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Alcide De Gasperi




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Alcide De Gasperi


Introduzione


Alcide De Gasperi è certamente la figura più significativa ed importante dell'immediato dopoguerra italiano. Inizialmente come esponente di spicco del Comitato di Liberazione Nazionale, poi come ministro nei governi Bonomi e Parri, ed in seguito nei suoi dieci anni da Capo del governo, lo statista trentino ebbe un ruolo cruciale nel cammino di rinascita del Paese dalle ceneri lasciate dal secondo conflitto mondiale. Gestione della politica interna, economia, politica estera; in tutti questi campi De Gasperi tracciò un segno indelebile che avrebbe indirizzato la politica italiana dei successivi cinquant'anni. Un indirizzo di estensione non solo italiana, ma europea. Preme qui evidenziare come la politica, da De Gasperi, fosse concepita come missione; dimostrazione ne è la stessa biografia dello statista, dalla quale traspare chiaramente una vita totalmente dedita alla causa, all'obiettivo: il bene della collettività. Dall'impegno al Parlamento di Vienna in favore del popolo trentino, a quello per la causa dei rifugiati, dalle continue persecuzioni fasciste del Ventennio, al continuo sforzo di cercare un'unità sociale del Paese all'indomani del conflitto; da ogni circostanza traspare la dedizione totale dell'uomo ai propri ideali: la liberà, la giustizia, la democrazia, il senso dello Stato.










Profilo biografico


Alcide De Gasperi nacque il 3 aprile 1881 a Pieve di Tesino, piccolo paese della Valsugana, nel Trentino. Scarse sono le notizie riguardanti la sua prima giovinez­za. I pochi biografi che ebbero il compito, per ragioni di propaganda politica, di scrivere di lui mentre era ancora in vita, non ebbero molte confidenze dall'interessato, il quale era schivo e considerava inutili gli elogi alla propria persona. Frequentò le prime classi in Valsugana, dove il padre era capoposto di gendarmeria, poi passò al collegio Arcivescovile di Trento e di qui al ginnasio pubblico. Nel 1900 si iscrisse al corso di filosofia dell'Università di Vienna e nel 1901 tenne per la prima volta un discorso al Congresso degli universitari cattolici sul problema della cultura moderna di base cristiana. Fu questo uno dei temi spesso ripetuti durante il suo impegno politico, ritenendo che la democrazia e la libertà siano difendibili solo con una conoscenza della cultura più approfondita di quanto fino allora avevano fatto i vari circoli cattolici. Nell'autunno 1902, dopo aver passato periodi di stenti e di fame nonché di gravi fatiche per potersi pagare le tasse universitarie e il mantenimento nella città di Vienna, De Gasperi ebbe l'occasione di diventare segretario del proprio professore di teologia, don Kornmer, e di seguirlo ­in un viaggio a Roma. Ebbe allora l'opportunità di partecipare ad una udienza del pontefice, Leone XIII, del quale aveva studiato a fondo la Rerum novarum, e di avere un incontro casuale con Antonio Fogazzaro e Romolo Murri.

Nella formazione culturale e politica di Alcide De Gasperi ebbero grande peso alcune persone incontrate negli anni giovanili: primo fra tutti mons. Celestino Endrici, arcivescovo di Trento, che gli fu maestro e amico, sostenitore negli anni difficili della persecuzione fascista del primo dopoguerra. Mons. Celestino Endrici aveva sempre insistito con i giovani sull' importanza fondamentale di cu­rare la propria formazione richiamandoli ad assumere la propria re­sponsabilità personale in ogni occasione della vita. «Avere caratte­re, mostrare carattere, difendere il proprio carattere» erano le sue parole. Fu per suo consiglio che De Gasperi ancora giovanissimo divenne giornalista de «La Voce Cattolica» e poi direttore del «Trentino».

