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Approccio allo shock in pronto soccorso




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Approccio allo shock in pronto soccorso


La fisiopatologia dello shock è molto interessante ma lui non ne parlerà, sta a voi se volete, andarvela a studiare!

La prima cosa importante da capire è che, anche in situazioni apparentemente lontane allo shock, è fondamentale tenere sempre a mente che qualunque paziente può precipitare in una condizione di shock.

La modalità di approccio allo shock proposto in questa lezione è di tipo urgentistico, è quella che si usa in PS; è dunque una situazione in cui il fattore tempo conta tantissimo sulla possibilità di stabilizzare il pz. Sapete tutti che lo shock cardiocircolatorio è una lotta contro il tempo, perché i meccanismi di compenso che si instaurano nel nostro organismo, tendono a diventare con il tempo, essi stessi i responsabili del danno e del quadro patologico. Il nostro obiettivo è quello di arrivare prima che si instauri una situazione patologica irreversibile.

Lo shock è una sindrome clinica, manifestazione di tante differenti patologie, che portano ad un effetto finale, ovvero l'inadeguata perfusione tissutale. Dunque nella vostra testa dovete pensare che quel pz in quel momento non ha una perfusione efficace a soddisfare le esigenze bioenergetiche cellulari, i tessuti non sono ben perfusi, anche se le alterazioni di perfusione non sono necessariamente le stesse nei diversi organi e tessuti.

I tessuti cercano di sopravvivere, attivano meccanismi di compenso, come la glicolisi anaerobia, la proteolisi e questi possono poi costituire, come detto prima, di per sé un danno per l'organismo. Questo è il concetto base che deve sempre essere presente. Dovete immaginare che le cellule stanno soffrendo, in quanto non hanno né ossigeno né substrati energetici di altro tipo, e inoltre non riescono a liberarsi dei propri cataboliti.


Quali sono i problemi da affrontare?

Dobbiamo diagnosticare precocemente lo stato di shock: il pz scioccato può aggravarsi tanto più quanto più tardi arriviamo, quindi va sospettato;

Individuarne la causa che lo determina, perché questo guiderà poi la terapia

Iniziare precocemente un trattamento, sia generico di sostegno, sia specifico nel tentativo di rimuovere una causa specifica


DIAGNOSI PRECOCE: ci son due organi spia, che ci aiutano a capire in modo rapido se è il caso di sospettare uno shock, perché li possiamo vedere in modo diretto, senza bisogno di indagini approfondite. Questi due organi sono la cute e il cervello: la cute ci permette di vedere qual è lo stato di perfusione. Ci sono vari aspetti della cute da analizzare: in primis la marezzatura cutanea: vista una volta ve la ricordate per sempre: significa che la cute alterna aree di pallore ed aree di ipervascolarizzazione lineare e rosata: è un tipico segno di ipoperfusione: la cute "impazzisce", perchè da un lato cerca di far risparmiare ossigeno e si ha vasocostrizione in alcuni distretti, dall'altro, in altri distretti si hanno fenomeni di vasodilatazione. Un trucco utile per studiare lo stato di perfusione è il tempo di refill (riempimento) capillare: è un rapido indicatore dello status circolatorio; è uno strumento non invasivo per valutare la perfusione sistemica, che si calcola comprimendo il letto capillare e vedendo il tempo per il ritorno del flusso facendo riferimento alla colorazione della cute; deve essere inferiore a 2 secondi; è una tecnica molto utilizzata nei bambini. Bisogna poi cercare se c'è cianosi delle estremità. L'altro organo importante che vediamo (nel senso che ne vediamo le dirette manifestazioni) è il cervello: si può osservare tutto lo spettro delle alterazioni neuropsichiche: dall'agitazione psicomotoria, a condizioni sempre più gravi fino al sopore intenso e al coma.

In linea di massima quando mi trovo di fronte ad un paziente marezzato che vaneggia devo immediatamente sospettare un quadro di shock. Per quanto riguarda l'obiettività clinica, non esiste un'unica obiettività clinica: quando sospettiamo che il pz sia in stato di shock dobbiamo visitarlo con una certa accuratezza e allo stesso tempo con rapidità. Devo vistare torace, addome, estremità, tutto.

