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Giochi d'Equilibri - La matematica in bilico tra situazioni problematiche e dilettevoli




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Giochi d'Equilibri - La matematica in bilico tra situazioni problematiche e dilettevoli
INTRODUZIONE


La scelta dell’argomento da presentare all’orale della Maturità è stata lunga e complessa. La difficoltà principale è stata quella di sviluppare una trattazione inerente al mio piano di studi curriculare, conciliandola con i miei interessi personali e soprattutto renderla semplice e piacevole da ascoltare a persone che incontrano l’argomento per la prima volta. L’idea di parlare della Teoria dei Giochi è sorta all’improvviso, durante una serie di discussione riguardanti argomenti di natura molto lontani da essa. Sebbene la matematica sia sempre stata una mia grande passione, l’idea di centrare la mia tesina di Maturità sull’argomento mi sembrava di difficile realizzazione, soprattutto evitando i collegamenti forzati o lo sviluppo d’ idee ormai consumate dall’usura degli esami sostenuti. Eppure, avvicinandomi per la prima volta all’argomento, mi sono sempre più convinto che questa teoria non solo è estremamente interessante, ma anche che essa abbraccia molti dei campi e delle discipline studiate durante questi cinque anni scolastici.


Due sono i punti chiave su cui ho tentato di basarmi per la realizzazione di questo lavoro: l’originalità e la semplicità. Per avvicinare l’argomento anche a coloro i quali hanno buoni rapporti con la matematica ho cercato di affiancare alle nozioni teoriche degli esempi pratici. Questo approccio è utile non solo per meglio comprendere ciò che la teoria ci dice, ma anche perché la Teoria dei Giochi nasce proprio per risolvere problemi concreti, riferiti a situazioni reali. Sebbene ad oggi la teoria goda di grande fama (sono stati introdotti esami di Teoria dei Giochi nelle facoltà di Matematica, Ingegneria e nei corsi di specializzazione di Economia, ma anche nelle lauree di Biologia, Sociologia, Psicologia, Scienze della Comunicazione e altre si fa spesso riferimento ad essa), essa è conosciuta soprattutto per i nomi dei due matematici che più di tutti hanno contribuito a diffonderla e svilupparla: John Nash e John von Neumann. In concomitanza con l’uscita di A Beautiful Mind (film-biografia di Nash) la Teoria dei Giochi è stata osannata anche dal pubblico non addetto ai lavori. Personalmente, pur ritenendo l’opera cinematografica un capolavoro e l’interpretazione di Russel Crowe brillante quasi quanto la teoria stessa, penso che nessun libro, film o ritratto possa descrivere pienamente la genialità e l’aria d’innovazione che essa ha portato in ogni campo delle scienze. Non a caso negli ultimi anni sono stati ben cinque i ricercatori che hanno ricevuto il premio Nobel per i loro lavori sull’argomento (Robert J. Aumann e Thomas C. Schelling nel 2005 “per il loro contributo alla comprensione delle situazioni di cooperazione e di disarmo grazie all’uso accorto della teoria dei giochi” - John Nash, John C. Harsanyi e Reinhard Selten nel 1994 “per la loro analisi pionieristica degli equilibri nei giochi non cooperativi”).


Ho deciso di dedicare una parte della tesina al Positivismo e alle correnti letterarie nate dagli influssi di questa corrente filosofica (Naturalismo e Verismo), analizzando in particolare il pensiero di Giovanni Verga, per mezzo di una piccola biografia e di alcune sue opere. La scelta è stata determinata dall’importanza attribuita dai positivisti al modello scientifico, il quale pur essendo “vecchio” di centinaia di anni, ancora oggi ci permette di formalizzare correttamente tutte le nostre scoperte scientifiche. Proprio questa “formalizzazione” o “modellizzazione” accomuna la Teoria dei Giochi alla filosofia Positivista e quindi alle sue correnti letterarie.









Capitolo 1:
Introduzione alla Teoria dei Giochi

La storia e i personaggi protagonisti


“Dio non gioca a dadi.”

Albert Eistain


“Non solo Dio gioca a dadi, ma bara pure”

Niels Bohr

Il concetto di scelta


Nell’arco della sua vita una persona deve compiere molte scelte. Alcune possono essere immediate, data la loro semplicità, altre richiedono una maggiore ponderazione. Certe sono scelte di poco conto, altre sono cosi importanti da influire sul futuro di una o più persone. Talvolta crediamo di compiere scelte razionali, ma succede di accorgersi dell’irrazionalità di una decisione presa. Ma cos’è la “scelta”? Possiamo classificarla come una “valutazione” di uno o più “possibilità”, al fine di compiere un’azione. Più formalmente si dice che


La scelta è quel processo mentale di pensiero implicato nel giudizio del valore di diverse opzioni a disposizione che si conclude con la selezione di una di esse ai fini della conseguente azione.

Il processo decisionale spesso conduce a dei fenomeni di conflitto, ossia ad un sistema in cui più individui interagiscono tra loro al fine di perseguire degli obbiettivi, trovandosi in condizione di guadagnare o perdere qualcosa in funzione delle loro azioni (e quindi delle loro scelte) e di quelle degli altri individui del sistema. Comunemente a molte altre discipline, come in sociologia, in psicologia e in biologia, si è cercato di studiare le problematiche un punto di vista formale e preciso: quello della matematica.

La razionalizzazione dei fenomeni di conflitto e la formulazione di un modello matematico in grado di descriverli, ideato mediante l’astrazione dalla situazione reale di elementi significativi e utili per essere utilizzati in un modello formale, sono due recenti successi della ricerca scientifica. La branca della matematica che si occupa dell’analisi, della spiegazione e risoluzione di queste problematiche prende il nome di “Teoria dei Giochi” o “TdG”.


Introduzione alla Teoria dei Giochi


Storicamente si indica il 1944 come data ufficiale della nascita della Teoria dei Giochi, anno in cui viene pubblicato il saggio “Theory of Games and Economic Behavior” (“La Teoria dei Giochi e il Comportamento Economico”) del matematico John von Neumann e dell’economista Oskar Morgenstern[1]. In realtà il primo lavoro matematico sulla Teoria dei Giochi risale a più di trent’anni prima: al Concesso internazionale dei matematici del 1912 Ernst Zermelo
provò che qualunque gioco non reiterato (ossia che non può proseguire all’infinito) è risolvibile da una strategia che conduce il bianco o il nero alla vittoria oppure permette ad entrambi i giocatori di pattare la partita. E’ importante non lasciarsi ingannare dall’ovvietà delle conclusioni di Zermelo: esse sono un importante traguardo della logica matematica e sono ad oggi assunte come postulato. Un altro contributo importante per delineare i principi della Teoria dei Giochi si deve a Emile Borel . Oltre ad affrontare il complesso trattamento del bluff nel poker, egli è fondamentale per i suoi studi sulla determinazione dei casi in cui esiste una strategia considerata ottimale e il modo per trovarla. Continuando lungo la linea temporale arriviamo al 1927, anno di pubblicazione dell’articolo “Sulla teoria dei giochi di società” sulla rivista Mathematische Annalen, in cui viene introdotto il concetto di “maxmin”. Chi ne fu l’autore? John von Neumann, lo stesso alieno che durante la guerra collaborò alla redazione del libro cardine della Teoria dei Giochi poco sopra riportato. Non è una coincidenza il fatto che l’opera di von Neumann e Morgestern sia stata ideata durante gli anni della Seconda guerra mondiale (’39-’45). Durante il periodo bellico, e in seguito negli anni della Guerra Fredda, la Teoria dei Giochi è stata ampiamente utilizzata dai governi dell’epoca.


Questa “nuova” branca della matematica applicata ha quindi un enorme potenziale. Oltre a fornire brillanti analisi dei fenomeni militari, essa è proficuamente utilizzata in altre discipline, come la sociologia, la politica, l’informatica, la biologia, psicologia, nell’ingegneria… Nonostante la sua indubbia elasticità e praticità, il campo che più è stato influenzato dalla nascita della Teoria dei Giochi è l’economia.

Al pari di von Neumann, la figura che più di tutte a contribuito all’affermazione della Tdg è John Nash, il matematico a cui sono associate tre nozioni distinte da lui perfezionate: “l’equilibrio di Nash” (1949), “la soluzione di Nash” e “il problema di Nash” (anche conosciuto come “il programma di Nash”). Le sue teorie hanno rivoluzionato l’economia da noi concepita: ad egli è riconosciuto il merito di aver perfezionato le idee di Adam Smith[5], padre dell’economia liberale classica, e di Cournot (per molto tempo “l’equilibrio di Nash” è stato chiamato “equilibrio di Cournot-Nash”, in onore alle scoperte dell’omonimo economista francese in una particolare forma di duopolio).

Nei capitoli successivi analizzeremo più analiticamente tutte queste nozioni.

Cosa sono i “giochi”?


Perché si è deciso di chiamare una teoria che tratta situazioni di conflitto estremamente serie e pratiche “Teoria dei Giochi”? Parlando della razionalizzazione dei fenomeni di conflitto abbiamo detto che, per costruire il modello matematico, ci servivamo di una selezione di elementi dell’evento in grado di descriverlo formalmente. Cosa significa questo? Che la matematica opera una semplificazione della realtà, prendendo solo alcune parti di un problema, riducendone quindi la complessità. Il “gioco” da noi analizzato differisce dalla realtà, in quanto esso è descritto da regole precise. Lo stesso von Neumann fornisce una spiegazione del termine “giochi” all’interno di un’intervista:

Alla domanda: “Per ‘giochi’ intendi qualcosa come gli scacchi?”, egli rispondeva: “No, gli scacchi in realtà sono un gioco, perché per ogni posizione sulla scacchiera c'è una procedura corretta e ben definita , ma i giochi veri che intendo io non sono cosi. La vita reale non è così. È piena di bluff, astuzie e defezioni. È un continuo chiedersi che cosa gli altri pensano che tu intenda fare. Di questo si occupano i giochi della mia teoria”.

Campi d’applicazione


Come abbiamo detto la teoria si occupa di analizzare e risolvere situazioni in cui intervengono più individui. Un classico esempio potrebbe essere le dinamiche conflittuali in un contesto concorrenziale di stampo oligopolistico, in cui ogni impresa deve tener conto delle azioni delle società avversarie al fine di compiere delle scelte. Questo genere di problematiche è si strettamente legata all’economia, ma negli ultimi anni è stata applicata con successo in altri campi, come nella sociologia, nella psicologia, nella biologia, ecc. Facciamo dunque un breve excursus sull’applicazione della Teoria dei Giochi, prendendo in riferimento l’economia e la filosofia sociale.


1.4.1 Applicazioni in economia

Abbiamo individuato nell’introduzione al paragrafo un esempio del possibile utilizzo della TdG all’interno della teoria dell’organizzazione industriale. Questa però non è l’unica branca economica a beneficiare degli strumenti della teoria di von Neumann . A livello microscopico, per esempio, i modelli che formalizzano i processi di scambio (aste, contrattazioni, ecc.) ricorrono alla Teoria dei Giochi. Dal punto di vista macroeconomico, sappiamo che l’economia internazionale fa ricorso a strumenti di modellazione matematica per risolvere i problemi di negoziazione tra l’autorità statale e le altre istituzioni riguardo la fissazione dei prezzi e dei salati. Un classico esempio è dato dalle frequenti discussioni tra lo Stato e i sindacati per il rinnovo dei contratti collettivi. Come vedremo in seguito questa rappresenta una delle problematiche che è possibile modellizzare secondo i principi e gli strumenti della Teoria dei Giochi. Anche all’interno dell’azienda ci sono situazioni di conflitto: due o più divisioni possono competere per assicurarsi una quota maggiore del fondo destinato agli investimenti o per ricevere premi di produzione maggiori. Tornando ad una più vasta visione, possiamo vedere l’economia come la scienza che si occupa dell’allocazione di risorse scarse e finite fra usi alternativi. Le risorse sono ritenute scarse e finite in quanto gli individui che concorrono per ottenerle sono maggiori di quanti potrebbero utilizzarle. Questa teoria, rivendicata dall’ideologia neoclassica, può essere trattata tramite modelli di TdG solo se essa prevede la razionalità degli individui. Torneremo sul concetto di razionalità più avanti, chiarendo i dubbi sulla sua determinazione. Prima della tesi di dottorato pubblicata da John Nash nel 1950, i principi economici, nei sistemi concorrenziali, erano quelli suggeriti da Adam Smith, fondatore della scuola economica classica e ideatore del principio della Mano Invisibile. In seguito all’intuizione di Nash, allora ventisettenne, ci fu un totale sconvolgimento di questa teoria. Nel capitolo dedicato all’equilibrio di Nash la questione sarà approfondita maggiormente, per ora ci basti sapere che mentre secondo la prospettiva neoclassica il soggetto economico è visto come un individuo egoista, per la Teoria dei Giochi è un soggetto interattivo, che si comporta sia in modo egoista che in modo cooperativo. Per concludere possiamo dire che in economia tratterà sempre di più la problematica delle scelte razionali, più della questione della scarsità delle risorse. Del resto la metafora dell’asino di Buridano[7] mette l’accento proprio su questa avversità.


1.4.2 Applicazione nella filosofia sociale

Pur non rientrando la filosofia nelle materie oggetto d’esame, è importante trattare brevemente come questa teoria abbracci campi molto lontani tra loro. Il pensiero di Thommas Hobbes, espresso nel suo Leviathan (1651), secondo cui la condizione dell’uomo in natura è una “guerra di tutti contro tutti”, può essere facilmente ricondotta ad un famoso quesito in Teoria dei Giochi: il Dilemma del Prigioniero. L’opera di Marx sulla teoria dello sfruttamento della classe lavoratrice e il gioco sociale di Rousseau sono due altri esempi eclatanti della possibile (e proficua) applicazione della TdG in questo campo. Qual è il beneficio ottenuto aggiungendo una trattazione matematica a problemi che sono stati studiati da generazioni di filosofi e sociologi? Se da un lato la modellizzazione nello studio dei fenomeni sociali richiede una restrizione del campo d’applicazioni, l’utilizzo di strumenti matematici ci permette di ottenere risultati precisi. Essa non propone una visione paradigmatica del mondo, semplicemente la permette. Non la impone, ma la favorisce.


Conclusioni


Uno dei più grandi problemi della scienza moderna è stato quello di trovare una legge che fosse in grado di descrivere compiutamente sia i fenomeni microscopici o individuali che quelli macroscopici o collettivi. Ad esempio nella fisica si fa spesso riferimento alla “Teoria del tutto”, ossia ad una legge che sia in grado di descrivere perfettamente ogni comportamento della natura, dalle particelle subatomiche ai movimenti dei grandi ammassi stellari, dalla teoria quantistica alla relatività generale. Allo stesso modo esistono leggi economiche in grado di descrivere ottimamente il comportamento di un individuo (un consumatore, un contribuente, ecc), ma che non possono essere applicate in un discorso macroeconomico, in cui agiscono soggetti complessi (sistemi economici, politiche fiscali,ecc). Uno dei successi che si può attribuire alla Teoria dei Giochi è quello di tentare di elaborare un insieme di schemi applicabili tanto al singolo quanto alla collettività. Essa è il primo grande strumento scientifico di raccordo. L’universo, gli stati, i fotoni, le proteine, le donne, gli uomini agiscono seguendo un insieme di procedure, concetti e regolarità altamente compatibili. La conferma ci arriva ogni giorno, in seguito a sperimentazioni continue e incrociate. Tutti questi giochi sono differenti, ma essenzialmente uguali nella struttura. Questo non significa che ogni cosa è fatta dagli stessi ingranaggi meccanici. Tuttavia bisogna rendere merito alla Teoria dei Giochi, la quale rappresenta uno dei più importanti passi in avanti del progresso scientifico. L’unico mio rammarico è quello di non poter trattare in maniera adeguata la maggior parte di queste incredibili scoperte, sia a causa della grande mole di tempo richiesta per studiare gli argomenti, sia per non annoiare eccessivamente con complessi (ma estremamente affascinanti) tecnicismi.

Capitolo 2:
ANALISI E CLASSIFICAZIONI

STRUMENTI E METODI DELLA TEORIA


“Vi veri universum vivus vici.”