Un altro incontro importante, oltre al contatto con il movimento cristiano sociale guidato da Karl Lueger, fu quello con Romolo Murri. De Gasperi conosceva le li­nee programmatiche del movimento murriano attraverso articoli e scritti che egli stesso traduceva per la «Reichspost». De Gasperi, traducendo per i trentini le idee di Murri, ne esaltava gli aspetti economici e amministrativi, tacendo ciò che per Murri era ugualmente importante, cioè il rovesciamento delle alleanze che passavano da quella con i conservatori a quella con i partiti di origine popolare. Interrotta l'attività parlamentare per lo scoppio della guerra, De Gasperi rimase a difendere i diritti della sua gente attraverso un Comitato Profughi, all'interno del paese. Nel 1917, per pochi mesi, venne riaperta la Camera ed egli, in un memorabile discorso, si alzò a difendere i diritti del popolo trentino maltrattato e perseguitato e fu l'unico ad avere il coraggio di accusare gli austriaci per la morte di Cesare Battisti. Finita la guerra, per tre anni De Gasperi si occupò di affrontare e sciogliere i numerosi problemi di ordine civile, sorti con il passaggio della sua terra al Regno d'Italia. Tale operato risulta anche dalla relazione da lui presentata al Congresso del P.P.I. di Venezia, con un programma di ricostruzione politico e amministrativo delle nuove province. Nelle elezioni del 1921 venne eletto deputato al ­Parlamento italiano nelle liste del P.P.I. di don Luigi Sturzo. Questa seconda parte della vita di Alcide De Gasperi è caratterizzata dalla lotta al fascismo emergente, con le armi politiche, finché ci ­fu uno spiraglio di libertà, finché non fu messo in prigione, per non voler scon­fessare le proprie idee di libertà e di democrazia di fronte alla prepotenza, alla sopraffazione e alla distruzione delle istituzioni democratiche operate dall'avvento del nuovo regime. Lottò finché gli fu possibile pur sostenendo, in un primo tempo, che una collaborazione con il fascismo era possibile ­a condizione che costituisse una fase di transizione, ed in seguito opponendosi duramente al testo governativo della legge Acerbo. Dopo la partenza di Sturzo dall'Italia ebbe, il 20 maggio 1924, la nomina a segretario del P.P.I., che mantenne fino al dicembre dello stesso anno. Poi anche il Partito Popolare venne ridotto al silenzio e cominciò allora una vera campagna di denigrazione nei confronti di ­De Gasperi, che lo trascinò prima alla privazione della libertà personale e poi ad una stretta sorveglianza della polizia. Venti  anni di silenzio e di umiliazioni, arricchiti però dalla preparazione e stesu­ra di importanti scritti, pubblicati sotto pseudonimo, nonché da una interessante attività di articolista sulla «Illustrazione Vaticana», fatta con uno sguardo attento ai movimenti e ai partiti di matrice cristiana nella sfera internazionale. La Biblioteca Vaticana dove gli fu offerto un lavoro, l'unico possibile che gli permetteva di non abiurare alle proprie idee di democrazia e di libertà, fu il suo rifu­gio e nello stesso tempo una palestra spirituale per l'impetuosità del suo animo, che seppe accettare con riconoscenza un posto di grande modestia intellettuale: vi faceva l'amanuense per la ricata­logazione dei libri della Biblioteca su un nuovo modello americano che richiedeva parecchie schede per ogni volume. «In tal modo, di­ceva De Gasperi, per quanto somaro fosse il visitatore, era messo in condizione di trovare il testo desiderato».

Nel 1943 nascerà ufficialmente il partito della Democrazia Cri­stiana, per il quale egli aveva steso alcuni anni prima un appunto di parecchie pagine che aveva voluto intitolare «testamento politico». Rielaborato e rivisto alla luce di altri apporti importanti, esso pren­derà il nome di «idee ricostruttive».

L'ultima parte della vita di Alcide De Gasperi è paragonabile ad una veloce cavalcata verso un obiettivo irrevocabile: portare il po­polo cristiano a partecipare in prima linea alla ricostruzione morale e materiale del nostro paese tanto distrutto. Per dieci anni fino al 1954 egli non disperò mai della sorte di quell'Italia che gli si offri­va battuta militarmente, povera ed affamata, priva di risorse e sen­za credito nei confronti delle nazioni vincitrici. La sua passione per la libertà, il suo coraggio e la sua dignità fecero scudo anche contro un trattato durissimo, finché riuscì a trascinare con la sua fede nella democrazia anche gli incerti e i pavidi.

