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Il carcere oggi




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IL CARCERE OGGI


L'istituzione penitenziaria odierna è in parte differente da quella descritta da Foucault o Bentham.

Tuttavia, gli istituti  di ritenzione e le stesse prigioni oggi rappresentano il lato più appariscente del controllo sociale. Non dobbiamo dimenticare, però, che nel corso del tempo molti passi in avanti sono stati compiuti.

Nel 1979 Jeremy Bentham pubblicò la sua idea (mai realizzata) di riforma del sistema penitenziario, ideando il cosiddetto Panopticon, o "Casa di Ispezione": si trattava di un luogo il cui scopo non era solo quello di sorvegliare, ma anche di garantire l'asimmetricità della comunicazione. Il Panopticon si distingueva per due caratteristiche: l'isolamento del detenuto, e la possibilità di gestire la prigione come imprese private da appaltatori esterni.

Un'altra proposta arrivò da Orwell poco più tardi: nel suo romanzo 1984, la società  viene governata in base al principio del Socing (ovvero del Socialismo Inglese). L'occhio della telecamera spiava ogni singolo gesto, e ascoltava ogni respiro del detenuto.

Entrambi questi metodi, però, vengono ritenuti in contrasto con il principio ispiratore della riforma: l'art. 27 della Costituzione della Repubblica Italiana.

In contrapposizione a tutto ciò, dopo un'adeguata sperimentazione, è stato introdotto il concetto di sorveglianza elettronica come misura alternativa alla detenzione: si tratta di un metodo di sorveglianza basato sull'utilizzo di un braccialetto (da mettere al polso o alla caviglia del detenuto) che invia segnali, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, ad una sala di controllo. Ad ogni movimento irregolare, o al tentativo di danneggiare lo strumento, l'apparecchio allerta immediatamente le autorità. Gli obiettivi della sorveglianza elettronica sono: rafforzare la prevenzione della recidiva, favorire la lotta contro la sovrappopolazione carceraria, e ridurre i costi del sistema penitenziario.

Tuttavia, gli oppositori di questo sistema hanno fin dall'inizio sostenuto che in questo modo non si riduce lo stigma dovuto alla carcerazione, né si alleviano i problemi politici e sociali dei sistemi giudiziari, ma si crea una società basata su una sorveglianza definita "asfissiante".

Questa misura alternativa alla detenzione viene già applicata in alcuni paesi, quali il Canada, e dal 1983  negli Stati Uniti (dove, dal 1990, 100.000 delinquenti al giorno sono controllati attraverso il braccialetto elettronico).

Per quanto riguarda i paesi europei, la Gran Bretagna ha iniziato la sua applicazione nel 1995; in Svezia è stata sperimentata dal 1 agosto 1995 al 31 luglio 1996; anche in Olanda la sperimentazione è durata due anni, mentre in Francia l'Assemblea Nazionale, il 25 marzo 1997, ha approvato una legge che definisce la sorveglianza elettronica come una delle modalità di esecuzione delle pene restrittive della libertà.

In Italia, il concetto è stato introdotto con il DL n. 34/2000[1]; la discussione sul tema, però, ha avuto inizio dal luglio 2000 in sede di approvazione del "Piano di Azione per la giustizia".

Il legislatore, attraverso l'istituzione del braccialetto elettronico nel nostro paese, ha voluto introdurre una nuova forma di controllo sui detenuti[2]. Questo strumento è di fatto subordinato al consenso dell'interessato, anche se è facile dubitare di un eventuale suo dissenso (ciò ricondurrebbe il soggetto nuovamente in carcere).

All'interno delle disposizioni, però, non è stata specificata la durata del controllo: una volta che il braccialetto viene applicato al soggetto, sarà l'Istituzione a giudicare se è psicologicamente sostenibile una sua protrazione per lungo tempo.

Anche nel nostro paese non sono mancate  le perplessità circa l'utilizzo di questo metodo: attraverso il braccialetto elettronico si pensava diventasse difficile riuscire a coniugare la continuità del controllo e l'assenza di una pregnante invasività della sfera personale.

