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L'umorismo - tesina




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L'umorismo






Materie coinvolte:


Italiano

Storia dell'arte

Inglese

Filosofia










Motivazione:

La scelta di questo argomento è dovuta principalmente al fascino che le opere di Luigi Pirandello hanno avuto su di me in questi anni, sono infatti rimasta affascinata dalla sua varia produzione letteraria che ho avuto modo di conoscere con un approccio diverso dal solito. Ho fatto parte, infatti, di un gruppo di lavoro formatosi durante la classe terza finalizzato alla preparazione di una tesina per la partecipazione al 44° Convegno Internazionale di Studi Pirandelliani che si è svolto ad Agrigento nel Dicembre 2007. Quest'anno ho così deciso di focalizzarmi su un particolare aspetto della letteratura Pirandelliana, l'umorismo per l'appunto, che ho poi ritrovato in altre personalità.




Scaletta:

L'umorismo si può riscontrare in vari autori e movimenti:

Italiano Pirandello - L'Umorismo ( "Il fu Mattia Pascal" , "Uno, nessuno e centomila" , "Sei personaggi in cerca d'autore" ).

Italo Svevo

Storia dell'Arte: Magritte

Inglese: Samuel Beckett - Waiting for Godot

Harold Pinter - The Lover

Filosofia: Henri Bergson - Il Riso



Luigi Pirandello (1867-1936)



Nel saggio su "L'Umorismo"(1908) Luigi Pirandello chiarisce la sua poetica: la prima parte è storica, perché dedicata all'esame delle varie forme assunte dall'umorismo nel corso del tempo, e all'analisi dell'opera di vari umoristi italiani e stranieri.

Nella seconda parte, di carattere teorico, Pirandello distingue due stadi dell'osservazione del reale, che egli definisce 'avvertimento del contrario' e 'sentimento del contrario'. Pirandello definisce 'comico'  'l'avvertimento del contrario'; esso nasce dal contrasto tra l'apparenza e la realtà e provoca il riso. Ma se riusciamo a passare dall'avvertimento del contrario al ' sentimento del contrario ', se riusciamo cioè a riflettere oltre l'apparenza per guardare nell'interiorità della persona, che produce la situazione umoristica, allora il riso si trasforma in pietà. Nell'umorismo c'è quindi il senso di un comune sentimento della fragilità umana da cui nasce un compatimento per le debolezze altrui che sono anche le proprie, esso risulta perciò essere meno spietato del comico che giudica in maniera immediata.

Comicità


È assente la riflessione


Avvertimento del contrario


Riso


Umorismo


Nasce dalla riflessione


Sentimento del contrario


Pietà e compassione

Riflettendo sulla realtà, possiamo coglierne il lato molteplice e contraddittorio: da un lato si evidenzia  il ridicolo di una persona o di un fatto, dall'altro si individua il fondo dolente, di umana sofferenza che lascia il posto alla pietà. Celebre è l'esempio della  'vecchia signora', goffamente imbellettata  e vestita di abiti giovanili, che suscita il riso del lettore, il quale avverte in lei  'il contrario' di come si dovrebbe acconciare una vecchia signora. Ma se egli riflette sul perché ella inganni così pietosamente se stessa, nel tentativo magari di trattenere un marito più giovane di lei, ecco che perverrà al 'sentimento del contrario' ed il riso cederà il posto alla pietà. Di qui la sua 'poetica dell'umorismo': l'umorista scava più in profondità dello scrittore comico e di quello tragico perché, intervenendo con la riflessione, smaschera le menzogne delle convenzioni sociali e gli autoinganni della nostra coscienza.

L'umorismo si attua in due tempi e implica la scomposizione della realtà per cogliere i mille aspetti dai quali essa è costituita e che si nascondono dietro le 'forme', ovvero dietro i concetti e gli ideali a cui l'uomo vorrebbe restare coerente. Compito dell'umorismo dunque è quello di ricercare le cause vere di ogni comportamento - al di là delle finzioni sociali, della 'maschera' che ciascuno di noi si impone - e quindi di rilevare gli elementi paradossali della vita, di farci osservare noi stessi, di 'farci sentire vivere' nel momento in cui viviamo, smontando le costruzioni illusorie e liberandoci da quei formalismi e da quelle convenzioni che ci tengono prigionieri. Tuttavia l'interiorità dell'uomo non si manifesta mai tutta insieme, e quello che si coglie e si crede sia il tutto, è solo una parte: l'individuo può avere di sé soltanto una conoscenza relativa, ma nonostante ciò quando riesce ad abbandonare il suo ruolo, a infrangere la barriera delle convenzioni e a togliersi la 'maschera', viene crudelmente alla luce tutta l'inconsistenza della vita, la sua mancanza di senso e di scopo, e l'essere umano si rivela per quello che è: falso, inutile, infelice.