(Con la forza della verità, vivendo, ho conquistato l'universo.)

da “La tragica storia del Dottor Faust”
Christopher Marlowe

Definizioni



In questo capitolo analizzeremo la terminologia, i teoremi e i postulati della Teoria dei Giochi.


La Teoria dei Giochi è la scienza matematica che analizza situazioni di conflitto e ne ricerca soluzioni competitive e cooperative tramite modelli formali, ovvero uno studio delle decisioni individuali in situazioni in cui vi sono interazioni tra i diversi soggetti, tali per cui le decisioni di un soggetto possono influire sui risultati conseguibili da parte di un rivale, secondo un meccanismo di retroazione.


Procediamo con l’analisi della definizione.


La Teoria dei Giochi è la scienza matematica […]


Come abbiamo già detto nel capitolo precedente, la TdG è una scienza matematica vera e propria, che rientra nel più generale ramo della matematica applicata. Pur avendo un nome simpatico, la Teoria dei Giochi tratta argomenti molto complessi!


[…] che analizza situazioni di conflitto e ne ricerca soluzioni competitive e cooperative […]


Iniziamo con il dire che la parola gioco indica qualsiasi situazione in cui più giocatori si trovano a controllare ciascuno una o più variabili che influiscono sull’utilità propria e/o degli altri, ossia descrive l’interazione strategica nelle scelte di giocatori autonomi.

Volendo fornire una descrizione verbale di gioco, diremo che è definito da uno stato iniziale, dall’evoluzione, da uno stato finale e dal risultato. Portiamo un esempio concreto:


Il gioco dei fiammiferi

        Stato iniziale: 2 mucchietti di 2 fiammiferi ciascuno.

        Evoluzione: 2 giocatori a turno levano almeno un fiammifero. Possono farlo da un solo mucchio.

        Stato finale: tutti i fiammiferi sono stati tolti.

        Risultato: chi toglie l’ultimo fiammifero perde.


Matematicamente:

G =

in cui N è l’insieme dei giocatori, S l’insieme delle strategie, P è l’insieme dei PAY OFF, n il numero delle volte in cui il gioco viene ripetuto. Ciò definisce in modo univoco un gioco, differenziandolo da ogni altro e creando una situazione ben precisa. E’ facile comprendere la complessità di un gioco che comprenda numerosi giocatori, ciascuno in grado di scegliere all’interno di un esteso insieme di strategie che possono dare un gran numero di diverse combinazioni di pay off. Esso può essere anche ripetuto più volte, come ad esempio un’azione militare da parte di uno Stato.



























Spendiamo ancora due parole sull’utile. Esso viene definito da una funzione




che lega ogni gruppo di strategie ai relativi valori, in funzione del tempo. La stessa strategia, o meglio lo stesso gruppo di strategie può dare esiti diversi in condizioni di gioco diverse. Un altro fattore chiave è il numero di volte per cui il gioco viene ripetuto: le strategie e l’utile variano a seconda che si possa giocare una sola volta o più volte. Inoltre l’utile può essere espresso da numeri negativi (perdita). Facciamo un esempio. Ci sono due persone, Aldo e Sara. Aldo vorrebbe andare a vedere una partita di calcio, mentre a Sara piacerebbe guardare un film romantico al cinema. Le strategie per ciascun giocatore sono quindi due: andare alla partita o al cinema. Per convenzione indicheremo i due comportamenti con collabora (“C”) e non collabora (“N”). L’utilità di Aldo (pay off) è data dalla seguente tabella:



Sara va alla partita

Sara va al cinema

Aldo va alla partita

XCC

XCN

Aldo va al cinema

XNC

XNN


La tabella dei pay off di Sara è la seguente:



Sara va alla partita

Sara va al cinema

Aldo va alla partita

YCC

YCN

Aldo va al cinema

YNC

YNN


E’ possibile unire le due tabelle per comodità



Sara va alla partita

Sara va al cinema

Aldo va alla partita

XCC; YCC

XCN; YCN

Aldo va al cinema

XNC; YNC

XNN; YNN


dove il primo valore indica l’utile di Aldo (o più generalmente del giocatore a sulla riga) mentre il secondo quello di Sara (o del giocatore sulla colonna). Ovviamente ogni variabile assume un valore in base all’utilità prevista, ad esempio:



Sara va alla partita

Sara va al cinema

Aldo va alla partita



Aldo va al cinema




Abbiamo parlato delle situazioni di conflitto come sistemi in cui più individui interagiscono tra loro al fine di perseguire degli obbiettivi, trovandosi in condizione di guadagnare o perdere qualcosa in funzione delle loro azioni (e quindi delle loro scelte) e di quelle degli altri individui del sistema. Un’importante distinzione che viene fatta è quella tra “Giochi Cooperativi” e “Giochi non Cooperativi”.

Sono definiti giochi cooperativi[8] quelli in cui i giocatori perseguono un fine comune, almeno per la durata del gioco, al fine di massimizzare il loro utile o pay off. Per garantire la cooperazione tra attori, vengono imposti degli accordi vincolanti. Un esempio pratico potrebbe essere rappresentato dallo scambio delle ratifiche di un trattato internazionale tra due Stati. L’accordo è vincolante, in cui l’attore che viola il patto viene punito con sanzioni e quello che lo rispetta viene premiato. E’ possibile prevedere un garante per il rispetto del patto, come un’autorità giudiziaria. Un esempio di gioco cooperativo è un cartello tra più imprese.

Nei giochi non cooperativi, o competitivi gli attori non possono stipulare accordi vincolanti, indipendentemente dai loro obbiettivi. In questo tipo di giochi rientrano la dama, gli scacchi e tutte quelle situazioni in cui gli attori non hanno la possibilità di accordarsi su scelte comuni. Il termine cooperativo non indica quindi un gioco in cui gli attori sono particolarmente buoni e disposti a cooperare, ma come detto poco sopra indica solo la possibilità o meno di stipulare accordi vincolanti.


[…]tramite modelli formali[…]


La Teoria dei Giochi si basa sull’estrazione di elementi significativi e utili per essere utilizzati in un modello formale, ossia un modello che non lasci spazio ad ambiguità. La tendenza dell’uomo di modellizzare ogni sorta di problema è ben rappresentata dal metodo scientifico, nato con la Rivoluzione Scientifica e al lavoro di Galileo Galilei.

Perché si cerca di studiare i fenomeni e i conflitti sociali da un punto di vista formale utilizzando strumenti matematici? Esistono discipline che analizzano queste problematiche in maniera molto più analitica, se pur empiricamente, come la sociologia, la psicologia, l’economia, la filosofia, la politica.. E’ lecito chiederti quale sia l’utilità di aggiungere una trattazione matematica. Tramite l’applicazione di modelli formali, è possibile raggiungere risultati superiori conseguiti a quelli ottenuti nelle altre discipline, con un margine di errore molto piccolo. La semplificazione richiesta dalla trattazione matematica permette di applicare i suoi modelli ad una quantità maggiore di situazioni. Questa stessa semplificazione è però il tallone d’Achille del metodo scientifico: essa non è in grado di gestire completamente la complessità delle situazioni reali, lasciando un forte margine all’intervento umano nella soluzione del gioco. Come vedremo più avanti, il problema di ricercare una soluzione al gioco può diventare complesso, sebbene esistano molti metodi per la sua determinazione.


[…] ovvero uno studio delle decisioni individuali in situazioni in cui vi sono interazioni tra i diversi soggetti, tali per cui le decisioni di un soggetto possono influire sui risultati conseguibili da parte di un rivale […]


Non sono presenti difficoltà di interpretazioni, ma è bene dire che parleremo ancora delle decisioni di un soggetto e della loro influenza sui risultati degli altri attori nel capitolo relativo all’equilibrio di Nash. Inoltre, legandoci al concetto di interazione tra soggetti diversi, introduciamo la strategia nella Teoria dei Giochi. Le strategie sono le possibili scelte che ogni giocatore può compiere, individuando il risultato di quella determinata scelta in base alle attese sulle probabilità di scelta degli avversari e al valore dei payoff. Una strategia è dunque un piano completo e contingente che specifica come il giocatore debba comportarsi in ogni possibile circostanza in cui potrebbe essere chiamato a decidere.


[…] secondo un meccanismo di retroazione.






retroazionato.

  Il meccanismo di retroazione (feedback) è la capacità di un sistema di tener conte dei propri risultati ed utilizzarli per modificare le proprie caratteristiche. Se vogliamo usare termini informatici, diremo che l’output del sistema è anche il suo input, secondo un processo ciclico.

Giochi in forma estesa e giochi in forma strategica


Per fornire un’analisi efficiente di un gioco è necessario rappresentare le possibili azioni dei giocatori con i relativi payoff, in modo da rendere visibile l’evoluzione della partita. Esistono due differenti forme di rappresentazione dei giochi:

2.2.1 Giochi in forma estesa (o estensiva)

La situazione è rappresentata da un albero in cui ogni nodo rappresenta la scelta di un giocatore che conduce a diverse possibili scelte successive degli altri giocatori. Viene normalmente usata in giochi sequenziali o ripetuti. Riprendiamo l’esempio de “Il gioco dei fiammiferi” introdotto nella definizione di gioco e proviamo a fornirne una rappresentazione in forma estesa. Ricordiamo che il gioco era cosi descritto compiutamente:


        Stato iniziale: 2 mucchietti di 2 fiammiferi ciascuno.

        Evoluzione: 2 giocatori a turno levano almeno un fiammifero. Possono farlo da un solo mucchio.

        Stato finale: tutti i fiammiferi sono stati tolti.

        Risultato: chi toglie l’ultimo fiammifero perde.


Rappresentazione:



Guardando lo schema è facile capire che il vincitore del gioco sarà sempre il secondo giocatore, in quanto entrambi seguono il principio della razionalità. Ma com’è possibile determinare un comportamento razionale da uno irrazionale? Esso si basa su un assioma fondamentale in Teoria dei Giochi: proprio l’ASSIOMA DI RAZIONALITA’.


Dopo aver introdotto l’assioma di razionalità, cerchiamo di analizzare un gioco in forma estesa, al fine di dare un’idea generale sugli equilibri in esso presenti. Iniziamo con la sua descrizione completa:


        Stato iniziale: Alberto ha bisogno di fare alcuni lavori in giardino e propone ai figli Enrico e Carlo di aiutarlo.

        Evoluzione: ogni figlio offre a turno un’ora di lavoro.


        Stato finale: uno dei due figli si ritira dall’asta.

        Risultato: il vincitore riceve un gioco nuovo del Nintendo Wii. Inoltre entrambi sono costretti a corrispondere al padre le ore di lavoro offerte.


Alberto ha ideato questo stratagemma per carpire dai figli il maggior numero di ore possibili. Carlo ed Enrico hanno a disposizione al massimo 5 ore (che corrispondono alla durata del lavoro) e sanno che il premio vale al massimo 3 ore di lavoro. Proviamo a rappresentare la situazione tramite un modello ad albero, tipico della forma estesa.


Le mosse di Carlo (C) sono descritte dalla linea continua, mentre le mosse di Enrico (E) dalla linea tratteggiata. Inizia il gioco C, visto che è il figlio può grande. Le sue mosse possono essere offrire un’ora di lavoro o rinunciare. La decisione passa quindi ad E. Può trovarsi sul nodo II o sul nodo III, a seconda che C abbia fatto un’offerta o abbia rinunciato. A sua volta, E può scegliere se offrire un’ora di lavoro oppure rinunciare al premio. I numeri sotto i nodi rappresentano l’utilità dei due giocatori: la cifra più in alto è quella di C, mentre quella più in basso rappresenta quella di E. Prendiamo il caso in cui C sia molto pigro e preferisca rinunciare subito al premio piuttosto che offrire un’ora di lavoro. Questo caso è descritto dal nodo II: se anche E rinuncia (con evidente disappunto del padre), il gioco finisce e non viene decretato niente. L’utilità dei figli è dunque 0. Se invece E propone un’ora di lavoro al nodo II, la sua utilità sale a 2, mentre quella di C rimane 0. Possiamo quindi attribuire al ramo il vettore (0,2): C ottiene 0 perché ha offerto 0 ore di lavoro e non vince l’asta, E ottiene 2 perché ha offerto un’ora di lavoro e ottiene il videogioco, valutato 3. La sua utilità corrisponde quindi a 3 (valore del videogioco) – 1 (ore di lavoro offerte) = 2 (utilità).

Consideriamo un’altra situazione. C inizia offrendo un’ora di lavoro. E si trova ancora nella situazione precedente: può rinunciare o ribattere. Nel primo caso al ramo viene associato il vettore (2,0), per i motivi descritti nel passaggio precedente., mentre nel secondo la parola torna a C. Se rinuncia, E vince l’asta e al ramo viene attribuito il vettore (-1,1), mentre se rilancia il gioco continua con E (nodo V). Continuando nella descrizione dei vari passaggi, otteniamo una struttura ad albero, con tante ramificazioni quante sono le possibile scelte dei giocatori.

Essendo la Teoria dei Giochi nata per analizzare le situazioni problematiche, chiediamoci come possono ragionare i due ragazzi per massimizzare il loro utile.

Partiamo dall’ultimo nodo, ossia il numero VI.



Carlo deve decidere se rilanciare o perdere l’asta. Egli, guardando i due vettori d’utilità, capisce che non è conveniente rinuncia. Infatti in caso di rinuncia deve offrire 3 ore di lavoro e non riceve il videogioco, mentre se rilancia ottiene il premio (dato che sono terminate le ore a disposizione), ma deve lavorare 5 ore. Il vettore è quindi (-3,-1) in caso di abbandono e (-2,-4) in caso di rilancio. Enrico a sua volta tra le stesse conclusioni di suo fratello: arrivando al nodo VI sarebbe costretto a lavorare 4 ore, senza ottenere niente in cambio. Egli quindi ripercorre il percorso a ritroso e torna al nodo V.



Le sue strategie sono sempre ritirarsi o rilanciare: sapendo che suo fratello si comporterà razionalmente, scegliendo comunque di rilanciare al nodo successivo, egli conclude che arrivato nella situazione descritta nel nodo V per lui è conveniente ritirarsi (v(0,-2)), piuttosto che continuare nel gioco e aumentare la sua perdita.

Il ragionamento di Enrico è chiaro anche a suo fratello Carlo. Egli osserva il nodo V e giunge alla conclusione che a lui conviene rilanciare (v(0,-2)), piuttosto che fermarsi (v(-1,1)).

Il meccanismo continua fino al punto I. In seguito a questi ragionamenti, Carlo decide di offrire un’ora di lavoro: Enrico sa bene che la situazione è a sua sfavore, per cui abbandona il gioco. Il risultato è che Carlo riceve un payoff di 2, mentre Enrico non riceve nessun premio, ma non deve lavorare per il padre. Possiamo quindi affermare che l’idea di Alberto non è brillante: egli riceve un’ora di lavoro dai figli, ma è costretto a pagarla con un gioco del valore di almeno tre ore!


In questo esempio, è stato possibile ricorrere ad un procedimento detto induzione a ritroso (backwards induction) o algoritmo di Kuhn (1953). Questa tecnica non è sempre utilizzabile, in quanto richiede che il gioco trattato sia FINITO e ad INFORMAZIONE PERFETTA.
















Possiamo quindi individuare due caratteristiche fondamentali di questi tipi di giochi:


        Il gioco ha un numero massimo di mosse consecutive possibili. Chiamiamo cammino una scelta di nodi consecutivi che porta dalla radice (il nodo di partenza) a un nodo terminale. Diciamo che la lunghezza del cammino è l, rappresentata dal numero totale di mosse nella giocata determinata dal cammino. Infine definiamo come lunghezza del gioco la lunghezza del cammino più lungo fra tutti quelli del gioco. Dunque in un gioco finito la lunghezza del gioco è finita.


        Se si considera un nodo qualsiasi e quello che segue quel nodo, ignorando tutto il resto, si è ancora in presenza di un gioco finito a informazione perfetta, di cui il nodo considerato è la radice.


