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Grandi centri industriali e le condizioni del proletariato




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Grandi centri industriali e le condizioni del proletariato



La concentrazione delle macchine portò, come abbiamo detto, alla concentrazione della masse operaie intorno alle fabbriche o alle miniere di ferro o di carbone. Le città medioevali si trasformarono rapidamente in grossi agglomerati urbani, mentre le cittadine industriali si dilatarono enormemente accogliendo nelle squallide periferie gli operai con le loro famiglie, ammassate in miserabili caseggiati o baracche: una umanità mal pagata, costretta a lavorare 12, 14 ed anche 16 ore giornaliere e perciò esposta a tutti i mali che si accompagnano allo sfruttamento ed alla miseria. Le loro condizioni di vita si fecero di anno in anno più intollerabili, non solo per lo scarso salario ed i massacranti orari della fabbriche, ma anche per l'insicurezza del lavoro stesso, ancorato all'andamento della produzione, all'apertura dei mercati, alle ricorrenti crisi produttive.




Secondo la dottrina del plusvalore, teorizzata da Karl Marx nell'opera «Il Capitale», nel sistema capitalistico, anche quando sussistono propizie condizioni di mercato, l'operaio è soggetto ad uno sfruttamento sistematico, giacché viene retribuito non già per la forza-lavoro impiegata e per il valore del prodotto, ma in misura inferiore , per rendere possibile un sempre maggiore accrescimento del capitale.


La concorrenza stessa fra imprenditori spinge i padroni delle fabbriche a produrre al minor costo possibile; di qui la necessità di abbreviare i tempi di lavorazione, di ridurre al minimo i costi, di pagare il meno possibile la manodopera. Per ridurre i costi si trovò conveniente impiegare nelle fabbriche un gran numero di donne e di bambini, ai quali si corrisposero bassissimi salari. Di fatto nelle fabbriche azionate dal vapore, molti lavori potevano essere affidati anche ai bambini.


Non mancarono le proteste degli operai, tessili soprattutto, contro l'introduzione di macchine sempre più numerose e perfezionate, che finirono per provocare il massiccio licenziamento della manodopera delle fabbriche; gli operai reagirono fracassando le macchine stesse a colpi di martello. È questo il fenomeno del LUDDISMO (dal nome di NED LUD, un operaio tessile proclamatosi comandante dell'esercito dei Riformatori d'Ingiustizie); questo fenomeno si manifestò soprattutto in Inghilterra negli anni del blocco continentale (1811-1812) e più tardi negli anni del ristagno economico (sempre con Napoleone). Alle inquietudini degli operai ed alle loro esplosioni di collera contro le macchine, corrispose la feroce repressione dei governi, impegnati a mantenere l'ordine ad ogni costo, cioè impegnati a conservare alla borghesia capitalista l'egemonia politica e sociale. Si giunse persino, nel 1816, a sospendere l'HABEAS CORPUS, il celebre scritto che garantiva il cittadino inglese dagli arresti arbitrari e costituiva perciò la pietra angolare di tutte le libertà.


Gli operai cercarono di difendersi dando vita a società di Mutuo Soccorso e costituendo organismi di lotta (sindacati), che operarono clandestinamente per l'impossibilità di agire allo scoperto. Solo nel 1824 le TRADE-UNIONS (unioni di lavoro) ottennero riconoscimento giuridico, ma lo sciopero, la sola arma efficace contro il padronato, continuò ad essere considerato una ribellione contro lo Stato e perciò rigorosamente vietato. In quest'azione di difesa e di lotta il proletariato inglese non restò isolato; alcuni esponenti della borghesia liberale e progressista, i radicali, di estrazione piccolo e medio borghese, promossero diverse e vivaci campagne di opinione pubblica, schierandosi a fianco agli operai; ma non per questo la lotta per l'emancipazione fu meno dura e sanguinaria.




Gli scioperi, le marce sulle città organizzate dai disoccupati, provocarono violente repressioni. L'esempio più significativo fu quello di Saint Peter's Field, dove un reggimento di usali caricò un pacifico raduno di 50 mila persone (tra cui erano donne e bambini); 11 dimostranti furono uccisi, circa 500 i feriti; il fatto è passato alla storia con il nome di massacro di Peterloo.


Di fronte a questi fatti di sangue (un fatto del genere avvenne anche in Italia) ed alle allarmanti condizioni di salute delle donne e dei fanciulli impiegati nelle fabbriche (fanciulli di età inferiore ai 9 anni costretti a lavorare per 12-15 ore al giorno) la classe politica inglese fu costretta a mettersi sulla via delle riforme, per eliminare, se non altro, gli aspetti più crudi dello sfruttamento capitalistico. La prima vera legge sul lavoro è del 1831; essa vietò espressamente l'impiego nelle fabbriche dei bambini di età inferiore ai 9 anni e fissò un orario massimo di 12 ore al giorno per i minori di 18 anni; ma nessuna regola fu stabilita per gli adulti, per i quali si dovette attendere la legge del 1847, che prescrisse per tutti un massimo di lavoro di 10 ore.




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