La critica che Pirandello muove alle illusioni dell'uomo è lucida e definitiva, la sua esigenza di verità può apparire crudele, ma proprio perché mette a nudo la sofferenza dei suoi simili, l'autore dimostra una partecipazione accorata, una sincera pietà per i suoi personaggi, nei quali 'vita' e 'forma' sono in continuo contrasto e che messi improvvisamente di fronte alla scoperta della frantumazione della loro identità e alla crisi di quelle certezze che la 'forma' sembrava loro garantire rivelano di avere un viso ' misto di riso e di pianto'.

Il fu Mattia Pascal

Lo scrittore siciliano applica per la prima volta nel romanzo 'Il fu Mattia Pascal', la poetica dell'umorismo, nel senso che egli non si accontenta della semplice narrazione degli avvenimenti, ma sente l'esigenza di riflettere e di produrre meccanismi di riflessione anche nel lettore. Fra tutte le sue opere narrative essa è quasi sicuramente la più importante, inaugurando la letteratura novecentesca e rompendo definitamene con gli schemi tradizionali: la narrativa diventa sempre più analisi interiore, tentativo di evidenziare l'angoscia esistenziale, l'incomunicabilità, la solitudine dell'uomo per il quale "nulla è certo, tutto è relativo". La sofferenza  dell'uomo  si manifesta per eccellenza nella "trappola" costituita dalla famiglia e  dalle misere condizioni economiche dei personaggi di Pirandello, i quali  tentano la ribellione e l'evasione dal grigiore della vita e dalle convenzioni sociali che impongono loro di recitare una parte ( la forma ); ma per l'autore, da questa trappola non c'è una vera via d'uscita: il suo pessimismo nei confronti della società è assoluto e non propone alternative.

Da qui  nascono le situazioni incoerenti, assurde, paradossali, grottesche, comico-tragiche .
Così, nel "Fu Mattia Pascal", l'impossibilità di vivere in una "forma sociale" e l'impossibilità di fuggirne generano una situazione comica e nello stesso tempo tragica: la nuova identità, inventata, gli impedisce di rifarsi una vita, e quando Mattia decide di tornare alla vecchia identità, nessuno lo vuole più riconoscere  e rimane confinato nella sua condizione di "morto vivente". 

Uno, nessuno e centomila

Così nel romanzo "Uno, nessuno e centomila" si può constatare che l'uomo si  crede ' uno ' ( univoca ed irrepetibile personalità ) ed é invece fatto di 'centomila' vane forme, le molteplici immagini secondo cui gli altri lo vedono. Questo equivale ad essere 'nessuno' per se stessi. La vera personalità dell'individuo resta soffocata sul nascere  da una "maschera" che gli altri impongono dall'esterno ed in base alla quale egli vive.
La vicenda prende le mosse da un fatto apparentemente insignificante ( il  naso del protagonista Vitangelo Moscarda pende a destra). Egli non si era mai accorto di questo fatto apparentemente insignificante, che però lo sconvolge e gli fa commettere ogni sorta di stranezze, in  quanto  scopre che l'immagine che si è creato di sé non corrisponde a quella che gli altri hanno di lui. 

Ma mentre Mattia Pascal  vuole costruirsi una nuova identità,  Moscarda  vuole distruggere le identità illusorie che gli sono attribuite, e non ne cerca  un'altra,  anzi, estraniandosi totalmente dalla vita sociale, si rifugia in uno ospizio per poveri. Se prima la consapevolezza di non essere "nessuno" gli procurava angoscia, ora rifiuta ogni identità personale, addirittura il proprio nome, e si abbandona gioiosamente al continuo divenire della vita, senza più fissarsi in alcuna forma, rinascendo nuovo in ogni istante e identificandosi di volta in volta nelle cose che lo circondano, alberi, vento, nuvole. In questo romanzo, la condizione negativa dovuta alla mancanza d'identità, si trasforma in una condizione positiva, apparentemente gioiosa, anche se s'intuisce la solitudine amara insita nella volontaria esclusione dal mondo di Vitangelo Moscarda.

