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Il giornalismo




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Il giornalismo



INTRODUZIONE  Giornalismo Attività di raccolta, valutazione, pubblicazione e diffusione dei fatti di pubblico interesse, realizzata attraverso vari mezzi di comunicazione (i media, plurale del latino medium, 'mezzo'). In origine, il giornalismo comprendeva soltanto i quotidiani, i settimanali, i periodici e in genere i media della carta stampata. Nel corso del XX secolo lo sviluppo della tecnologia ha fatto nascere altre forme di giornalismo, attuate per mezzo del cinema, della radio e della televisione.


PANORAMA STORICO La prima produzione giornalistica conosciuta è quella degli Acta diurna (Eventi del giorno) dell'antica Roma, notiziari che nel I secolo a.C. Giulio Cesare ordinò di affiggere ogni giorno nel foro. Se si considera come stampa anche l'incisione, è possibile identificare il primo giornale stampato nei bollettini xilografati apparsi a Pechino già nel VII-VIII secolo d.C. Ma una più larga e più rapida diffusione delle notizie divenne possibile soltanto nell'Europa del XV secolo, grazie all'invenzione della stampa a caratteri mobili.

In Germania, in Olanda e in Inghilterra notiziari a stampa di varie dimensioni venivano prodotti già tra il XVI e il XVII secolo; e dello stesso periodo è la nascita delle prime 'gazzette' italiane, a Venezia, Firenze, Roma. In Francia invece cominciarono ad apparire a partire dalla seconda metà del XVII secolo giornali di argomento letterario.

Fu nel XVIII secolo, in ogni modo, che si svilupparono e moltiplicarono giornali di varia intonazione, soprattutto in Gran Bretagna, che si può considerare la culla del giornalismo moderno. E sempre in Gran Bretagna, all'inizio del XVIII secolo i politici avevano cominciato a sfruttare l'enorme potenziale dei giornali nell'orientare l'opinione pubblica. Di conseguenza il giornalismo di quel periodo divenne di natura essenzialmente politica: esso veniva anzi considerato come una specie di elemento aggiuntivo della vita politica, e ogni partito politico aveva il suo giornale. In quel periodo spiccarono eccezionalmente le figure di grandi giornalisti inglesi, molti dei quali erano anche i maggiori scrittori del tempo: basti ricordare personaggi quali Daniel Defoe, Jonathan Swift, Joseph Addison e Richard Steele. Gli articoli sui periodici continuavano però a non essere firmati: questo per assicurare maggiore libertà di espressione, ma anche perché si voleva evitare che il giornalismo diventasse una professione autonoma. Non a caso, in quello stesso periodo ebbe inizio la lunga lotta per la libertà della stampa .

Nel corso del XIX secolo il giornalismo venne a essere inevitabilmente influenzato dalla rivoluzione industriale e dalla nascita dei sistemi soclastici nazionali. Per la prima volta nella storia, grandi masse alfabetizzate domandavano soggetti da leggere. Lo sviluppo di nuovi macchinari, e in particolare il diffondersi della linotype, a partire dal 1886, rese possibile la produzione a basso costo di immense quantità di carta stampata. Negli Stati Uniti, Joseph Pulitzer, Edward Wyllis Scrippis e William Randolph Hearst fondarono alcuni dei giornali più importanti, attirando il pubblico delle grandi città, la cui popolazione continuava ad aumentare.

Lo sfruttamento dell'invenzione del telegrafo e in genere l'impiego delle prime tecnologie di informazione via cavo, resero più agevole la raccolta e la diffusione delle notizie da tutto il mondo. Nell'ambito di questo sviluppo si colloca la nascita delle prime agenzie di stampa internazionali: l'inglese Reuters, le statunitensi Associated Press e United Press (in seguito United Press International). All'incirca in questo periodo in Inghilterra apparvero anche i primi articoli firmati dagli autori. Il primo periodico che abbandonò la tradizione delle riviste non firmate fu la 'Fortnightly Review' (1865-1954; mensile dal 1866).

Contemporaneamente, la nascita di nuove testate popolari fu agevolata dalle nuove tecnologie, dal miglioramento dei trasporti, dalla diminuzione delle tariffe postali, oltre che dal progressivo emergere di marche di prodotti di consumo a diffusione nazionale, che naturalmente richiedevano di essere reclamizzate su mezzi di comunicazione a diffusione nazionale. Negli Stati Uniti, ad esempio, 'The Ladies Home Journal', fondato da Cyrus H.K. Curtis nel 1883, ebbe ben presto una diffusione di quasi un milione di copie.