In effetti, in Italia, questa sperimentazione è durata due anni, e non ha avuto gli effetti desiderati: nelle cinque città in cui era in vigore, il sistema è stato utilizzato da non più di cento detenuti. Solo nel milanese il braccialetto elettronico è stato usufruito da dieci detenuti, e ad uno di loro è stato revocato per il tentativo di evasione fallito: negli altri Stati, come ad esempio la Gran Bretagna, lo stesso sistema viene applicato a 6.500 soggetti.


1. La rappresentazione sociale del carcere


La parola "carcere" deriva dal latino "carcer" che, evocativamente, fa riferimento al termine "cancer", ovvero cancro. Non risulta difficile, quindi, associare la parola cancro alla parola morte: il carcere, infatti, contribuisce alla morte psichica e civile della persona, punendo la violenza causata da quest'ultima con altra violenza.

Attualmente il carcere assolve una duplice funzione: la prima, ideologica, ha il compito di riabilitare il detenuto; la seconda, invece, etichetta il carcere come luogo di emarginazione e di segregazione (in quanto viene visto come ambiente isolato dal contesto sociale). L'ingresso in un istituto penitenziario comporta, di fatto, un marchio sociale dispregiativo.

La società domanda al carcere funzioni che, simbolicamente e realmente, creino l'immagine di un'istituzione vicina all'ideale di protezione della vita sociale richiesta; lo Stato, che incarna il bene comune, si propone di rispondere a questa richiesta, trovandosi al centro della vita del cittadino. Il nemico da cui difendere il popolo, invece, è il delinquente in quanto offende la dignità dello Stato e quindi della società: la pena da infliggere ai trasgressori, quindi, deve avere una funzione affittiva- punitiva e deve essere esemplare per tutti coloro che ledono al dignità del paese.

Il carcere incarna questo ideale: inflessibile e distruttivo nei confronti dei trasgressori, e flessibile e attenuato per gli altri.

Mathiesen, a questo proposito, evidenzia le funzioni che l'istituzione penitenziaria dovrebbe assolvere:

Funzione depurativa. Mathiesen spiega che la società è divisa in due fazioni: i gruppi "produttivi" (ovvero i lavoratori che svolgono quotidianamente il proprio compito), e quelli "improduttivi" (ladri, spacciatori,.). La società deve quindi liberarsi di questi trasgressori, e l'unico modo per farlo è chiuderli in un istituto. In questo modo, le mura (reali e simboliche) che separano l'interno dall'esterno, segnano un netto confine tra la società produttiva e quella parte che non lo è. All'interno di questa funzione, chi governa l'ordinamento carcerario rappresenta un funzionario del sistema di depurazione.

Questa funzione, però non è completa: oltre a isolarli, è necessario non sentir più parlare dei detenuti. Nasce, quindi, la funzione di riduzione all'impotenza. A questo proposito, il sistema degli istituti possiede numerosi modi per assolvere questo compito: molti di questi si basano sull'impotenza prodotta dalla detenzione. Isolati dal mondo, i detenuti in carcere sono resi impotenti di fronte al personale: la protesta viene, quindi, soffocata con facilità e le obiezioni tacitate.

Funzione diversiva: si basa sull'idea che la pena sia usata principalmente contro gli autori di piccoli reati. Questo perché la legislazione sembra prevedere pene per questo tipo di azioni al solo scopo di distogliere l'attenzione da quelle che possono sembrare molto più pericolose e commesse da coloro che dispongono del potere.

Funzione simbolica. Il carcere determina un atteggiamento di ostilità e diffidenza nei confronti dei criminali. Chi va in carcere viene etichettato come "nero"; in questo modo, la società può considerarsi più giusta e migliore delle persone che sono rinchiuse negli istituti. In realtà, la società preferisce mantenere un gruppo di detenuti al fine di far risaltare la propria perfezione.

