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Il diritto internazionale nel diritto penitenziario




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Il diritto internazionale nel diritto penitenziario


L'ordinamento giuridico nazionale, rispecchia le tendenze normative espresse in campo internazionale[1]; d'altronde, la stessa riforma del '75 fu espressione, dei principi fondamentali contenuti in alcune importanti risoluzioni dell'ONU e in altri atti delle organizzazioni internazionali. In particolare, si deve far riferimento alla "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo", proclamata dell'Assemblea Generale dell'ONU il 10 dicembre 1948 che, nel condannare il disconoscimento dei diritti dell'uomo, ha vietato la sottoposizione a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti (art. 5), per i soggetti che sono sottoposti a procedimento penale . Si tratta del primo documento in cui si riconoscono dignità e diritti all'uomo, i quali non possono venire meno quando questi delinque e viene sottoposto a pene limitative della libertà personale .

Ancora, nella Risoluzione del 30 agosto del 1955, l'ONU ha dettato le "Regole minime per il trattamento dei detenuti", con la precisa intenzione di non creare un sistema penitenziario modello, bensì piuttosto, di stabilire i principi generali e le regole minime di una buona pratica di trattamento dei detenuti[4]. La prima parte, di queste regole ha quale naturale destinataria l'Amministrazione penitenziaria e contiene indicazioni relative a diversi oggetti: dai registri dei detenuti (art. 7.1), alle misure per mantenere l'ordine e la disciplina (art. 27). In particolare, si vuole porre l'attenzione, sugli artt. 35.1 e 46. Il primo, in tema di informazioni e diritto di reclamo dei detenuti, fa riferimento all'importantissimo momento dell'informazione scritta da dare al detenuto, quando viene inserito in un circuito penitenziario e alla possibilità di formulare reclami, riconosciuta allo stesso, per la tutela dei suoi diritti. L'art. 46, invece, è relativo al personale penitenziario, la cui scelta deve essere operata dall'Amministrazione penitenziaria, tenendo conto dell'integrità, umanità e capacità personale e professionale, dei candidati. La seconda parte di tali regole riguarda le categorie di detenuti inseriti nei diversi tipi di sezione: la sezione A, per i "Detenuti in espiazione di pene o misure", rispetto ai quali, l'art. 65 prevede l'applicazione di un trattamento che consenta loro di ritornare a vivere liberi nel rispetto della legge; la sezione B, per i "Detenuti infermi di mente o mentalmente anormali", rispetto ai quali l'art. 82 prevede il trasferimento presso appositi istituti e la sottoposizione ad osservazione e cura sotto la direzione medica; la sezione C, delle "Persone arrestate o in custodia preventiva", il cui trattamento deve rispettare la presunzione d'innocenza che caratterizza tale categoria; la sezione D, dei "Condannati per debiti e a prigione civile", per i quali, l'art. 94, prevede un trattamento non meno favorevole dei detenuti nella sezione C.

Il Patto internazionale sui diritti civili e politici[5] richiamando quanto era stato precedentemente stabilito in materia, proclama e sancisce i principi fondamentali dei moderni ordinamenti penitenziari, quali l'individualizzazione del trattamento, la finalità rieducativa della pena, il reinserimento sociale .

A livello europeo, gli atti più significativi possono essere considerati: la "Convenzione europea sui diritti dell'uomo"[7], i cui principi riguardanti espressamente la materia penitenziaria sono rappresentati dal divieto di sottoposizione a torture, pene e trattamenti inumani e degradanti (art. 3 titolo 1); dal diritto, per gli arrestati, di conoscere le ragioni dell'arresto e tutte le imputazioni (art. 5 n. 2); il diritto di presentare appello ad un tribunale perché verifichi la legalità della detenzione (art. 5 n. 4).

Le "Regole minime del Consiglio d'Europa per il trattamento dei detenuti"[8] hanno il merito di avere provocato un adeguamento, del diritto penitenziario degli Stati europei, alle direttive sancite in detto documento. In particolare, affiora dal preambolo della risoluzione, l'asserzione secondo la quale risulterebbe opportuno sostituire, per quanto possibile, le pene privative della libertà personale con altre misure efficaci .

La "Raccomandazione sulle regole penitenziarie europee"[10], che stabilisce un insieme di 100 regole - non più definite minime - che rappresentano un vero e proprio schema di <<codice penitenziario>> ; tali disposizioni sono finalizzate ad assicurare al detenuto delle condizioni, di vita carceraria, più umane . In particolare, la raccomandazione fa riferimento all'importanza dell'informazione dei detenuti circa le regole del trattamento, affermando la necessità che quotidianamente essi possano avanzare richieste e sporgere reclami al direttore dell'istituto o al funzionario che ne fa le veci.





<<Si è in presenza di norme ora cogenti ora dichiaratamente emanate per indicare un ideale comune da raggiungere da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, ma certamente fonte di obblighi interni e internazionali di adeguamento del vigente sistema penitenziario cui il legislatore italiano non poteva sottrarsi ulteriormente>>. CORSO, Manuale della esecuzione penitenziaria, Bologna 2000, pag. 18 e 19.

Si vada DALIA - FERRAIOLI, Manuale di diritto processuale penale, Padova, 1999, pag. 7 e ss.

La Dichiarazione, infatti, afferma che occorre salvaguardare la <<dignità dell'uomo in tutte le situazioni>> comprese quindi quelle per le quali, l'uomo vive un'esperienza privativa della libertà personale. In tal senso, BATTIGAGLIA - CIRIGNOTTA, Elementi di diritto penitenziario, Roma, 2001, pag. 16 e ss..

<<E' evidente che non tutte le regole possono essere applicate in ogni luogo e in ogni tempo, data la grande varietà di condizioni giuridiche, sociali, economiche e geografiche esistenti nel mondo. Esse dovranno tuttavia servire. a superare le difficoltà pratiche che si oppongono alla loro applicazione>>. CATALANI, Osservazioni preliminari, in Il codice di diritto penitenziario, Roma, 2000, pag. 530.

Approvato, dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 19 dicembre 1966 e ratificato e reso esecutivo in Italia con la l. 25 ottobre 1977, n. 881.

L'art. 10 comma 3, infatti, recita testualmente <<il regime penitenziario comporta un trattamento dei condannati il cui punto essenziale è il loro emendamento e il loro reinserimento sociale>>.

Siglata a Roma dai paesi membri del Consiglio d'Europa, il 4 novembre 1950 e ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 4 agosto 1955, n. 848. <<La Convenzione europea sui diritti dell'uomo, non prevede espressamente la tutela delle condizioni in stato di detenzione come materia della sua disciplina. La Corte Europea dei diritti dell'uomo. ha interpretato alcune norme. come applicabili a tale materia>>. CANEPA - MERLO, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 2002, pag. 41.

Adottato il 19 gennaio con una risoluzione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa.

In tal senso, BATTIGAGLIA - CIRIGNOTTA, Elementi di diritto penitenziario, Roma, 2001, pag. 20.

Adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 12 febbraio 1987, durante la riunione n. 404 dei delegati dei ministri.

Si veda, BATTAGLIA - CIRIGNOTTA, Elementi di diritto penitenziario, Roma, 2001, pag. 21.

Le Regole penitenziarie riguardano ogni aspetto della vita quotidiana: il vitto e l'alloggio, il tempo libero, le cure mediche ecc.

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