Sei Personaggi in cerca d'autore

In quest'opera teatrale si può rilevare come il gesto ricorrente è rappresentato dal ridere; in tutte le sue varianti, dal sorriso alla risata allo sghignazzo, esso è adottato da tutti i personaggi, in special modo dalla figliastra e dagli attori. Le didascalie segnalano i moti psicologici che dettano il ridere: dall'imbarazzo al rifiuto, passando per le vie intermedie del compiacimento e dell'intesa. Grazie a questo espediente Pirandello riesce ad accentuare la posizione tragica dell'uomo che nel mondo moderno non ha altra strada se non quella di ridere della tragedia.

Il riferimento alla poetica dell'umorismo come passaggio dall'avvertimento del contrario al sentimento del contrario è nei due casi evidente: quando la realtà mostra il suo lato difforme e ridicolo occorre un atto riflessivo per restituire a tale lato la dignità, per convertire la risata dalla semplice percezione del difforme al superiore livello, frutto di riflessione, della compassione.

Nei Sei Personaggi però il ridere acquista nuove sfumature, fino ad essere l'equivalente espressivo di quello che nello spazio è il paravento e nel piano verbale la metafora, il parlar figurato, il silenzio. Il riso è qui segno di censura, è quel gesto che l'uomo compie per allentare da se l'immagine perturbante e per convivere con essa senza tuttavia cancellarla né ammetterla. Di questo tipo è lo sghignazzo degli attori all'uscita di Madama Pace. Ma anche quando la megera parla il suo spagnolo "gli Attori scoppieranno a ridere fragorosamente", e la Figliastra, ridendo anche lei, chiamerà "buffissimo" un tal modo di parlare. E il Capocomico: "Ma no! Ma anzi! parli così!parli così, signora! Effetto sicuro! Non si può dar di meglio anzi, per rompere un po' comicamente la crudezza della situazione".

Tutti i momenti in cui emerge l'invalicabile differenza tra Personaggi e Attori sono punteggiati da una risata. Quando il Capocomico obietta che la Madre non può essere "vedova" se il Padre (cioè il legittimo marito) è vivo, "gli Attori scaricheranno tutto il loro sbalordimento in una fragorosa risata". E il Padre implorerà: "(ferito, con aspro risentimento) non ridano! Non ridano così, per carità!". L'atto del ridere è nel dramma tanto ricorrente da rappresentare un'altra forma di linguaggio, quello di un intero gruppo o società, che si difende così da ciò che disturba e inquieta.

Dunque, le risate sottolineano i momenti forti dello svolgimento per indicare mancanza di reciprocità e mancanza di "senso universale" nel dramma dei sei. Ride la Figliastra quando vede il suo dramma rappresentato dagli Attori; ridono gli Attori quando tratterranno la Madre che si scaglia su Madama Pace strappandole la parrucca; ridono gli Attori nella seconda parte, durante il dialogo, che non capiscono, tra il Padre e il Capocomico: ride tragicamente la Figliastra quando uscirà dal teatro per sancire la fine - provvisoria - della rappresentazione.

Italo Svevo (1861-1928)

L'ironia oggettiva della realtà: ' la vita non è  né bella né brutta, ma è  originale'-  La coscienza di Zeno 

La prima forma di ironia che il romanzo di Svevo produce è quella oggettiva, cioè legata allo sviluppo imprevedibilmente originale degli eventi. Non si tratta solo di curiosa casualità della sorte, di bizzarria del caso, di imponderabilità: se così fosse mancherebbe la possibilità al personaggio narratore di mettere in evidenza lo scarto tra aspettative, progetti d'azione e loro inevitabile fallimento. L'inettitudine di Zeno, che si manifesta attraverso scelte d'azione improvvide ed apparentemente perdenti, viene quasi inspiegabilmente, ripagata dalla realtà, che lo ricambia con risposte accomodanti ed addirittura gratificanti, a lungo termine.