Nella politica estera, De Gasperi, compì una determinata scelta di campo. Il Patto Atlantico, che prenderà il nome di NATO, l'ammissione dell'Italia all'ONU, l'Unione Europea gli richiederanno grande for­za d'animo, grande determinazione e soprattutto una chiaroveggen­za non comune. La quotidiana polemica e l'ostruzionismo, nelle sue varie forme messe in atto dal partito comunista e da quello so­cialista di Nenni, saranno un freno negativo per un rilancio del no­stro paese. Tuttavia De Gasperi, primo ministro per otto governi, riuscirà a gettare quelle basi di scelte politiche che ancora oggi sono l'unica strada sulla quale sarà possibile una mag­giore concordia di popoli, una via diventata indispensabile e indif­feribile se il nostro Paese vuole ancora avere un ruolo di primo piano nel sistema internazionale.

De Gasperi morì il 19 agosto 1954 nella sua casa a Sella di Val­sugana.

Un treno trasporterà la salma in un vagone colmo dei fiori gettati dalla gente in attesa del suo passaggio lungo i paesi e le città d'Italia. La gente aveva capito quanto quest'uomo aveva dato di sé per il bene di tutti.









La politica di De Gasperi nel decennio di governo.

Le premesse: dalla caduta del fascismo alla formazione del I ministero De Gasperi.

Fra il 1942 e il 1943 era stata fondata la Democrazia Cristiana; il nuovo partito si presentò come l'erede della migliore tradizione dei cattolici in campo politico e impostò in modo del tutto innovativo il rapporto tra i cattolici e lo Stato. Nei primi documenti clandestini De Gasperi definì i motivi programmatici fondamentali che caratterizzeranno la DC nel dopoguerra: un partito di massa dei cattolici, laico, interclassista, antifascista, che considerava la libertà e la democrazia politica elementi fondamentali del nuovo sistema politico da costruire, con un senso cristiano dello Stato senza volere uno Stato cristiano.
De Gasperi riuscì con la Democrazia Cristiana a garantire l'unità politica dei cattolici, ad inserirli nello Stato democratico e a farli diventare i più importanti garanti di un sistema pluralista. Il sostegno dato all'iniziativa di De Gasperi dal sostituto della Segreteria di Stato vaticano, mons. Giovanni Battista Montini, fu decisivo per orientare la maggior parte dei quadri cattolici nella DC e per assicurare al nuovo partito l'appoggio dell'istituzione ecclesiastica; De Gasperi non rinunciò mai, tuttavia, al principio dell'autonomia e delle responsabilità civili e politiche. De Gasperi assunse fin da subito la leadership della nuova formazione politica. Il 4 giugno 1944 gli Alleati liberarono Roma. Il giorno successivo, il principe Umberto veniva nominato Luogotenente; Vittorio Emanuele III lasciava così la scena politica, ma non abdicava. Il compito di formare un nuovo governo, espressione dei partiti rappresentati nel Comitato di Liberazione Nazionale, venne affidato a Ivanoe Bonomi. De Gasperi, segretario della Democrazia Cristiana, ne fece parte come ministro senza portafoglio. Fu il suo primo incarico ministeriale. Il 1° ministero Bonomi aprì una fase nuova della politica del paese, non ancora interamente liberato. Con il decreto legislativo luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151 - la cosiddetta 'Costituzione provvisoria' fu stabilito che dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali sarebbero state scelte da una Assemblea Costituente, eletta a suffragio universale, diretto e segreto, cui era affidato anche il compito di approvare una nuova Costituzione. Il ministero ebbe tuttavia una vita breve, infatti si dimise ai primi di dicembre del 1944 per dissensi interni tra i vari partiti; dopo tentativi non riusciti di formare il governo da parte di Parri, nuovamente da parte di Bonomi ed importanti esponenti dell'Italia prefascista, De Gasperi accettava l'incarico di Presidente del Consiglio e il 10 dicembre 1945 presentava il suo primo governo.