E la misurazione della PA? Normalmente quando penso al pz in shock, penso automaticamente alla pressione. Un pz ipoperfuso molto spesso è anche ipoteso, però questo dato il prof lo mette per ultimo perché non va preso troppo sul serio il principio che "se il pz è in shock allora è anche ipoteso": possono esserci situazioni in cui un pz con normale PA può essere in una situazione di bassa perfusione tissutale: ad esempio un omone che viaggia sui 160/90, quando arriva a 110/60 non ha una adeguata perfusione perché l'organismo è abituato a livelli pressori ben più alti. Tra l'aspetto clinico e la PA, se non tornano tra di loro, vince l'aspetto clinico fino a prova contraria.


LE CAUSE: non gli interessa il ragionamento fisiopatologico dello shock. Gli interessa che immaginiamo cosa sta succedendo nel corpo umano in un pz con shockato. Consideriamo l'apparato cardiocircolatorio come un impianto idraulico: c'è la pompa cardiaca (assimilabile ad una caldaia), il volume ematico (l'acqua circolante) e la portata (le condutture dell'impianto). Se l'impianto idraulico non funziona, vuol dire che: o si è rotta la caldaia o l'acqua è a bassa pressione o si sono rotte le condutture. Nell'uomo il ragionamento da fare è essenzialmente lo stesso.

Se abbiamo un problema di Pompa, ovvero del nostro generatore di forza, quello che si verifica è

Shock Cardiogeno

Shock ostruttivo.

Concettualmente è importante distinguere lo Shock cardiogeno puro da quello ostruttivo, perché nei casi che determinano lo shock ostruttivo devo attuare dei trattamenti specifici; le cause che lo possono determinare sono essenzialmente un PNX iperteso, la Tromboembolia polmonare (TEP) massiva, o un tamponamento cardiaco. Lo shock cardiogeno può essere invece dovuto a: cause miopatiche (un muscolo che non ce la fa), meccaniche (il cuore è una pompa e ha delle valvole, se una valvola improvvisamente non funziona, la pompa smette di essere efficace), aritmiche (la pompa può non funzionare in modo ritmico, se il ritmo va troppo fuori dai range di normalità può determinare un'insufficienza della pompa). Se capisco che la causa è la pompa, a quel punto la diagnosi si semplifica: si tratta infatti di cause abbastanza grossolane, di cui ci si accorge facilmente.


Se abbiamo un problema di volume: bisogna fare una distinzione: può mancare liquido intero (sangue) o manca solo a parte liquida del sangue (plasma): quindi possiamo avere:

Shock emorragico

Shock non emorragico.

Lo shock emorragico rappresenta l'evenienza più frequente. È meno probabile che si tratti solo di una perdita di plasma, che generalmente è molto lenta e quindi è difficile che possa portare ad uno shock. Però se mi trovo di fronte ad un grande ustionato allora devo pensare ad una perdita di plasma.


Se abbiamo un problema di portata (di condutture): considerate che l'impianto è particolare: i tubi non sono rigidi e fissi come quelli di un impianto idraulico, ma hanno una motilità, sono in grado di dilatarsi di un fattore 400. Soprattutto le arteriole sono in grado di aprirsi e chiudersi in modo alternato per far arrivare sangue a tutte le cellule senza alterare la portata cardiaca. Durante uno shock i tubi perdono il loro tono e la capacità di restare chiusi, e si dilatano troppo e tutti insieme. In caso di alterazioni della portata, possiamo avere diversi tipi di shock:

Shock settico

Shock anafilattico

Shock neurogeno ricordatevi che i vasi sono sotto un controllo nervoso)

Altri tipi, (ipertermia e endocrinopatie)


Nello shock da volume e da portata il paziente è vuoto, mentre in caso di shock da alterazioni della pompa il paziente è pieno. Questo vuol dire che se il paziente è pieno il suo problema di poca perfusione in circolo è dovuto solo al fatto che la pompa non è efficace, ma il volume circolante è sufficiente.

Nello shock da volume il pz è "vuoto vero", manca effettivamente volume ematico. In quello da portata è "vuoto relativo", nel senso che c'è solo un problema di dilatazione eccessiva dei vasi, anche se il volume è presente.  Concettualmente in entrambi i casi (shock da volume e da portata) il paziente va considerato vuoto, gli manca liquido nel sistema.

Quindi che facciamo? Devo immettere liquido nel sistema.


Come distinguere un paziente pieno da uno vuoto:

Capire questa differenza mi permette di adattare un approccio terapeutico specifico per la situazione che ho di fronte. È importante cercare di incanalare il paziente in un tipo di gestione piuttosto che in un altro. Devo quindi da subito indirizzare il paziente in una direzione.