La realtà quindi corregge il mancato raggiungimento di obiettivi che si rivelerebbero sostanzialmente falsi. L'ambizione naturale a cogliere la vita nelle sue forme più appetibili e seducenti ( quali la bellezza di Ada Malfenti o il successo in società di Guido Spaier ) si vanifica definitivamente per uno scherzo del caso.

Durante una seduta spiritica la vicinanza di Augusta, la meno bella delle sorelle Malfenti, spinge Zeno a dichiarare il suo amore alla ragazza, credendo però di essere in presenza della bella Ada. L'errore che potrebbe apparire tragico ed imbarazzante invece conduce Zeno a compiere una scelta matrimoniale, che via via si rivelerà positiva.

Questo almeno nelle dichiarazioni del personaggio, che giura di avere trovato in Augusta una compagna ideale, pronta a sostenerlo con  comprensione in tutte le sue debolezze. Ma anche questa confessione è ambigua e falsa. In realtà è frutto di un accomodamento mentale, poiché in realtà Zeno - Svevo attacca in altre pagine proprio  la concreta positività borghese di Augusta, che pure sembra tanto aiutarlo. Quindi un altro ribaltamento di prospettiva, un'altra menzogna ben architettata per difendersi dalla nevrosi, dalla malattia della volontà che lo attanaglia.

L'ironia oggettiva che contraddistingue la narrazione è lo strumento con il quale il narratore si difende appunto dall'ambiguità psicologica, legata alle sue inconfessate debolezze. Ribaltando su contraddizioni oggettive del reale la mancata sua coerenza d'azione e l'incapacità di integrazione nella società borghese del suo tempo.

Un altro esempio dell' imprevedibilità e dell'assurdità del caso, che comunque lascia filtrare le intenzioni inconsce, nascoste abilmente dal protagonista, è la mancata partecipazione di Zeno al funerale del cognato Guido, il marito dell'amata e bella Ada. Guido si è suicidato per sbaglio, volendo fingere la morte ne è stato vittima. Le disavventure economiche di cui è stato responsabile, causate dalla sua insipienza commerciale, costituiscono l'esatto ribaltamento della sua apparente sicurezza nel mondo degli affari. Qui già notiamo un esempio di ironia oggettiva.

Ora l'inetto Zeno, che ha molte ragioni di antagonismo inconscio con il defunto Guido ( soprattutto per il fatto che lo abbia sostituito nell'amore per Ada ) si accinge a prendere il suo posto, risanando l'azienda. Tutto impegnato a seguire i listini azionari anche nel giorno del suo funerale, si trova per sbaglio a seguire le esequie di un'altra persona, disertando quelle del congiunto.

Dunque ancora uno sbaglio - apparentemente curioso ed ironico - della sorte. In realtà la narrazione di quanto accade diviene spia simbolica del non detto: il disinteresse totale per Guido ed anzi il segreto compiacimento per la morte del rivale, che Zeno tenta in ogni modo di mistificare.

Differenze Pirandello / Svevo

Pirandello


P: Tratta il rapporto tra l'uomo e la società


P: Umorismo


P: Delirio, Pazzia e Suicidio

Svevo


S: Tratta il rapporto tra l'uomo e il suo inconscio


S: Ironia


S: La figura dell'Inetto












Renè Magritte (1898-1967)

René Magritte (Lessines 1898 - Bruxelles 1967), pittore belga, è una figura di spicco del movimento surrealista.

Rappresentando soggetti tratti dalla realtà quotidiana in contesti insoliti, realizza dipinti pervasi da una sottile inquietudine. Le sue composizioni, rese con molta precisione, suggeriscono talvolta interessanti nessi tra il mondo degli oggetti e quello dei nomi(Ceci n'est pas une pipe, Questa non è una pipa, 1928-29, collezione privata, New York): grazie a un'aura di umorismo e di assurdo, le opere di Magritte creano una sorta di "realismo magico".

Partendo dalla convinzione che il linguaggio, abitualmente impiegato per descrivere la realtà, non può in effetti che dare luogo a un'infinita serie di fraintendimenti, Magritte decide di porre in luce questo paradosso. Egli lo fa attraverso immagini quanto più possibile esplicite: tanto più esse saranno riconoscibili quanto più sarà evidente la loro intrinseca insufficienza rappresentativa.