L’idea generale per dimostrare l’esistenza di una soluzione in questo tipo di giochi è molto semplice: se si considera un qualsiasi gioco di lunghezza uno, allora è evidente che ha una soluzione, cioè un risultato sul quale tutti i giocatori sono d’accordo. La soluzione è data dalla decisione presa dal primo giocatore, secondo i principi dell’assioma di razionalità. Egli passa quindi da un nodo iniziale ad uno terminale. Gli altri non possono muovere nessuna obiezione, in quanto sono perfettamente a conoscenza che non hanno nessuna possibilità di scelta. In un gioco di lunghezza 1 è quindi estremamente facile prevedere il comportamento dei giocatori e la soluzione del gioco. Proseguiamo cercando di capire come si determina una soluzione in un gioco di lunghezza 2. Il primo giocatore si trova a decidere tra rami che portano a sottogiochi di lunghezza uno, oppure conducono ad un nodo terminale. Il risultato di entrambi questi giochi è determinato secondo lo stesso procedimento visto per i giochi di lunghezza uno. Il primo giocatore, che parte a scegliere dalla radice, è a conoscenza di tutte le possibili soluzioni del gioco: egli quindi cercherà il ramo che lo porta al risultato a lui più conveniente (ossia alla massimizzazione dell’utile secondo l’assioma di razionalità). Gli altri giocatori non hanno obiezioni: sanno bene che il loro potere decisionale è limitato a qualche sottogioco, in cui il loro comportamento è, per definizione stessa della tipologia di gioco, noto e condiviso da tutti.

Da questo punto in poi, proseguendo nei giochi di lunghezza 3, sappiamo come funziona il meccanismo per dimostrare l’esistenza di una soluzione. A partire dalla radice, il primo giocatore può scegliere un nodo terminale oppure un nodo intermedio, il quale è a sua volta la radice di un gioco di lunghezza 2. L’algoritmo è quindi applicabile in ogni gioco di lunghezza n, con n > 0, fino a ridurlo ad un gioco di lunghezza 1. Il meccanismo di basa sulle due caratteristiche fondamentali descritte poco sopra. Aggiungiamo che tutto questo vale anche nei giochi con elementi aleatori o probabilistici: basta calcolare le funzioni di utilità dei giocatori ponderati della frequenza: otteniamo cosi il valore atteso. Ovviamente tutto questo è dimostrabile matematicamente, ma si rimanda ad altre fonti la trattazione del problema dal punto di vista matematico, in quanto essa fuoriesce dagli obiettivi della tesina.

Leggendo attentamente quando detto ci si accorge che il teorema di esistenza di una soluzione è riconducibile al teorema di Zermelo nel gioco degli scacchi.


2.2.2 Giochi in forma strategica (o normale)

Questo tipo di rappresentazione, che si può definire la più comune grazie alla sua capacità di schematizzare una situazione, è usata soprattutto nei giochi non ripetuti e simultanei, in cui sono coinvolti un numero esiguo di giocatori e ben rappresenta la simultaneità del gioco. In un gioco a forma strategica identifichiamo ciascun giocatore con le strategie complete che egli utilizzerà durante il gioco e che supponiamo definite prima che il gioco inizi. Ricordiamo che una strategia è un programma completo di mosse da utilizzare durante lo svolgimento del gioco. In alcuni giochi le mosse di ogni giocatore potrebbero essere certe ed automatiche, mentre in altri potrebbero essere legate ad una variabile aleatoria. Convenzionalmente le strategie che non contengono mosse probabilistiche vengono definite strategie pure, mentre le strategie con elementi aleatori sono dette strategie miste. Questa differenziazione tra le varie tipologie di strategia è molto importante: come vedremo più avanti esse sono legate al concetto di determinazione di equilibrio, con particolare riferimento al lavoro di Nash. Come fatto per i giochi in forma estesa, introduciamo un esempio per chiarire i concetti fin qui introdotti.


Una copertina scottante


o      Stato iniziale: Le redazioni di Panorama e dell’Espresso devono scegliere un tema da proporre in copertina.

o      Evoluzione: Ogni redazione si riunisce la domenica sera, a porte chiuse e senza poter comunicare all’esterno.

o      Stato finale: Vengono scelte le copertine da pubblicare il lunedì.

o      Risultato: I due settimanali si spartiscono i lettori in base all’interesse verso gli argomenti proposti.


Questo gioco è un modello per rappresentare una problematica (evidentemente semplificata) comune nel mondo dell’editoria. Nel nostro esempio la redazione di Panorama e quella dell’Espresso concorrono per pubblicare una copertina capace di attrarre il maggior numero di lettori. A differenza dei giochi presentati precedentemente, qui le decisioni vengono prese in maniera simultanea. Il ragionamento non è più lineare, come negli scacchi (“se il mio avversario muove quel pezzo, io muovo questo, quindi lui può rispondere con questa mossa o quella..”), ma circolare (“se io penso che lui pensi che io penso..”). Il punto è quindi quello di quadrare il cerchio. Questo problema porta i due avversari a pensare non solo cos’è meglio per loro, ma anche cos’è meglio per il gruppo, ossia per entrambe le parti, al fine di migliorare il proprio utile individuale. Questa è una delle conclusioni più importanti di tutta la Teoria dei Giochi, (infatti la geniale intuizione di Nash si basa proprio su quest’idea): ogni giocatore non sceglie solo “per sé”, ma “per tutti”. Egli non può cercare l’ottimo individuale, ma l’ottimo di tutti, ossia la massimizzazione dell’utile sociale. Questo traguardo è notevole per due motivi: in primis perché questo è un gioco non cooperativo a decisioni simultanee (come la maggior parte dei giochi reali), in secondo luogo perché pur essendo non cooperativo, il gioco genera una cooperazione di fatto, non voluta dalle parti, ma ottenuta collettivamente. Ritorniamo all’esempio. Tra le tante notizie pubblicabili, ne vengono scelte due importantissime: gli sviluppi sulla crisi di governo e la conclusione del campionato di calcio. Secondo alcune ricerche di mercato effettuate negli ultimi giorni, si sa per certo che il 30% dei lettori è interessata alla crisi politica (che chiameremo “Politica”) e il 70% al campionato di calcio (che chiameremo “Sport”). L’editore di Panorama sa quindi che scegliendo l’argomento “Sport” si assicura il 70% dei lettori, mentre pubblicando una copertina sull’argomento “Politica” solo il 30% dei lettori comprerà la sua rivista. D’altro canto sa anche che se entrambi le riviste pubblicheranno lo stesso argomento i lettori si divideranno equamente (45% nel primo caso, 15% nel secondo). Volendo quantificare l’utilità, aggiungiamo che i lettori sono circa 1.000 e che per ogni copia venduta il ricavato è di 4 euro. Quindi, se Panorama pubblica una copertina sullo sport, il suo utile sarà di 2800€, di 1.200€ in caso pubblichi uno scoop sulla crisi politica, di 1400€ se entrambe trattano l’argomento “Sport” e di 600€ nel caso in cui tutte e due pubblichino una copertina sull’argomento “Politica”.


Rappresentiamo il gioco in forma strategica (gli utili sono in migliaia di euro).



ESPRESSO

PANORAMA


Politica

Sport

Politica



Sport




La Teoria dei Giochi cerca di rispondere a delle domande (qual è la scelta migliore? Esiste? Se tale scelta è ottimale per un giocatore, lo è anche per gli altri? Quale procedimento scegliere per valutare la strategia ottimale da seguire?), con tecniche che saranno analizzate nella pagine seguenti.


Concludiamo il paragrafo con due importanti precisazioni:


  1. Forme estese complicate creano forme strategiche estese.

Questo significa che se un gioco in forma estesa presenta pochi nodi e poche biforcazioni, allora la sua forma strategica presenterà un numero limitato di mosse e potrà essere rappresentato con una matrice molto piccola (2x2, 3x4, 3x2, ecc.). Questo per ricordare che la forma estesa (o estensiva) viene usata soprattutto per rappresentare giochi non-cooperativi sequenziali, mentre la forma strategica (o normale) è utile per analizzare i giochi non-cooperativi simultanei.


  1. Ad ogni gioco in forma estesa corrisponde un gioco in forma strategica, ma ad un gioco in forma strategica potrebbero corrispondere più giochi in forma estesa.

Ciò significa che la forma strategica rappresenta un numero più elevato di situazioni rispetto alla forma estesa, ma la forma estesa rappresenta più dettagliatamente la situazione.

Giochi a somma zero e a somma non zero


I giochi a somma zero e quelli non a somma zero rappresentano due campi di applicazioni estremamente interessanti e diversi tra loro. I primo furono oggetto di ricerca soprattutto da parte di von Neumann e di Morgestern, mentre i concetti e gli strumenti fondamentali per affrontare i giochi non a somma zero sono frutto della genialità di Nash. Ma qual è la differenza tra questi due tipi di gioco?

2.3.1 Giochi a somma zero

Vengono definiti giochi a somma zero quelle situazioni in cui l’utilità (o guadagno) di un giocatore è uguale, ma contrario all’utilità degli altro giocatore. Questo significa che la somma degli utili è costante per qualunque combinazione di strategie. Rientrano in questo campo giochi, in questo caso veri e propri, come gli scacchi, la dama e il Go. Rapportando alla realtà questo tipo di giochi, troviamo che essi rappresentato perfettamente la guerra senza possibilità di resa o più generalmente tutte le situazioni in cui gli individui si trovano ad avere obbiettivi opposti. Nel capitolo torneremo a parlare di giochi a somma zero, introducendo l’equilibrio del MinMax teorizzato da von Neumann nel 1928.

2.3.2 Giochi non a somma zero

Nei giochi a somma zero, come quelli analizzati nel capitolo 4 – archetipi di Rapoport, la somma degli utili non è costante per almeno una combinazione di strategie. Essi rappresentano la maggioranza delle situazioni di vita reale, in quanto l’utilità dei giocatori difficilmente è uguale, ma opposta (io vinco, tu perdi). Questi giochi, se sono finiti e ammettono strategie miste, posseggono almeno un punto che rispetta i requisiti dell’equilibrio di Nash.

Conclusione

In questo capitolo abbiamo introdotto i concetti fondamentali della teoria. Le due tipologie di rappresentazione del gioco ricoprono un ruolo importante nella teoria. Sebbene abbiamo visto che è possibile rappresentare lo stesso gioco sia in forma strategia che in forma estesa, per meglio analizzare la situazione dobbiamo chiederci quale sia la natura del gioco (ripetitivo, simultaneo, ad informazione perfetta, ad informazione imperfetta, ecc.) e quindi scegliere la rappresentazione più efficiente per l’analisi. Inoltre la determinazione della tipologia di gioco è fondamentale per un altro motivo: per la ricerca dei punti d’equilibrio e più in generale la ricerca delle motivazioni che spingono i giocatori a compiere alcune mosse al posto di altre è possibile utilizzare strumenti e procedure differenti, in funzione del tipo di gioco. Ricordiamo anche che la nostra analisi è facilitata dal lavoro di Zermelo, del quale conosciamo l’omonima teoria. Essa dice che un gioco finito termina con la vittoria di uno dei due giocatori o con lo stallo, ma non fornisce spiegazioni su quale dei tre stadi si verrà a verificare. Infine concludiamo il capitolo focalizzando la nostra attenzione sull’assioma di razionalità: come abbiamo detto esso ci permette di svolgere la nostra analisi su un punto fondamentale: tutto i giocatori da noi studiati sono elementi razionali, ossia scelgono la mossa che gli permette di ottenere i risultati migliori, senza lasciarsi condizionare dal comportamento dell’avversario. Questo piccolo riassunto degli argomenti trattati conclude il capitolo.

Capitolo 3:
RISOLUZIONE DEI GIOCHI, NASH E VON NEUMANN

DUE MATEMATICI COMPLEMENTARI E CONTRARI


“I believe in assigning value to things.”

(Io credo nell’assegnare un valore alle cose)

J. Nash

3.1 Introduzione

Nei capitoli precedenti abbiamo parlato di quanto sia stato importante il contributo di John Nash alla Teoria dei Giochi. Prima di parlare del vero e proprio equilibrio di Nash, è giusto fornire una piccola biografia del matematico e qualche aneddoto sulle cause che lo hanno portato a teorizzare l’omonimo equilibrio.


3.1.1 John Nash – Una mente bellissima


John Forbes Nash Jr. Nasce a Bluefield, il 13 giugno 1928. Tra i matematici più brillanti e originali del '900, Nash ha rivoluzionato l'economia con i suoi studi di matematica applicata alla 'Teoria dei giochi', vincendo il premio Nobel per l'economia nel 1994. Ma Nash è anche un geniale e raffinato matematico puro. Ha sempre avuto un'abilità poco comune nell'affrontare i problemi da un'ottica nuova e impensabile per gli altri, trovando soluzioni incredibilmente eleganti a problemi complessi.

La situazione scolastica, perlomeno inizialmente, non è rosea. Gli insegnanti non si accorgono del suo genio e dei suoi straordinari talenti. Anzi, la mancanza di 'abilità sociali', definite a volte anche come carenze relazionali, portano ad identificare John come un soggetto indietro rispetto alla media. Più probabilmente, era semplicemente annoiato dalla scuola.

Al liceo la sua superiorità intellettuale rispetto ai compagni gli serve soprattutto per ottenere considerazione e rispetto. Ottiene una prestigiosa borsa di studio grazie ad un lavoro di chimica in cui vi era però anche lo zampino del padre. Si reca allora a Pittsburgh, alla Carnegie Mellon, per studiare proprio chimica. Con il passare del tempo il suo interesse per la matematica va aumentando sempre più. In questo campo mostra delle abilità eccezionali, specialmente nella soluzione di problemi complessi. Con gli amici si comporta in modo sempre più eccentrico. Di fatto non riesce ad instaurare rapporti di amicizia né con donne né con uomini. Ad ogni modo si mostra subito un matematico di primo ordine, tanto da ottenere offerte da Harvard e Princeton per seguire un dottorato in matematica. Sceglie Princeton dove avrà modo di conoscere, fra gli altri, giganti della scienza come Eistein e Von Neumann.

Nel 1949, mentre studiava per il suo dottorato, sviluppò delle considerazioni che 45 anni più tardi gli valsero il premio Nobel. Durante quel periodo Nash stabilì i principi matematici della teoria dei giochi.


Un suo collega, Ordeshook, ha scritto:


«Il concetto di 'Equilibrio di Nash' è sicuramente l'idea più importante nella teoria dei giochi, per quel che riguarda i giochi non cooperativi. Se analizziamo le strategie di elezione dei candidati, le cause della guerra, la manipolazione degli ordini del giorno nelle legislature, o le azioni delle lobby, le previsioni circa gli eventi si riducono ad una ricerca di o ad una descrizione degli equilibri. Detto in altri termini e banalizzando, le strategie di equilibrio sono tentativi di predizione circa il comportamento della gente.»


Intanto comincia ad avere i primi segni di malattia. E’ il periodo dei ricoveri, e comincia anche un periodo lunghissimo della sua vita in cui alterna momenti di lucidità, in cui riesce comunque a lavorare, raggiungendo anche risultati assai significativi (ma non del livello dei suoi precedenti), ad altri in cui le condizioni di salute mentale sembrano seriamente deteriorate. Ad ogni modo, fra alti e bassi, conduce la sua vita al fianco della moglie che lo sostiene in tutti i modi e con grandissimi sacrifici. Finalmente, dopo lunghi travagli, all'inizio degli anni novanta, le crisi sembrano avere fine. Nash può tornare quindi al suo lavoro con maggiore serenità, integrandosi sempre di più nel sistema accademico internazionale e imparando a dialogare e a scambiare idee con altri colleghi (caratteristica prima, d'altronde, dell'impresa scientifica). Il simbolo di questa rinascita è contrassegnato nel 1994 con il conferimento del premio Nobel per l'economia. Il 19 marzo 2003 gli è stata conferita la laurea 'honoris causa' in Economia e Commercio da parte dell'Università Federico II di Napoli. Nel 2003 torna in Italia, per ricevere il Premio Capo d'Orlando.

