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Elementi di Geodesia




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Elementi di Geodesia La Geodesia è la disciplina che studia la forma e le
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Elementi di Geodesia


La Geodesia è la disciplina che studia la forma e le dimensioni della Terra.

Possiamo far risalire a Pitagora (570-490 ca a.C.) l'idea della sfericità della terra, come conseguenza di speculazioni teoriche sulla perfezione della forma sferica (sembra comunque che gli Egizi ne fossero a conoscenza parecchi secoli prima). Successivamente, da Eudosso di Cnido (408-355 ca a.C.) fino ad Aristotele (384-322 a.C.), si accumularono numerose evidenze tese a confermare sperimentalmente tale ipotesi. Famose, e ancor oggi citate, sono:

una nave in avvicinamento compare all'orizzonte mostrandoci prima l'albero e poi lo scafo

l'altezza della stella polare sull'orizzonte aumenta mentre ci dirigiamo verso nord

la porzione di orizzonte visibile aumenta con l'altezza dell'osservatore (quota)

l'ombra proiettata dalla terra sulla luna durante un'eclissi è sempre una circonferenza (se la terra fosse un disco, nei casi in cui fosse disposta obliquamente rispetto ai raggi solari la sua ombra sarebbe un'ellisse).


Le dimensioni della Terra: misura di un arco di meridiano

Per i greci la sfericità della terra divenne un fatto talmente scontato che giunsero addirittura a stimarne la circonferenza. La prima stima delle dimensioni terrestri viene infatti fatta risalire ad Eratostene (Cirene 273 - Alessandria 192 a.C.), il quale determinò la lunghezza della circonferenza terrestre misurando l'ampiezza dell'arco di meridiano che univa Alessandria ad Assuan (l'antica Siene). Eratostene aveva notato che durante il solstizio d'estate a mezzogiorno i raggi solari risultavano perpendicolari a Siene, mentre ad Alessandria producevano ombra. L'inclinazione dei raggi solari rispetto alla verticale di Alessandria fu misurata da Eratostene in 1/50 di angolo giro.

Poichè tale angolo è evidentemente uguale all'angolo al centro che sottende l'arco di meridiano che unisce Alessandria a Siene e la distanza tra le due città era allora stimata in 5.000 stadi egiziani (il valore forse non era estremamente accurato poiché era fornito dai bematisti, corrieri che venivano pagati a passo (bema = 0,74m)), una semplice proporzione permette di calcolare la lunghezza dell'intera circonferenza, pari a 50 volte 5.000 stadi (250.000 stadi, valore sorprendentemente vicino alle stime attuali    - 1 stadio alessandrino = 184,8 m). Il metodo di Eratostene è fondamentalmente usato ancora oggi. Esso pone però dei problemi per quel che riguarda l'accuratezza e l'attendibilità nella misura delle lunghezze (gli angoli si misurano con estrema precisione). Si pensi ad esempio che nel 1527 J. Fernel, medico di corte del re di Francia, valutò la distanza tra Parigi ed Amiens contando il numero di giri effettuati dalle ruote della sua carrozza, ottenendo una misura del grado di meridiano di 111 km. La misura delle lunghezze giunse ad una precisione accettabile con l'introduzione del metodo della triangolazione. Nel 1617 l'olandese Willebrord Snell (Snellius, ) pubblicò i risultati del primo rilevamento geodetico (1615) eseguito con tale metodo (proposto verso la fine del '500 da Brahe), in cui ottenne come lunghezza del grado di meridiano 55.100 tese (circa 107,4 km).

Il metodo si basa sulla individuazione sulla superficie terrestre di una catena di triangoli aventi vertici e lati in comune, costruiti in modo da raccordare gli estremi A e G dell'arco di meridiano. Si esegue con grande precisione la misura di un solo lato (base geodetica) di cui si determina anche l'orientamento rispetto al meridiano, mentre tutti gli altri lati si ricavano dalle misure degli angoli (molto più semplici e precise da effettuare rispetto alle misure di distanza), utilizzando le usuali regole della trigonometria. La misura dell'arco AG si ottiene come somma delle proiezioni dei lati dei triangoli sul meridiano stesso.