Il referendum costituzionale ed il II ministero De Gasperi

Fra difficoltà di carattere interno e internazionale, De Gasperi riuscì a garantire una ordinata transizione verso un assetto finalmente democratico del paese. Il 2 giugno 1946 si tenne il referendum costituzionale e l'elezione dell'Assemblea Costituente. A favore della Repubblica si schierarono azionisti, socialisti, comunisti, repubblicani ed alcuni esponenti liberali. Pure la DC si pronunciò, nel suo I Congresso nazionale, per la soluzione repubblicana ma il suo potenziale elettorato era in maggioranza monarchico. A favore della monarchia si espressero il Blocco Nazionale della Libertà (costituito dal Partito Democratico Italiano e dai gruppi monarchici) e la maggioranza dei liberali. L'atteggiamento della Chiesa in merito alla questione istituzionale fu caratterizzato da una linea di neutralità, ma l'orientamento monarchico era prevalente negli ambienti cattolici meridionali, e coinvolgeva anche settori della gerarchia. L'attenzione prevalente venne rivolta alle elezioni per l'Assemblea Costituente e ai princípi che avrebbero dovuto caratterizzare la futura Costituzione.
La Repubblica prevalse con il 54,3% dei consensi contro il 45,7% dei voti per la Monarchia. Secondo la proclamazione ufficiale dei risultati, effettuata dalla Corte di Cassazione, si erano schierati per l'innovazione costituzionale 12.717.923 elettori, mentre 10.719.284 si erano espressi per la conservazione della Monarchia. La scelta del referendum popolare costituì un successo di De Gasperi. Nelle elezioni per l'Assemblea Costituente la DC risultò primo partito nazionale, con il 35% dei voti. L'Assemblea Costituente il 28 giugno elesse alla carica di capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola. Dopo le elezioni De Gasperi formò il suo secondo ministero basato sull'accordo fra i tre partiti di massa e sulla partecipazione dei repubblicani. La collaborazione dei partiti antifascisti non si tradusse però in una rappresentanza paritetica nel governo, come prima delle elezioni, ma proporzionale alla loro forza elettorale.
Il programma del nuovo governo si riassumeva in due punti principali: continuazione dell'opera di ricostruzione del paese e di riattivazione della sua economia e controllo dell'ordine pubblico. Sul piano dei rapporti internazionali il tema dominante era quello del trattato di pace. L'Italia era stata considerata a tutti gli effetti una nazione sconfitta: doveva impegnarsi a pagare le riparazioni, a rinunciare alle colonie, a ridurre la consistenza delle forze armate, ad accettare rettifiche della linea di frontiera. Soltanto una richiesta di De Gasperi - ministro degli Affari Esteri ad interim fino al 18 ottobre 1946 - fu accettata: la frontiera del Brennero rimase intatta anche per gli accordi direttamente da lui conclusi con il ministro degli Esteri austriaco Gruber. Per il territorio di Trieste venne invece adottato un regime provvisorio, la suddivisione in due zone, A e B. La prima, con la città di Trieste, rimase sotto un governo militare anglo-americano, mentre la zona B, comprendente una parte dell'Istria, venne assegnata all'amministrazione militare jugoslava. Doveva trattarsi di una sistemazione provvisoria, che durò invece fino all'ottobre 1954. La soluzione della questione di Trieste rimase strettamente legata all'evoluzione della situazione politica internazionale e a quella interna dell'Italia provocando gravissime tensioni con la Jugoslavia.

La conferenza di Parigi e  il viaggio negli Stati Uniti d'America.