La situazione italiana fra Ottocento e Novecento In Italia, solo fra la metà del XIX secolo e i primi anni dell'unità si formarono insieme, pur tra mille difficoltà, un'editoria e un'opinione pubblica nazionali: il numero dei titoli stampati raddoppiò e le testate periodiche aumentarono addirittura di cinque o sei volte. Le cifre di questo incremento produttivo sarebbero ben più clamorose se, invece di contare i titoli, potessimo calcolare le tirature, su cui sappiamo pochissimo. Ma questo recupero avvenne a partire da una situazione di grande arretratezza: fino all'unità, nessuna testata copriva l'intero territorio italiano, ed era impossibile sviluppare qualsiasi tipo di attività imprenditoriale attraverso le dogane e i dazi dei vari stati e staterelli italiani. Lo sviluppo di una stampa nazionale diede anche un immenso contributo alla diffusione di una lingua nazionale: nel 1870 gli italiani in grado di esprimersi in italiano non erano più del 2% della popolazione, cioè cinque o seicentomila persone su venticinque milioni.

Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, tuttavia, anche l'Italia registrò una straordinaria espansione della stampa e dell'industria editoriale, in connessione con il decollo dell'industria italiana in genere. Come in tutti i settori dell'industrializzazione, anche nell'editoria l'evoluzione strutturale impose una ricerca di nuove tecnologie che a loro volta rivoluzionarono le leggi della produzione. All'incirca dal 1890 ebbe inizio la diffusione della rotocalcografia, che dal 1910, applicata ai periodici, creò la rivista a colori. In Italia fu Angelo Rizzoli, attivo dal 1909 come editore di riviste (e solo dal 1929 anche di libri), a diffondere, col rotocalco, non solo una maniera giornalistica, ma quasi una forma di percezione del mondo.

In quegli stessi anni, la diffusione del telefono cambiò radicalmente tempi e modi dell'industria dell'informazione. Fra il 1885 e il 1905 il numero dei periodici pubblicati in Italia passò da circa 1500 a oltre 3000. Ma i cambiamenti quantitativi implicarono anche radicali trasformazioni qualitative: grazie infatti allo sviluppo della stampa, per la prima volta nella storia italiana l'industria culturale acquistò una posizione di forza rispetto al sistema scolastico. Fu un fenomeno importantissimo e per di più irreversibile, che ebbe fra le sue conseguenze anche la progressiva marginalizzazione della figura del letterato tradizionale, sostituito in larga misura dall'intellettuale legato all'editoria, sia come giornalista sia come redattore di case editrici.

Il Novecento Nel corso del XX secolo apparvero numerose riviste volte a soddisfare i gusti di ogni tipo di lettore. Alcune di queste, in particolare quelle per il grande pubblico, divennero però progressivamente antieconomiche e furono costrette a cessare le pubblicazioni, perché la televisione sottraeva loro pubblicità e anche perché non erano sempre in grado di rispondere alla concorrenza di riviste più specializzate.

Le riviste dedicate all'informazione hanno continuato a occupare un posto importante nel complesso dell'universo giornalistico, così come del resto le cosiddette riviste femminili. Nel corso del XX secolo sono apparse due altre forme di media destinati prevalentemente alla comunicazione di notizie: i cinegiornali e la radio, che sarebbero stati soppiantati soltanto dalla televisione, negli anni Cinquanta e Sessanta. I notiziari radiofonici riuscirono a sopravvivere con maggiore successo. Nel corso della seconda guerra mondiale, la radio raccolse un pubblico sempre più largo, in corrispondenza, nei paesi in cui ciò era possibile, col proliferare delle emittenti.

Il giornalismo televisivo Le trasmissioni televisive divennero commercialmente praticabili solo nel corso degli anni Cinquanta. La loro espansione a partire da quel momento fu però vertiginosa. I telegiornali della sera, che inizialmente erano lunghi circa quindici minuti, sono stati prolungati ai trenta minuti attuali, e i notiziari locali nelle maggiori città arrivano a un'ora o anche più. In Italia, dove le trasmissioni televisive sono state avviate nel 1954, l'azienda radiotelevisiva di stato, la RAI, ha conservato il monopolio fino al 1979. In quell'anno è avvenuta invece una liberalizzazione completa delle emittenti televisive, che ha portato inizialmente a una situazione di assoluta anarchia, in cui sono nate alcune migliaia di emittenti locali.