Per farlo ci sono degli elementi che ci aiutano:

Innanzitutto nel caso di un paziente pieno (quindi sono di fronte ad un problema di pompa), mi aspetto che ci siano SEGNI DI CONGESTIONE a monte della pompa, quindi andrò a cercare: il turgore giugulare (nel caso di un' insufficienza destra) e/o rumori umidi polmonari a sinistra; certo, non è detto che i rumori umidi polmonari siano dovuti alla stasi del cuore sinistro, magari il paziente aveva già una polmonite, o un ARDS, però tale reperto è sicuramente un dato.

Un altro trucco è L'ECOGRAFIA FAST, quando per fast si intende semplicemente una modalità di utilizzo dell'ecografo: in questo caso non si usa l'ecografo per fare un esame completo, ma per acquisire informazioni base che ti permettono di inquadrare il paziente, ad esempio il riempimento della vena cava inferiore, una sua eventuale dilatazione, cerco se la vena cava inferiore collassa e cerco altre informazioni di questo tipo. Inoltre ci da informazioni su quello che sta succedendo dentro. Vedendo ad occhio nudo il paziente, abbiamo detto che possiamo vedere solo cute e cervello; con l'Eco Fast vedo se ci sono raccolte liquide all'interno, vedo come funziona la pompa cardiaca, vedo eventuali cause ostruttive come il tamponamento cardiaco, la TEP, uno PNX, che sono tutti reperti abbastanza semplici da individuare; ulteriore vantaggio è che si può fare al letto del paziente.

Il FLUID CHALLENGE TEST: se sospetti che il pz sia vuoto si può provare a somministrare un po' di liquido e vedere che succede. È una cosa semplicissima, è terapeutica e allo stesso tempo diagnostica.


Una volta che ho capito se il paziente è pieno o vuoto, cerco di fare una diagnosi un po' più specifica. Con il solito metodo di:

Anamnesi: se so che il pz è un motociclista ruzzolato per un burrone, è improbabile che abbiamo uno shock cardiogeno o che sia tamponato. Se il pz è un anziano allettato e ha 38 di febbre, penso a uno shock settico. Quindi bisogna sempre farsi guidare dall'osservazione e dal buon senso, ma NON innamorarsi mai della diagnosi.

Devo sempre pensare ad alcuni quadri clinici specifici quali:

lo PNX, che andrebbe diagnosticato anche solo clinicamente per l'assenza di rumori polmonari dal lato interessato, turgore giugulare, shock, associati magari ad un recente trauma toracico;

il tamponamento cardiaco: sospettatelo in pz a rischio per versamento pericardico;

TEP;

Anafilassi

Esami di laboratorio:

Emocromo, fondamentale perchè possiamo avere pz emorragico, settico.

Chimica (elettroliti, indici di citolisi e funzionalità d'organo: in pz scioccati possono insorgere danni d'organo che possono portare il pz a condizioni di MOF e poi a morte. Le sofferenze d'organo vengono analizzate tramite gli enzimi di citolisi.

Coagulazione: PT, PTT, fibrinogeno, D-dimero, AT-III: concettualmente è uno degli organi che più può essere danneggiato nello shock. Il paziente può andare incontro a CID: come impazziscono il rene, il cuore, il fegato, impazzisce anche il sistema della coagulazione: prima si ha una condizione di iperattivazione della catena coagulativa, poi si ha un consumo dei fattori della coagulazione e quindi inefficienza del sistema; nello shock il d-dimero aumenta, si allungano i tempi della coagulazione, il fibrinogeno diminuisce.

Esami microbiologici, diretti e colturali, utili prevalentemente in pz con sospetto shock settico. È vero che la risposta di questi esami richiede una settimana; ma dopo una settimana in cui ho cercato di fare il possibile per tenere in vita il paziente, quando arriva la risposta dell'esame colturale, che mi dice chi era il responsabile, posso finalmente impostare una terapia adeguata e mettere in salvo definitivamente il paziente.

Esiste poi un biomarker specifico: la PROCALCITONINA: aumenta in condizioni di sepsi, e tanto più è settico, tanto più aumenta la procalcitonina. C'è proprio un valore che è compatibile con lo shock.


Esami strumentali:

Rx torace (soprannominata da lui il Prezzemolo, la fate sempre!!!): nel polmone si può annidare la causa dello shock.