Nell'agosto 1946 De Gasperi si recò a Parigi, dove erano riuniti i ventuno delegati dei paesi vincitori per discutere il trattato da imporre all'Italia; il suo forte e dignitoso discorso al Palazzo del Lussemburgo, il 10 agosto, non riuscì tuttavia a mutare le clausole del trattato  da lui stesso definito 'estremamente duro'. De Gasperi difese con grande forza e dignità le ragioni della posizione dell'Italia, ma l'accettazione del trattato di pace fu obbligata. Soltanto così si poteva chiudere la drammatica parentesi della guerra, riprendere su basi nuove l'iniziativa in campo internazionale, rendere possibile un ruolo attivo dell'Italia nel contesto europeo e in quello mediterraneo. In questa prospettiva, De Gasperi si recò nel gennaio 1947 negli Stati Uniti. Il viaggio contribuì in maniera decisiva ad ottenere aiuti, ad acquistare credibilità di fronte alla classe dirigente di quel paese e ad impegnarlo per reinserire l'Italia nel contesto internazionale, nell'area delle democrazie occidentali. L'Italia fu, infatti, il primo tra i paesi vinti ad essere integrato nelle istituzioni internazionali; il 23 marzo 1947 venne ammessa alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale. Rientrato in Italia il 17 gennaio, De Gasperi si trovò di fronte alla quarta crisi di governo in meno di due anni. Dopo un tentativo di costituire un governo di concentrazione di tutti i partiti, De Gasperi tornò alla formula di un gabinetto con le sinistre.

Dal III al IV ministero; l'economia einaudiana.

Il terzo ministero De Gasperi affrontò e risolse il delicato problema della firma del trattato di pace e contribuì alle intese raggiunte sui primi articoli del progetto di Costituzione messo a punto dalla Commissione dei 75 sui quali si era cominciato a discutere in Aula.
I dissensi in tema di politica estera e di politica economica con i socialisti e con i comunisti portarono De Gasperi, alla fine di maggio, a ritenere chiusa quella fase di collaborazione e a dare le dimissioni. Dopo i non fruttuosi tentativi fatti da due esponenti del vecchio mondo liberale, Francesco Saverio Nitti e Vittorio Emanuele Orlando, di formare un governo l'incarico venne nuovamente affidato a De Gasperi, che riuscì a formare un governo monocolore senza rappresentanti dei partiti socialista e comunista e con la significativa partecipazione del liberale Luigi Einaudi, che come ministro delle Finanze e del Tesoro attuò una manovra antinflazionista caratterizzata da una stretta creditizia che ebbe successo; costituì la base per la rinascita del paese -anche se nel breve periodo provocò una flessione della produzione, riassorbita dopo un anno, e un aumento del numero dei disoccupati-.         Con il nuovo governo si concludeva la stagione dell'unità antifascista, la fase di transizione. I profondi dissensi che si erano verificati fra la DC, i comunisti e i socialisti sui temi di politica economica, sulla cosiddetta 'linea Einaudi' per realizzare le condizioni di stabilità necessarie per reinserire l'economia italiana nel contesto internazionale, vennero approfonditi dall'allineamento delle sinistre alla politica dell'Unione Sovietica e dalle loro posizioni critiche sulla 'dottrina Truman', proclamata il 12 marzo 1947, e sul Piano Marshall, presentato il 5 giugno dal Segretario di Stato americano per favorire la ricostruzione economica dell'Europa (ERP). La divisione del mondo in due blocchi contrapposti, nella seconda metà del '47, ebbe conseguenze profonde anche in Italia, ma non compromise l'intesa fra i partiti dell'Assemblea Costituente per ratificare il trattato di pace e per approvare, a larghissima maggioranza, anche dopo la fondazione del Cominform - l'Ufficio di informazioni voluto dall'URSS tra i partiti comunisti al potere dell'Europa orientale.

Le elezioni politiche del 1948, la I legislatura repubblicana e le riforme.

