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L'istruttoria




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L'ISTRUTTORIA


Ogni contribuente ha un numero di codice fiscale ed è iscritto all'anagrafe tributaria ch4e è un grande sistema informatico posto al servizio delle agenzie fiscali con il compito di raccogliere e ordinare su scala nazionale i dati e le notizie risultanti dal'amministrazione finanziaria e dai relativi accertamenti nonché i dati e le notizie che possono comunque assumere rilevanza ai fini tributari. La raccolta dei dati avviene utilizzando il codice fiscale la cui indicazione è obbligatoria in una vasta serie di atti che sono memorizzati all'anagrafe. Il sistema è integrato con la guardia di finanza attraverso un collegamento telematico. La telematizzazione del fisco consente a ciascun ufficio di conoscere, collegandosi al sistema informativo, una molteplicità di dati relativi a ciascun contribuente. Il sistema informativo viene utilizzato non solo per l'attività investigativa ma  anche a fini statistici e quindi come supporto conoscitivo per la elaborazione di provvedimenti amministrativi o legislativi.

Le dichiarazioni dei redditi sono sottoposte ad un primo controllo che ha per oggetto la mera liquidazione delle imposte dovute e dei rimborsi spettanti in base alle stesse dichiarazioni. Il controllo viene eseguito mediante procedure automatizzate entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo. La liquidazione, regolata dall'art. 36 bis D.P.R. 600/1973, è un controllo limitato sia nell'oggetto sia negli effetti in quanto non è finalizzato alla rettifica del reddito ma solo alla verifica dell'esattezza numerica dei dati dichiarati. Sulla base dei dati dichiarati e dei dati tratti dall'anagrafe tributaria, l'amministrazione finanziaria:

Corregge gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili;

Riduce le detrazioni di imposta, indicati in misura superiore a quella prevista dalla legge o non spettanti sulla base di quanto dichiarato;

Controlla che i versamenti siano tempestivi e corrispondenti a quanto dichiarato.

Anche le dichiarazioni annuali dell'iva sono soggette ad un controllo mediante procedure automatizzate utilizzando i dati desumibili dalle stesse dichiarazioni e in possesso dell'anagrafe tributaria. Il risultato del controllo se è diverso dal dichiarato è comunicato al contribuente che è invitato a versare la maggiore somma così liquidata; se il contribuente versa è evitata la iscrizione a ruolo e la sanzione è ridotta ad un terzo.

Alla liquidazione può seguire il cosiddetto controllo formale delle dichiarazioni, disciplinato dall'art. 36 ter D.P.R. 600/1973 a cui gli uffici dell'agenzia delle entrate provvedono entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione sulla scorta di criteri selettivi. Il controllo formale non è automatico ma è svolto in base ai criteri selettivi fissati dal ministero e riguarda alcune voci della dichiarazione che devono essere giustificate documentalmente. In sede di controllo formale il contribuente è infatti invitato a fornire chiarimenti in ordine ad alcuni elementi della dichiarazione, a trasmettere i documenti che li giustificano o a esibire le ricevute dei versamenti. Il controllo formale si differenzia quindi alla liquidazione perché non riguarda solo la dichiarazione ma anche i documenti che devono corredarla. L'esito del controllo formale è comunicato al contribuente con l'indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili o di altri dati dichiarati anche per consentire al contribuente di segnalare all'ufficio dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale.