La forma: schiacciamento polare

Fino alla metà del Seicento si riteneva che la terra fosse perfettamente sferica. Ciò comportava che la misura di un arco di meridiano di 1° poteva essere effettuata a qualsiasi latitudine, fornendo sempre il medesimo risultato. I primi dubbi sul fatto che la terra fosse una sfera perfetta sorsero in seguito ai risultato conseguiti nel 1671 dall'astronomo francese J. Richer. Nell'ambito delle attività promosse dalla Académie des Sciences di Parigi, Richer si era trasferito nell'isola di Cayenne nella Guyana francese, per osservare in contemporanea con Gian Domenico Cassini (Cassini I), rimasto a Parigi, un'opposizione di Marte. Lo scopo della duplice osservazione era di determinare (essendo nota la distanza tra i due punti di osservazione) la parallasse del pianeta e quindi il valore dell'Unità Astronomica (sapendo che Marte dista dal Sole 1,52 UA quando è in opposizione dista dalla terra 1,52 - 1 = 0,52 UA). Ma Richer scoprì che in Guyana, a 5° di latitudine nord, il pendolo che si era portato da Parigi per la misura del tempo ritardava di circa 2,5 minuti al giorno. Richer spiegò il fenomeno ipotizzando che la terra non fosse perfettamente sferica, ma rigonfia nelle zone equatoriali. Venuto a conoscenza del fenomeno, Newton, che in quel periodo lavorava alla sua teoria della gravitazione, intuì che l'effetto sul pendolo poteva essere spiegato con una diminuzione locale del valore dell'accelerazione di gravità g. Il periodo di oscillazione di un pendolo di lunghezza l è infatti pari a

In effetti la diminuzione che il valore di g manifesta mentre ci si avvicina all'equatore è dovuta a due componenti:

a) aumento della forza centrifuga, legato all'aumento della distanza D dall'asse di rotazione

b) diminuzione della forza gravitazionale, legata alla maggior distanza R dal centro della terra

L'accelerazione di gravità g è infatti il risultato della composizione di due vettori: l'accelerazione centrifuga (ac D) e l'accelerazione dovuta alla sola forza di attrazione gravitazionale o newtoniana (aN = ). Se ipotizziamo che la terra si possa comportare almeno parzialmente come un fluido, la forza centrifuga, il cui valore cresce costantemente dai poli (dove è nulla, D = 0) all'equatore (dove assume il valore massimo (D = R), deve averla deformata, provocando un rigonfiamento all'equatore ed una depressione ai poli. Il raggio terrestre non deve quindi essere costante alle varie latitudini e con esso anche l'arco di meridiano di 1°. In base a considerazioni teoriche Newton era dunque convinto dello schiacciamento polare della terra, mentre in Francia Cassini sosteneva che la terra fosse protuberante ai poli. Ora, poiché si può dimostrare che se la terra è rigonfia all'equatore un grado di meridiano assume il suo valore massimo nelle zone polari, per diminuire man mano che ci spostiamo verso le basse latitudini, la questione poteva essere risolta misurando e confrontando archi di meridiano di egual ampiezza misurati a diverse latitudini.

Per poter ottenere dati conclusivi l'Accademia delle Scienze inviò due spedizioni a misurare un grado di meridiano al polo e all'equatore, dove le eventuali differenze sarebbero state sicuramente evidenti. Il risultato confermò l'ipotesi di Newton e verso la seconda metà del '700 venne definitivamente accettata l'idea dello schiacciamento polare della terra.

Uno dei compiti fondamentali della geodesia è dunque descrivere la forma di tale sfera deformata.

Se ipotizziamo che la terra si comporti come una sfera fluida in equilibrio sotto l'azione delle forze ad essa applicate (gravitazionali e centrifughe), la sua superficie dovrebbe disporsi sempre perpendicolarmente alla risultante di tali forze (gravità), in modo tale che non si produca nessun lavoro netto che possa ulteriormente modificarne la forma (un movimento perpendicolare alla forza non compie infatti lavoro). Tale superficie teorica può essere calcolata e prende il nome di sferoide.


L'ellissoide

Per ragioni di praticità lo sferoide viene sostituito con un ellissoide di rotazione che ha gli stessi semiassi (a e b) dello sferoide. Si trova infatti che l'ellissoide coincide con lo sferoide, con differenze nel raggio che non superano i 14 metri). Poichè dunque per i calcoli l'ellissoide risulta più semplice, si è convenuto di assumere quest'ultimo come superficie teorica di riferimento per rappresentare la forma della terra. L'equazione che lega il raggio dell'ellissoide alla latitudine geocentrica  è

Dove b è il semiasse minore, mentre il rapporto tra le dimensioni reciproche dei due semiassi è espresso da un parametro detto eccentricità e, per il quale vale la relazione

         oppure

dove c è la distanza tra il fuoco ed il centro (rmax - rmin = 2c)