Le elezioni del 18 aprile 1948 per la formazione del primo Parlamento repubblicano si svolsero in un clima di netta contrapposizione tra comunismo e anticomunismo, influenzato anche dal clima di 'guerra fredda' fra Stati Uniti e Unione Sovietica, acutizzata dal colpo di stato comunista in Cecoslovacchia del febbraio 1948. La campagna elettorale fu caratterizzata da una grande mobilitazione; propose la scelta fra due opzioni contrapposte sul piano delle alleanze internazionali, dei sistemi politici e dei modelli sociali. Le elezioni segnarono la vittoria della DC, che ottenne il 48,5% dei voti e la maggioranza assoluta alla Camera dei deputati e la sconfitta del Fronte Popolare, che aveva riunito candidati socialisti e comunisti. Le elezioni del 18 aprile risultarono così decisive per un lungo periodo; consentirono la scelta occidentale, garantirono la libertà nella sicurezza, favorirono la fondazione del sistema democratico e la ricostruzione economica. La I legislatura repubblicana fu caratterizzata dalla continuazione dell'opera di ricostruzione e dalla realizzazione di un piano di riforme.
Una prima, importante riforma fu la legge 28 febbraio 1949, n. 43 che istituì un Comitato per l'impiego dei fondi raccolti e gestiti da un organismo speciale costituito presso l'Istituto Nazionale delle Assicurazioni (Gestione INA-Casa). In questo periodo il Comitato impegnò complessivamente 334 miliardi di lire per la costruzione di 147.000 alloggi con 735.000 vani. Il Piano INA-Casa favorì il rilancio dell'attività edilizia, la riduzione della disoccupazione, la costruzione di alloggi per le famiglie a basso reddito, contribuì alla rivoluzione abitativa dell'Italia repubblicana e costituì un riferimento di grande importanza per tutti i successivi interventi di edilizia agevolata e convenzionata. Un'altra, importante riforma fu quella agraria, predisposta dal ministro dell'Agricoltura Antonio Segni; la riforma fondiaria interessò circa il 30% della superficie agraria e forestale del Paese; furono espropriati 800.000 ettari, dei quali 650.000 nel Mezzogiorno. Si realizzava così uno degli obiettivi politici di De Gasperi: creare una classe di piccoli proprietari, migliorare le arcaiche condizioni dell'agricoltura in alcune parti del paese, consolidare con una iniziativa di giustizia sociale la costruzione della democrazia. La Cassa per il Mezzogiorno fu l'altra riforma approvata all'inizio degli anni'50; rappresentò il banco di prova di un nuovo tipo di struttura amministrativa che negli anni successivi costituì un utile riferimento per la più generale riforma della Pubblica Amministrazione. Al più generale sviluppo del Paese contribuì inoltre l'ENI, istituito nel febbraio 1953, che divenne in pochi anni un operatore a livello mondiale.                                                                                                                                             Ezio Vanoni, ministro delle Finanze nel V, VI, VII e VIII ministero De Gasperi, realizzò poi una riforma tributaria che introdusse in Italia un moderno e più equo sistema di tassazione. Fu una vera riforma strutturale che pose le basi del Fisco moderno e che derivava dalla concezione di Vanoni del sistema tributario 'come pietra angolare dello Stato democratico', dalla convinzione che non vi è possibilità di ordinamento democratico senza un ordinamento tributario serio e ordinato e che il problema fiscale 'non è solo tecnico, ma morale e politico'. Verso la metà degli anni '50, Ezio Vanoni elaborò poi, quasi a coronamento di un periodo di riforme, lo Schema di sviluppo del reddito e della occupazione in Italia nel decennio 1955/1964, meglio noto come 'Piano Vanoni', per risolvere il fondamentale problema di debolezza della struttura economica e sociale italiana, rappresentato dall'alto livello della disoccupazione e della sottoccupazione, e per favorire inoltre lo sviluppo del Mezzogiorno e il pareggio della bilancia dei pagamenti. La politica di centro, l'alleanza fra cattolici democratici e 'laici', caratterizzò, seppure con alterne vicende, tutta la I legislatura repubblicana. L'ispirazione cristiana non impediva, anzi favoriva, per De Gasperi, la collaborazione. Difese i valori della laicità e dell'autonomia dei cattolici contro ogni forma di integralismo clericale, anche contrapponendosi agli orientamenti di parte del mondo ecclesiastico.

La politica estera: occidentale ed europeistica.