Il controllo sostanziale delle dichiarazioni è svolto dagli uffici delle agenzia delle entrate e dalla guardia di finanza. La verifica è la forma principale di controllo dei contribuenti e consiste in una serie di operazioni che iniziano con l'accesso seguito da ispezioni documentali e da altri controlli e si conclude con la redazione di un proc4esso verbale di constatazione. L'art. 14 Cost. dispone che il domicilio è inviolabile ma ammette che vi si possono eseguire ispezioni, perquisizioni e sequestri nei casi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. È poi prevista una riserva di legge: gli accertamenti e le ispezioni sono ammessi per fini fiscali ma devono essere regolati da leggi speciali. Vale qui la nozione penalistica di domicilio che designa l'abitazione e gli altri luoghi di privata dimora. Il legislatore ha ritenuto che la tutela costituzionale del domicilio non riguardi l'accesso nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, agricole artistiche o professionali; per accedere in tali locali non si richiede l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria ma l'autorizzazione del capo dell'ufficio o del comandante di zona con provvedimento che ne indica lo scopo. Però nel caso di accesso nei locali destinati all'esercizio di arti e professioni è richiesta la presenza del titolare dello studio. Nel caso di accessi in studi professionali vi è da contemperare la tutela dell'interesse fiscale con quella del segreto professionale; perciò è necessaria l'autorizzazione del procuratore della repubblica per l'esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale. Per l'accesso nelle abitazioni è necessaria anche l'autorizzazione del procuratore della repubblica che può essere concessa con atto motivato e solo in presenza di gravi indizi di violazione delle norme fiscali ed allo scopo di reperire libri, registri, documenti e altre prove delle violazioni. L'autorizzazione del procuratore pè necessaria anche per procedere a perquisizioni personali ed all'apertura coattiva di plichi sigillati, borse, casseforti. È un atto amministrativo discrezionale che deve essere motivato. Tale atto può essere sindacato dal giudice tributario sia sotto il profilo della adeguatezza della motivazione sia sotto il profilo della idoneità dei gravi indizi di evasione. L'art. 12 dello statuto prevede che gli accessi, le ispezioni e le verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali sono effettuati sulla base di esigenze di indagine e controllo sul luogo. Essi si svolgono durante l'orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente. Quando viene iniziata la verifica il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l'abbiano giustificata e dell'oggetto che la riguarda. Su richiesta del contribuente l'esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effettuato nell'ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste. Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica. Nel corso della verifica vengono eseguite ispezioni documentali su libri, registri, documenti e scritture contabili che si trovano nei locali, compresi quelli la cui tenuta e conservazione non sono obbligatori. La verifica contabile è una forma specifica di controllo rivolta ad esaminare la completezza, esattezza e veridicità della contabilità sulla scorta delle fatture. Le verificazioni sono controlli sugli impianti , sul personale dipendente, sull'impiego di materie prime ed altri acquisti. La permanenza degli operatori civili o militari dell'amministrazione finanziaria non può superare i trenta giorni lavorativi prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente decorso tale periodo per esaminare le osservai ozoni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica. Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente che ha diritto di averne copia, la descrizione dettagliata delle operazioni compiute viene effettuata nel processo verbale di verifica, viene redatto da ultimo un processo verbale di constatazione che sintetizza i dati rilevati. Dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza di tale termine.

Le indagini bancarie possono essere svolte in via amministrativa dall'agenzia delle entrate e dalla guardia di finanza che può eseguirle anche in veste di polizia giudiziaria. La corte costituzionale ha precisato che il dovere di riservatezza connesso con il segreto bancario non può essere di ostacolo all'accertamento degli illeciti tributari. Ciò però non significa che le indagini bancarie non siano soggette a vincoli e limiti. Per svolgere le indagini bancarie gli uffici dell'agenzia delle entrate e la guardia di finanza devono essere autorizzati rispettivamente dalla direzione regionale dell'agenzia e dal comandante di zona. Le banche devono comunicare all'anagrafe tributaria il nome dei loro clienti e la natura dei rapporti intrattenuti. Acquisiti i dati bancari l'ufficio può chiedere dati e notizie al contribuente invitandolo a compiere di persona o inviandogli questionari. Il motivo di questa ulteriore fase istruttoria è in ciò che se i dati rilevanti non trovano riscontro nella contabilità operano delle presunzioni legali relative di evasione. Più esattamente quando vi sono prelevamenti non registrati opera una presunzione legale relativa. Infatti se sono rilevati prelevamenti bancari non registrati nei conti del contribuente, tali prelevamenti legittimano il fisco ad accertare dei ricavi. Tale disposizione esige un chiarimento perché un prelevamento segna un costo non un ricavo. In realtà nella norma è insita una doppia presunzione: che il prelevamento sia stato utilizzato per remunerare un acquisto inerente alla produzione del reddito; e che al costo non contabilizzato corrisponda un ricavo pure non contabilizzato. Secondo la corte costituzionale non è irragionevole ipotizzare che i prelievi ingiustificati dai conti correnti bancari effettuati da un imprenditore siano stati destinati all'esercizio dell'attività di impresa. La presunzione è relativa: il contribuente può superala indicando il beneficiario del prelevamento. La presunzione fondata sui prelevamenti è stata estesa ai lavoratori autonomi. Le presunzioni tratte dai dati bancari possono essere contestate dai contribuenti ma non è obbligatorio per gli uffici interpellare il contribuente prima di emettere avvisi di accertamento fondati su dati tratti dai conti correnti bancari.

