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Antagonisti dei recettori adrenergici




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Antagonisti dei recettori adrenergici

Gli antagonisti dei recettori adrenergici inibiscono l'interazione di noradrenalina e adrenalina e degli altri farmaci simpaticomimetici con i recettori α e β. Gli antagonisti dei recettori adrenergici si suddividono in due grandi categorie:

Antagonisti α-adrenergici;

Antagonisti β-adrenergici

Gli antagonisti α-adrenergici, a loro volta, vengono suddivisi in ulteriori sottoclassi a seconda dell'affinità per il sottotipo recettoriale:

Antagonisti α-adrenergici non selettivi;

α1-selettivi;

α2-selettivi.

Anche per gli antagonisti β-adrenergici è possibile fare una simile catalogazione:

non selettivi o I generazione;

β1-selettivi o II generazione;

non selettivi o III generazione;

β2-selettivi o III generazione.

Antagonisti dei recettori α-adrenergici

Questi farmaci bloccano l'azione delle catecolamine a livello dei recettori α. Si possono distinguere in:

antagonisti non selettivi, suddivisibili a loro volta in agenti alchilanti come la fenossibenzamina e imidazoline come la fentolamina;

Antagonisti α1-selettivi: prazosina e cogeneri (doxazosina, terazosina, alfuzosina, tamsulosina, urapidil);

Antagonisti α2-selettivi: yohimbine.

Antagonisti non selettivi

Questi farmaci determina il blocca della trasmissione mediata dai recettori α. Quindi riducono la pressione arteriosa e l'entità di questo effetto dipende dall'attività del simpatico: è minore in posizione supina rispetto a quella eretta. La caduta della pressione può portare a stimolazione del simpatico con tachicardia riflessa ed aumentata secrezione di renina. Inoltre a livello vascolare, l'adrenalina, legandosi ai recettori β2 e siccome gli α sono occupati dal farmaco, si avrà una massiva vasodilatazione, fenomeno definito come "inversione" degli effetti dell'adrenalina. Gli agenti alchilanti, tra cui la fenossibenzamina, bloccano in maniera irreversibile i recettori α1,2 adrenergici, mentre le imidazoline, tra cui la fentolamina, sono antagonisti reversibili dei recettori α1,2 adrenergici.

EFFETTI FARMACOLOGICI: Gli effetti farmacologici di questi composti sono legati, appunto, all'inibizione della trasmissione mediata dai recettori α. Questi farmaci determinano:

Riduzione delle resistenze periferiche;

Aumento della gittata cardiaca per stimolazione del riflesso nervoso simpatico e per stimolazione del rilascio e blocco della ricaptazione di noradrenalina (blocco α2-presinaptico);

Stimolazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone, con ritenzione di sodio e acqua;

Riduzione della ritenzione vescicale.

USI TERAPEUTICI: Il principale utilizzo di fenossibenzamina e fentolamina è nella diagnosi e nella terapia del feocromocitoma, un tumore della midollare del surrene o di un ganglio del simpatico, che induce la liberazione eccessiva di catecolamine, con ipertensione. La fenossibenzamina è utilizzata off-label per il trattamento dell'iperreflessia dei pazienti con sezione del midollo spinale.

La fentolamina può essere utilizzata nelle ipertensioni da rimbalzo dovuta ad interruzione della somministrazione di clonidina.

EFFETTI COLLATERALI: Sono farmaci molto poco maneggevoli (basso IT). Il principale effetto collaterale è l'ipotensione ortostatica. Inoltre possono comparire tachicardia riflessa, congestione nasale, angina, aritmie.

ANTAGONISTI SELETTIVI DEI RECETTORI α1-ADRENERGICI

Il blocco dei recettori α1 inibisce la vasocostrizione indotta dalle catecolamine endogene, con conseguente vasodilatazione arteriolare e venosa. Il risultato è la caduta della pressione arteriosa a causa delle diminuite resistenze periferiche. Questi farmaci non bloccano i recettori α2-presinaptici e pertanto non hanno effetto sul rilascio di catecolamine. Non causano una significativa tachicardia a causa di un non aumentato rilascio di catecolamine e del blocco di recettori α1 centrali, che modulano l'attività riflessa barorecettoriale.

I singoli farmaci hanno un profilo farmacodinamico simile, ma differiscono per caratteristiche farmacocinetiche.