Egli è anche uno dei pochi ad aver ispirato una biografia mentre è ancora in vita. Il libro Il genio dei numeri - Storia di John Forbes Nash Jr., matematico e folle (titolo italiano), scritto da Sylvia Nasar e pubblicato nel 2002 racconta proprio la sua travagliata storia, la quale ci mostra quanto sia sottile il confine tra il genio e la pazzia. Dal libro è stato tratto anche un film di successo, il celebre film A Beautiful Mind (2001) del regista statunitense Ron Howard, vincitore di quattro Golden Globe e di altrettanti Oscar.


3.2 Strategie dominate, strategie miste e miglior risposta


Precedentemente, parlando dei giochi in forma strategica, abbiamo detto che il lavoro di Nash rappresentava uno strumento per la risoluzione del problema. Prima di arrivare all’equilibrio vero e proprio, è importante introdurre tre importanti idee: l’idea di strategia dominante, quella di miglior risposta (best reply) e quella di strategia mista.
























Oltre ad aver parlato di giochi in forma strategica e in forma estesa, nel precedente capitolo abbiamo introdotto la nozione di giochi a somma nulla e a somma non nulla. I primi sono definiti dalla funzione



dove n è il numero dei giocatori ed Mi i loro rispettivi payoffs. I giochi a somma non nulla invece sono caratterizzati dalla funzione



in quanto la sommatoria dei payoffs dei giocatori non è costante. I giochi a somma zero (zero-sum games) rappresentano la concorrenza perfetta: cioè che vinco io è ciò che perdi tu. Essi sono però piuttosto rari. Nella vita concreta si viene a creare un intreccio di motivazioni tale che raramente i giocatori hanno interessi diametralmente opposti. Gli interessi delle parti sono quindi competitivi e cooperativi allo stesso tempo e la somma dei loro payoffs è diversa da zero.

Il miglior modo per un giocatore di arrivare alla vittoria è quello di trovare, se esiste, la sua strategia dominante, ossia quella strategia che è sempre migliore delle altre. Per determinare quale o quali sono le strategie dominanti, si procede con l’eliminazione sistematica di tutte le strategie dominate. Questo procedimento prende il nome di eliminazione iterata di strategie strettamente dominate. Riprendiamo il gioco “Una copertina scottante” e proviamo ad analizzarlo. In forma strategica si presentava cosi



ESPRESSO

PANORAMA


Politica

Sport

Politica



Sport




Mettiamoci nei panni della redazione di Panorama. Notiamo che i suoi payoffs della prima riga sono sempre maggiori dei payoffs della seconda riga ( 14 > 12 e 28 > 6). Dunque la strategia di pubblicare in copertina un articolo sulla politica è dominante rispetto alle altre.






Semplifichiamo ancora il procedimento, visualizzandolo passo per passo.


La redazione di Panorama sceglie la riga, ossia una delle due strategie tra “Politica” e “Sport”. Conoscendo gli utili derivanti dalle sue mosse, determina quale sia la più conveniente delle due. Come si può vedere dallo schema, la prima riga domina la seconda, visto che i suoi payoffs sono sempre maggiori.




Lo stesso ragionamento viene fatto dalla redazione dell’Espresso, la quale comprende che è conveniente pubblicare un argomento di politica, indipendentemente dalla strategia di Panorama.




Ora si possono verificare tre situazioni:


a)     entrambi i giocatori possiedono una strategia dominante;

b)     un solo giocatore possiede una strategia dominante;

c)     nessun giocatore possiede una strategia dominante.



Caso a: entrambi i giocatori possiedono una strategia dominante.


Questa è la situazione in cui ci troviamo in “Una copertina scottante”, in quanto abbiamo visto che sia Panorama che l’Espresso hanno trovato una strategia dominante nel giocare “Politica”, senza curarsi della strategia dell’avversario. L’equilibrio del gioco è determinato dalla coppia strategica (Politica;Politica), che si traduce nel vettore di payoffs (14;14). Questo equilibrio è definito da strategia dominante (dominant strategy equilibrium).

Possiamo quindi fornire le seguenti definizioni:


Una strategia domina in senso forte un’altra strategia se i payoffs ad essa associati sono sempre maggiori dei rispettivi payoffs della seconda.

Una strategia domina in senso debole un’altra strategia se i payoffs ad essa associati sono maggiori oppure uguali ai rispettivi payoffs della seconda.

Definiamo la prima strategia come strategia dominante e la seconda come strategia dominata.

Se entrambi i giocatori possiedono una strategia dominante, l’equilibrio che ne risulta è un equilibrio da strategia dominante.


Questi tipi di giochi, in cui è presenta un equilibrio da strategia dominante, rappresentano la forma più semplice d’iterazione strategica. La soluzione, cioè l’equilibrio che si viene a creare, tuttavia può non essere quella ottimale dal punto di vista collettivo. Diremo quindi che non sempre un equilibrio da strategia dominante è un ottimo paretiano. Questo perché l’egoismo personale potrebbe condurre ad un equilibrio inferiore rispetto a quello che si realizzerebbe se gli individui ragionassero dal punto di vista del benessere collettivo. Per un esempio pratico di questa particolarità si veda il dilemma del prigioniero, capitolo 4.4.


Caso b: un solo giocatore possiede una strategia dominante.


Nella vita reale, è frequente il caso in cui un solo giocatore possiede una strategia dominante. Come sempre, spieghiamo la teoria per mezzo di un esempio.

Riprendiamo il gioco precedente di Panorama e dell’Espresso, modificandolo per adattarlo alla nostra situazione. In questa variante, le ricerche di mercato dicono che i lettori hanno una leggera preferenza per Panorama. Consideriamo come variano i payoffs in relazione a questa modifica.



ESPRESSO

PANORAMA


Politica

Sport

Politica



Sport




Panorama ha ancora la sua strategia dominante, che è quella di pubblicare un articolo sulla politica (18 > 12 e 28 > 8, c’è una dominanza in senso forte)

L’Espresso perde la sua strategia dominante (10 < 12, ma 28 > 4), cosicché nessuna strategia domina – in senso forte o debole – le altre.

In questo caso il concetto di strategia forte viene sostituito da quello di miglior risposta (best reply), ossia la miglior risposta in base alla strategia avversaria. La scelta de l’Espresso è ora condizionata dalle decisioni di Panorama. Se questi decide di pubblicare un articolo sulla politica, a l’Espresso conviene buttarsi sullo sport (dato che 10 < 12) e se Panorama sceglie lo sport alla seconda redazione conviene pubblicare una copertina sulla politica (essendo 28 > 4). L’Espresso deve cercare di prevedere le azioni di Panorama, per poi giocare la sua miglior risposta. Ora facciamo attenzione, perché vengono presentate le potenzialità della teoria. Dato che entrambi i giocatori sono razionali (secondo il postulato di razionalità), la previsione su cosa pubblicherà la redazione di Panorama è semplice. Essa giocherà sempre la sua strategia dominante, ossia “Politica”, permettendo a l’Espresso di giocare la sua best reply, ossia “Sport”. La soluzione del gioco si risolve con la coppia (Politica;Sport), associato ad un vettore d’utilità di (28;12). Questo equilibrio viene chiamato equilibrio da miglior risposta.


Caso c: nessun giocatore possiede una strategia dominante.


Questa è l’ultima casistica possibile, quando non esistono strategie dominante per nessun giocatore. Giunti in questa situazione, i giocatori devono giocare le loro best reply per massimizzare l’utile. Rispetto al caso precedente però non è possibile determinare con sicurezza le mosse dell’avversario e quindi si viene a generare un circolo vizioso di best reply (se tu giochi politica, io devo giocare sport, ma se tu giochi sport, io devo giocare politica…). Modifichiamo ancora il nostro gioco per adattarlo alla situazione.



ESPRESSO

PANORAMA


Politica

Sport

Politica



Sport




Nessuno dei due giocatori possiede una strategia dominante. Proviamo a verificarlo con due schemi separati.

La redazione di Panorama preferisce giocare Politica solo quando l’Espresso pubblica una copertina sullo sport, mentre ha convenienza a giocare sport quando l’altro giocatore sceglie la strategia “Politica”. Non esistono quindi strategie dominanti.


Il secondo giocatore, la redazione dell’Espresso, effettua lo stesso ragionamento. Non esistono neppure per lui strategia dominante, in quanto sono tutte condizionate dalle strategie di Panorama (ossia sono tutte dominate).





I punti d’equilibrio vengono a determinarsi nelle intersezioni tra la best reply dei giocatori, ossi quando scelgono strategie opposte. Possiamo definire equilibrio di Nash quella situazione in cui entrambi i giocatori giocano best replies contro le rispettive strategie. Un EQUILIBRIO DI NASH si trova dunque nell’intersezione tra le due best replies. Il nostro gioco possiede due equilibri: la coppia (Politica, Sport) e quella (Sport, Politica), date dalle situazioni in cui i due giocatori giocano le loro best replies una contro l’altra.


Non sempre gli equilibri di Nash esistono all’interno di strategie pure. Ricordiamo che una strategia è considerata pura quando un giocatore sceglie con certezza una determinata azione. D’altro canto, una strategia è considerata mista quando un giocatore sceglie casualmente fra più azioni, cioè sceglie di giocare S1 con probabilità p e S2 con probabilità q (con q = 1-p). Vista in questo senso, una strategia pura non è altro che una tipologia particolare di strategia mista in cui p = 0. Le strategie miste introducono la nozione di “casualizzazione” del comportamento strategico: ogni giocatore vuol confondere l’avversario, non permettendogli di determinare la strategia che giocherà. Se cosi non fosse, l’altro giocatore potrebbe facilmente determinare la sua best reply e vincere il gioco, diminuendo l’utile del primo giocatore.

Una best reply viene definita all’interno di un gioco a strategie miste per mezzo del concetto di utilità attesa, vale a dire la media dei payoffs delle singole strategie ponderata per il rispettivo grado di probabilità. In simboli



dove ricordiamo che U è l’utilità attesa, S è l’insieme delle strategie del primo giocatore (S1) e del secondo (S2) mentre p è la probabilità, dove ovviamente



3.3 Equilibrio di Nash


Ritengo importante soffermarsi ancora sulla nozione di equilibrio di Nash, analizzandone le proprietà omesse precedentemente.

In presenza di un equilibrio di Nash, nessun giocatore ha interesse a modificare unilateralmente la propria strategia. Il concetto fondamentale di questa teoria risiede nella parola unilateralmente: essa significa che solo un atto congiunto (ossia quando entrambi cambiano strategia) può tradursi in un miglioramento della situazione. Questo vuol dire che l’equilibrio di Nash è stabile rispetto le defezioni unilaterali, ma può non essere stabile nei confronti delle mutue defezioni. Spesso, per trovare un equilibrio di Nash, dobbiamo passare da strategie pure a strategie miste. Infatti è noto che


Ogni gioco finito a somma non nulla possiede sempre almeno un equilibrio di Nash in strategie miste.


secondo proprio il Teorema di Nash. Tuttavia si può presentare il problema in cui sono presenti più equilibri di Nash, ossia equilibri multipli. Com’è possibile determinare quale sia il punto d’equilibrio migliore per i giocatori? La nozione di equilibrio di Nash assume che tra i giocatori si formino congetture comuni (common conjectures) riguardo al gioco. Dato che entrambi sanno che dei cambiamenti unilaterali non produrranno nessun miglioramento, essi sfruttano questa congettura comune per raggiungere un equilibrio di tipo stabile. Le congetture comuni possono sorgere per cause diverse. Per motivi di spazio discuteremo solo della comunicazione.

Quando i giocatori hanno interessi identici, la comunicazione può essere sufficiente per creare una congettura comune che li indirizzi verso l’equilibrio di Nash. Portiamo un esempio. Data la seguente tabella dei playoff



Giocatore B

Giocatore A


Strategia x

Strategia y

Strategia x



Strategia y




le parti hanno interesse comune che il giocatore B giochi la strategia Y, mentre il giocatore A la strategia X, cosi da ottenere un equilibrio con utili maggiori rispetto alla soluzione (strategia y; strategia x), associata ad un vettore di pagamenti (1;1). Quando la comunicazione avviene prima del gioco, è possibile che i giocatori si accordino su un punto di Ottimo Paretiano. Alcuni teorici suggeriscono che la Pareto-ottimità sia uno dei criteri di scelta tra equilibri di Nash multipli.


3.4 Il teorema del minimax


Le strategie miste espandono lo spazio di strategie disponibili ai giocatori. Il problema è il seguente: esistono sempre degli equilibri all’interno di strategie miste? Il lavoro di von Neumann risolve proprio questo problema, ma è applicabile solo nei giochi a due persone e a somma nulla, ossia in quelle situazioni in cui gli interessi delle parti sono perfettamente opposti. L’interesse di ogni giocatore è quindi quello di cercare di ridurre il payoff dell’avversario. Definiamo livello di sicurezza o security level di ogni giocatore per la strategia S il minimo payoff che egli può ottenere se dichiara in anticipo che giocherà tale strategia. Il teorema del minimax afferma che i giochi a somma nulla e a due persone hanno almeno un equilibrio in strategie miste che massimizza i livelli di sicurezza di entrambi i giocatori. Il punto in cui si incontrano la strategia di minimax di un giocatore con la strategie di minimax dell’altro, è chiamato “soluzione del punto di sella”, proprio perché esprime una condizione di equilibrio. Questo teorema è uno strumento molto potente per i giochi a somma nulla e a due persone perché ci dice che tutti questi giochi possono essere risolti in strategie miste. Se esistono equilibri multipli, tutti gli equilibri producono lo stesso valore ed ogni strategie di equilibrio di un giocatore è in equilibrio con ogni strategie di equilibrio degli altri. In altre parole, tutte le strategie di equilibrio sono interscambiabili e producono lo stesso valore. Questa conclusione è fondamentale! Essa stabilisce un importante divisore tra il concetto di equilibrio di minimax con quello teorizzato da Nash. Negli esempi precedenti, parlando del lavoro di Nash, abbiamo constatato che sebbene due equilibri avessero gli stessi payoff, essi non erano interscambiabili e producevano valori diversi per i giocatori (vedi sopra, par. 3.4).

Il teorema del minimax deriva da una generalizzazione compiuta da von Neumann del teorema del punto fisso, dimostrato da Brouwer nel 1910. Il lavoro di von Neumann ha però due limiti importanti, che vengono evidenziati già nel teorema del punto fisso.

In primo luogo, il minimax ci dice soltanto che un equilibrio esiste, ma non ci spiega in che modo si perviene all’equilibrio. Ad esempio, negli scacchi, che sono un gioco a somma zero con due giocatori, il minimax ci dice che esiste un equilibrio (vittoria, sconfitta, stallo), ma non è in grado di determinare quale sia la strategia ottimale: lo spazio strategico (ossia l’insieme delle strategie) è immenso e l’interazione fra strategie molto complesso.

In secondo luogo, il minimax ci dice che esiste un punto fisso (ossia un equilibrio), ma non ci dice quanto sia esso stabile. In ambito economico, ci possono essere diversi stadi: recessione, crescita, boom, stagflazione, ecc. Tali stadi dipendono da variabili come l’occupazione, l’offerta di beni e la domanda, ecc. Queste variabili rappresentano fenomeni cosi delicati che una piccola variazione può dar luogo a uno stato differente: essi sono detti “valori critici” o “punti singolari” della funzione. La nozione di equilibrio come punto è debole, perché un punto è per sua natura un luogo instabile: piccole variazioni possono condurre a risultato completamente diversi su larga scala (si veda la teoria delle catastrofi di Renè Thom, 1980).

La visione dell’equilibrio come punto porta dunque con se la visione potenziale di caos. Solo recentemente si è fatta strada l’idea di considerare l’equilibrio non più come punto, ma come area: gli equilibri del mercato vengono allora intesi come bacini di attrazione (attrattori) di alcune variabili, fra cui i prezzi e i comportamenti individuali. Il teorema del minimax, strumento indiscutibilmente potente per uno spazio bidimensionale, può cogliere solo parzialmente la complessità di questi nuovi scenari.

Con questo teorema si chiude il paragrafo e il capitolo.