Le indagini presso il contribuente sono gli strumenti più penetranti di cui il fisco dispone per controllare le dichiarazioni e reprimere l'evasione. Meno penetranti sono invece altri poteri di cui il fisco dispone, sia nei confronti del soggetto controllato sia nei confronti di terzi. L'ufficio può innanzitutto invitare i contribuenti a comparire di persona per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti. In secondo luogo l'ufficio può invitare il contribuente ad esibire o trasmettere atti e documenti; ai soggetti obbligati alla tenuta della contabilità può essere richiesta l'esibizione dei bilanci o delle scritture contabili. In terzo luogo l'ufficio può inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti. Questi inviti sono una facoltà e non un obbligo dell'ufficio. Per quanto riguarda i terzi bisogna distinguere quelli che hanno veste pubblica dai terzi che sono soggetti di diritto privato. L'ufficio può richiedere agli organi e alle amministrazioni dello stato la comunicazione di dati e notizie relativi a determinati soggetti o categorie di soggetti. Per quanto riguarda gli altri terzi il fisco può chiedere ai soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili dati e documenti relativi ad attività svolte nei confronti di clienti, fornitori e prestatori di lavoro autonomo. Ad ogni altro soggetto possono essere chiesti atti e documenti fiscalmente rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente.

Nel corso del'attività istruttoria il contribuente è tenuto ad ottemperare agli inviti e alle richieste dell'amministrazione. La mancata collaborazione pregiudica le successive facoltà di difesa del contribuente dato che le notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente in sede amministrativa e contenziosa.

Abbiamo visto che le norme della legge sui procedimenti amministrativi non si applicano ai procedimenti tributari. Infatti i procedimenti tributari non sono retti dal principio del contraddittorio. Per l'ufficio è una facoltà non un obbligo interpellare il contribuente inviandogli questionari o invitandolo a comparire di persona; è pure una facoltà degli uffici quando acquisito elementi per un accertamento di tipo sintetico interpellare il contribuente per consentirgli di fornire prove contrarie. Solo in alcuni casi la legge prevede che l'ufficio debba interpellare il contribuente prima di procedere ad accertamenti. Ad esempio quando l'amministrazione considera elusiva un'operazione e intende applicare la norma elusa, deve prima di emettere l'accertamento richiedere chiarimenti al contribuente; quando intende emettere un avviso con cui disconosce costi d'impresa derivanti da operazioni intercorse con società domiciliate fiscalmente in paradisi fiscali deve notificare al contribuente un avviso per consentirgli in un lasso di tempo di novanta giorni di fornire la prova delle circostanze che escludono il carattere elusivo dell'operazione.

La riforma tributaria degli anni '70 ridusse fortemente l'autonomia impositiva dei comuni ai quali fu attribuito il ruolo di collaboratori degli uffici tributari dello stato nell'accertamento dei redditi delle persone fisiche e nell'accertamento dell'Invim. Per l'Irpef la collaborazione dei comuni si esplica in due modi diversi. La prima forma di collaborazione si concreta nella segnalazione all'agenzia delle entrate da parte del comune di dati, fatti ed elementi idonei ad integrare la dichiarazione dei redditi. Altra forma di collaborazione si ha quando l'ufficio sta per emettere un accertamento. L'ufficio deve trasmettere ai comuni le sue proposte di accertamento mentre il comune può formulare proposte di aumento. Decorso il termine di novanta giorni l'ufficio notifica gli accertamenti per i quali non siano intervenute proposte da parte dei comuni o per i quali accoglie le proposte di aumento. Le proposte di aumento non condivise dall'ufficio devono essere trasmesse alla commissione per l'esame delle proposte del comune la quale determina gli imponibili da accertare. Se la commissione non delibera entro quarantacinque giorni dalla trasmissione della proposta l'ufficio provvede all'accertamento dell'imposta nella misura da esso determinata.