EFFETTI FARMACOLOGICI: Questi farmaci inducono:

Ipotensione da caduta delle resistenze periferiche;

Riduzione del carico cardiaco e del consumo di ossigeno;

Diminuzione dell'ipertrofia ventricolare sinistra e della congestione polmonare;

Il flusso renale non è influenzato e pertanto non si verifica ritenzione di acqua e sodio;

Rilasciamento dei muscoli del trigono e dello sfintere vescicale e dei muscoli lisci prostatici, effetti che favoriscono il deflusso urinario;

Riduzione del colesterolo, trigliceridi e LDL;

Aumento delle HDL.

Prazosin

Il prazosin è il capostipite degli α-bloccanti chinazolinici. Il prazosin viene ben assorbito dopo somministrazione orale e la biodisponibilità è del 50-70 %. Le massime concentrazioni vengono raggiunte dopo 1-3 ore. Il farmaco si lega avidamente alla glicoproteina acida α1, viaggiando libero per solo il 5%. Situazioni che modifichino la concentrazione di tale proteina di trasporto possono influenzare la biodisponibilità del prazosin. Tale composto viene estesamente metabolizzato dal fegato con un'emivita di circa 1-3 ore, che può aumentare in corso di insufficienza cardiaca congestizia. La durata di azione del farmaco è di 7-10 ore. Il prazosin viene somministrato a 1 mg dose iniziale, fino a 20 mg/die per os in 2-3 somministrazioni. La dose va assunta prima di coricarsi, onde evitare sincope da ipotensione ortostatica. Il prazosin viene utilizzato anche per il trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna.

Terazosin

È un analogo strutturale del prazosin. Il terazosin è più solubile in acqua, di conseguenza la sua biodisponibilità è maggiore (90%). L'emivita è di circa 12 ore e può spingersi fino a 18, richiedendo una sola somministrazione giornaliera. Il terazosin e il doxazosin inducono apoptosi delle cellule muscolari lisce della prostata, essendo utile anche per il trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna. La terazosina viene somministrata a 1 mg dose iniziale fino a 10 mg/die per os in una somministrazione.

Doxazosin

Ha effetti simili al prazosin ma un diverso profilo farmacocinetico: l'emivita è più lunga e la durata di azione può arrivare fino alle 36 ore. Il metabolismo è simile a quelli precedenti e i metaboliti vengono eliminati con le feci. Il doxazosin viene sommistrato a 1 mg dose iniziale fino a 16 mg/die per os in una somministrazione.

Alfuzosin e Tamsulosin

Alfuzosin viene utilizzato nella terapia dell'ipertrofia prostatica benigna, così come il tamsulosin. Quest'ultimo viene somministrato alla dose di 0,4 mg. Il tamsulosin è ben assorbito, con un'emivita di 5-10 ore e viene ampiamente metabolizzato dai CYP. Tra gli effetti collaterali vi è l'eiaculazione retrograda.

USI CLINICI: Questi farmaci vengono utilizzati per il trattamento:

Ipertensione arteriosa particolarmente in pazienti diabetici o iperlipidemici in associazione ad altri farmaci;

Insufficienza cardiaca congestizia;

Ipertrofia prostatica benigna (tamsulosina 0,4 mg).

Da somministrare con cautela nei pazienti operati di cataratta.

EFFETTI COLLATERALI: Gli effetti collaterali sono dovuti alla somministrazione della prima dose e comprende una grave ipotensione posturale. Tale effetto è dose-dipendendente, quindi basta ridurre la dose per avere la scomparsa della sintomatologia. Tra gli effetti aspecifici vi sono cefalea, vertigini e astenia.

Urapidil

È un antagonista dei recettori α1-adrenergici dotato anche di proprietà ipotensivanti centrali. Riduce le resistenze vascolari periferiche, senza modificare la gittata cardiaca e senza indurre tachicardia. Presenta una biodisponibilità orale del 70%, con un'emivita di 3 ore. La somministrazione avviene ogni 12 ore, 30-90 mg. Il bolo iv prevede la somministrazione di 10-25 mg, soprattutto per il trattamento delle crisi ipertensive. È un farmaco ospedaliero.