Il rapporto tra le dimensioni reciproche dei due semiassi può essere espresso anche attraverso lo schiacciamento polare a (o ellitticità o ellissoidicità), per il quale vale la relazione

E' semplice verificare come tra schiacciamento polare ed eccentricità sussista la seguente relazione

e


Coordinate geocentriche e geografiche

La relazione che descrive l'ellissoide non può essere utilizzata direttamente per calcolare la distanza di un punto P dal centro della terra o la lunghezza di un arco di meridiano, in quanto noi non misuriamo la latitudine geocentrica (c), ma la latitudine geografica o geodetica (g), cioè l'angolo che la verticale del luogo (direzione del filo a piombo) forma con il piano equatoriale. Possiamo comunque calcolare quale sarebbe la direzione della verticale teorica sull'ellissoide di riferimento (conoscendo l'equazione di una curva è possibile determinare l'equazione della retta tangente in un punto e di conseguenza l'equazione della retta ad essa perpendicolare). Nota la direzione della verticale teorica è possibile determinare la relazione tra latitudine geocentrica e latitudine geografica ellissoidica. Si può dimostrare che tra latitudine geocentrica e geografica esiste la seguente relazione

 

Si noti comunque che la verticale ellissoidica è solo teorica in quanto non coincide necessariamente con la verticale vera (filo a piombo). Ciò è dovuto all'esistenza di disturbi gravitazionali locali (anomalie gravimetriche), legati alla non omogenea distribuzione delle masse terrestri, che producono deviazioni sul filo a piombo.

Trovata l'equazione che descrive l'ellissoide in funzione della latitudine geografica è possibile utilizzarla per fissare in modo univoco le dimensioni dell'ellissoide di riferimento. Per far ciò è necessario determinare il valore di almeno due parametri. In genere viene determinato il valore del semiasse maggiore (a) e dello schiacciamento polare (

La determinazione di tali parametri può essere fatta confrontando misure di lunghezza di archi di meridiano fatte a latitudini geografiche diverse.

In effetti per ottenere risultati attendibili è necessario effettuare molte misurazioni. Ciò è dovuto al fatto che nelle relazioni utilizzate per i calcoli compaiono, come si è detto, le latitudini geografiche ellissoidiche (riferite alla verticale teorica sull'ellissoide), mentre noi misuriamo le latitudini geografiche astronomiche (l'altezza delle stelle sull'orizzonte riferita alla verticale vera). Poichè d'altra parte le deviazioni del filo a piombo rispetto alla verticale teorica ellissoidica si distribuiscono casualmente sia in eccesso che in difetto, in un numero elevato di misurazioni le deviazioni assumono carattere di errore accidentale, eliminabile con opportuni procedimenti statistici di calcolo.


Lo schiacciamento può essere calcolato anche con misure gravimetriche. In questi ultimi anni si sono ottenuti risultati di elevata precisione nella misura dello schiacciamento utilizzando il fenomeno di precessione dei satelliti artificiali Il rigonfiamento equatoriale disturba gravitazionalmente le orbite dei satelliti artificiali. Ciò produce un momento torcente che tenderebbe a far coincidere il piano orbitale con il piano equatoriale. Poichè il momento angolare del satellite si conserva, il risultato è un moto di precessione, un progressivo spostamento del punto di intersezione dell'orbita del satellite con il piano equatoriale. La misura di tale spostamento tra due successivi passaggi di un satellite all'equatore fornisce una misura piuttosto precisa dello schiacciamento polare


Con lo scopo di promuovere le ricerche sulla forma e le dimensioni della Terra, nel 1861 venne fondata l'Associazione Internazionale per la Misura del Grado' trasformatasi poi nell''Unione Geodetica e Geofisica Internazionale' (IUGG).

Nel 1924 la IIa Assemblea Generale dell'IUGG decise di assumere convenzionalmente come ellissoide internazionale di riferimento quello calcolato da Hayford (a = 6.378.388;

Nel 1967 l'IUGG propose un nuovo ellissoide, detto ellissoide di riferimento 1967 con a = 6.378.160 e = 1/298.25, ma l'ellissoide di Hayford resta ancor oggi diffusamente utilizzato nelle applicazioni geodetiche. L'Istituto Geografico Militare utilizza invece per la cartografia 1:100.000 l'ellissoide di Bessel.