Nel caso in cui la comunicazione riesca a svelare che il carcere non soddisfa le funzioni attribuitegli dalle teorie in sua difesa, viene messa a nudo anche la funzione di depurazione (ben poco accettabile nel quadro culturale della nostra società). In questo modo si colpiscono alcune delle ragioni per cui il carcere persiste.

Tuttavia, la comunicazione può diventare una minaccia contro alcuni fondamenti del carcere: essa mostra il punto di partenza per svelare chi è che sta veramente in carcere. Inoltre, attraverso la comunicazione si può distruggere quella linea di demarcazione tra i "neri" (i trasgressori) e i "bianchi" (il resto della società) in due modi: mettendo a nudo il detenuto, e permettendo a quest'ultimo di iniziare ad organizzarsi per difendere i propri interessi. In questo modo, egli segnala di non essere diverso dagli altri.

Funzione di provvedere all'azione. La carcerazione è il tipo di sanzione più visibile all'interno della nostra società, proprio come lo erano le punizioni corporali nei tempi più lontani. Tra i due tipi di sanzioni, però, esiste una certa continuità e una sorta di mutamento: essi sono simili perché dimostrano che nel corso del tempo qualcosa è stato fatto contro i trasgressori della legge, anche se la sanzione più antica era visibile sul corpo del condannato, mentre quella più recente è visibile nelle condizioni materiali stabilite per un certo numero di persone.

Il mutamento di cui si stava parlando, invece, risiede nel cambiamento sociale: la società moderna richiede soluzioni collettive (costruendo carceri, approvando leggi sempre più severe,.). In questo modo, gli attori della politica sociale trovano il sistema di mostrare pubblicamente che agiscono sul crimine[3].



2. Organizzazione degli istituti


In base all'ordinamento penitenziario istituito con la legge 26 luglio 1975, n. 354, (e successive modificazioni), l'organizzazione degli Istituti di prevenzione e pena per adulti si dividono in: Istituti di custodia cautelare, Istituti per l'esecuzione delle pene, ed Istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza.

Gli Istituti di custodia cautelare si dividono, a loro volta, in:

Case Circondariali: istituite in ogni capoluogo di circondario;

Case mandamentali: istituite nei capoluoghi di mandamento.

Gli Istituti per l'esecuzione delle pene si dividono in:

Case di arresto: per l'esecuzione della pena di arresto;

Case di reclusione: per l'esecuzione della pena di reclusione.

Gli Istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza costituiscono i mezzi di prevenzione individuale della delinquenza, secondo la disciplina dettata dal Codice Penale.

Gli Istituti sono ordinati in base alle categorie di persone socialmente pericolose nei confronti delle quali possono essere applicate le misure di sicurezza: tra queste si ricordano le Colonie agricole e case di lavoro, gli ospedali psichiatrici giudiziari e le Case di cura e di custodia.

Inoltre, all'interno degli istituti sono impiegati più di 41.000 agenti di polizia penitenziaria, e circa 6000 unità del personale amministrativo e tecnico[4].

Qui di seguito si riporta la tabella raffigurante i dati (aggiornati al 31 gennaio 2003) relativi al numero di Istituti presenti in tutta Italia.


REGIONE

NUMERO


ISTITUTI





ABRUZZO


BASILICATA


CALABRIA


CAMPANIA


EMILIA ROMAGNA


FRIULI V.Giulia


LAZIO


LIGURIA


LOMBARDIA


MARCHE


MOLISE


PIEMONTE


PUGLIA


SARDEGNA


SICILIA


TOSCANA


TRENTINO


UMBRIA


VAL D'AOSTA


VENETO


Totale


Tabella 1- Fonte: dati Istat

Dalla tabella 1 si evince che la Sicilia è la regione con il maggiore numero di istituti (26), seguita dalla Toscana (19), e dalla Lombardia (18).

Tuttavia, evidenziamo anche che proprio quest'ultima ospita il maggior numero di detenuti (8223), contro i 6025 della capolista e i 4149 della Toscana.

Questi dati, in dettaglio li possiamo leggere nella tabella 4 .


2.1 La divisione degli Istituti in aree


La complessità della funzione penitenziaria ha comportato una moderna suddivisione delle carceri.