ANTAGONISTI SELETTIVI PER IL RECETTORE α2

Il blocco di tali recettori a livello presinaptico potenzia il rilascio delle catecolamine a livello del SNC, con un aumento del tono del simpatico. A questa categoria appartiene un unico composta: la yohimbina. Questo farmaco penetra direttamente nel SNC dove agisce aumentando la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa. Aumenta anche l'attività motoria ed induce tremore. Tale farmaco viene utilizzato per il trattamento della neuropatia diabetica e nell'ipotensione ortostatica.


Antagonisti dei recettori β-adrenergici

Gli antagonisti dei recettori β-adrenergici o β-bloccanti sono farmaci molto importanti e largamente utilizzati per il trattamento di importanti patologie cardio-vascolari ad alto impatto sociale. Il blocco dei recettori β-adrenergici ha un effetto limitato sul cuore normale, ma ha effetti profondi in presenza di un elevato tono simpatico che si ha durante l'esercizio fisico o lo stress, o in determinate patologie. L'azione svolta da questi farmaci dipende dalla distribuzione dei recettori a livello dei tessuti.

I β-bloccanti vengono suddivisi in:

a)     Non selettivi di prima generazione: propanololo, timololo;

b)     β1-selettivi di seconda generazioni: atenololo, metoprololo;

c)     non selettivi di terza generazione: carvedilolo;

d)     β1-selettivi di terza generazione.

Da un punto di vista farmacodinamico, i β-bloccanti possono essere classificati in base alla selettività recettoriale ed alla attività simpatico mimetica intrinseca (ISA). I β-bloccanti ISA - inducono una iniziale riduzione della gittata cardiaca ed un aumento delle resistenze periferiche vascolari. I β-bloccanti ISA+ hanno un minor effetto sulla frequenza cardiaca e sulla gittata cardiaca e diminuiscono le resistenze vascolari periferiche per stimolazione dei recettori β2. I farmaci con ISA si comportano da agonisti parziali o antagonisti, a seconda del grado di attivazione del sistema simpatico.

Il propanololo, il prototipo di questa classe di farmaci introdotto nel 1965, ha contribuito all'assegnazione del premio Nobel nel 1988 al suo ideatore, Sir James Black.

La selettività β1 è una proprietà relativa e dose dipendente: ad alte dosi (atenololo > 100 mg/die) entrambi i recettori sono bloccati.

Da un punto di vista farmacocinetico, i β-bloccanti possono essere classificati in base al grado di lipofilicità, che influenza tutti i parametri farmacocinetici del farmaco. I composto lipofili, come il propanololo, presentano un intenso metabolismo epatico, viaggiano altamente legati alle proteine plasmatiche, di conseguenza hanno una bassa biodisponibilità. I composti idrofili, come l'atenololo, presentano uno scarso metabolismo epatico, con un basso legame alle proteine plasmatiche, quindi un'alta biodisponibilità. Questi parametri sono da prendere in considerazione per la somministrazione di questa classe di farmaci in pazienti con particolari patologie.

Alcuni farmaci recenti, i β-bloccanti di III generazione, sono provvisti di attività vasodilatatrice oltre al blocco β. Ciò sembra essere dovuto a più meccanismi come:

produzione di NO;

agonismo recettori β2;

antagonismo recettori α1;

blocco dell'entrata di calcio;

apertura dei canali del potassio;

attività antiossidante.

Questi meccanismi potrebbero contribuire all'effetto antipertensivo aumentando l'ipotensione e il flusso ematico periferico e diminuendo il postcarico. Due di questi agenti (celiprololo e nebivololo) inducono vasodilatazione e quindi riducono il precarico.

EFFETTI FARMACOLOGICI: I principali effetti terapeutici degli antagonisti dei recettori β vengono esercitati a livello del sistema cardiovascolare. È importante distinguere questi effetti in soggetti sani rispetto a soggetti con disfunzioni cardiovascolari. Gli effetti cardiovascolari dei β-bloccanti sono dovuti alla distribuzione dei recettori nei vari distretti vascolari dell'organismo. Comunque, la somministrazione di tali composti determina:

riduzione della frequenza cardiaca, della contrattilità del miocardio e della gittata cardiaca;

rallentamento della conduzione atrioventricolare e atriale;

aumento del periodo refrattario atrioventricolare;

aumento delle resistenze periferiche che scompare dopo somministrazione cronica;

riduzione della tolleranza allo sforzo fisico.

