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L'aumento della popolazione mondiale




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L'aumento della popolazione mondiale


L'AUMENTO DELLA POPOLAZIONE MONDIALE La rivoluzione demografica La popolazione mondiale

I diversi tipi di carte


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L'AUMENTO DELLA POPOLAZIONE MONDIALE


La rivoluzione demografica

La popolazione mondiale all'inizio dell'era cristiana contava circa 250 milioni di abitanti. Aveva raggiunto i 500 milioni intorno al 1650, impiegando oltre 16 secoli per raddoppiare. Verso la metà dell'Ottocento superava il miliardo, nel 1940 era già di 2 miliardi, ha superato i 4 miliardi nel 1915.

L'accelerazione del ritmo di incremento, nota col nome di rivolu­zione demografica, fu dovuta all'estinzione o riduzione delle ricorrenti calamità; essa è il risultato della diminuzione della mortalità e in particolare della mortalità infantile, cui hanno contribuito i progressi della medicina e il miglioramento delle condizioni di vita a partire dalle regioni più evolute.

Fino al XVII secolo si sono alternate fasi di espansione e fasi di ri­stagno, o di regresso, che hanno dato luogo a una lentissima crescita. La carestia era il principale regola­tore della dinamica demografica.

Dopo le crisi della prima metà del Settecento, la popolazione euro­pea entrava in una fase di sviluppo, rinforzato dai progressi delle tec­niche agricole e dall'arricchimento propiziato dall'espansione coloniale. Ma questa è anche l'epoca dei progressi nella lotta contro le epidemie: non soltanto scompaiono le epidemie, ma si abbassa il normale tasso di mortalità. Scemando la mortalità più rapidamente della natalità, si accentua il ritmo della crescita demografica, che può mantenersi a lungo grazie alla coincidenza con la rivoluzione indu­striale e col miglioramento delle rese agricole propiziato dai progressi tecnici e organizzativi.

Il colpo d'accelerazione decisivo si ebbe intor­no alla metà del XVIII secolo. La natalità e la mortalità, per migliaia di anni determinate dal dettato della natura, alla fine del XVIII secolo entrano nel campo d'intervento dell'azione umana. I progressi della medicina e il miglio­ramento del livello di vita, l'affacciarsi di efficaci pratiche contraccet­tive insieme all'evoluzione della mentalità e dei costumi, rovesciano il regime demografico primitivo: da una parte diventa possibile lottare contro le malattie, dall'altra s'incomincia a praticare il controllo delle nascite.

Tra il 1750 e il 1950, poiché l'abbassamento della mortalità ha pre­ceduto quello della natalità, l'eccedenza di nati è andata crescendo e la popolazione dell'Europa si è quadruplicata in due secoli. In Africa l'impatto europeo ha causato gravi perdite di uo­mini, a cominciare da quelle dovute alla tratta degli schiavi.

Nell'ultimo ventennio c'è stata una svolta: il ritmo d'incre­mento ha cominciato a calare e si è attestato intorno all'1,7%. Questa svolta è dovuta alla contrazione delle nascite nei due massimi teatri di popolamento, la Cina e l'In­dia, in forza di drastiche campagne antinataliste.

Per tutto il XIX secolo il tasso di in­cremento demografico dei paesi europei e di popolamento europeo, più o meno progrediti sul piano economico e sociale, ha continuato a salire mantenendosi superiore a quello dei paesi sottosviluppa­ti. Col XX secolo, le parti si invertivano e si affacciava all'oriz­zonte l'esplosione demografica del Terzo Mondo.

Nei paesi europei la lievitazione del numero di abitan­ti deriva dal prolungamento della durata media della vita, e quindi da un processo di invecchiamento delle popolazioni; nei paesi del Terzo Mondo, invece, si tratta di una folla crescente di giovani, non più decimati dalla mortalità infantile.

Nel XX secolo l'Africa attinge un ritmo di crescita pari a quello dell'Asia. La popolazione delle due Ame­riche e quella dell'Australia-Nuova Zelanda si gonfiano per l'appor­to di emigrati europei. L'espansione americana si differenzia tra il Nord anglosas­sone e il Sud neolatino: gli Stati Uniti e il Canada, impe­gnati nella rivoluzione industriale, se­guono i modelli europei per una crescita naturale contenuta, raddoppiata dall'apporto dell'immigrazione. L'America Lati­na ha realizzato il calo della mortalità, rimanendo la na­talità elevata.

Tutto ciò ha comportato notevoli variazioni circa il peso demogra­fico dei continenti.

Dalla ricerca di Malthus alla pianificazione familiare

L'eccezionale rapidità con cui gli uomini si van moltiplicando ha ingenerato il timore che a un certo punto i prodotti della Terra non possano più bastare a nutri­re tutti.