Capitolo 4:
MODELLI DI SITUAZIONI CONCRETE

UNA CHIAVE PER I MECCANISMI DELLA NOSTRA SOCIETA'


“Non si dicono mai tante bugie quante se ne dicono prima delle elezioni, durante una guerra e dopo la caccia..”

Otto von Bismarck

Gli Archetipi di Rapoport


Tra i tanti modelli creati dalla Teoria dei Giochi, sono soprattutto quattro a rivestire un ruolo importante, data la loro flessibilità nell’adattarsi a molte situazioni di vita reale, come ad esempio la politica estera. Questi giochi, che vengono trattati nella forma estesa mediante una matrice 2x2, presentano un’ulteriore caratteristica: sono giochi simmetrici. Questo significa che i giocatori hanno payoff identici in situazioni identiche. Un comportamento razionale spingerebbe i giocatori a scegliere la stessa mossa dell’avversario, nel rispetto del famoso assioma di razionalità. In queste particolari tipologie, il primo giocatore preferisce sempre che, qualunque sia il suo comportamento, l’avversario cooperi con lui. Questi quattro modelli di giochi, teorizzati da persone diverse, furono analizzati e discussi da Anatol Rapoport, il quale li analizzò nelle sue due più grandi opere: “Two-person Game Theory” del 1999 e “N-Person Game Theory” del 2001. Essi prendono il nome di Archetipi di Rapoport.




Per rappresentare i giochi, utilizzeremo i seguenti simboli:


o      CC: Indica che il giocatore A sceglie la prima riga e il giocatore B la prima colonna. Significa che entrambi Collaborano.

o      CN: Indica che il giocatore A sceglie la prima riga e il giocatore B la seconda colonna. Significa che il primo giocatore Collabora, mentre il secondo Non collabora.

o      NC: è l’opposto della situazione CN. Il primo giocatore Non collabora, mentre il secondo Collabora.

o      NN: è l’opposto della situazione CC. Nessuno dei due giocatori Collabora.


Le quattro tipologie di gioco saranno quindi caratterizzate dalla combinazione delle quattro mosse, ossia:


CC > NC > CN > NN

CC > NN > NC > CN

NC > CC > CN > NN

NC > CC > NN > CN


Esse traducono operativamente l’interesse del primo giocatore a far cooperare l’avversario qualunque sia la propria mossa. In altri termini, egli preferisce sempre il comportamento CC (Cooperazione di entrambi) a quello NN (Non cooperazione di entrambi). Tutti questi giochi sono qualitativi, ossia è più importante la preferenza delle mosse rispetto all’utile che generano. Il loro contrario sono i giochi quantitativi.

4.2 Il contribuente


In questo gioco maggiore è la cooperazione (pagare le tasse), maggiore è il benessere collettivo (meno tasse per tutti, base di riparto più grande). Il comportamento Cooperare significa pagare i tributi, mentre Non coopera significa evadere il fisco. Esso è determinato dal comportamento:


CC > NC > CN > NN


Secondo il ragionamento del primo giocatore, il comportamento CC è il migliore per entrambi, infatti pagando tutti le tasse ci sarà un aumento delle entrate pubbliche e un minore carico tributario, dato dal maggior numero di contribuenti. Il comportamento NN è il peggiore, dato che se nessuno pagasse le tasse lo stato non avrebbe le risorse necessarie per finanziare la spesa pubblica e quindi non potrebbe soddisfare i bisogni pubblici. Per determinare la preferenza tra NC e CN segue questo ragionamento: se uno dei due ha la possibilità di evadere le tasse, è meglio che quella persona sia io (NC) piuttosto che lui (CN), cosi da non dover subire un aumento dei tributi. Per rappresentare i payoff dei giocatori, assegniamo un valore compreso tra 0 e 3 alle possibili mosse e rappresentiamo il gioco nella sua forma strategica.



Giocatore B

Giocatore A


Paga le tasse

Evade le tasse

Paga le tasse



Evade le tasse




Cerchiamo di determinare una possibile soluzione per il gioco, secondo quanto espresso dalla nozione di equilibrio di Nash.


Determinazione della strategie dominante per il giocatore A.


Il primo giocatore valuta le sue opportunità di scelta. Egli ritiene che nella prima colonna raggiunge il massimo utile giocando Coopera, mentre nella seconda colonna preferisce giocare Coopera piuttosto che Non coopera.





Determinazione della strategie dominante per il giocatore A.

Il secondo giocatore, come il primo, analizza le proprie mosse e i relativi payoff. Egli capisce che è meglio Cooperare piuttosto che Non cooperare in entrambe le righe, dato che 3 > 2 e 1 > 0.






Determinazione dell‘equilibrio di Nash

L’unico equilibrio possibile è la soluzione in cui tutte e due i giocatori cooperano pagando le tasse. Questa viene adottata dai giocatori, in quanto entrambi sono persone razionali.






Nella vita reale purtroppo la situazione (soprattutto in Italia) è ben differente e poco si adatta al modello di gioco proposto. Sebbene la soluzione di pagare tutti le tasse è la più conveniente non solo per la collettività, ma anche per l’individuo, la tentazione di carpire un vantaggio economico (il quale rimane comunque relativo e in molti casi solo apparente), comportandosi quindi in maniera irrazionale è molto forte. Questo può essere giustificato dal fatto che i modelli in questione si basano su giochi non cooperativi ad informazione perfetta, mentre nella realtà la situazione può essere molto differente. Bisogna aggiungere che proprio nell’ analisi di questi modelli, ossia i giochi non cooperativi ad informazione imperfetta, si stanno facendo molti progressi, a testimonianza dell’importanze del ruolo della Teoria dei Giochi nella ricerca moderna.

4.3 La caccia al cervo


Questo gioco trae ispirazione dal pensiero di Jean Jaques Rousseau. Il nome deriva da un tratto dell’opera Discorso sull’origine delle disuguaglianze fra gli uomini, scritta dal sopraccitato filosofo illuminista nel 1755. In esso egli ritiene che tutte le società umane siano evoluzione delle temporanee alleanze, rese necessarie dalla caccia di grandi animali, i quali sono al di fuori della portata del singolo individuo. Il gioco riprende questa situazione: due persone stanno dando la caccia ad un cervo, quando ad un certo punto uno dei due vede una lepre nel bosco. Il giocatore deve quindi scegliere tra continuare a cacciare il cervo, che rappresenta la massima utilità per tutti, oppure rinunciare al cervo e cacciare la lepre(che rappresenta una buona utilità per lui, ma un perdita per l’altro giocatore, che da solo non può cacciare il cervo). Le stesse considerazioni valgono per il secondo giocatore e sono un incentivo alla Non cooperazione per il primo giocatore (se lui continua a cacciare il cervo e l’altro sceglie di cacciare la lepre si troverà senza niente da mangiare). Il ragionamento dei giocatori si traduce quindi nel seguente modo: la Cooperazione di entrambi è la scelta migliore (CC), in quanto in questo modo riescono a catturare il cervo, che vale di più rispetto alle lepri. La situazione peggiore è quella in cui io scelgo di cooperare e il mio avversario decide di cacciare la lepre (CN), dato che da solo non posso catturare il cervo, mentre lui riesce a prendere la lepre. Nel caso in cui io decidessi di Non cooperare e cercassi di catturare la lepre, preferisco che l’altro giocatore continui a Cooperare (NC), piuttosto che decida di cacciare anche lui la lepre (NN). In tal modo posso provare a catturare la lepre ed, in caso di fallimento, potrei tornare a cacciare il cervo con lui.

Le preferenze individuali sono quindi:


CC > NC > NN > CN


Come nel precedente esempio, assegniamo dei valori alle possibili mosse dei due giocatori e ricerchiamo i possibili equilibri di Nash.



Giocatore B

Giocatore A


Caccia il cervo

Caccia la lepre

Caccia il cervo



Caccia la lepre




Determinazione dell‘equilibrio di Nash


In questo gioco i possibili equilibri sono due: la scelta di Cooperare o di Non cooperare per entrambi. Notiamo subito che l’utile della prima soluzione (la mutua Cooperazione) è maggiore del secondo. Esso rappresenta anche un Ottimo Paretiano. La scelta dipende quindi da altri fattori, quali la fiducia nei confronti dell’altro giocatore o il dubbio che si nutre nei suoi confronti. La scelta meno rischiosa è quindi rappresentata dalla seconda possibilità, in quanto la Non cooperazione rappresenta un’uscita razionale. Questo modello rappresenta bene alcune situazioni pratiche, come le azioni di disubbidienza civile, la rivolta contro lo stato, gli scioperi, ecc., ossia tutte quelle situazioni in cui bisogna cercare di coordinare le proprie strategie con quelle degli altri giocatori.


4.4 La corsa del coniglio


Anche questo gioco trae ispirazione da un’opera, in questo caso cinematografica. Il nome originale è The Chickie Run, a causa di una delle scene del film Gioventù Bruciata del 1955. In essa due ragazzi si sfidano in una prova di coraggio: devono condurre la propria automobile il più possibile vicino al bordo di un precipizio, cercando di buttarsi fuori all’ultimo momento. Chi riesce a percorrere più strada viene proclamato vincitore, mentre il suo avversario, che ha preferito buttarsi fuori dalla macchina prima di lui, viene deriso e schernito come “coniglio”. Ecco il ragionamento di ciascun giocatore: la migliore ipotesi è che lui Cooperi e io no (NC), in questo modo io vinco il gioco, mentre lui fa una brutta figura e perde il rispetto degli amici. La situazione peggiore è quella in cui nessuno di noi due si butta fuori dall’auto (NN), in quanto entrambi perdiamo la vita. Tra la reciproca Cooperazione (CC) e la mia Cooperazione preferisco la prima, in quanto se ci buttiamo tutti e due fuori dalla macchina nello stesso momento il gioco finisce in pareggio e nessuno dei due perde il rispetto dei compagni, mentre nel secondo caso sono solo io a fare la figura del perdente.


Rappresentiamo la tabella dei payoff:



Giocatore B

Giocatore A


Mi butto dalla macchina

Resto nella macchina

Mi butto dalla macchina



Resto nella macchina




Il gioco è espresso nella forma:


CN > CC > NC > NN


Cerchiamo di capire quali sono i possibili equilibri nell’esempio proposto.


Determinazione dell‘equilibrio di Nash

Anche in questo modello sono presenti due equilibri di Nash simmetrici. Sebbene sia sempre presente l’assioma di razionalità, nessuna delle due scelte pare razionale. I giocatori possono essere forti con i deboli oppure deboli con i forti (dato che NC > CC e CN > NN), secondo l’antica legge del più forte. Applicandola a situazioni reali, come ad esempio le relazioni internazioni, è importante considerare anche l’aspetto della deterrenza, ossia la credibilità della minaccia. Betrand Russell introdusse una variante del gioco, chiamandolo Il senso comune e la guerra nucleare, nel 1959. Nella variante, i due ragazzi rappresentano gli Stati Uniti e l’URSS nel periodo della Guerra Fredda e la sfida non consiste nel condurre l’automobile il più possibile vicino al burrone, ma nel percorrere un rettilineo uno di fronte all’altro. Ovviamente il vincitore è colui il quale non sterza. Il punto rimane sempre lo stesso: dissuadere l’avversario nel continuare nella corsa. Durante la Guerra Fredda, URSS e USA hanno continuato ad armarsi e a competere tra loro, anche adottando tattiche controproducenti, pur di scoraggiare l’avversario a desistere. Questo si è tradotto nel crollo economico dell’ URSS, avvenuto nel 1991. Altri esempio che si adattano comodamente a questo modello potrebbero essere la crisi di Cuba, la guerra del Golfo, lo spiegamento dei missili SS-20 in Europa, ecc. Ritornando alla nostra analisi, per concludere diciamo che in questo contesto non è possibile determinare una strategia razionale, sebbene la scelta di Cooperare risulta essere la migliore tra i due equilibri trovati, in quanto vanta un rischio minore.


4.5 Il dilemma del prigioniero


In ultimo analizziamo quello che si può definire il gioco più famoso dell’intera teoria. Questo esempio è stato formulato da Albert Tucker nel 1950. Due persone vengono arrestate dalla polizia e accusate di aver commesso un grave reato (ad esempio omicidio volontario). Il giudice è certo della loro colpevolezza, ma non ha prove sufficienti a incriminarle per un reato cosi grave. Decide allora di ricorrere ad uno stratagemma: ordina di separare i due sospetti e di chiuderli in due stanze differenti, senza dar loro la possibilità di contattarsi. Successivamente, viene avanzata la seguente proposta ad entrambi: se tutti e due confessano il reato il giudice è disposto a concedergli delle attenuanti, riducendo la pena da 20 a 8 anni di galera. Se entrambi non confessano, il giudice non può condannarli per omicidio volontario, ma solo per associazione a delinquere e devono scontare 2 anni di galera a testa. Se uno dei due confessa e l’altro no, il primo riceve in premio la grazia per il reato commesso e la protezione della polizia in quanto pentito, mentre il secondo deve scontare tutta la pena, ossia 20 anni di reclusione.

Come sarà stato possibile intuire dalla spiegazione del gioco, ci troviamo nella seguente forma:


NC > CC > NN > CN


La tabella dei playoff è:



Giocatore B

Giocatore A


Confessare

Non Confessare

Confessare



Non Confessare




Proviamo a determinare quali sono i possibili equilibri di Nash:


Determinazione dell‘equilibrio di Nash

Il risultato, visibile nel riquadro a fianco, evidenza il conflitto tra la razionalità dell’individuo e il suo interesse personale, il quale è ricorrente in molte situazioni concrete. Proviamo ad analizzare questo equilibrio attraverso il comportamento dei giocatori.

Il primo sospettato (giocatore A), può confessare o non confessare il reato. Egli ragiona sulle scelte: la situazione ideale è quella in cui lui confessa e il suo compagno no, ottenendo il massimo dei benefici. Se anche il suo compagno decidesse di confessare, la situazione peggiorerebbe, ma non eccessivamente terribile. Entrambi dovrebbero scontare 8 anni di galera. Non confessare è un comportamento troppo rischioso: se da un lato può riporre fiducia nel compagno e ottenendo cosi una pena di soli 2 anni, nella speranza di essere imitato, dall’alto si espone al massimo dei rischi: la pena di 20 anni. Egli decide quindi che Confessare conviene sempre (e rappresenta l’unico equilibrio di Nash, oltre che una strategia dominante). Il problema è che la soluzione di Confessare entrambi non è l’ottimo del gioco, inteso come Ottimo Paretiano. L’equilibrio -2;-2 è quindi collettivamente instabile, in quanto entrambi i giocatori hanno incentivo a spostarsi da esso e a tradire il compagno. Anche e soprattutto in questo caso, è possibile spostarci su un esempio concreto. Come abbiamo detto, la Teoria dei Giochi si pone l’obbiettivo di analizzare le situazioni problematiche che coinvolgono più individui e la loro interazione e di suggerire comportamenti da adottare per migliorare la situazione iniziale. Il dilemma del prigioniero rappresenta un’eccezione a queste finalità: esso mostra una situazione in cui il comportamento razionale dei giocatori li porta ad una situazione peggiore rispetto ad un’altra possibile. Questo paradosso ha attirato la curiosità di ricercatori di discipline lontane tra loro. Tramite una semplice ricerca su internet è possibile reperire una moltitudine di articoli sull’argomento, anche di natura non economica o matematica. Per esempio, secondo Paul Watzlawick, medico psichiatra, il dilemma del prigioniero non è un risultato affatto teorico. Esso rappresenta astrattamente un problema che è frequente nella psicoterapia del matrimonio. Egli inoltre dice che le coppie che vivono in una silenziosa disperazione e che traggono i benefici minimi dalla loro esperienza coniugale sono note agli psichiatri da molto tempo. Pur non fornendo una spiegazione alla terapia da adottare per risolvere il paradosso, nel libro del medico viene suggerito alla coppia di rompere lo schema del prigioniero, confessando entrambi le proprie colpe. Un altro esempio che possiamo portare, sempre in riferimento al dilemma del prigioniero, è il caso OPEC.