Gli antagonisti dei recettori β generalmente non riducono la pressione arteriosa in pazienti normotesi, mentre la riducono in pazienti ipertesi. Per quanto riguarda gli effetti extravascolari, questi comprendono:

blocco dei recettori β2 della muscolatura bronchiale, soprattutto ad opera degli antagonisti non selettivi. Si ricordi che per il trattamento dell'asma si utilizzino gli agonisti β2, da qui la necessità di non somministrare ad un soggetto asmatico un β-bloccante non selettivo;

inibizione del rilascio di renina dalle cellule dell'apparato juxta-glomerulare;

aumento delle VLDL e riduzione delle HDL per blocco di lecitina-colesterolo aciltransferasi. Da qui l'effetto pro-aterogeno dei bloccanti non selettivi;

prolungamento dell'ipoglicemia indotta da insulina, per blocco della glicogenolisi, ed anche mascheramento della sintomatologia di una crisi ipoglicemica;

effetti centrali come insonnia, allucinazioni e depressione, soprattutto per i composti lipofili;

riduzione dei tremori da eccessiva attività simpatergica centrale, soprattutto per i bloccanti lipofili.

USI CLINICI DEI β-BLOCCANTI: Le indicazioni cardiovascolari dei β-bloccanti comprendono:

ipertensione;

angina pectoris;

aritmie cardiache;

cardiomiopatia ipertrofica;

prevenzione secondaria dell'infarto miocardico;

insufficienza cardiaca.

I β-bloccanti sono altamente utilizzati come farmaci antipertensivi. Infatti tutti i β-bloccanti hanno effetti ipotensivi alle dosi terapeuticamente attive, anche se il meccanismo di azione è tuttora in discussione. L'effetto dei β-bloccanti vasodilatatori è dovuto al blocco dei recettori β associato ad altri meccanismi con riduzione delle resistenze periferiche. I β-bloccanti non vaso-dilatatori aumentano nel breve termine le resistenze periferiche, che poi diminuiscono, probabilmente per:

inibizione del rilascio di renina;

riduzione persistente della gittata cardiaca.

Tutti i β-bloccanti sono utili nel trattamento della malattia coronarica, compresa l'angina instabile. L'efficacia è dovuta a una riduzione del consumo di ossigeno del cuore per riduzione della frequenza e della gittata e ad un aumento del tempo di diastole che è in grado di migliorare il flusso coronarico prolungandone la perfusione diastolica.

Nelle aritmie cardiache i β-bloccanti sono indicati per:

aritmie ipercinetiche da alti livelli di catecolamine;

controllo della frequenza ventricolare nel flutter e nella fibrillazione atriale.

L'efficacia è dovuta ad una diminuzione della conduzione atrioventricolare e ad un prolungamento del periodo refrattario del nodo atrioventricolare, particolarmente pronunciato con il sotalolo.

La cardiomiopatia ipertrofica è caratterizzata da efflusso cardiaco ridotto per ostruzione e da aumento della pressione intracardiaca che viene ridotta significativamente dai β-bloccanti.

I β-bloccanti sono utilizzati anche nella prevenzione della cardiopatia ischemica. Infatti è stato condotto uno studio su tre gruppi di pazienti:

pazienti trattati con β-bloccanti prima del primo episodio infartuale;

pazienti nei quali il trattamento era iniziato nel periodo peri-infatuale (72 ore);

pazienti nei quali il trattamento era iniziato nella fase tardiva post-infartuale (dopo 72 ore).

Nei soggetti appartenenti al III gruppo, il trattamento prolungato con β-bloccanti privi di ISA ha ridotto del 25% le morti cardiache e le recidive infartuali e del 30% l'incidenza di morti improvvise. I β-bloccanti sono pertanto indicati nella prevenzione secondaria dell'infarto al miocardio in pazienti che non presentano controindicazioni. Sono da preferire i composti selettivi per i recettori β1 non agonisti parziali.

I β-bloccanti per il trattamento dell'insufficienza cardiaca possono dar luogo ad un "paradosso terapeutico". Infatti, lo scompenso cardiaco è caratterizzato da:

riduzione del numero e della efficienza del numero dei recettori β;

attivazione riflessa neuroumorale ed in particolare del sistema simpatergico.

