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Jean-Jacques Rousseau




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Jean-Jacques Rousseau


Nasce nel 1712, muore nel 1778, vive in pieno illuminismo francese.

E' sostanzialmente un autodidatta, non ha fatto grandi studi. Non è francese, ma svizzero di Ginevra, repubblica popolare con una forte ascendenza di tipo calvinista. Questa influenzerà molto la sua idea di Democrazia. Viaggiò molto, fu ospite per parecchi anni della signora di Varenne (sua amante ?), che gli fornì la sua biblioteca, dalla quale Rousseau assorbì la cultura dei classici dell'illuminismo e della cultura romana, la cultura greca. In parte egli critica l'illuminismo da un punto di vista dell'illuminismo. Partecipò al grande progetto dell'enciclopedia che voleva spazzare via tutta la coscienza medioevale, rimpiazzandola con "i nuovi lumi", le nuove conoscenze e interpretazioni su ogni ambito della vita. Rousseau, stranamente, non scrisse nessuna voce su questo grande dizionario di politica, scrisse invece di musica.


Le sue opere principali sono : "il discorso sull'origine della disuguaglianza tra gli uomini e "il contratto sociale".


Le sue opere possono essere distinte in due gruppi: opere distruttive e opere costruttive (cronologicamente). Cioè opere di critica ad alcuni assunti dell'illuminismo e alla società politica del suo tempo, e opere invece, in cui egli propone le sue idee, una sua alternativa, una sua visione.

Il "discorso sull'origine della disuguaglianza" è una opera distruttiva;

"il contratto sociale" è la sua opera costruttiva.


Problema Rousseau.

Rousseau, è uno degli autori sui quali la critica è molto concentrata. Da alcuni è stato definito il padre dei totalitarismi, della concezione totalitaria della politica. Perché la sua concezione prevede che il cittadino sia un tutt'uno all'interno dello stato, che debba essere totalmente assuefatto alla volontà generale. E' un cittadino, quello di Rousseau, che deve sottomettersi in tutto e per tutto alle leggi dello stato. Non c'è il problema della disobbedienza alle leggi dello stato, lo Stato ha sempre ragione e deve costringere gli uomini ad essere liberi. E' questo il compito dello Stato. La maggioranza ha sempre ragione.

La minoranza è un errore, deve riconoscere il proprio errore e deve rientrare nella maggioranza.


Ovviamente la sua concezione è una concezione fortemente etica: non si può capire Rousseau, se non si parte da questa idea che lui ha del filo esistente tra gli interessi individuali e l'interesse generale. Per questo lui afferma che la maggioranza ha sempre ragione però quando gli individui che compongono la maggioranza, si sono spogliati dei loro interessi individuali prima di emettere la loro decisione e si sono espressi unicamente tenendo presente il bene pubblico e non quello individuale. Se tutti i cittadini hanno fatto questo, allora la decisione della maggioranza è per forza la decisione corretta. La minoranza sono coloro che non hanno saputo fare questa cosa e hanno continuato a vedere i loro interessi di parte e pertanto sono da considerare un errore.


Discorso sull'origine della disuguaglianza tra gli uomini

Opera distruttiva.

Perché Rousseau, lo ha scritto. Non solo per vincere il concorso letterario (arrivò 2°). L'obiettivo del testo è quello di determinare in che modo si è arrivati al dominio del più forte, il più ricco, sul più debole e sul più povero. E' certo che vincono i ricchi sui poveri, ma come si è arrivati a questa situazione?


Egli parla facendo un capovolgimento provocatorio di alcuni elementi fondamentali di cui aveva parlato l'illuminismo settecentesco: la ragione, il progresso, la proprietà privata.


Questi elementi erano considerati dagli illuministi gli elementi fondamentali positivi della società.

Per lui, invece, questi sono i fattori che hanno portato alla nascita della disuguaglianza e della supremazia dei ricchi e i forti sui deboli e poveri. Individui che invece in origine in natura erano tutti liberi e tutti uguali.


Rousseau parla dell'uomo allo stato di natura e poi della nascita dello stato, però diversamente da Hobbes e Spinosa.