4.5.1 Il caso OPEC

Negli anni Settanta l’OPEC (Organization of Petroleum Exporting Countries) realizzò la più grande collusione fra paesi produttori di greggio. La sua forza fu tale da spingere il prezzo del petrolio dai 3 dollari al barile nel 1973 ad oltre 30 nel 1980. Sul finire degli anni Settanta alcuni esperti giunsero ad affermare che avrebbe superato i 100 dollari alla fine del secolo. Per fortuna, si sbagliavano. I prezzi cominciarono a scendere (18 dollari nel 1987, 10 dollari nel 1986), per poi risalire dopo l’invasione irachena del Kuwait. La nostra domanda è: cosa governa questo processo? Cosa determina il rapporto tra cooperazione e competizione, non solo in economia, ma anche in politica, in guerra, nella società e nella nostra vita?

Per semplicità prendiamo in considerazione due soli paesi membri dell’OPEC, l’Iran e l’Iraq. Supponiamo che ognuno dei due paesi ha a disposizione due livelli di produzione: possono produrre 2 o 4 milioni di barili al giorno. La produzione mondiale sarà quindi di 4, 6 o 9 barili al giorno. Supponiamo anche che il prezzo, in una condizione di partenza in cui si attestano a normali le condizioni della domanda e dell’offerta, sia di 25 dollari al barile se la produzione ammonta a 4 milioni di barili, a 15 dollari se ammonta a 6 milioni e a 10 dollari se la produzione è pari a 8 milioni di barili al giorno. Inoltre i costi di produzione sono pari a 2 dollari al barile per l’Iran e a 4 dollari al barile per l’Iraq. Come si può notare dalla tabella dei payoff, lo schema è uguale a quello del dilemma del prigioniero.



Profitti Iraq

Profitti Iran


2 milioni di barili

4 milioni di barili

2 milioni di barili



4 milioni di barili




Sappiamo che entrambi i giocatori giocano una strategia dominante, ossia quella di produrre il massimo possibile (4 milioni di barili al giorno). Se guardiamo i payoff, per l’Iran notiamo che quelli della seconda riga (52 e 32) sono maggiori dei rispettivi payoff della prima. Lo stesso discorso vale per l’Iraq, il quale ha payoff maggiori nella prima colonna rispetto alla seconda. L’equilibrio delle strategie dominante sarà rappresentato dalla strategia di immettere sul mercato la massima quantità possibile, ricavando cosi rispettivamente 32 milioni e 24 milioni.

Anche in questo esempio si presenta il dilemma della fiducia. Se entrambi i paesi scegliessero di produrre 2 milioni di barili, entrambi otterrebbero un profitto maggiore (46 milioni di dollari > 32 e 42 > 24). Perché i giocatori si comportano in modo cosi “irrazionale”? E’ evidente che la paura di subire una perdita è molto forte per entrambe le nazioni. L’Iran sa che scegliendo di produrre 2 milioni di barili al giorno, l’Iraq sarebbe stato incentivato a produrne 4 per aumentare i profitti. Lo stesso ragionamento viene fatto dall’Iraq, il quale preferisce non fornire un vantaggio al proprio avversario piuttosto riducendo la produzione a 2 milioni di barili. Nel timore reciproco che l’altro non cooperi, gli stati preferiscono raggiungere un compromesso di non cooperazione, trovando una soluzione non ottimale dal punto di vista collettivo. Ricordiamo infatti che l’unico punto di Ottimo Paretiano è quello in cui entrambe producono il minimo, ottenendo 46 e 42 milioni, mentre l’equilibrio di Nash ricade sulla scelta di non cooperare, espressa dai payoff 32;24.

Il problema può essere allargato includendo tutti i paesi dell’OPEC o, più generalmente, tutti i giocatori appartenenti ad un cartello. In queste forme di collusione, il problema comune è mantenere una strategia di bassa produzione e prezzi elevati (in quanto cosi si ottiene il massimo utile possibile per tutti i produttori) e prevenire possibili tradimenti dei paesi che preferiscono speculare alle spalle degli altri piuttosto che adempiere al patto.

Allargando ancora lo spettro d’analisi diciamo che il problema, estremamente comune nella vita sociale, politica, economica e quotidiana, consiste nel trovare il modo per stabilire una certa cooperazione collettiva sulla base della competizione individuale. Questo è un notevole passo in avanti rispetto a quanto teorizzato dai classici, in particolare dal pensiero di Adam Smith.


4.6 Conclusione


Questo capitolo è servito a fornire degli esempi concreti, se pur semplificati, delle potenzialità della teoria nell’analizzare problemi concreti di varia natura.  Agli esperti di Teoria dei Giochi, spesso vengono affidati incarichi complessi, come successo qualche anno fa negli Stati Uniti.

A quel tempo lo studio della procedura d’asta con cui assegnare concessioni per l’uso delle bande radio ad alta frequenza per telecomunicazioni e cellulari è stato affidato ad esperti di teoria dei giochi. Il loro compito consisteva da un lato nel massimizzare i profitti del governo e dall’altro quello di prevenire concentrazioni di concessioni verso poche compagnie, creando un oligopolio. La procedura suggerita ha permesso profitti otto volte superiori a quelli preventivati e le imprese di piccola dimensione hanno ottenuto il 47% delle bande disponibili in più, rispetto al 12% auspicato in una simulazione sulla base di una procedura tradizionale.

Con questo chiudiamo la trattazione della Teoria dei Giochi, almeno per quanto riguarda il suo aspetto matematico, per aprire una breve trattazione sul movimento filosofico del Positivismo e sulle sue conseguenze in ambito letterario, ossia le correnti del Naturalismo e del Verismo. In ultima analisi si parlerà di Giovanni Verga, massimo esponente del Verismo.

Capitolo 5:
IL TRIONFO DEL MODELLO SCIENTIFICO

LA FILOSOFIA POSITIVISTA E I SUOI EFFETTI SULLA LETTERATURA


'L’essere vero, caratteristica di ciò che è conforme alla realtà' Definizione del Vocabolario
della Lingua Italiana - De Mauro

5.1 Il Positivismo


Con l’affermazione della borghesia capitalistica sul piano economico e su quello politico, lo sviluppo industriale e tecnologico inizia la sua ascesa esponenziale. Storicamente possiamo collocare il Positivismo alla fine dell’Ottocento, in concomitanza con la nascita della grande industria, il consolidarsi dello stato liberale laico e il potenziamento degli imperi coloniali. Il razionalismo torna ad essere al centro della cultura, come successo nel periodo Illuminista. Esso si basa sull’idea che la realtà del mondo sia qualcosa di “oggettivo” e quindi di misurabile. Esistono fenomeni ed oggetti e noi possiamo percepirli, conoscerli e descriverli. Parallelamente alla cultura illuministica del Settecento, anche i positivisti mettono in primo piano i valori della realtà pratica e concreta, dando il primato alle scienze fisiche e alla tecnica. La religione, la filosofia e la poesia, che avevano caratterizzato la cultura del Romanticismo, passano in secondo piano e sono fatte anch’esse oggetto di indagini scientifiche.

Il termine positivisme viene usato per la prima volta da Saint-Simon per definire la rigorosa applicazione delle scienze “positive”, ossia quelle fondate sull’osservazione dei fatti e la verifica delle teoria. In altre parole, il Positivismo mette in primo piano l’applicazione del metodo scientifico, anche in campi lontani da quelli scientifici come la fisica e la matematica. Uno dei più grandi sostenitori del metodo scientifico e della filosofia positivista fu Auguste Comte. Egli, nel suo Corso di filosofia positiva, individua nella storia dell’umanità diverse fasi di sviluppo:


Fase teologica: l’uomo considerava il mondo come un prodotto di principi soprannaturali.

Fase metafisica: non si ricorreva più a criteri irrazionali per spiegare i fenomeni, ma solo a principi razionali.

Fase positiva: gli uomini hanno cessato d’interrogarsi sulle cause dei fenomeni e sono passati ad analizzare in che modo essi si manifestano.


Egli riconsidera anche la gerarchia delle scienze, organizzandole in un sistema generale. Al vertice di tutte le discipline pone la filosofia, in quanto coordinatrice e unificatrice dei risultati delle altre scienze, e ancora più in alto, in cima alla piramide, la sociologia o fisica sociale.

5.1.1 Evoluzione darwiniana e spenceriana

Uno dei più importanti risultati scientifici raggiunto durante l’epoca positivista è rappresentato dalla teoria dell’evoluzione darwiniana. Il termine evoluzione, che significa propriamente “svolgimento, sviluppo”, indica nel linguaggio scientifico l’insieme delle lentissime e continue trasformazioni degli esseri viventi, dai più elementari organismi di miliardi di anni fa, agli animali e vegetali che popolano ora la Terra. Il primo a formulare una teoria sull’evoluzione fu lo scienziato francese J.B. de Lamarck nella sua opera Filosofia zoologica. Il successo della teoria viene riconosciuto grazie al lavoro del naturalista Charles Darwin, il quale ne Sull’origine della specie ipotizza che la vita apparve all’inizio in forme molto semplici. Esse si modificarono progressivamente secondo il principio della seleziona naturale, ossia si salvarono dall’estinzione solo quelle specie che seppero sviluppare (per mutazione generica) e trasmettere ai proprio discendenti caratteristiche adatte a sopravvivere in un ambiente che andava profondamente modificandosi. Come tutte le grandi intuizioni, all’inizio la teoria dell’evoluzionismo darwiniano fu aspramente criticata, soprattutto perché le idee di Darwin andavano completamente contro quanto appreso dal racconto biblico secondo il quale l’uomo è stato creato direttamente da Dio.

Coerentemente al pensiero positivista, la teoria dell’evoluzione biologica viene applicata anche in altri campi di ricerca. Le discipline storiche e sociali vengono ora riviste in questa nuova prospettiva. L’idea che la storia umana sia un processo incessante di trasformazioni verso stadi di civiltà più avanzati viene formulata dal filosofo inglese Herbert Spencer. Egli ritiene che sia la realtà esterna, sia l’ “anima” degli individui dipendono da processi di aggregazione, che avvengono secondo leggi evoluzionistiche naturali e necessarie e che portano dal semplice al complesso. Il positivismo spenceriano dominerà la cultura europea tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento.


5.2 Naturalismo e Verismo


Col termine Verismo si designa quella corrente artistica e culturale che rappresenta il versante italiano del Naturalismo francese; attiva nell'ultimo trentennio del secolo XIX, essa acquista un ruolo di indiscussa egemonia dal 1875 al 1890. Si colloca nella seconda metà dell’Ottocento, quindi in pieno clima positivista. Il positivismo infatti rappresenta il versante filosofico del Verismo ed è caratterizzato dall’applicazione del metodo scientifico in ogni abito: ogni aspetto della realtà e del pensiero, persino l’uomo, sono infatti studiati come “fenomeni”. Nascono non a caso discipline come la psicologia, la sociologia ecc. Numerose sono le scoperte scientifiche e le innovazioni tecnologiche, tanto che proprio in tale periodo si assiste a quel fenomeno che viene definito Seconda rivoluzione industriale. Con l'avvento del positivismo e con l’evoluzione delle scienze naturali, psicologiche, e sociologiche, la ricerca del vero diventa un’ esigenza fondamentale, si libera da ogni residuo romantico di soggettivismo, da ogni sovrastruttura lirica o morale ed oggettivandosi attribuisce alla rappresen­tazione della realtà il solo ed unico valore di “documento”.

Lo scrittore si tramuta in scienziato e questi si sostituisce all'ideologo: collocandosi innanzi al soggetto preso in esame, rinunzia ad ogni rielaborazione fantastica, l’ac­cetta e lo dipinge nella sua integrità concreta, lo anatomizza, secondo una significativa espressione zoliana, per risalire dal dettaglio, dal fatto vero, ad una visione, la più realistica possibile, dell'uomo, dei suoi istinti, delle sue passioni, delle sue necessità materiali e spirituali, di tutto ciò, insomma, che costituisce il movente e la ragione prima della sua stessa esistenza. Soltanto da tale visione, da tale « documentazione » può scaturire la conoscenza delle leggi generali della natura psichica o fisiologica o sociale dell’individuo (evoluzione, ereditarietà, selezione, determinismo, vedi Darwin e Taine) e delle leggi dell’azione umana.

Questa esigenza è avver­tita, a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, e per un trentennio circa, dalle letterature dei principali paesi europei, e raggiunge le sue più notevoli rea­lizzazioni in Russia, con il realismo di Turgenev, di Dostoevskij e Tolstoj, fortemente impregnato di motivazioni psicologiche; in Francia, con il naturalismo­; in Italia, con il verismo. Il Naturalismo francese, trasferendo il metodo delle scienze nella lettera­tura volle porre ad oggetto dell’opera arte la stessa realtà, ritratta impersonalmente, cioè senza la presenza dell'artista e dei suoi sentimenti. Compito dello scrittore doveva essere quello di cogliere dal vivo «squarci» di vita e di presentarli al lettore con lo stesso distacco con il quale lo scienziato pre­senta i risultati di un’esperienza di laboratorio: è questa la teoria del «ro­manzo sperimentale».

Gli scrittori naturalisti elevarono l’istinto a guida suprema dell'agire umano, e ricercarono i veri rappresentanti dell'umana condizione tra i depravati e gli emarginati che popolano le grandi metropoli (alcolizzati, assassini, prostitute): caddero così nel più rigido determinismo ed offrirono una falsa immagine dell'uomo, mentre avevano la pretesa di darne un ritratto obiettivo. È per­tanto facile notare come questo realismo si differenzi da quello romantico, pieno invece di carica ideale, e come il Naturalismo sia strettamente connesso un pessimismo che è, ad un tempo, condanna di ogni sorta di pregiudizi e censura della società che ha contribuito al loro insorgere: da qui il carattere scandaloso e provocatorio assunto nei confronti dell'età che lo vide nascere e fiorire. Esso ebbe un precursore in Honoré de Balzac (1799-1850), che nella Commedia Umana guardò alla borghesia della Restaurazione ponendone in luce vizi e miserie, e sostenne la preminenza delle forze economiche nel deter­minare la scelta di condotta degli uomini; un immediato anticipatore in Gu­stave Flaubert (1821-1881), che in Madame Bovary ritrasse la vita insignificante di due comunissime creature.


Ma l’influenza maggiore si deve al teorico Ippolite Taine (1828-1893), il quale considerò la vita dell'uomo condizionata da tre fattori:


race = i fattori ereditari

milieu = l’ambiente famigliare

moment = il momento storico in cui egli vive.


Anche le teorie di Darwin sull’evoluzione avranno una notevole influenza in campo letterario.

Oltre al caposcuola Emile Zola (1840­-1902); di cui sono rimasti celebri i romanzi L'assommoir (bettola in cui i pro­tagonisti del racconto, miseri operai parigini, vanno a cercare nell'acquavite gli ingannevoli sogni del vizio), Teresa Raquin (drammatica vicenda di amori, delitti e rimorsi), Nanà (la cortigiana, idolo delle folle, che inebria e rovina quanti le si avvicinano), aderirono al naturalismo Edmond Goncourt (1822­-1896) con Elisa, Alphonse Daudet (1840-1897) con Saffo, il giovane Guy de Maupassant (1850-1893) con Palla di sego (Boule de suif), lunga novella che rimane tuttora il suo capolavoro.


Il Verismo italiano s’ispirò, inizialmente, al naturalismo, mutuandone il culto per l’arte impersonale e derivandone la predilezione per il romanzo, genere più di ogni altro idoneo alla nuova espressione artistica, ma procedette poi per vie sue, ed in parte originali. La parola Verismo fu coniata negli anni '70 per le arti figurative, ma venne riferita col tempo in modo sempre più esclusivo al campo della letteratura. L'influsso del Naturalismo francese sul Verismo italiano, come detto, è evidente. Accomuna i due movimenti l'intenzione di omologare la letteratura alla scienza, sia sul piano del metodo (l'impersonalità dell'opera d'arte), sia sul piano dei contenuti (uso di conoscenze scientifiche per rappresentare, secondo precisi nessi di causalità, i fenomeni).