Gravimetria

Essendo l'ellissoide una superficie teorica equipotenziale è possibile calcolare in modo preciso il valore del campo gravitazionale teorico ad essa associato. Il valore dell'accelerazione di gravità teorica sull'ellissoide è detto gravità normale






L'accelerazione di gravità g è misurata, in onore di Galileo, in gal. 1 gal = 1 cm/s . Le misure di gravità possono essere assolute o relative: con le misure assolute si determina direttamente il valore di g in un certo luogo, con le misure relative (molto più semplici da effettuare) si ottiene il rapporto o la differenza di gravità tra un luogo ed un altro di cui si possieda una misura assoluta.

Le misurazioni assolute di gravità si eseguono essenzialmente utilizzando il pendolo () o sfruttando la legge di caduta dei gravi (). Le misure relative si eseguono tramite gravimetri, i quali ci forniscono il valore di g utilizzando la relazione tra forza-peso P e massa m (P = mg). Un gravimetro è in pratica costituito da una massa m sostenuta da una molla. Dopo esser stato tarato in un luogo di cui sia nota la gravità assoluta, il gravimetro misura le differenze di peso P (e quindi di g) che la massa m (considerata costante) manifesta in luoghi diversi rispetto al luogo di taratura.

Le misure gravimetriche così effettuate forniscono valori di gravità effettivi, determinati sulla superficie fisica della terra. Per poter essere confrontati con i valori della gravità normale teorica devono essere corretti per tener conto dell'altezza, della distribuzione locale delle masse (rilievi e avvallamenti), della loro densità etc. Le correzioni da apportare ai valori misurati per ottenere i valori teorici (normali) vanno sotto il nome di riduzione all'ellissoide.


Il geoide

L'ellissoide è evidentemente una rappresentazione geometrica della terra che non tiene conto delle irregolarità della crosta terrestre. Se i valori di g opportunamente ridotti coincidessero ovunque con i valori normali della gravità in modulo e direzione allora l'ellissoide rappresenterebbe, anche fisicamente, una superficie equipotenziale. Poichè ciò non avviene deve esistere una superficie equipotenziale fisica della gravità ridotta, che Gauss e Bessel chiamarono 'superficie matematica della terra' e alla quale venne in seguito (Listing, 1873) dato il nome di geoide.


La forma del geoide non viene calcolata direttamente, ma se ne calcolano le differenze rispetto all'ellissoide di riferimento. Gli scostamenti che il geoide manifesta rispetto all'ellissoide sono dette onde geoidiche. Se l'acqua degli oceani potesse comunicare attraverso i continenti essa si disporrebbe secondo la superficie del geoide, dandocene una rappresentazione concreta (essendo un fluido l'acqua presenta neccessariamente una superficie equipotenziale).

I procedimenti utilizzati per la determinazione della forma del geoide sono essenzialmente due: il primo (Villarceau - 1873) utilizza le deviazioni della verticale, il secondo (Stokes - 1849) si avvale della determinazione delle anomalie gravimetriche. In entrambi i casi si eseguono confronti tra il vettore (gravità normale) ed il vettore g. Nel primo caso si valutano le differenze nella direzione, nel secondo le differenze in modulo.


Deviazioni della verticale

Si definisce deviazione della verticale l'angolo che la verticale forma in un punto con la normale all'ellissoide (verticale teorica). Il metodo richiede che venga determinata la verticale di un punto A e le sue coordinate astronomiche con grande precisione. Si ipotizza poi che in tale punto (punto di emanazione o punto entrale) la verticale (normale al geoide) coincida con la verticale all'ellissoide. Tramite triangolazione si passa da A ad un punto B di cui si calcolano le coordinate in funzione di A. Si misurano infine le coordinate astronomiche (geografiche) di B. Le differenze e  tra coordinate ellissoidiche (calcolate) ed astronomiche (misurate) permettono di risalire all'angolo che la normale all'ellissoide forma con la verticale fisica (deviazione della verticale). Con opportuni procedimenti di calcolo è poi possibile trasformare tali misure in un dislivello h tra la superficie del geoide e dell'ellissoide. Il procedimento della deviazione della verticale, fondandosi sulle triangolazioni, non può essere esteso alle regioni oceaniche.





Anomalie gravimetriche

Il metodo che utilizza le anomalie gravimetriche è di applicazione più semplice e non presenta le limitazioni del precedente. Esso consiste nel calcolare la differenza tra i valori di gravità misurata ed opportunamente ridotta all'ellissoide (g), con i valori di gravità normale (

g = g -

Le differenze trovate g vengono dette anomalie gravimetriche e permettono di risalire agli scostamenti tra ellissoide e geoide, attraverso la relazione di Stokes. Le onde geoidiche presentano rispetto all'ellissoide un'ampiezza massima dell'ordine di 100 m.



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