In base alla circolare del febbraio 1992, gli Istituti vennero suddivisi per Aree: l'area educativa o del trattamento, l'area sanitaria e l'area della sicurezza e dell'ordine. A queste si aggiungono l'area amministrativo contabile e l'area di segreteria.


2.1.1. L'area della sicurezza

L'esigenza di mantenere l'ordine, la sicurezza e la disciplina all'interno degli istituti ha sempre avuto un ruolo di grande importanza.

Nel corso degli anni, però, questo compito ha perso quella connotazione definibile di "regime", per rivestire un ruolo che cercasse di favorire l'obiettivo della pena: per questo motivo, tutta l'area partecipa alle attività di osservazione e trattamento rieducativi dei detenuti ed internati.

L'area in questione comprende il Corpo di Polizia Penitenziaria. Tale Corpo è suddiviso per "gradi", raggruppati in tre ruoli: il ruolo degli agenti e degli assistenti, il ruolo dei sovrintendenti e quello degli ispettori. A capo dell' area vi è il "Comandante di Reparto".


2.1.2. L'area sanitaria

La tutela della salute delle persone costrette alla detenzione sono un obbligo dell'Amministrazione Penitenziaria. A questo proposito, l'art. 11 dell'Ordinamento Penitenziario[5] prevede che ogni istituto risponda alle esigenze di cura dei detenuti. Il servizio si avvale anche di specialisti nelle diverse branche e dell'opera di almeno uno specialista in psichiatria.

Negli istituti di dimensione ridotta, invece, il servizio si avvale della presenza di un medico incaricato, e di un supporto del servizio medico del territorio.

La responsabilità dell'area è affidata ad un dirigente sanitario o, in assenza di questo, ad un medico incaricato.

I compiti istituzionali del medico penitenziario riguardano: la garanzia dell'igiene, il controllo dell'alimentazione, l'organizzazione del servizio farmaceutico e dell'infermeria, e la redazione di certificati e di altro.





2.1.3. L'area educativa

Le competenze di questa area riguardano la cura delle:

Attività di istruzione scolastica, lavorative, culturali, ricreative, sportive e miranti al trattamento rieducativo del detenuto;

Segreteria tecnica del gruppo di osservazione e trattamento.

La funzione principale viene svolta dall' educatore: a questa figura è affidata la segreteria tecnica del gruppo di osservazione e trattamento, e vari compiti relativi al trattamento e alla rieducazione del condannato.

La responsabilità dell'area è affidata ad una appartenente alla figura professionale dell'educatore, che riveste il ruolo di "Direttore coordinatore di area pedagogica", di "Direttore di area pedagogica" o di "Educatore coordinatore".

All'interno di questa area troviamo altre figure, quali i volontari e gli operatori, che svolgono importanti funzioni all'interno degli istituti.



3. I problemi delle carceri italiane


Le carceri italiane, per la maggior parte dei casi, sono state dichiarate in pessimo stato. I principali problemi che si riscontrano sono: umidità, scollamento dei pannelli usurati, e guasti agli impianti idraulici.

Inoltre, gli istituti situati in strutture antiche ed obsolete (quali conventi, fortezze, castelli,.) sono in dismissione, anche se nel frattempo proseguono le eventuali attività di ristrutturazione.

Gli stati di degrado constatati nei vari istituti sono diversi, anche se i principali rimangono il problema del sovraffollamento (ad esempio a San Vittore la situazione continua a non cambiare: circa 2000 detenuti per un istituto di 800 posti), e della vetustà delle strutture.

Con il decreto del 30 gennaio 2001, l'allora ministro Fassino dispose la dismissione di 21 carceri, incaricando il direttore del Dipartimento di amministrazione penitenziaria (DAP) di promuovere i rapporti con le regioni, o gli enti interessati, al fine di reperire le aree da destinare alla costruzione di nuovi istituti in sostituzione di quelli dimessi.

La tabella 2 propone l'elenco completo degli istituti di cui si riteneva la necessità di dismissione ai sensi del DM 30 gennaio 2001.