La matrice filosofica del Positivismo, che ripudia la metafisica e celebra il 'fatto', sta alla base di questa concezione. Tuttavia, nel Verismo la prevalenza del momento oggettivo su quello soggettivo si sviluppò con una concretezza meno dottrinale che non rinnegava l’analisi scientifica dei « documenti » umani propugnata  dal realismo francese, ma dimenticava spesso formule e precetti per accogliere la « poesia selvaggia » emanante dalle terre vergini e dagli esseri primitivi, fatti oggetto della narrazione. Il canone dell’impersonalità perse nei veristi, anche nei maggiori, gran parte del suo rigore scientifico; all'ido­latria del « documento » subentrò non infrequentemente come in Verga, «l’ottica della memoria », suscitatrice di innumerevoli suggestioni poetiche; la narrazione si ridusse a due soli elementi di valore figurativo:


  • il dialogo
  • il paesaggio

Uomini e cose, rappresentati nella staticità delle loro millenarie tradizioni e delle loro misere condizioni sociali, ingenerarono un pessi­mismo che a tutta prima sembra escludere ogni possibilità di riscatto, ma che in ultima analisi è frutto dell'umana e celata partecipazione dello scrit­tore alle loro misere e tristi vicende. Lo studio della società non fu più ristretto ad un solo campo di osservazione -la parte deteriore delle grandi metropoli, che peraltro non esistevano in Italia - ma spaziò su quelle regioni che avevano maggiormente conosciuto il fallimento delle speranze risorgimentali, e sulle tristi condizioni delle plebi, che neppure l’incipiente sviluppo industriale sembrava in grado di elevare. Questa realtà umile e desolata affio­rava in modo particolare dalle regioni arretrate del Mezzogiorno e dell’estremo Sud e ad esse principalmente si volsero gli scrittori veristi per studiare l’elementarità, ma anche la vigorosità di sentimento di quanti vivevano entro il consorzio umano a livelli inferiori.

Uno dei tratti salienti del Verismo, infatti, è il suo carattere regionale (a differenza del Naturalismo): gli scrittori importanti del Verismo appartengono per lo più al sud della penisola. Quindi, sia Verga che i naturalisti scelsero per lo più come oggetto di rappresentazione letteraria ambienti e personaggi delle classi più povere e si dedicano a generi letterari in prosa (romanzo, novella, dramma) adatti alla ricerca di esiti realistici, ma mentre la narrativa del Naturalismo descrive spesso gli ambienti del proletariato urbano, quella verista si rivolge prevalentemente agli ambienti rurali.

Inoltre gli scrittori veristi non attribuirono, generalmente, alla loro attività letteraria quel valore politico che è invece un dato fondamentale in molti autori d'oltralpe vicini ai movimenti popolari e socialisti. Ciò non significa che Verga non offra stimoli importanti alle grandi tematiche politiche e civili che percorrono l'Italia post-unitaria: esso porta infatti a conoscenza di un pubblico vasto situazioni sociali che emergono dal silenzio e dall'abbandono. Tuttavia questa funzione di denuncia è per lo più involontaria e si afferma in gran parte al di là delle intenzioni degli autori veristi.


Ricordiamo che la rappresentazione letteraria delle classi popolari non è in se stessa una novità assoluta da ascrivere al Verismo. Nuova è invece la prospettiva, aliena da tentazioni patetiche e attenta agli elementi concreti della condizione sociale, da cui viene osservato questo mondo. Se dunque il Verismo porta innanzi la tendenza realistica già emersa nel filone manzoniano della prima metà del secolo, esso è però interprete di un'esigenza di oggettività che sostituisce all'interpretazione dell'autore un metodo rigoroso di rappresentazione dei fenomeni. Il verismo ebbe il merito di portare alla luce un'Italia sconosciuta, quella delle classi condannate a consumare la vita in un'immensa fatica senza ricavare da essa tutto l'indispensabile per vivere, eppure capaci di accettare, con virile pazienza e rassegnata mestizia, un così doloroso ed immutabile destino; ma mentre in Francia, un paese ricco di cultura e di fervore democratico, l'opera di rinnovamento degli scrittori naturalisti fu seguita dai lettori con interesse e partecipazione, nell'Italia di fine Ottocento, culturalmente arretrata e po­vera di forze sinceramente democratiche, dominata dall'equivoco spiritualismo di Fogazzaro prima, dal sensualismo estetizzante del D'Annunzio in seguito, le opere dei nostri scrittori veristi, pur ricche di cose e di problemi, informate ad un'aspra concezione dell'umana esistenza, passarono pressoché inos­servate.

Il teorico più noto del Verismo è il siciliano Luigi Capuana, che approfondì il concetto di impersonalità, ma al progetto di un'opera d'arte totalmente impersonale si dedicò anche il più grande scrittore italiano del periodo, Giovanni Verga, amico di Capuana e autore dei massimi capolavori del Verismo italiano.

5.3 Giovanni Verga

IN BREVE


Nasce a Catania.

Dal 1851
al 1857

Frequenta la scuola di Antonio Abate, patriota di idee mazziniane, giornalista e poeta. Nel 1857 termina il suo primo romanzo, Amore e patria, ambientato negli anni della Rivoluzione americana e rimasto inedito.


Su iscrive alla facoltà di legge presso l’Università di Catania; compone il romanzo I carbonari della montagna, ambientato nella Calabria del primo Ottocento.


Soggiorna per due mesi a Firenze, dove ha l’occasione di fare vita mondana; scrive il romanzo Una peccatrice.


Torna nuovamente a Firenze, dove viene accolto nei salotti letterari più importanti della città.


A Milano viene pubblicato il suo nuovo romanzo Storia di una capinera.


Si trasferisce a Milano, rimanendovi per circa vent ’anni.


Scrive il romanzo Eva.


Pubblica il bozzetto Nedda, una novella ambientata nel mondo rurale della Sicilia.


Viene dato alle stampe il romanzo Tigre reale; compone il romanzo Eros.


Pubblica la raccolta di novelle Vita dai campi.


Sono editi i Malavoglia.


Pubblica le Novelle rusticane.


Viene rappresentato con grande successo a Torino il dramma Cavalleria rusticana.


Viene dato alle stampe il romanzo Mastro-don Gesualdo.


Si trasferisce definitivamente a Catania.


Diviene senatore.


Muore a Catania il 27 gennaio.


Nasce a Catania il 2 settembre del 1840 in una famiglia di agiate condizioni economiche e di origine nobiliare. Ad undici anni inizia gli studi alla scuola di Antonino Abate, letterario e patriota, e, poi, del canonico Mario Torrisi. Il tipo di educazione ricevuta è, sul piano politico, patriottica risorgimentale e, sul piano letterario, sostanzialmente romantica. Si iscrive alla facoltà di legge ma non termina gli studi, tutto preso dalle vicende storico-politiche (dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia).

Fondamentali nella sua vita sono gli anni fiorentini (1865-72), dove avviene l'incontro con Luigi Capuana, con il quale inizia un rapporto d'amicizia e un sodalizio letterario. Più tardi si trasferisce Milano, città in cui vivacissimi sono gli scambi letterari; la fase milanese coincide con la maturità dello scrittore e con la grande stagione dei capolavori. L'ultima fase della vita del Verga è caratterizzata dallo scambio epistolare con la contessa Dina di Sordevolo, conosciuta a Roma e amata per tutta la vita. Muore a Catania nel 1922.

Verga applica coerentemente i principi della sua poetica nelle opere veriste composte dal ’78 in poi; e ciò da origine ad una tecnica narrativa profondamente originale e innovatrice, che si distacca sia dalla tradizione sia dalle contemporanee esperienze italiane e straniere. Nelle sue opere l’autore si “eclissa”, si immedesima nei personaggi, vede le cose con i loro occhi e le esprime con le parole. A raccontare infatti non è il narratore “onnisciente” tradizionale, che interviene nel racconto ad illustrare gli antefatti o le circostanze dell’azione, a tracciare il ritratto dei personaggi, a spigare i loro stati d’animo, a commentare e giudicare i loro comportamenti. Nelle opere del Verga la “voce” che racconta si colloca tutta all’interno del mondo rappresentato, è allo stesso livello dei personaggi;non è propriamente qualche specifico personaggio a raccontare, ma il narratore immedesimandosi nei personaggi adotta il loro modo di pensare e usa il loro stesso modo di esprimersi. E’ come se a raccontare fosse uno di loro, che però non compare direttamente nella vicenda, e resta anonimo. Tutto ciò si impone con grande evidenza agli occhi del lettore perché Verga nei Malavoglia e nelle novelle, rappresenta ambienti popolari e rurali e mette in scena personaggi incolti e primitivi, contadini, pescatori, minatori la cui visione e il cui linguaggio sono ben diversi da quelli dello scrittore borghese.

Un esempio chiarissimo di questi ambienti è fornito dalla novella “Rosso Malpelo” che è la prima novella verista pubblicata dal Verga (1878) e che inaugura la nuova maniera di narrare. La storia narra di un ragazzo di nome Malpelo, che si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo. La logica che viene utilizzata fa infatti dipendere da una qualità essenzialmente morale (“malizioso e cattivo”) un dato fisico, naturale, i capelli rossi; rivela cioè una visione primitiva e superstiziosa della realtà, estranea alle categorie razionali di causa ed effetto, che vede nell’ individuo “diverso” un essere segnato come da un’ oscura maledizione, che occorre temere e da cui è necessario difendersi.

Tutta la vicenda è narrata dal punto di vista in cui a raccontare non fosse lo scrittore colto, ma uno qualunque di vari minatori della cava in cui lavora Malpelo. Non solo, ma questo anonimo narratore, tipico delle opere verghiane che trattano di ambienti popolari, non informa sul carattere e sulla storia dei personaggi, né offre dettagliate descrizioni dei luoghi dove si svolge l’ azione. L’autore ne parla come se si rivolgesse ad un pubblico appartenente a quello stesso ambiente, che avesse sempre conosciuto quelle persone e quei luoghi. E se la voce narrante commenta e giudica i fatti, non lo fa certo secondo la visione colta dell’autore, ma in base alla visione elementare e rozza della collettività popolare, che non riesce a cogliere le motivazioni psicologiche autentiche delle azioni e deforma ogni fatto in base ai suoi principi interpretativi.

Il linguaggio non è quello che potrebbe essere dello scrittore, ma un linguaggio spoglio e povero, punteggiato di modi di dire, paragoni e proverbi in cui traspare la struttura dialettale nella sintassi, tipica del linguaggio popolare.                                                   

La grandezza di Verga consiste nel darci i sentimenti, le sofferenze, il linguaggio di queste persone. Egli infatti visse in un'epoca di transizione, caratterizzata dal passaggio dall'idealismo dell'Italia risorgimentale allo scetticismo positivistico dell'Italia post-unitaria, tanto vero che questa rinuncia all'idealismo romantico in nome di un atteggiamento di fiducia nella scienza si tradusse nel Verga in una forma di rassegnazione e accentuò la sua visione pessimistica della vita, vista come una drammatica lotta in cui solo il più forte è destinato a vincere e il più debole è costretto a cedere.


5.3.1 Opere letterarie

L'attività letteraria di Verga si divide solitamente in due fasi. La prima, denominata pre-verista o realistico-borghese, comprende romanzi storici (come Amore e patria del 1856-57 e I carbonari della montagna del 1861-62) e romanzi (1866-75) che studiano l'alta società e gli ambienti degli artisti scapigliati. La seconda fase è rappresentata dai capolavori di orientamento verista, come I Malavoglia, Mastro Don Gesualdo e le novelle.

Fase pre-verista: l’influenza tardo-romantica

Una peccatrice (1866) racconta l'amore di un poeta per una donna ammaliatrice, che si avvelena e muore suonando il pianoforte. Storia di una capinera (1869) è la storia di una educanda che, destinata a diventare monaca, si innamora; incompresa, si dispera e, ammalatasi di tisi, muore. Eva (1873) ha come protagonista un giovane pittore, fiducioso del suo genio, che, dopo essersi innamorato di una giovane ballerina dotata di buon senso, deluso dal mondo della passione facile, se ne va a morire, tisico, presso la sua famiglia, in Sicilia. Tigre reale (1873) narra l'amore di Giorgio un giovane, 'fiacco' nelle sue passioni, per una contessa russa che muore. Egli ritorna alla fine a vivere dalla figlia e dalla moglie: il treno che riporta il cadavere della contessa in Russia s'incrocia con quello che porta Giorgio e la famiglia in villeggiatura. Eros (1875) è la storia di un marchese, che conclude il suo folle amore per la cugina con il suicidio.

Dopo queste opere pre-veriste secondo Petronio non torneranno più, nelle opere maggiori, elementi come l'autobiografismo (Verga, anche se non tratta avvenimenti vissuti in prima persona, li inserisce in una società nella quale egli stesso ha vissuto), l'Erlebnis (partecipazione nelle vicende narrate), il sentimentalismo tardo-romantico, il tema del fallimento dell'artista superuomo, il carattere dei 'romanzo d'appendice' o feuilleton (foglio di colore diverso inserito in un giornale a puntate) che traspare dai temi tipici della paraletteratura (folli amori, duelli, avventure esotiche e ambientazione nei café chantant e nel demi monde degli artisti da avanspettacolo).

Tuttavia queste opere presentano anche caratteri di continuità tra il periodo pre-verista e quello verista tout-court. l'ambientazione in un contesto contemporaneo all'autore, l'analisi di uno spaccato di società, il contrasto tra le classi sociali (si veda l'episodio allusivo del treno in cui sono 'contrapposti' la contessa russa da un lato e la famiglia borghese di Giorgio), l'analisi di personaggi 'vinti', il tentativo di allontanarsi dai classici per usare il linguaggio parlato.

Fase verista: la conversione di Verga

Nedda

L'opera del cambiamento totale è la novella Nedda (1870): Nedda è una raccoglitrice di olive, che, avuta una figlia da un uomo povero, dopo la morte di lui non riesce ad impedire la morte della bimba, che sopraggiunge per fame.

Quest'opera si fonda su un moto polemico contro la società borghese, quella società di 'banche e imprese industriali' (come l'ha definita nella prefazione di Eva), che causa dolori come quelli subiti dalla protagonista. Ormai l'ambiente che egli rappresenta non è più quello mondano e frivolo delle ballerine e degli artisti falliti, di cui egli ormai avverte la stanchezza, bensì una realtà arcaica ma non dimenticata, che può essere 'risvegliata' allo stesso modo della fiamma che, come egli racconta nell'esordio, viene destata nel caminetto dal fuoco che pareva spento. Il disagio nei confronti del mondo falso e vuoto dell'alta borghesia e degli ambienti scapigliati conduce ad una conversione al Verismo.

Tale conversione, secondo Gaetano Trombatore, sarebbe rimasta un avvenimento derivato da un'esigenza morale, se tre elementi non avessero concorso in modo determinato a produrla:


l'evoluzionismo darwinistico (selezione naturale e sopravvivenza dei più forte) da cui derivò il senso della vita come lotta per l'esistenza e perciò la visione degli attriti fra le classi sociali;

la questione meridionale, che lo guidò alla scoperta della sua terra, la Sicilia;

il naturalismo, che gli insegnò che l'arte deve ritrarre la verità dalla vita umana e perciò deve rivolgersi di preferenza agli strati più umili della società, perché è là che si manifestano nella loro primordiale essenza le leggi fondamentali della vita.


I Malavoglia

Successivamente Verga pubblica il primo dei cinque romanzi che avrebbe dovuto costituire il ciclo dei vinti, rimasto però incompiuto: I Malavoglia. I Malavoglia sono un’opera corale, in cui la famiglia Toscano si presenta come un gruppo guidato dal vecchio padron ‘Ntoni, la cui vita si svolge intorno alla casa del nespolo, centro vitale degli affetti familiari, e alla vecchia barca Provvidenza, che naufragherà tragicamente. I temi centrali del romanzo sono la ricerca dell’arricchimento, del benessere, che spinge i protagonisti a cercare le strade del miglioramento, ma alla base della loro azione vi sono anche i valori come la sacralità del lavoro, l’unità della famiglia, l’onestà, il rispetto della parola data, il dolore che nasce dalla vergogna. Alessi è il vero eroe positivo di tutto il libro perché simboleggia la tenacia nel riscattare la casa del nespolo dopo il tracollo economico. Un’altra figura importante nel romanzo è quella del giovane ‘Ntoni, che dopo la morte del nonno, dovrebbe rappresentare l’anello di congiunzione tra il vecchio e il nuovo. Purtroppo anch’egli è costretto a soccombere alle leggi ferree della vita, che nessuno può infrangere, e la sua partenza segna metaforicamente la fine del romanzo. Lo stile con cui è scritto il romanzo rispecchia i principi della dottrina realista. Il narratore si cala nella mente e nelle azioni dei personaggi e non giudica più, non descrive, ma ascolta e registra la loro vita, facendo parlare uomini e cose con il loro linguaggio, con il loro sistema di pensieri. La narrazione avviene infatti per mezzo del discorso indiretto libero, a conferma che lo scrittore si limita solo a registrare i fatti. Verga stesso commenta questa tecnica stilistica nelle ultime righe della Prefazione al romanzo. Egli si sofferma sulla tecnica dell’impersonalità della narrazione, che annulla definitivamente il modello manzoniano del narratore onnisciente.