TC (che lui chiama l'Approfondimento): Attenzione: il pz scioccato è un paziente critico e fortemente instabile. Ogni spostamento del pz determina un aumento di rischio per la sua sopravvivenza. La TC richiede molto tempo. Quindi deve essere richiesta in maniera strettamente necessaria. Se ho possibilità di studiare il pz senza mandarlo in radiologia a fare una TC lo risparmio, se annaspo e non riesco a fare una corretta diagnosi e il pz sta per morire allora in quel caso lo devo mandare in TC, tanto l'alternativa sarebbe perderlo. Ci sono alcuni casi che richiedono obbligatoriamente una TC: se per esempio il pz ha una dissecazione aortica di tipo B, se non faccio AngioTC non la vedo. Così come una situazione di TE massiva: spesso l'ecocardiogramma ci fa vedere le camere destre fortemente dilatate, con movimento paradosso del setto, ma a volte questo non è sufficiente e serve la TC. Il concetto fondamentale è: spostiamo il pz il meno possibile, ma se l'alternativa è farlo morire, spostiamolo.

Ecg: è sempre utile: con un test semplice posso a volte fare diagnosi e risolvere il problema: faccio diagnosi di IMA e aritmie.

Eco fast: è un prezioso strumento diagnostico, posso vedere il polmone, se questo ha parete o se sono di fronte ad uno PNX, cerco eventuali versamenti.

Ecocardiografia: chiaramente valuto se la pompa funziona o no. È un esame abbastanza facile, capisco come si sta comportando il cuore di fronte ad una situazione di shock, se è ipocinetico o ipercinetico


TERAPIA

Il discorso del tempo è fondamentale: si passa da situazioni reversibili ad irreversibili nell'arco di poco tempo. Ricordare sempre che il percorso diagnostico e quello terapeutico devono procedere contestualmente, altrimenti rischio di aver fatto una diagnosi corretta e non essere in tempo per salvare la vita del paziente.

A seconda del tipo di shock possono intervenire in modo diverso, per questo è importante capire che tipo di shock ho davanti:

Shock cardiogeno: somministro INOTROPI: sono farmaci che reclutano le miofibrille cardiache sfruttando al massimo l'inotropismo malconcio del cuore scioccato. Hanno vantaggi e svantaggi. Più li uso, più "perdo la mia battaglia". Sono farmaci che hanno molto senso nella fase iniziale per stabilizzare il paziente e tranquillizzarlo, ma non sono una terapia definitiva, devono costituire solo un bridge che mi porti al trattamento vero. Immaginate un pz con infarto. Il pz perde, a causa della necrosi, il 30-40% della sua frazione d'eiezione iniziale; lo guardiamo, vediamo che è marezzato, capiamo che è "pieno", a questo punto gli facciamo un eco- fast e vediamo che ha il Vsx praticamente fermo, all'ECG si vede onda di lesione paurosa, dobbiamo trattarlo: sicuramente in questo caso bisogna RIVASCOLARIZZARE IL MIOCARDIO, perché sicuramente c'è una parte di miocardio ibernata che poi ripartirà. Nel frattempo metto gli inotrpi. Ma solo per stabilizzare il paziente, non sono assolutamente una terapia idonea al trattamento definitivo.

Shock ipovolemico: infondo LIQUIDI (colloidi, cristalloidi, plasma, sangue)

Shock distributivo (il pz vuoto relativo): somministro anche a lui i liquidi, ma lui in realtà è maldistribuito: devo cercare quindi di dare farmaci vasocostrittori, cugini degli inotropi, che cambiano efficacia sulla base dei recettori che colpiscono

trattamento di supporto e di correzione: correggo gli elettroliti se necessario, abbasso o alzo la temperatura ecc ecc


Dopodichè devo trattare la causa specifica dello shock:

Shock emorragico: fermo il sanguinamento

Pnx e tamponamento pericardico: faccio un drenaggio

SCA:  intervengo con una rivascolarizzazione

TEP: faccio una trombo lisi

shock anafilattico: somministro antistaminici, corticosteroidi

shock settico: devo fare la rimozione del focolaio infettivo. Se avete un ascesso sottoepatico, potete inventarvi quello che vi pare, ma se non rimuovete il pus, il paziente muore, è solo questione di tempo.

shock cardiogeno meccanico, come nel caso di una insufficienza mitralica acuta da rottura di un muscolo papillare: se si riesce a far sopravvivere il paziente lo invio ad un intervento  cardiochirurgico urgente.

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