Il rapporto β12 passa da 80:20, a 60:40, inoltre la stimolazione dell'adenilato ciclasi da parte di agonisti β2 è ridotta del 30%. È facile intuire come la somministrazione di un β-bloccante possa determinare una riacutizzazione dello scompenso. A partire dagli anni'80, numerosi studi hanno dimostrato che i β-bloccanti privi di ISA sono in grado di stimolare (up-regulation) il numero di molecole recettoriali β a livello del tessuto cardiaco e dei leucociti circolanti. Successivi trial clinici hanno confermato che i composti β1-selettivi privi di ISA (metoprololo) e quelli con proprietà vasodilatanti (carvedilolo) riducono morbidità e mortalità nell'insufficienza cardiaca di grado lieve-moderato. Quindi gli effetti positivi dei β-bloccanti nello scompenso cardiaco di grado lieve-moderato sono:

up-regulation dei β-recettori;

protezione dei miociti da sovraccarico di catecolamine;

riduzione della frequenza e del consumo di ossigeno.

Per il trattamento dello scompenso cardiaco bisogna iniziare con dosi basse ed aumentare progressivamente, monitorando gli effetti emodinamici che possono peggiorare dopo le dosi iniziali. Utilizzare i composti β1-selettivi privi di ISA (metoprololo) e quelli non selettivi con proprietà vasodilatanti (carvedilolo). L'utilizzo nel lungo periodo di metoprololo aumenta significativamente la frazione di eiezione cardiaca rispetto alla terapia standard.

Per quanto riguarda patologie non cardiovascolari, l'uso dei β-bloccanti è limitato a:

ipertiroidismo, per controllo della tachicardia, tremori, palpitazioni e per ridurre la vascolarizzazione della ghiandola;

ansia;

glaucoma ad angolo aperto (timololo 0,25-0,5%);

profilassi dell'emicrania (propanololo, timololo, metoprololo).

I β-bloccanti possono interferire con gli effetti compensatori delle catecolamine secrete durante l'ipoglicemia, attenuando la percezione di sintomi quali tremore, tachicardia e nervosismo. Pertanto, i β-bloccanti dovrebbero essere utilizzati con molta cautela in pazienti diabetici inclini a frequenti reazioni ipoglicemiche. Se è necessario, utilizzare un β-bloccante selettivo per i recettori β1.

CONTROINDICAZIONI: I β-bloccanti sono farmaci ragionevolmente sicuri se utilizzati alle dosi appropriate, tenendo conto delle seguenti controindicazioni: insufficienza cardiaca grave, bradicardia, blocco AV, asma, broncopneumopatie ostruttive.

EFFETTI COLLATERALI: Tra gli effetti collaterali vi sono:

deficit circolatorio periferico;

prolungamento dell'ipoglicemia da insulina, quindi bisogna preferire i composti selettivi con ISA;

ridotta tolleranza allo sforzo, da preferire i bloccanti β1-selettivi;

effetti centrali come insonnia, allucinazioni, sono da preferire i composti meno lipofili;

impotenza sessuale, da preferire i composti con effetti anti-α1;

sindrome da sottrazione causata da bloccanti privi di ISA, probabilmente per up-regulation dei recettori.

INTERAZIONI CON ALTRI FARMACI: I Sali di alluminio, la colestiramina e il colestipolo possono ridurre l'assorbimento dei β-bloccanti. La fenitoina, la rifampicina e il fenobarbital, così come il fumo, inducono gli enzimi metabolici a livello epatico e possono così diminuire le concentrazioni plasmatiche degli antagonisti dei recettori β soggetti ad un'ampia biotrasformazione. La cimetidina e l'idralazina possono aumentare la biodisponibilità del propranololo e del metoprololo poiché influenzano il flusso ematico a livello epatico. Gli antagonisti dei recettori β possono compromettere la clearence della lidocaina. Altre interazioni sono di tipo farmacodinamico. Gli antagonisti dei recettori β e i calcio-antagonisti hanno effetti addittivi sul sistema di conduzione del cuore.

β-bloccanti non selettivi: propranololo, timololo

Il propranololo interagisce con uguale intensità sia con i recettori β1 che con quelli β2, senza possedere ISA. Questo composto è altamente lipofilo ed è quasi completamente assorbito in seguito a somministrazione orale. Tuttavia, una notevole quantità di farmaco viene metabolizzata dal fegato durante il suo primo passaggio, riducendone la biodisponibilità. Le notevoli variazioni individuali nell'estrazione epatica di primo passaggio, contribuiscono al diverso profilo di concentrazioni plasmatiche in soggetti diversi. La biodisponibilità del propranololo aumenta con la somministrazione di cibo e a seguito di una prolungata somministrazione del farmaco. Il propranololo penetra rapidamente nel SNC.