Per risolvere il problema si era pensato di costruire nuove carceri: la proposta, però, era stata bocciata immediatamente. Gli Stati europei, infatti, avevano sperimentato che la popolazione detenuta aumentava con la crescita della capienza penitenziaria. Gli Stati che riuscivano a contenere il sovraffollamento, di contro, erano quelli che avevano dato l'impulso alle politiche che riuscivano a limitare drasticamente il ricorso alla detenzione.

Proprio sulla questione del sovraffollamento e della costruzione di nuove carceri si è espresso il Comitato europeo per la Prevenzione della tortura e dei trattamenti crudeli (CPT): questo organo ha potuto constatare negli anni un aumento del tasso di incarcerazione e un sovraffollamento sempre più grave.

Tabella 2- Fonte: Ministero della Giustizia

N.

REGIONE

LOCALITA'





Piemonte

Pinerolo


Lombardia

Varese


Trentino

Trento


Alto Adige

Bolzano


Friuli

S.Vito Tagliamento (PN)


Liguria

Savona


Veneto

Rovigo


Emilia Romagna

Forlì


Marche

Camerino (MC)


Abruzzo

Avezzano (AQ)


Lazio e Campania

Rieti



Paliano (FR)



Sala Consilina (SA


Sicilia

Modica (RG)



Sciacca (AG)



Marsala (TP)


Sardegna

Lanusei (NU)



Oristano



Sassari



Tempio Pausania



Cagliari


Il fatto che uno Stato incarcera un così elevato numero di cittadini non può giustificarsi in maniera convincente come una conseguenza di un alto tasso di criminalità. Esiste, di fatto, una responsabilità delle autorità legislative e giudiziarie. Pertanto, investire ingenti somme di danaro nella costruzione di nuovi istituti penitenziari non costituisce una soluzione. Bisogna piuttosto rivedere le legislazioni e le normative in vigore in materia penale, così come ventaglio delle sanzioni non privative della libertà disponibili.

Questo approccio è stato individuato dalla Raccomandazione n. R (99) 22 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa sul sovraffollamento delle prigioni e l'inflazione carceraria.


Alcune statistiche per comprendere il problema


Nella sola Lombardia troviamo diverse Case Circondariali (presenti a Bergamo, Brescia, Busto Arsizio, Como, Cremona, Lodi, Mantova, Milano Bollate, Milano San Vittore, Monza, Pavia, Sondrio, Varese, Vigevano, e Voghera), e tre Case di reclusione (a Brescia Verziano, Milano Opera e Bollate).

Sono riportati qui di seguito, in dettaglio, il numero di istituti presenti nella sola regione Lombardia, la relativa capienza (regolamentare e tollerabile) e il numero dei detenuti presenti.

Analizzando solo la situazione di Milano (prendendo come riferimento la Casa Circondariale di San Vittore e quella di reclusione di Opera), è possibile notare che la capienza massima che i due istituti dovrebbero rispettare è nettamente inferiore alla realtà: solo nella Casa di reclusione di Opera la capienza regolamentare dell'istituto è di 1.015 presenze, anche se in realtà ne ospita ben 1.410. La stessa situazione si può notare in modo più evidente anche a San Vittore: in teoria l'istituto dovrebbe ospitare 930 presenze, ma ad oggi si contano circa 1477 detenuti.

La situazione è simile in tutta Italia, come mostra la tabella  In Campania, per esempio, la capienza regolamentare massima si aggira intorno alle 4900 unità, mentre la soglia di tollerabilità raggiunge i 6495 detenuti: in realtà, la regione ospita un numero di soggetti superiore di gran lunga sia alla soglia regolamentare che a quella tollerabile (6952 detenuti).

La stessa cosa succede anche in Veneto: la capienza regolamentare prevista è di 1427 persone, quella tollerabile arriva a superare le 2000 unità. Purtroppo, i diversi istituti ospitano un numero superiore alle soglie imposte: ben 2503 detenuti.