Anche la politica estera, con la 'scelta occidentale' e gli indirizzi europeistici che la caratterizzarono, fu del tutto innovativa occupandosi, fra l'altro, dell'apertura dei mercati di lavoro per la nostra manodopera nelle varie forme della cooperazione europea ed occidentale allora possibile. La partecipazione italiana al Patto Atlantico - voluta da De Gasperi e dalla maggioranza di governo, superando la durissima opposizione socialcomunista nel Parlamento e nelle piazze costituì una soluzione al problema della sicurezza, consentì di far superare all'Italia la condizione di Stato sconfitto, di inserirla come membro con pari dignità nella comunità occidentale liberandola dalle pesanti eredità del fascismo. L'appartenenza alla comunità atlantica si rivelò inoltre funzionale alla salvaguardia dei presupposti costituzionali della Repubblica e allo sviluppo della politica europeistica. La costruzione dell'Europa unita costituì poi, all'inizio degli anni '50, l'obiettivo più importante della politica estera di De Gasperi. Significative sono le iniziative politiche e diplomatiche da lui assunte; l'adesione al 'Piano Schuman', presentato dal ministro degli Esteri francese il 9 maggio 1950, nel quale De Gasperi vedeva la possibilità di eliminare il dissidio franco-tedesco, che era stato causa di tante guerre e il primo serio tentativo di avere nell'Europa moderna un'autorità supernazionale; l'appoggio dato alle attività del Movimento federalista europeo. Il trattato che istituì la Comunità Europea per il Carbone e l'Acciaio (CECA), firmato il 18 aprile 1951, risultò la pietra angolare dell'edificio europeo. In questa prospettiva De Gasperi si batte per la creazione di 'un esercito europeo al servizio di un'Europa unita' (CED) cercando di conciliare il principio della sicurezza con quello della solidarietà europea e sostenendo che esso doveva 'divenire la base permanente per gli Stati Uniti d'Europa'. La sua proposta di una Assemblea che avrebbe dovuto preparare un progetto per la trasformazione della comunità in un organismo federale basato sul sistema bicamerale e sulla divisione dei poteri, intendeva garantire alla Comunità di Difesa un quadro politico istituzionale che avrebbe preparato la soluzione federale, la Comunità Politica Europea (CPE). La Comunità Europea di Difesa (CED) avrebbe dovuto costituire il primo solido nucleo soprannazionale dell'unità dell'Europa. L'obiettivo del trattato della CED, firmato a Parigi il 27 maggio 1952, non venne poi realizzato per la mancata ratifica da parte dell'Assemblea Nazionale francese. L'ideale europeistico di De Gasperi di una Europa della pace e della democrazia soprannazionale, la base di consenso realizzata in Italia a favore di una politica per l'unità dell'Europa, il suo impegno - insieme a quello di Robert Schuman e di Konrad Adenauer, costituirono comunque il patrimonio sul quale si è basato il successivo processo di integrazione europea.

La legge elettorale e le elezioni del 1953

Per assicurare stabilità al governo e funzionalità al Parlamento, per favorire il mantenimento della maggioranza centrista e l'unità politica dei cattolici nella DC, De Gasperi propose una riforma elettorale che avrebbe assicurato alle liste apparentate che avessero ottenuto il 50% dei voti un premio di maggioranza, il 65% dei seggi alla Camera dei deputati. Il disegno di legge fu approvato dopo un durissimo ostruzionismo delle opposizioni sia alla Camera che al Senato; ma alle elezioni politiche del 7 giugno 1953 le liste apparentate non riuscirono a raggiungere, per 57.000 voti, la metà più uno dei voti necessari per far scattare il premio di maggioranza, anche per via della presenza di liste dissidenti. La coalizione centrista mantenne la maggioranza alla Camera e al Senato - nonostante la DC passasse dal 48,5% dei suffragi ottenuti nel 1948 al 40,1% e le perdite più contenute degli altri partiti di governo -, ma la sconfitta politica segnò la fine della stagione degasperiana del centrismo e condizionò nel lungo periodo lo sviluppo del sistema politico italiano.

Il ritorno al partito e l'impegno europeo.