Il timololo è un potente antagonista non selettivo dei recettori β. Viene ben assorbito dal tratto GI, subendo un metabolismo di primo passaggio ad opera del CYP2D6. La formulazione oculare, utilizzata per il trattamento del glaucoma, può essere diffusamente assorbita nel circolo sistemico e può causare effetti avversi.

β-bloccanti β1-selettivi: metoprololo, atenololo

il metoprololo è un β-bloccante β1 selettivo, privo sia di ISA che di azione stabilizzante le membrane. Viene completamente assorbito dal tratto GI, ma ha una bassa biodisponibilità a causa del metabolismo di primo passaggio. Le concentrazioni del farmaco variano notevolmente per via dei polimorfismi del gene del CYP2D6. L'emivita del metoprololo è di circa 3-4 ore, ma aumento nei metabolizzatori lenti, che hanno un rischio maggiore di sviluppare effetti collaterali.

L'atenololo è un antagonista β1-selettivo. Il farmaco viene escreto per lo più immodificato nelle urine, quindi si accumula nei pazienti affetti da insufficienza renale e il dosaggio dovrebbe essere ridotto se la clearence della creatinina è <35 ml/min. l'atenololo in combinazione con un diuretico è efficace in pazienti anziani con ipertensione sistolica isolata.

β-bloccanti con effetti cardiovascolari aggiuntivi o β-bloccanti di III generazione: carvedilolo

alcuni β-bloccanti possiedono anche attività vasodilatatrice. Il carvedilolo blocca i recettori β1,2 e α1, ma esercita tutta una serie di effetti cardiovascolari. Il carvedilolo induce vasodilatazione; i suoi effetti antiossidanti e antiproliferativi possono essere di beneficio nella terapia dell'insufficienza cardiaca congestizia. Non vi sono cambiamenti significativi della farmacocinetica nel paziente anziano iperteso. Poichè il carvedilolo viene metabolizzato dai CYP epatici, non è necessario modificare il dosaggio nei pazienti con insufficienza renale da moderata a grave.

Inibitori del neurone adrenergico

La Reserpina è un alcaloide derivato dalla Rauwolfia serpentina, utilizzato come antipertensivo. La reserpina determina l'inibizione del trasportatore vescicolare delle catecolamine. Il trasportatore vescicolare H+-dipendente è bloccato in maniera competitiva ed irreversibile dalla reserpina. Ciò determina la deplezione delle riserve intravescicolari di neurotrasmettitore, con successiva ipotensione, sintomi extrapiramidali parkinsoniani e grave depressione psichica.

EFFETTI FARMACOLOGICI: La reserpina determina:

lo svuotamento delle vescicole contenenti noradrenalina;

inibizione della captazione della noradrenalina da parte della membrana neuronale;

stimolazione dell'attività delle MAO;

riduzione delle resistenze periferiche;

effetto inotropo e cronotropo negativo, anche per stimolazione vagale;

effetto tranquillante maggiore;

stimolazione del sistema extrapiramidale.

FARMACOCINETICA: La reserpina presenta un alto volume di distribuzione, con attraversamento della BBB e della placenta. Viene metabolizzata a livello epatico ed è eliminata dal rene. L'emivita presenta il caratteristico andamento bifasico: l'emivita di fase α è di 4-5 ore, l'emivita di fare β è di 270 ore. In caso di insufficienza renale l'emivita è prolungata.

USI CLINICI: La reserpina è indicata nell'ipertensione medio-moderata, somministrazione di 0,1-0,2 mg/die spesso in associazione con i diuretici. L'effetto antipertensivo compare lentamente, nell'arco di 3-6 giorni dopo la prima somministrazione. L'uso va limitato nel tempo per via degli effetti collaterali. Potenzia gli effetti degli anestetici generali (inducendo arresto cardiaco) e digitalici (aritmie e bradicardia).

EFFETTI COLLATERALI GRAVI E FREQUENTI: Depressione del SNC, letargia, sintomi parkinsoniani, aumento della secrezione gastrica, ritenzione di sodio e acqua, stimolazione della produzione di prolattina.


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