Il totale dei detenuti presenti in Italia mostra simbolicamente la situazione carceraria italiana odierna: gli istituti del nostro paese sono stati costruiti al fine di accogliere al massimo 41324 persone, e in realtà ospitano ben 56250 soggetti. Un numero, questo, destinato purtroppo a crescere (come analizzeremo più avanti). Tabella 3- Fonte: dati ISTAT














CAPIENZA

DETENUTI

 



Regolamentare

Tollerabile

PRESENTI

 

ISTITUTO

Tipo










 



D

U

Tot

D

U

Tot

D

U

Tot

 

BERGAMO

C.C.










 

BRESCIA CAN. MONBELLO

C.C.










 

BRESCIA VERZIANO

C.R.










 

BUSTO ARSIZIO

C.C.










 

CASTIGLIONE D. STIVIERE

OPG










 

COMO

C.C.










 

CREMONA

C.C.










 

LODI

C.C.










 

MANTOVA

C.C.










 

MILANO OPERA

C.R.










 

MILANO BOLLATE

C.R.










 

MILANO SAN VITTORE

C.C.










 

MONZA

C.C.










 

PAVIA

C.C.










 

SONDRIO

C.C.










 

VARESE

C.C.










 

VIGEVANO

C.C.










 

VOGHERA

C.C.










 

Totale regione











 

Attraverso l'ausilio delle tabelle 5 e 6, invece, è possibile notare come la popolazione femminile (e quella totale) all'interno del carcere sia quasi raddoppiata dall'introduzione della riforma penitenziaria (1976) al 2003.

REGIONE

CAPIENZA


DETENUTI PRESENTI


Regolamentare           

Tollerabile



F       M TOT

F         M TOT

F M TOT

ABRUZZO

37 1362 1399

2000 2062

46 1510 1556

BASILICATA

23 416 439

582 614

18 501 519

CALABRIA

66 1927 1993

2797 2868

18 1922 1940

CAMPANIA

4694 4904

6184 6495

248 6704 6952

EMILIA R.

2246 2365

3762 3976

135 3360 3515

FRIULI V. G.

10 436 446

677 689

28 644 672

LAZIO

4304 4660

5993 6431

356 5138 5494

LIGURIA

52 1047 1099

1422 1523

89 1517 1606

LOMBARDIA

5134 5649

7731 8448

614 7620 8234

MARCHE

29 696 725

983 1032

19 839 858

MOLISE

10 256 266

422 434

6 344 350

PIEMONTE

3206 3360

4985 5196

167 4463 4630

PUGLIA

2207 2396

3339 3638

139 3545 3684

SARDEGNA

62 1556 1618

95 2107 2202

50 1728 1778

SICILIA

4051 4199

6246 6447

144 5881 6025

TOSCANA

2785 2941

3757 3982

193 3956 4149

TRENTINO

19 253 272

322 343

14 370 384

UMBRIA

81 923 1004

1123 1219

57 1090 1147

Val D'AOSTA

0 163 163

286 286

0 254 254

VENETO

1216 1427

214 1937 2151

168 2335 2503

Totale


56655 60036

53741 56250


Tabella 4- Fonte: Dati ISTAT


E' possibile notare, poi, che dal 1991 si hanno (anche se in modo discontinuo) i tassi più elevati di criminalità: nel giro di un anno i detenuti presenti in Italia sono passati da 35.485 a 47.588, arrivando a toccare quota 50.000 nel 1993. Dopo un rapido declino (il numero di detenuti in Italia era sceso a 21.000 nel 1994), il paese ha assistito a un nuovo incremento nel 1995, fino a raggiungere la quota di 50.000 detenuti nel 1997.

Purtroppo, la situazione è costantemente peggiorata, fino ad arrivare al 2003: il Ministero della Giustizia, infatti, ha rilevato ben 56.000 detenuti nel nostro paese (vedi tabella 6). Ciò mostra come questo problema sia esploso rapidamente e costantemente.