Le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni prevedono lo scambio di informazioni tra le amministrazioni finanziarie degli stati contraenti sia al fine di applicare le disposizioni della convenzione sia per l'applicazione delle imposte di ciascuno stato contraente. In ambito europeo lo scambio di informazioni in origine riguardava solo le imposte dirette ma poi è stato esteso all'iva, accise, ed altre imposte dirette. L'amministrazione finanziaria italiana provvede alla raccolta delle informazioni da trasmettere alle autorità di altri stati applicando le norme per l'accertamento delle imposte sul reddito. Essa può anche autorizzare la presenza nel territorio dello stato di funzionari delle amministrazioni fiscali degli altri stati membri. Se un contribuente deve essere sottoposto ad indagine da parte di più autorità fiscali possono essere effettuati controlli simultanei da parte delle amministrazioni fiscali interessate ciascuna nel proprio territorio, per poi scambiare le informazioni così ottenute.

La verifica fiscale eseguita dalla guardia di finanza come quella dell'agenzia è un'attività di natura amministrativa ma la guardia di finanza è anche organo di polizia giudiziaria per cui se nel corso di una verifica emergono notizie di reato deve darne notizia alla procura della repubblica. Se dunque nel corso di una indagine di tipo amministrativo emerge una fattispecie penalmente rilevante ogni successiva fase del procedimento finalizzata ad assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale. La guardia di finanza operante come polizia giudiziaria può trasmettere agli uffici fiscali documenti, dati e notizie reperiti in sede di indagini preliminari ma occorre un'autorizzazione dell'autorità giudiziaria che può essere concessa anche in deroga all'art. 329 c.p.p. Ciò significa immediata trasferibilità ed utilizzabilità da parte degli uffici dell'agenzia delle entrate degli elementi probatori raccolti in ambito penale ad opera della guardia di finanza. Per consentire all'amministrazione di usare gli elementi raccolti in sede penale il termine entro cui deve essere notificato l'atto impositivo si raddoppia qualora nel periodo di imposta esaminato siano avvenuti fatti che devono essere denunciati all'autorità giudiziaria.

A conclusione della verifica il processo verbale è stramesso all'ufficio dell'agenzia delle entrate, se ritengono di aver rilevato fatti penalmente rilevanti i verificatori inoltrano il verbale alla procura della repubblica. Se nel processo verbale sono rilevate violazioni di norme fiscali al contribuente sono date le seguenti facoltà.

A)   Il contribuente quando conclusa la verifica gli è rilasciato il processo verbale di chiusura delle indagini può presentare entro sessanta giorni osservazioni e richieste agli uffici impositori esponendo le ragioni di fatto o di diritto per cui ritiene che le conclusioni del verbale debbano essere disattese.

B)    In secondo luogo il contribuente può presentare adesione ai verbali di constatazione in materia di imposte dirette e iva, da cui può scaturire un accertamento parziale. L'adesione deve avere per oggetto il contenuto integrale del verbale e deve intervenire nel termine di 30 giorni dalla consegna. La procedura si chiude con l'emissione da parte dell'ufficio di un atto di definizione dell'accertamento parziale che applica le sanzioni nella misura di un ottavo del minimo.

C)    L'ufficio può formulare e notificare al contribuente un invito al contraddittorio o invito a comparire nel quale è indicata la pretesa fiscale. Il contribuente può prestare adesione comunicandolo all'ufficio e versando le somme dovute entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione. Il contribuente che presta adesione all'invito fruisce di un regime agevolato in tema di sanzioni e di pagamento rateale.

Infine il contribuente può presentare istanza di accertamento con adesione chiedendo all'ufficio di formulare una proposta al fine di pervenire ad accertamento concordato. A sua volta l'ufficio può inviare al contribuente un invito a comparire allo scopo di raggiungere un accordo che si traduce nella formazione di un accertamento con adesione. In caso di accertamento con adesione le sanzioni sono ridotte ad un quarto del minimo previsto dalla legge. Se non vi è adesione all'invito o accertamento con adesione l'ufficio può emettere un avviso di accertamento.

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