Magritte ne "La condizione umana II" rappresenta un interno con un arco aperto sul mare; nella stanza c'è un cavalletto con una tela, dove vi è dipinta una marina che continua la figura della spiaggia, delle onde, del cielo. A terra c'è una palla; il piano del pavimento continua nella spiaggia. C'è ambiguità tra l'immagine della realtà (il quadro) e l'immagine dell'immagine (il quadro nel quadro). Il dipinto è veristico e l'inganno ottico diventa inganno psicologico. La palla può rotolare, su questi piani, dovunque, nello spazio reale e nell'illusorio. Il pittore gioca con il rapporto tra immagine naturalistica e realtà come fanno i dadaisti, proponendo immagini dove il quadro nel quadro ha lo stesso aspetto della realtà a tal punto che si confonde con essa.

Nel dipinto "L'uso della parola I", possiamo notare una tavola che raffigura una pipa, ma l'immagine è accompagnata da una didascalia che recita "Ceci n'est pas une pipe" (questo non è una pipa). Il pittore intende con ciò sottolineare l'estraneità tra oggetto, parola e immagine: l'oggetto sul dipinto non è una pipa, ma la sua rappresentazione; e la stessa parola "pipa" non è una pipa. Ecco il contrasto tra le cose e segni nella vita di ogni giorno.

Magritte dichiara che i dipinti non sono realtà ma rappresentazione: toglie i punti fermi per far si che l'osservatore non sia più sicuro di quello che vede.

Magritte mostrò la sua vena ironica creando versioni surreali di dipinti famosi; un esempio è Madame Récamier de David che, parodiando il celebre ritratto realizzato da Jacques-Louis David, raffigura la donna adagiata non su un divano ma in una bara.

RENÉ MAGRITTE L'ELLIPSE (THE ELLIPSIS), 1948 Oil on canvas 50,3 x 73 cm Royal Museum of Fine Arts of Belgium, Brussels © Charly Herscovici, London 2008 / c/o ADAGP, Paris

Grazie l'umorismo, caustico e volgare come non mai, Magritte affermava (forse suo malgrado) la propria provenienza belga. Così, alla domanda «Come sta?» gli piaceva rispondere «Come vuole lei». Magritte, che amava terminare le lettere con un affettuoso «buona inculata», creò nel 1948 a Parigi il periodo «Vache», una sorta di parodia del fauvismo, per farsi beffe di quei parigini che avevano impiegato tanto tempo prima di prendere sul serio il suo lavoro.
I dipinti appartenenti a questo periodo "Vache", di tendenze fauviste, furono realizzati negli anni della seconda guerra mondiale, e furono caratterizzati dai colori accesi e la cui tecnica ricorda il modo di dipingere di Renoir.


Nel 1948 Magritte eseguì un gruppo di dipinti e acquerelli chiaramente diversi dal resto della sua produzione, in particolare per una mostra personale a Parigi. Sulla base di uno stile nuovo, rapido e aggressivo particolarmente ispirato a spunti popolari come le caricature e i fumetti, Magritte realizzò in poche settimane una serie completa di circa trenta opere che causarono indignazione a Parigi. L'artista concepì deliberatamente la mostra come una provocazione rivolta al pubblico parigino, dipingendo in modo intenzionatamente crudo, scherzoso e persino "cattivo".

RENÉ MAGRITTE LA FAMINE (FAMINE), 1948 Oil on canvas 46,5 x 55,5 cm Musées royaux des BeauxArts de Belgique, Brussels © Charly Herscovici, London 2008 / c/o ADAGP, Paris

Considerando sia i soggetti che lo stile, le opere del Période vache non costituiscono un insieme consistente, ma piuttosto una specie di "patchwork" di diversi pseudo-stili. Questi elementi diventano qualcosa di comico, di triviale  o grottesco che si mescola ad aspetti della cultura popolare visiva. Con numerosi riferimenti storici Magritte ridicolizza i tradizionali valori culturali e le norme estetiche. Contrariamente a quanto accade con le sue opere dal taglio più "classico" dove primeggiano la precisione e l'aspetto concettuale, le opere del Périodo vache ci sorprendono per la loro esplosione cromatica, la loro bidimensionalità, la velocità di realizzazione e l'assoluta, raggiante, diretta spontaneità.