Dopo la sconfitta elettorale del 1953, De Gasperi tornò al suo impegno nel partito; il 28 settembre venne eletto alla segreteria della DC. Continuò ad occuparsi dei grandi temi che avevano caratterizzato i suoi governi: l'alleanza occidentale, la questione di Trieste e soprattutto la ratifica del trattato che istituiva la Comunità Europea di Difesa; una ratifica ritardata, alla fine della I legislatura, dalla battaglia per la nuova legge elettorale.                        Il suo discorso al V Congresso della DC a Napoli, considerato il suo testamento politico fu dedicato al carattere cristiano del partito, al rapporto tra fede e politica, al tema delle alleanze.Una parte significativa del discorso fu dedicata all'unità del partito, in particolare ai problemi che si ponevano per la formazione di correnti legate alle diverse ipotesi di alleanze parlamentari. 'Se siamo divisi o indeboliti dalle nostre discordie - disse -, diventiamo schiavi della situazione parlamentare. Non sarà il nostro pensiero programmatico che creerà congruenze e convergenze, ma sarà la situazione parlamentare, la ferrea necessità di avere un governo che ci costringerà a qualunque coalizione, senza condizioniCon ciò il partito rischia di perdere la fiamma dei suoi ideali né può alimentare le speranze dei giovani; e diventa una macchina elettorale che arrugginisce." Con forte determinazione proseguì nel suo impegno europeistico, continuando a seguire, in particolare, il problema della ratifica del trattato della CED. Il progetto di una 'Europa unita nella pace' continuò ad essere l'idea dominante dei suoi ultimi anni di vita; in questa prospettiva mantenne rapporti con Schuman e con Adenauer, il cui governo volle ribadire nel gennaio 1954, con l'attribuzione della 'Gran croce d'onore al merito della Repubblica Federale di Germania', il riconoscimento dei suoi particolari meriti acquisiti con l'azione svolta a favore del reinserimento della Germania nella comunità delle nazioni europee. Il loro ultimo incontro a Roma, il 25 marzo 1954, fu quello fra due uomini della stessa fede, convinti entrambi che senza l'unione dell'Europa il mondo non avrebbe trovato né stabilità né pace'. De Gasperi illustrò nuovamente, poco dopo, il 21 aprile, le sue idee sulla 'nostra Patria Europa' alla Conferenza parlamentare europea a Parigi, sottolineando che 'la vera e solida garanzia della nostra unione consiste[va] in una idea architettonica che sap[esse] dominare dalla base alla cima, armonizzando tutte le tendenze in una prospettiva di comunanza di vita pacifica ed evolutiva', il 'concetto liberale sull'organizzazione e l'uso del potere politico', 'l'idea della solidarietà della classe operaia', il cristianesimo che era 'all'origine della civiltà europea'. Un importante riconoscimento della sua coerente e costante attività per l'unione dell'Europa fu l'elezione, all'unanimità, alla Presidenza dell'Assemblea della Comunità del Carbone e dell'Acciaio. Nel discorso tenuto in occasione dell'elezione, a Strasburgo, l'11 maggio 1954, De Gasperi richiamò 'l'ideale e la realtà comunitaria', l'importanza del metodo seguito 'di porre in comune i materiali siderurgici, coordinandone la produzione e il mercato'; in ciò vedeva 'la garanzia più sicura e più solida dell'esecuzione del trattato'. Senza questa 'garanzia organica sostanziale' riteneva che un accordo internazionale diventasse 'facilmente carta straccia, come quella sessantina di trattati internazionali - ricordava -, conclusi fra il 1919 e il 1939'. De Gasperi indicava questo metodo per tutti gli altri settori delle collaborazioni possibili: in particolare, per la messa sotto controllo comune dell'uso delle forze militari, dei materiali e degli strumenti atomici. Continuò ad occuparsi del problema della ratifica del trattato della CED e più in generale di temi europeistici fino agli ultimi giorni di vita, come dimostrano le sue corrispondenze. Alcide De Gasperi, morì a Borgo Valsugana il 19 agosto 1954. Le sue scelte, caratterizzate da un originale rapporto tra dimensione nazionale ed internazionale dell'azione politica, hanno costituito le direttrici della politica estera italiana nel cinquantennio successivo.




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