita pre-politica. Il problema più strettamente politico nasce invece con il problema stesso dell'applicazione dell'accordo costituzionale, quando l'osservanza delle regole da parte dei contraenti non può essere scontata e si tratta di garantirla con strumenti di enforcement. E' curioso notare come il problema della politica nasca in relazione ai grandi numeri: in un gioco a n attori non può essere garantita la piena spontanea osservanza delle regole poiché ciascun individuo è portato razionalmente a considerare che le sue scelte non avranno influenza sui risultati delle scelte aggregate e quindi egli può anche comportarsi da free - rider, sfruttando i benefici di una risorsa pur non accollandosi gli oneri relativi.

Per essere efficace il potere politico deve includere meccanismi di costrizione fisica nei confronti di coloro che violano le regole. La politica però coincide in un particolare processo di decisione più che in un semplice meccanismo di sanzione : gli individui, infatti, a meno che non ne siano personalmente lesi, non hanno molto interesse a sanzionare il comportamento deviante di un altro individuo, ma invece possono avere interesse nel caso in cui la previsione di una sanzione renda più sicure le proprio rivendicazioni e la tutela dei propri diritti. E il bene pubblico della politica consiste proprio in ciò: nella garanzia istituzionalizzata di sicurezza e nella inclusività potenziale di ogni scelta collettiva. Il potere politico quindi, come dice leoni, è il meccanismo capace di rendere certe scelte individuali ''scelte di gruppo'' mediante regolazioni procedurali. Dire che il potere politico spetti solamente allo stato come fece Weber accentrerebbe troppo la forza dello stato che si, sono ricorrenti nella fenomenologia del potere politico, ma non ne definiscono in pieno la funzione; le regole condivise e le decisioni collettive definiscono e rappresentano meglio il potere politico come oggetto di azione politica, ovvero quell'azione destinata a produrre decisioni autoritative e collettivizzate, i cui effetti quindi, ricadono su tutti i membri della collettività.

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