Samuel Beckett (1906-1989)



"Aspettando Godot" (1953) è una commedia esemplare, costruita interamente attorno all'assenza del personaggio, sul piano del divertimento si tratta di un vero gioiello che sfrutta a fondo tutte le risorse e le combinazioni di questo 'genere' teatrale, dal qui pro quo al doppio senso, dal gag farsesco alla parolaccia di gergo.

L'opera si è affermata nel periodo cruciale della guerra fredda e dell'immobilismo, il duetto Vladimiro-Estragone è una vera antologia delle relazioni private: essi sono simultaneamente amici, coniugi, innamorati, padre e figlio e via dicendo, e riproducono tutte le sfumature del "teatro" psicologico.

An Insight of Humour in Waiting For Godot

Waiting for Godot is indeed a traditional farce and burlesque. Burlesque by definition is 'A literary or dramatic work that ridicules a subject either by presenting a solemn subject in an undignified style or an inconsequential subject in a dignified style' and it is marvellously depicted in waiting for Godot. Farce is such dramatic work in which highly improbable plot situations, exaggerated characters and often slapstick elements are utilized to create humour and mocking themes. Throughout waiting for Godot we witness these structural associations which reflect 'theatre of absurd'.

Samuel Beckett's plays contain many comic features but are not comedies in the usual sense, and it is unlikely that an audience would actually laugh at them. Often our laughter at a comedy involves a feeling of release in response to the transgression of some rule of social conduct acted out by the performer. This is not the kind of response Beckett tries to elicit. Yet Beckett's plays have many elements which are in effect, or by traditional association, comic. These elements, such as clown-like characters, slapstick action and cross-talk are a basic part of many of Beckett's plays. In considering why he uses them we must look at the effect they have on the audience, and the contribution they make to the play as a whole.

A dualism is apparent in the dialogue of Beckett's plays as well as in the nature of the characters. Many interchanges have an amusing comic aspect to them, but with a more serious subtext. In Waiting for Godot and Endgame in particular there are many scenes in which the characters communicate in a form of cross-talk derived from the music-hall double-act. Most of the dialogue in Waiting for Godot is in this form, and the technique was picked up and used by Harold Pinter in many of his plays.

Cross-talk is rapid, simple and direct. We don't have time to contemplate or digest what is being said, but are hit with the punch-line while trying to keep up with the two speakers. By borrowing the form Beckett not only borrows the comedy but also pushes home his philosophical points with equal rapidity and force.

In Beckett's hands cross-talk becomes an economical and powerful way of manipulating ideas.

Vladimir: You must be happy too, deep down, if only you knew it.
Estragon: Happy about what?
Vladimir: To be back with me again.
Estragon: Would you say so?
Vladimir: Say you are, even if it's not true.
Estragon: What am I to say?
Vladimir: Say, I am happy.
Estragon: I am happy.
Vladimir: So am I.
Estragon: So am I.
Vladimir: We are happy.
Estragon: We are happy (silence). What do we do now, now that we're happy?
Vladimir: Wait for Godot.
Beckett amuses his audience while at the same time demolishing one of the most familiar answers to the question of what gives human life value.
Vladimir and Estragon, alone on the stage, are dependent on one another as touchstones to try and keep hold of some relationship to reality and preserve their sanity.
Estragon; I asked you a question.
Vladimir: Ah!
Estragon: Did you reply?
Vladimir: How's the carrot?
Estragon: It's a carrot.
Vladimir: So much the better, so much the better. What was it you wanted to know?
Estragon: I've forgotten.

In the context of a music-hall double-act such an interchange would provoke laughter from the audience. In the context of Waiting for Godot it is amusing, but there is much more to it because it is integrated into the themes of the play. The rapidity of the exchange seems indicative of a state of insecurity. Every utterance demands an immediate response, as if there is no time to think and no mental energy to spare for reflection or consideration of meanings.

Their existence seems limited to the present as they live and think literally from moment to moment, their immediate worries being too pressing for them to make any attempt to relate their situation to any wider context. The rapid loss of memory is itself an indication of a state of insecurity and unreality. They cannot grasp any form of conception of their condition, and with no certainties to relate to their memories cannot function properly.

Many of Beckett's devices gain meaning by an implicit contrast with their original context. For example Estragon's trousers falling down refers to a whole convention in the theatre, the farce. Beckett's theatre is fiction too, of course, but it brought new meanings to the theatre and emphasized its novelty partly by reminding us of what it was not. Waiting for Godot is not a melodrama, farce, tragedy, music-hall act, or any other familiar form of theatrical entertainment. It was something new, which is now generally referred to as the Theatre of the Absurd.