[…] Chi osserva questo spettacolo non ha il diritto di giudicarlo; è già molto se riesca a trarsi un istante fuori dal campo della lotta per studiarla senza passione, e rendere la scena nettamente, coi colori adatti, tale da dare la rappresentazione della realtà, com’è stata, o come avrebbe dovuto essere […][9]


Nonostante le loro disavventure, i Malavoglia non appaiono, agli occhi di Verga, come semplici vittime innocenti. La loro rovina è ancora una volta una conseguenza di quella vaga bramosia dell’ignoto, ovvero della smania per il progresso, che l’autore nella prefazione dell’opera aveva indicato come elemento comune ai protagonisti dell’intero ciclo dei Vinti. L’avventato tentativo di trasformarsi, da pescatori, in commercianti, lasciando il mestiere conosciuto per uno ignoto e rischioso, dal punto di vista ideale e morale rappresenta una palese violazione dell’ideale dell’ostrica: è l’abbandono dello scoglio avito per gettarsi fra le braccio dell’ignoto; è l’abbandono di un orizzonte di riferimento etico e culturale per affrontarne uno di cui si ignorano le regole.


Mastro-don Gesualdo

Il secondo romanzo del ciclo dei vinti conosce una lunga gestazione, che occupa uno spazio di circa dieci anni (dal 1881 al 1889), con una sorta di prova generale rappresentata dalla novella La roba, il cui protagonista è un’anticipazione della personalità di Gesualdo Motta, mastro perché maestro muratore e don perché si è meritato quel titolo di rispetto in virtù della ricchezza che ha accumulato e della scalata sociale che a essa si accompagna. Rispetto ai Malavoglia, il contesto sociale in cui la vicenda si svolge è più complesso, perché più elevato è il gioco degli interessi economici, essendo l’ambienta in cui si svolge l’azione ben diverso dal semplice mondo dei pescatori. Storicamente l’aristocrazia nobiliare ha esaurito la sua funzione, mentre una nuova classe sociale ne prende il posto: è quella della borghesia imprenditoriale, in cui Gesualdo è un validissimo rappresentante. In questo conflitto di giochi economici, di nuovi contrasti di classe, nei quali Verga proietta i cambiamenti degli anni 1880-1890, si consuma il destino delle vicende individuali.

Il principio darwiniano dell’evoluzione e della lotta per la sopravvivenza, l’aspirazione al possesso della roba e l’ambizione sociale sono i temi centrali del romanzo, come si evince nel colloquio con Diodata, la donna che lo ha amato fedelmente per tanti anni, alla quale Gessalo esprime l’orgoglioso compiacimento dell’uomo che si è fatto da solo, da cui è tratto il seguente passo.


[…] E la mia roba? me l’hanno data i genitori forse? Non mi sono fatto da me quello che sono? Ciascuno porta il suo destino! io ho fatto il mio, grazie a Dio, e mio fratello non ha nulla. […] Non sono più padrone…come quando ero un povero diavolo senza nulla… Ora ci ho tanta roba da lasciare […][10]

Conclusione


I contemporanei apprezzarono di Verga soprattutto le opere mondane. Generalmente incompresa rimase invece la produzione verista, che suscitò nel massimo pubblico la curiosità per usi, costumi, tradizioni sentiti come lontanissimi da quelli del continente, quasi prodotto di una umanità primitiva, o esotica. A questo va poi aggiunta la difficile collocazione cronologia dell’opera verista verghiana, che si sviluppa nell’arco di un decennio a cavallo tra due culture, quella romantica e quella decadente. Entrambe hanno influenza sui lavori del Verga: tutta la sua formazione giovanile si basa sull’ideologia romantica, mentre il pessimismo che accompagna i suoi lavori (la fiumana del progresso, la legge dell’ostrica, ecc.) è un preludio ai concetti che saranno evidenziati dalla prosa e poetica decadentista. Personalmente non posso che apprezzare in Verga la rigorosità con cui viene applicato il metodo scientifico e il suo tentativo di nascondere il pensiero dello scrittore agli occhi del lettore. Nonostante la ferrea applicazione ed esaltazione del metodo scientifico e delle scienze esatte sia poi sfociato nel trionfo del Decadentismo e quindi dell’irrazionale, trovo ammirabile una società in cui le scienze e la ricerca ricoprano un ruolo fondamentale. Nel corso delle scuole superiori, affrontando il programma di italiano e storia, ho potuto constatare che il binomio razionale – irrazionale ha un andamento ciclico, come se l’umanità cercasse il proprio equilibrio in bilico tra questi due approcci metodologici. Come si è potuto constatare nella prima parte di questa tesina, relativa alla Teoria dei Giochi, la formalizzazione di un problema e la conseguente applicazione di un modello logico-matematico apre nuove strade nell’analisi della situazione, sia essa in ambito scientifico o sociale, ma nello stesso tempo richiede un processo di astrazione “doloroso”, in quanto, soprattutto nel sociale, anche i piccoli dettagli sono molto significativi. La critica dei decadentisti al pensiero di Taine (del quale ricordiamo che considerava la vita dell'uomo condizionata da tre fattori: la razza, l’ambienta famigliare e il contesto storico) è quindi da questo punto di vista fondata. Questo non significa che l’analisi razionale-matematica dei problemi è sbagliata, ma che razionalità e irrazionalità sono due facce della stessa medaglia. Come l’alternarsi del giorno e della notte scandiscono i giorni, il positivismo e il pessimismo, l’amore e il dolore, anche il razionalismo e l’irrazionalismo devono coesistere, per poter descrivere nella sua pienezza ogni problema.


Albert Eistein, in riferimento al razionale e all’irrazionale, una volta disse:


<< La scienza senza la religione è zoppa, la religione senza la scienza è cieca.>>



Considerazioni finali


Tutte le informazioni contenute in questa tesina sono aggiornate fino a giugno 2008. Utilissime sono state le fonti bibliografiche, come i libri dei professori Gibbons e Scianchi, per organizzare nel modo più semplice e lineare possibile tutti gli argomenti. Purtroppo non sono stati trattati i temi di grandi attualità, come l’applicazione della Teoria dei Giochi alla biologia (soprattutto ai progressi fatti in campo evoluzionistico) e un’analisi dettagliata di come Nash abbia rivoluzionato le idee che per duecento anni hanno costituito le basi dell’economia mondiale. Purtroppo proprio quest’ ultima parte, che non è stata inclusa nel lavoro finale per esigenze di spazio, riveste oggi un ruolo fondamentale. Come detto nell’introduzione, tutti gli studi universitari trattano, sotto diversi aspetti, i risultati ottenuti mediante la teoria, analizzandola direttamente o indirettamente. Comunque sia per affrontare la parte strettamente economica della teoria si dovrebbe entrare in campi molto complessi, come la teoria delle aste e degli equilibri su sistemi di duopolio, come quelli di Cournot e di Bertrand. Per questo motivo ho preferito focalizzare il lavoro su aspetti più semplici, ma comunque caratterizzanti della teoria.


La quasi totalità dei giochi proposti sono stati reperiti sui libri, sulle dispense in formato pdf e sui siti web indicati nella pagina successiva, mentre la loro analisi e i commenti sono dovuti al lavoro di ricerca affrontato. Mi assumo la completa responsabilità per quanto scritto in questo documento, nella speranza di non aver commesso troppi errori di contenuto (molto gravi) e d’ortografia (purtroppo più frequenti e non meno imbarazzanti). Un grazie particolare va alle persone che mi hanno aiutato a reperire il materiale per strutturare la tesina e approfondire gli argomenti trattati, nonché a tutti coloro i quali hanno letto, discusso e corretto quanto scritto.


Spero che questa tesina risulti piacevole e interessante a coloro i quali la leggeranno. Da parte, oltre ad aver cercato di essere il più rigoroso e scorrevole possibile, posso dire che questo lavoro mi ha divertito moltissimo e il vederlo finalmente compiuto dopo tanto tempo è motivo d’orgoglio nonostante tutte le sue imperfezioni.


Non mi resta che augurare a voi buona lettura e a me buona fortuna per l’orale!


Grazie.





Bibliografia


       “Le strategie della razionalità. Un’introduzione alla teoria dei giochi” di Augusto Scianchi, La Nuova Italia Scientifica, 1997.

       “A Primer in Game Theory” di Robert Gibbons, Harvester-Wheatsheaf, a Division of Simon & Schuter International Group, 1992 trad. Teoria dei Giochi”, il Mulino, 1994.

       “Di duelli, scacchi e dilemmi”, di Roberto Lucchetti, collana “Matematica e Dintorni”, Bruno Mondatori 2008.

       “Le Scienze. Numeri, figure, logica e intelligenza artificiale”, autori vari, 2005.

       “Elementi di Teoria dei Giochi”, Stefano Vannucci, 2002 (pdf).

       “Un eponimo ricorrente: Nash e la teoria dei giochi”,Marco Li Calzi, preparato in occasione dell’Assemblea UMI, 2002 (pdf).

       “Giochi Pericolosi”, Piergiorgio Odifreddi, testo di una conferenza al Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino, 1995 (pdf).

       “Cos’è la teoria dei giochi e a cosa serve”, Fioravante Patrone (pdf).

       “Teoria dei Giochi”, M.S. Bernabei (slide pdf).

       “Strategie miste, minimax ed equilibri”, Fioravante Patrone, handout per la conferenza alla Sala degli Specchi, Sanremo 2003 (pdf).

       “Letteratura italiana: Verismo e decadentismo”, Paolo Di Sacco, Franco Camisasca, Mauro Serio, Edizioni Bruno Mondatori, 2000.

       “Le cento pagine più belle di Verga”, Marina Gili Paglieri, CDE S.p.A., 1981.

       “I Malavoglia”, Giovanni Verga, Grandi Tascabili Economici Newton, 1881.

       “Mastro Don-Gesualdo”, Giovanni Verga, Grandi Tascabili Economici Newton, 1889.


WEBGRAFIA


Enciclopedie:


       Titolo Wikipedia – L’enciclopedia libera. URL: www.wikipedia.it
Ultima consultazione: Maggio 2008

       Titolo Il Sapere.it - Enciclopedia generale De Agostini.

URL: www.sapere.it

Ultima consultazione: Aprile 2008


       Titolo MSN Encarta – Enciclopedia online, Dizionario, Atlante.

URL: it.encarta.msn.com

Ultima consultazione: Aprile 2008

       Titolo Treccani – Enciclopedia italiana.

URL: www.treccani.it/

Ultima consultazione: Aprile 2008


Dispense, discussioni e altro materiale:


       Titolo Sito del dipartimento di Matematica dell’università di Bologna.

URL: www.dm.unibo.it

Ultima consultazione: Aprile 2008
Commenti: Sul sito sono stati utilizzati dei papers inerenti la teoria.

       Titolo: Sito dell’Università Cattolica Sacro Cuore. URL: www.unicatt.it

Ultima consultazione: Giugno 2008
Commenti: Anche qui ho utilizzato del materiale presente sul sito per strutturare la tesina.
 

       Titolo Sito dell’università di Camerino.

Ultima consultazione: Maggio 2008
        
Commenti: Il sito è stato consultato per reperire un paper e dei lucidi.


       Titolo Pagina personale del prof. Fioravante Patrone.

URL: https://www.diptem.unige.it/patrone/default.htm
Ultima consultazione: Giugno 2008

Commenti: Una miniera d’oro per reperire materiale sulla teoria dei giochi.


       Titolo Interuniversity Centre for Game Theory and Applications.

URL: www.citg.unige.it/siti_internet_web.html

Ultima consultazione: Maggio 2008

Commenti: Sito molto interessante in cui sono presente numerosi collegamenti per approfondire l’argomento.


       Titolo: Sito dell’ università degli studi del Piemonte orientale Amedeo Avogadro.

URL: www.mfn.unipmn.it/

Ultima consultazione: Aprile 2008

Commenti: Anche questo sito è stato utilizzato per scaricare materiale necessario allo sviluppo della tesina.


       Titolo Pagina didattica dell’Università di Roma.

URL: www.galenotech.org/strategie.htm

Ultima consultazione: Maggio 2008

Commenti: In questa pagina ho utilizzato numeroso materiale per lo studio del Tit-for-Tat e altri strumenti della teoria.


       Titolo Forum di Matematicamente.it.

URL: www.matematicamente.it/forum/tdg-teoria-dei-giochi-f27.html

Ultima consultazione: Giugno 2008

Commenti: Un punto di partenza per parlare di teoria dei giochi.



L’immagine usata in copertina è di Mauritius Cornelis Escher, artista olandese famoso per i suoi dipinti strettamente legati ai paradossi matematici. Il nome del quadro è Relatività



Oskar Morgenstern (Görlitz, 24 gennaio 1902 – Princeton, 26 luglio 1977) è stato un economista austriaco, cofondatore insieme a John von Neumann della teoria dei giochi.


Ernst Friedrich Ferdinand Zermelo (Berlino, 27 luglio 1871 – Friburgo, 21 maggio 1953) è stato un matematico e filosofo tedesco, reso celebre dai suoi contributi allo sviluppo della teoria assiomatica degli insiemi.


Félix Edouard Justin Émile Borel (Saint-Affrique, 7 gennaio 1871 – Parigi, 3 febbraio 1956) è stato un matematico e politico francese. In ambito scientifico diede importanti contributi nell'ambito della topologia, teoria della misura, della probabilità e dei giochi.

Quando un giorno Enrico Fermi, una delle figure più importanti all'interno del progetto a Los Alamos, manifestò un certo scetticismo sull'esistenza di una civiltà aliena superiore che non fornisse nessun segno della propria esistenza, sembra che Leo Szilard gli abbia risposto 'Probabilmente sono già qua, e li stai chiamando ungheresi'. E visto la caratura dei membri del clan, c'era da credergli.


Adam Smith (Kirkcaldy, 5 giugno 1723 – Edimburgo, 17 luglio 1790) è stato un economista e filosofo scozzese, che gettò le basi dell'economia politica liberista.


Antoine-Augustin Cournot (Gray, 28 agosto 1801 – Parigi, 31 marzo 1877) è stato un matematico e economista francese di tendenze vicine all'economia classica. Egli è considerato cofondatore della teoria economica matematica, la quale, accolta inizialmente con scetticismo, trova oggi il più ampio consenso.

Giovanni Buridano, che fu rettore dell'Università di Parigi nel 1327, è l'autore della favola dell' asino morente di farne e di sete, che messo di fronte all'acqua e all'avena, non seppe cosa scegliere e morì. Con la favola di Buridano si vuole evidenziare il danno, spesso irreparabile, che possono correre coloro che non sanno prendere una decisione razionale.

E’ possibile effettuare un’ulteriore distinzione tra giochi cooperativi NTU (“Non Transferable Utility”), detti anche a utilità non trasferibile o senza pagamenti laterali e giochi cooperativi TU (“Transferable Utilità”) ossia ad utilità trasferibile o con pagamenti laterali, nei quali deve esistere un mezzo, denaro o altro, per il trasferimento dell'utilità. Nessuno di queste tipologie di gioco verrà analizzata nel corso della tesina.

Giovanni Verga, I Malavoglia (Prefazione).

Giovanni Verga, Mastro-don Gesualdo.

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