Tabella 5- Fonte: Dati Istat

ANNI

TOT. UOMINI

DONNE


E DONNE


 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 

Tipo Istituto

UOMINI

DONNE

TOTALE





CASE DI RECLUSIONE



Condannati




Imputati




Totale








CASE CIRCONDARIALI


Condannati




Imputati




Totale








ISTITUTI PER LE MISURE DI SICUREZZA

Condannati




Imputati




Totale




Totale gen.






Tabella 6- Fonte: Ministero della Giustizia



1. Uno sguardo alla situazione di questi ultimi anni


Secondo l'ultima conferenza sulla criminalità tenutasi a Roma, un dato su tutti emerge chiaramente: i reati, in questi ultimi anni, sono in aumento (vedasi Tabella 6

La conferenza Internazionale  'Surveying Crime: A Global Perspective' ha riunito, nella sede dell'ISTAT a Roma, più di cento partecipanti tra ricercatori, statistici e funzionari ministeriali (rappresentanti quaranta paesi e organismi internazionali) interessati a capire, ed attenuare, questo fenomeno.

Tuttavia, le statistiche presentate durante la conferenza rispecchiavano solo una parte dei reati: essi rappresentavano, infatti, solo quelli denunciati o scoperti dalle forze dell'ordine.

Secondo l'elaborazione dell'ISTAT, nel biennio 2001-2003 i reati sono aumentati in modo considerevole: i crimini contro il patrimonio (furti, rapine,.), per esempio, sono passati da 42.000 a 53.000 in poco tempo.

Anche quelli contro l'amministrazione della giustizia sono incrementati notevolmente: dai 3.700 del 2001 si è giunti ai 5700 dello scorso anno. In compenso, altri sono diminuiti, quali la prostituzione (da 2100 a 369 casi), o i reati di droga (da 35.000 a 21.850). 

La tabella 7 mostra i reati commessi tra il 2001 ( e relative percentuali) e il 2003: lo schema è diviso in base ai reati e mostra l'incremento in quasi tutte le categorie.


Tipologia dei reati

Valori


Valori



Assoluti 2001

al 2001

Assoluti 2003

Al 2003

ASSOCIAZ. DI STAMPO MAFIOSO (art. 416bis c.p.)





LEGGE DROGA





LEGGE ARMI





ORDINE PUBBLICO





CONTRO IL PATRIMONIO (furto, rapina, truffa.)





PROSTITUZIONE





CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE





INCOLUMITA' PUBBLICA (strage, epidemia, incendio,)





FEDE PUBBLICA (spendita monete false,)





MORALITA ' PUBBLICA (atti osceni, offesa al pudore,.)





CONTRO LA FAMIGLIA





CONTRO LA PERSONA (omicidio, violenza sessuale,.)





CONTRO LA PERSONALITA' DELLO STATO (vilipendio,)





CONTRO AMM.NE DELLA GIUSTIZIA (falsa testimonianza,.)





ECONOMIA PUBBLICA





LIBRO TERZO DELLE CONTRAVVENZIONI (porto abusivo d'armi,.)





LEGGE STRANIERI





CONTRO IL SENTIM. RELIGIOSO E LA PIETA' DEI DEF.





ALTRI REATI





TOTALE






Tabella 7- Fonte: Dati Istat




Venne convertito con la legge n. 4/2001. La legge ha in seguito modificato l'ordinamento penitenziario introducendo il comma I bis all'art. 275, l'art. 275 bis, il comma  I ter all'articolo 276 e il comma I bis all'art. 28

Questo metodo, però, è applicabile solo ai soggetti ammessi alle misure alternative alla detenzione e agli arresti domiciliari


Cfr MATHIESEN T., Perché il carcere, 1996, p. 180 e s.


Cfr. PAVARINI, Il Carcere, in La criminalità in Italia, 2002, p. 225 e s.

Il primo comma dell'art. 11 recita: "Ogni istituto penitenziario è dotato di servizio medico e di servizio farmaceutico rispondenti alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati; dispone inoltre, dell'opera di almeno uno specialista in psichiatria". Per analizzare il testo completo del suddetto articoli vedere gli "ALLEGATI".

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