A break with tradition seems to be one of the points made by Pozzo's comic entrance. When Waiting for Godot was first performed the audience must have been 'waiting for the actors' and 'waiting for the drama'. When Pozzo arrives they might have thought that at last a real actor had arrived and the drama would begin, but in fact his arrival is a big anti-climax.

Pozzo: (Terrifying voice) I am Pozzo! (Silence) Pozzo! (Silence) Does that name mean nothing to you?

He is 'an actor', but he is out of place on this stage. His melodramatic style falls flat in this world of empty waiting. His acting style, like his attitudes, is out of date and irrelevant, and his importance for Vladimir and Estragon, as well as for the audience, extends little beyond helping time to pass more quickly.

By implicitly dismissing traditional forms of theatre in this way Beckett added to the impact with which his plays were able to address his view of the reality of life in the twentieth century.

Conclusion

Thus Beckett uses comedy in various ways. On the surface we might be amused, and this will help keep us interested in plays which could otherwise become dull. But the humour is always only one aspect of a statement which, either by its content, its implied meaning, or its implied relationship to other dramatic forms, has a deeper significance for the meaning of the play, and through the play, for our lives. We can thus safely conclude that Waiting for Godot is based structurally on traditional farce and burlesque.

Humour in The Lover

The Lover is a 1962 one-act play by Harold Pinter. Pinter leads the audience to believe that there are three characters in the play: the wife, the husband and the lover. But the lover who comes to call in the afternoons is revealed to be the husband adopting a role. He plays the lover for her: she plays the whore for him. The play contrasts bourgeois domesticity with sexual yearning.

As the play goes on the man (first as the lover and then as the husband) expresses a wish to stop the pretend adultery, to the dismay of the woman. Finally, the husband suddenly switched back to the role of the lover.

As with the drama of Anton Chekhov, some of Pinter's plays support 'serious' and 'comic' interpretations; The Lover has been staged successfully both as an ironic comedy on the one hand and as a nervy drama on the other. As is often the case with Pinter, the play probably contains both.






Henri Bergson: il riso

Le riflessioni di Bergson sulla natura della comicità sono racchiuse in un breve libro, intitolato Il riso. Saggio sul significato del comico (1900), destinato ad un successo travolgente: ebbe, infatti, più di sessanta edizioni in poco più di quarant'anni.

Quest'opera si situa in una fase importante dell'evoluzione del pensiero bergsoniano: si colloca, infatti, negli anni in cui da interessi prevalentemente psicologico-filosofici Bergson muove verso una filosofia della vita orientata metafisicamente. Il saggio sul riso accomuna dunque, come vedremo, queste due tendenze della speculazione di Bergson e rappresenta quindi una possibile introduzione al suo pensiero

Secondo il filosofo francese il riso ha una funzione sociale. Bergson espone le proprie idee partendo dal riconoscimento classico del riso come proprio dell'uomo: rovesciando il principio tradizionale, afferma che 'non vi è nulla di comico al di fuori di ciò che è propriamente umano' (Henri Bergson, Il riso. Saggio sul significato del comico Editori Laterza): anche quando l'oggetto del comico non è una persona, tuttavia ciò che suscita il riso è un aspetto di quell'oggetto o animale che richiama alla mente atteggiamenti e situazioni umane (pensiamo ad un burattino). Segue poi la considerazione che il riso è accompagnato sempre da un atteggiamento di "insensibilità", l'apprezzamento della situazione comica prevede "qualcosa come un'anestesia momentanea del cuore" (Henri Bergson, Il riso. Saggio sul significato del comico Editori Laterza): il comico agisce solo quando manca l'emozione e si afferma un senso di sostanziale indifferenza nei confronti dell'oggetto fonte di comicità. Secondo lui, anime veramente sensibili, in accordo con la vita e con l'universo, non comprenderebbero il riso; ma, d'altra parte, noi non gusteremmo il comico se ci sentissimo isolati. 'Il riso cela sempre un pensiero nascosto di intesa, direi quasi di complicità, con altre persone che ridono, reali o immaginarie che siano' (Henri Bergson, Il riso. Saggio sul significato del comico Editori Laterza).