Alla fine del XVIII secolo l'economista inglese Thomas Malthus asseriva che la popolazio­ne cresce più rapidamente dei mezzi di sussistenza, per cui aumenta sempre più lo squilibrio tra il numero dei consumatori e la quantità di risorse disponibili: i mezzi di sussistenza crescono in progressione aritmetica, mentre la popolazione si moltiplica in progressione geometrica. I fatti hanno dato torto alla rigidità della teoria malthusiana, che non teneva conto del futuro progresso dei mezzi tecnici ed organizzativi impiegati per estendere e intensificare la produzione di beni.

La stessa critica si può riferire agli studiosi che hanno tentato di calcolare la capacità di popolamento, cioè il numero massimo di abi­tanti che ciascun paese potrebbe nutrire, se tutto il suolo utilizzabile fosse sfruttato con i mezzi più idonei di cui la tecnica al momento dispone.

L'accelerazione dell'incremento demografico non potrà continuare a lungo: una volta che le moderne conquiste della medici­na saranno generalizzate, riuscirà difficile ridurre ulteriormente la mortalità.

Nei paesi in via di sviluppo, mentre la situazione sanitaria migliora e la mortalità diminuisce, prende piede il controllo delle nascite. Tuttavia, sembra più facile ridurre la mortalità combattendo le malattie endemiche e la miseria cronica, che non comprimere la natalità.

All'ideologia neomalthusiana, portata avanti per iniziativa degli Stati Uniti, viene opposta un'ideologia che ritiene sia prioritario lo sviluppo socio-economico per avere una limitazione della natalità: l'urgenza è di fornire i mezzi per lo sviluppo, il calo della natalità verrà in seguito spontaneamente.

I programmi di pianificazione familiare nei paesi in via di sviluppo hanno contribuito alla svolta verso un control­lo delle nascite; il ruolo principale è da attribuire all'emancipazione della donna nei tre campi fondamentali: l'età deI ma­trimonio, l'accesso all'istruzione, l'attività fuori casa.

Le fonti statistiche

Le fonti statistiche per lo studio dei movimenti demografici sono tanto più rare e incerte quanto più si risale all'indietro nel tempo. La popolazione nelle epoche passate è stata oggetto d'indagine da parte degli storici. Il Beloch, basandosi su testimonianze lettera­rie ed epigrafiche e partendo dai civium capita, cioè dal numero degli uomini atti alle armi, ha calcolato l'ammontare della popolazione deI mondo occidentale nell'età classica. Il numero degli uomini in età per le armi rappresenterebbe un terzo della popolazione complessiva: la popo­lazione totale risulta dal numero degli uomini atti alle armi moltiplicato per tre.

II Beloch ha raccolto anche i dati della popolazione delle regioni d'Italia e d'Europa nel Medioevo e nell'età moderna ricorrendo ai censimenti, che in passato erano rari e venivano condotti con criteri diversi e con risultati ap­prossimativi. Dai censimenti premoderni che riportano il conteggio per fuochi, ossia per gruppi familiari, si può risalire al totale degli abitanti tenendo conto della composizione media di ogni fuoco, varia­bile da 4 a 6 persone a seconda dei tempi e dei luoghi.

Nei paesi cattolici si possono utilizzare, dal Concilio di Trento in poi, gli stati d'anime (registri parrocchiali in cui sono annotati i nomi delle 'anime da comunione'), i registri dei battesimi (corrispondenti alle nascite) e le relazioni delle visite pastorali compiute dal vescovo alle parrocchie della sua diocesi, che riportano dati circa la numerosità dei fedeli.

Dopo la rivoluzione francese, i governi cominciarono ad organizzare la tenuta dei registri di stato civile in ogni comune.

I censimenti in origine non erano che operazioni amministrative mirate a fornire il numero di sudditi, in particolare il numero di uo­mini in età da poter essere chiamati alle armi, e a determinare quale prelievo di tributi si potesse ottenere. Il metodo censuario si è progressivamente affinato nel mentre che si è affrancato dai vincoli politici. Il censimento è divenuto una semplice operazione amministrativa in mano a specialisti: demografi e statistici.

Se i censimenti e la tenuta di registrazioni statistiche sono stru­menti ben rodati nei paesi evoluti, sono un fatto piuttosto nuo­vo per la maggior parte dei paesi in via di sviluppo.

In Italia, oltre ai volumi con i risultati analitici dei censimenti, l'ISTAT pubblica un volumetto riassun­tivo a partire dall'Unità nazionale. L'ultimo è Popolazione residente e presente dei Comuni ai censimenti dal 1861 al 1991: la popolazione re­sidente legale è quella che ha la residenza ufficiale sul posto; la popolazione presente è quella presente sul posto nel giorno deI censimento, anche se residente altrove. Ogni anno l'ISTAT pubblica il fascicolo Popolazione e movimento anagrafico dei Comuni, che per ogni comune riporta nati, morti, matri­moni, immigrati dall'interno e dall'estero, emigrati per l'interno e per l'estero. L'Annuario di statistiche demografiche, oltre ai dati, riporta elaborazioni sulla dinamica e la struttura della popolazione.

Per tutti i paesi deI mondo è fondamentale l'Annuario Demografi­co delle Nazioni Unite.


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