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La rivoluzione industriale




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LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE



Infatti, si andava sviluppando quella che poi fu chiamata Rivoluzione industriale, destinata a sconvolgere i metodi di produzione esistenti e di conseguenza mutare radicalmente i modi di vivere

Il motivo per cui, questo processo di trasformazione si verificò dapprima in Inghilterra sono vari e complessi;

l'aumento demografico che provocò una maggiore richiesta di manufatti;

lo stesso aumento demografico che stimolò il miglioramento delle tecniche agrarie e dei nuovi sistemi di produzione;

l'aumento della produzione agricola che incoraggiò  le industrie direttamente collegate al rifornimento di materie prime di origine agricola.

Tutto questo complesso di fenomeni demografico-economici sospinse gli imprenditori e gli artigiani a cercare nuove soluzioni che facilitassero la produzione e questo fatto favorì la collaborazione tra scienziati, tecnici e produttori.

Di conseguenza le esigenze della produzione industriale s'intrecciarono strettamente con le esigenze scientifiche.

Ma già dal '600, quando gli studi scientifici di tipo galileiano si erano rivolti direttamente allo studio della natura e delle sue regole di comportamento, ovvero delle leggi fisiche, si era cominciato seriamente a pensare alla possibilità per sfruttare la natura stessa per ricavarne l'energia necessaria al lavoro dell'uomo, cioè della produzione.

Nel corso del '600 il francese Papin aveva compiuto studi sul possibile uso del vapore come forza motrice, e nel XVIII secolo, il problema cominciava ad essere risolto con le prime applicazioni tecno-pratiche.

Venivano così realizzati i primi motori a vapore, per altro molto imperfetti perché consumavano molta energia termica; questi motori inizialmente vennero usati per pompare l'acqua dal fondo delle miniere che, come è noto, si allagano facilmente.

Furono queste le prime macchine, che soltanto nel 1769, furono soppiantate dalla macchina di Watt, la quale realizzava un notevole risparmio d'energia termica.

Le conseguenze di queste invenzioni furono enormi: le macchine acceleravano enormemente i tempi di lavorazione e di conseguenza l'industria domestica, cioè quella che si basava sul lavoro di tessitura eseguito in casa, in genere dalle donne, fu letteralmente distrutta, per la semplice ragione che una pezza tessuta a macchina, veniva a costare molte volte meno di una pezza delle stesse dimensioni, tessuta col telaio a mano.

Ma, le conseguenze produttive della rivoluzione industriale n'affiorarono presto anche altre d'ordine sociale e morale, che toccavano direttamente l'uomo e la sua vita di relazione, della tutta sconvolta dall'affermazione della macchina a vapore.

L'industria in espansione aveva bisogno di manodopera che fu soprattutto nelle campagne dove contadini, braccianti e artigiani erano da sempre abituati a ritmi di lavoro piuttosto lenti, cadenzati dalle stagioni, senza precisi obblighi d'orario.

All'opposto, il lavoro di fabbrica è scandito secondo regole precise cui l'uomo di campagna si adatta con difficoltà.

In ultima istanza, il fatto socialmente negativo era che non esistesse nessuna legge che regolasse i rapporti di lavoro tra padroni di fabbrica e lavoratori; di conseguenza i padroni, dato che il lavoro alle macchine tessili era molto facile anche se alle lunghe faticoso, tendevano a far lavorare il più possibile gli operai e preferivano assumere cloro che esigevano salari minori, come le donne e i bambini.

Inoltre, quando la merce prodotta si accumulava nei magazzini e momentaneamente il mercato non richiedeva più un dato prodotto, il padrone riteneva suo buon diritto chiudere la fabbrica stessa per giorni, settimane o mesi, mettendo così sul lastrico molta gente che rimaneva drammaticamente disoccupata.

I lavoratori di fabbrica vivevano in case miserande, la mortalità infantile, date le condizioni igieniche generali, aumentò in modo impressionante, mentre gli operai, che lavoravano anche 15 o 16 ore al giorno, percepivano salari imposti dal padrone e perciò molto bassi, che permettevano a malapena la sopravvivenza. Quindi, la rivoluzione industriale con tutte le sue conseguenze sociali ed economiche, era così destinata a sconvolgere non solo l'Inghilterra, ma gran parte del mondo.