'Il 'comico' nasce quando uomini riuniti in un gruppo dirigono l'attenzione su uno di loro, facendo tacere la loro sensibilità, ed esercitando solo la loro intelligenza' (Henri Bergson, Il riso. Saggio sul significato del comico Editori Laterza).

"Sembra che il riso abbia bisogno di un'eco. Il nostro riso è sempre quello di un gruppo di persone" (Henri Bergson, Il riso. Saggio sul significato del comico Editori Laterza). Ma cos'è che scaturisce il riso? E' la percezione di un meccanismo rigido nell'esistenza quotidiana, che impedisce all'individuo di percepire gli ostacoli che gli si frappongono, e che lo costringono a bruschi e goffi mutamenti d'attitudine. Si afferma così la prospettiva del comico come denuncia di una specie di "inadeguatezza", che si manifesta nei componimenti maldestri e nell'incapacità di fronteggiare in modo corretto la quotidianità.

Bergson vede il comico come una sorta di 'castigo sociale' con cui la comunità (intesa come specie) individua, respinge e corregge una serie di comportamenti percepiti come contrari allo "slancio vitale" con cui si identifica la vita stessa(e qui risiede il legame profondo tra la definizione di comico ed il resto della riflessione filosofica di Bergson). Questi comportamenti sono quelli meccanici, monotoni che, nell'aderire cieco alla regola, non sanno cogliere, ed anzi soffocano, la fluidità, l'intrinseca libertà autocreatrice della vita: infatti lo stesso Bergson dice che"Noi ridiamo tutte le volte che una persona ci dà l'impressione di una cosa" (Henri Bergson, Il riso. Saggio sul significato del comico Editori Laterza).

È quest'impulso spontaneo, stimolo ad una continua evoluzione creatrice, a permettere il superamento, in forme sempre nuove ed originali, degli ostacoli che ci si trova davanti; in questo senso, il riso corregge quei comportamenti che metterebbero in pericolo la sopravvivenza della specie. Ad esempio, la storiella in cui un deputato, interpellando il ministro su di un assassinio famoso, rammenta che il colpevole, dopo aver ucciso la vittima, scende dal treno in senso contrario alla sua direzione, violando così il regolamento, è comica perché nel deputato l'adesione alla regola ha soffocato la comprensione della vita.












Bibliografia:

Luigi Pirandello, L'Umorismo", Mondatori 2003

Letteratura Italiana. Le opere Vol. IV Il novecento. L'Età della crisi, Einaudi 1995  

Giuseppe Borghi, Introduzione generale alla poetica di Luigi Pirandello

"Il primo novecento", l'arte moderna, Giulio Carlo Argan Sansoni per la scuola.

"Lezioni di arte 3", dal neoclassicismo all'arte contemporanea, Electa, Bruno Mondadori.

"Itinerario nell'arte" vol. 3 Giorgio Cricco, Francesco Paolo Di Teodoro Zanichelli

R. Pountney, York Notes on Samuel Beckett Waiting for Godot, Longman, 1981

De Luca, Ellis, Pace, Ranzoli, Words That Speak, Loascher

Samuel Bekett. "Aspettando Godot", Einaudi, 1956

Fotocopie dei testi di "The Lover" e "Waiting for Godot"

Henri Bergson, Il riso. Saggio sul significato del comico, Editori Laterza

La ragione del sorriso e del riso nel Medioevo di Felice Moretti

Storia del riso e della derisione di Georges Minois

tesi di laurea 'Filosofia del lontano - la teoria dell'umorismo in Luigi Pirandello' di Mario Guarna

Sitografia:

https://www.artonline.it

'Magritte, René,' Microsoft® Encarta® Enciclopedia Online 2009

Corriere della Sera  articolo di Isabelle Gerard (storica dell'arte, conservatrice del Museo Magritte a Bruxelles e saggista) consultato in internet

https://www.stilearte.it

https://www.huma3.com rassegna, Arte Moderna 4-Dic-2008

https://www.literature-study-online.com/essays/beckett-comedy.html

https://www.haroldpinter.org

https://en.wikipedia.org/wiki/The_Lover_(play)

https://en.wikipedia.org/wiki/Pinter

https://it.wikipedia.org/wiki/Umorismo#Il_riso_di_Bergson

https://www.filosofico.net/berggson2343.htm#n32





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