Nel corso degli anni Ottanta però le reti di proprietà della Fininvest di Silvio Berlusconi hanno conquistato una posizione di assoluto predominio nel campo delle televisioni private, fino a configurare una situazione che è molto vicina a un duopolio, con i network nazionali contrapposti ai tre canali di stato. Mentre la televisione pubblica continua a finanziarsi grazie al pagamento di un canone di abbonamento annuale obbligatorio, le emittenti private dipendono economicamente dalle quote pagate dagli inserzionisti pubblicitari. Dai primi telegiornali pionieristici si è passati a una situazione in cui praticamente ogni rete alterna sistematicamente, durante l'arco di tutta la giornata, notiziari giornalistici televisivi a programmi di altro genere.

I GIORNALISTI COME CRITICI SOCIALI Nel corso del XIX secolo i giornali e le riviste si impegnarono sempre più nell'analisi di problemi o istanze di natura politica o sociale, utilizzando tale impegno anche come un mezzo per attrarre il pubblico di massa. In questo senso i giornalisti hanno sempre esercitato un'importante funzione informativa a favore dell'opinione pubblica. Negli anni Sessanta, ad esempio, la televisione statunitense fece arrivare in tutte le case le dimostrazioni per i diritti civili, e mostrò anche i mezzi brutali usati talvolta dalle autorità per reprimerle. I reporter impegnati sul fronte della guerra del Vietnam, quando si resero conto che i notiziari ufficiali mentivano rispetto alle proporzioni e alle caratteristiche dell'impegno bellico statunitense, avviarono una campagna d'informazione che sarebbe diventata decisiva per convincere l'opinione pubblica a prendere posizione contro la guerra. Nel 1972 e nel 1973, guidata dalle indagini di alcuni reporter del 'Washington Post', la stampa mise in luce i legami fra l'amministrazione del presidente repubblicano Richard Nixon e una rapina avvenuta nel quartier generale del Partito democratico: è la vicenda conosciuta come scandalo Watergate. Le udienze in Senato sullo scandalo e successivamente i lavori preparatori per la procedura di impeachment (cioè di messa in stato d'accusa del presidente e conseguente sua estromissione dalla carica) vennero trasmesse in diretta dalla televisione e attrassero un largo pubblico. Subito dopo il presidente Nixon rassegnò le dimissioni.

Nel complesso la stampa italiana non ha sempre avuto un atteggiamento così rigoroso e fermo nel denunciare i casi di corruzione. Tuttavia non vanno dimenticati i fondamentali contributi dati anche da molti giornalisti italiani nello scoprire e denunciare alcune clamorose vicende di disfunzione politica e sociale: basti ricordare lo scandalo della Banca Romana (1894), le inchieste sul caso di corruzione economica che coinvolse alcuni politici italiani e che portò alle dimissioni del presidente della Repubblica Giovanni Leone (1978) o i molti giornalisti 'scomodi' assassinati negli ultimi decenni dalla mafia.

A causa dei vigorosi attacchi fatti dalla stampa ai governi e delle denunce spesso violente nei confronti delle situazioni di disagio sociale, non poche persone si sono però convinte che le indagini giornalistiche si fossero spinte oltre i limiti nel loro ruolo di salvaguardia dell'opinione pubblica. Da questa persuasione derivarono varie reazioni: in molti casi l'insoddisfazione per il comportamento della stampa portò alla formazione di vari organismi preposti al controllo dei casi di irresponsabilità dei giornalisti. Ad esempio in Gran Bretagna la Press Complaints Commission controlla rigidamente ogni trasgressione che possa andare a danneggiare il sistema informativo; allo stesso modo l'organizzazione francese Reporters Sans Frontières, così come l'associazione Amnesty International controllano e combattono le violazioni della libertà di stampa da parte dei governi.

Nel corso di questo secolo non si può dire che la libertà di stampa sia stata seriamente impedita in Occidente, salvo che nel periodo delle due guerre mondiali. Tuttavia, se questa è stata la tendenza generale, non bisogna dimenticare le innumerevoli dittature, che, nel passato e anche al presente, impediscono l'esercizio della libertà d'informazione e manipolano l'opinione pubblica con la propaganda di regime. Basti pensare alle dittature di Mussolini in Italia, di Hitler in Germania, di Franco in Spagna e di Salazar in Portogallo, alle dittature comuniste che fino alla fine degli anni Ottanta hanno oppresso tutta l'Europa orientale, e ai regimi che hanno oppresso e opprimono l'America centromeridionale, il Medio ed Estremo Oriente e l'Africa.


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