Infatti, s'instaura un nuovo rapporto uomo-macchina, dove l'abilità era ormai concentrata nella macchina e non più nell'uomo, e questo permise l'utilizzo di lavoratori poco specializzati.

La produzione artigiana antica si basava sulla capacità del lavoratore, ora la produzione veniva a basarsi sull'organizzazione della forza-lavoro addetta all'alimentazione e al funzionamento delle macchine. Si andava delineando così, la produzione di massa.

La produzione di massa

La produzione di massa è la tecnica utilizzata per produrre grandi quantità d'oggetti a basso costo, e questa fu la logica conseguenza della rivoluzione industriale, infatti, le operazioni manuali del vecchio artigiano furono sostituite da operazioni compiute dalla macchina;.l'utensile elementare dell'artigiano fu sostituito dalla macchina utensile, che è la macchina capace di fabbricare altre macchine.

Dato il movimento continuo della linea di montaggio, ogni lavoratore della fabbrica era costretto ad eseguire il suo compito specifico nel breve tempo, assegnatogli prima che il pezzo su cui stava lavorando, fosse trasportato al successivo posto di lavoro.

Alla noia dell'eseguire sempre lo stesso compito, nello stesso modo, per tutto il giorno, si aggiungeva la tensione nervosa che derivava dall'obbligo inderogabile di eseguirlo in un breve tempo fissato non dal lavoratore ma dalla direzione della fabbrica.

La linea di montaggio, divenne il centro delle più aspre controversie tra i datori di lavoro e i lavoratori e creò grandi problemi nelle relazioni sociali. La produzione di massa aumentò i rapporti commerciali tra le nazioni. Essa, infatti, esigeva un rifornimento continuo e abbondante di materie prime che erano disperse su tutta la superficie del globo e che perciò imponevano un commercio internazionale, mentre la produzione di massa, a sua volta, chiedeva un mercato più vasto di quello nazionale.

Teoricamente, questi fatti avrebbero dovuto portare ad una diminuzione delle tensioni internazionali, invece ottenne proprio l'effetto contrario, perché le nazioni industriali e più forti cercarono di garantirsi il rifornimento delle materie prime, necessarie per il funzionamento delle loro fabbriche, e inoltre s'impadronirono dei mercati coloniali destinati ad assorbire i loro prodotti

Un altro fenomeno, che alimentò il desiderio di una rivoluzione fu l'automazione della fabbrica.

L'automazione in fabbrica

Con automazione s'intende l'utilizzazione, all'interno di una fabbrica, di mezzi di trasporto capaci non soltanto di spostare un pezzo da una macchina, ma anche di orientarlo con precisione e di usarlo per alimentare una nuova macchina.

L'introduzione del computer nell'industria ha mutato anche il ruolo dei lavoratori.

Spesso il loro compito è di sorvegliare i pannelli di controllo che servono a dirigere un sistema di produzione completamente automatizzato.

Il lavoratore non è più il responsabile né della quantità né della qualità del prodotto: la sua responsabilità si limita all'osservazione d'indicatori e spie, all'ascolto di segnali d'allarme, alla lettura di stampanti che dicono se tutto sta funzionando bene.

Se, possiamo dire, in un certo senso, che "il padrone" comanda   l'operaio che è il suo schiavo, nella fabbrica automatizzata, invece, la macchina sembra essere diventata lo schiavo e l'operaio, il suo sorvegliante.

La  situazione sociale dell'Ottocento

Nell'ultimo quarto del XIX secolo, l'industrializzazione procedette in misura più accelerata, grazie all'introduzione di macchine sempre più efficienti e agli enormi progressi prodotti dall'applicazione della scoperta scientifica alla produzione.

Si svilupparono i settori cosiddetti pesanti e iniziò l'età dell'acciaio. La ferrovia e la navigazione a vapore unirono il mondo in una rete di trasporti veloci ed economici, favorendo il commercio internazionale e la divisione del lavoro tra le aree geografiche.


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