Sostiene Rousseau, che l'uomo allo stato di natura, non era assolutamente l'uomo cattivo nei confronti dell'altro, l'uomo utilitarista, l'uomo che usa gli altri. L'uomo in natura è un essere pacifico, che nei confronti degli altri uomini è socievole e compassionevole, sente le stesse emozioni dell'altro. Non è vero ciò che afferma Hobbes. L'uomo è un animale che allo stato di natura gode delle tante cose a disposizione e non è detto che egli voglia proprio ciò che ha l'altro (come afferma Hobbes). Rousseau, fa l'esempio dell'uomo in gabbia che vede il bambino sbranato dal leone : "mettiamo un uomo in gabbia che vede al di fuori un leone che sbrana un neonato, se fosse l'uomo calcolatore e freddo come dice Hobbes, egli non farebbe niente, in quanto sa di essere protetto dalla gabbia. Mentre l'uomo prova orrore e pietà, quindi l'uomo prova compassione.


Il problema però, secondo lui, è che questo stato naturale viene, attraverso alcune tappe a corrompersi.

E' proprio lo sviluppo della ragione e dei rapporti sociali che inevitabilmente determina un meccanismo perverso, per cui, gli uomini cominciano a mettersi insieme, formano le prime società, i primi villaggi, e quindi, iniziano a crearsi le prime disuguaglianze, proprio perché iniziano a prendere coscienza delle diversità, innanzitutto fisiche (alti, bassi, belli, brutti, forti, deboli.). Questa coscienza, insieme con lo sviluppo della tecnologia, di cui ne beneficia chi per primo la sviluppa aumenta le disuguaglianze, emerge l'invidia, il desiderio di prevalere e di potere, che è insito nella natura dell'uomo quando accade questo sviluppo sociale.

Ecco quindi  che i proprio i rapporti sociali sviluppano le disuguaglianze che alimentano un sentimento di odio reciproco. Però la cosa fondamentale che determina questo squilibrio è proprio la creazione del diritto di proprietà.: ad un certo punto, l'individuo inizia a sentire l'esigenza di godere del bene in modo esclusivo.


Egli afferma, : "il primo uomo che recintò il campo e disse : "questo è mio", fu lui che generò veramente la società moderna in cui viviamo adesso." Se ci fosse stato qualcuno che avesse strappato via la recinzione affermando che la terra di tutti, avrebbe evitato questa situazione.


La proprietà privata ha generato l'inizio della società moderna e il dominio dei più forti e dei più ricchi sui più deboli e sui più forti.

Questo stato di disuguaglianza a seguito della creazione della proprietà ha portato ad una lotta dei deboli con i ricchi che si è conclusa, secondo Rousseau,  con un contratto fraudolento. Cioè non con un contratto sociale vero e proprio del quale invece Rousseau, parlerà nella seconda opera (contratto sociale), ma un contratto imposto con l'inganno dai ricchi sui poveri. In che modo: ad un certo punto di questa guerra molto violenta, i ricchi hanno attuato uno stratagemma. Mascherati da persone perbene, propongono ai poveri un contratto per sottomettersi tutti ad un potere superiore: lo Stato e le leggi. Il problema è che questo contratto non fa altro che istituzionalizzare la supremazia dei ricchi sui poveri.


Nasce così la società moderna, alla quale bisogna rispondere con un diverso tipo di società, che lui va a proporre nella sua opera costruttiva che è il Contratto Sociale.


Il Contratto Sociale


In questa opera, Rousseau, determina la sua proposta politica. E' una proposta democratica, quindi Rousseau è padre della Democrazia, è una proposta favorevole alla sovranità popolare, quindi Rousseau, teorico della sovranità popolare e quindi di un governo repubblicano democratico contro la Monarchia, ed è un proposta che predilige l'idea di democrazia diretta: partecipazione di tutti i cittadini alla politica.


All'inizio dell'opera egli parla del problema della legittimazione del potere.

Si chiede quale è il fondamento del potere politico. Perché dobbiamo obbedire allo Stato ? "L'uomo è nato libero, eppure deve vivere in catene", così inizia "il contratto sociale".


Come è avvenuto questo cambiamento ? Lo ignoro!

Cosa può renderlo legittimo ? Credo di poter risolvere questo problema.


Egli esamina alcune teorie che avevano giustificato l'esercizio del potere del sovrano sui sudditi.


La prima teoria che non gli piace è quella del diritto del più forte: dobbiamo obbedire allo Stato perché è più forte di noi, oppure è giusto che il più forte governi sul più debole. Egli non accetta questa teoria proprio perché tra forte e diritto non c'è alcun nesso, anzi, il diritto è qualcosa che può essere fatto valere anche contro chi è più forte di noi.


Continua alla lezione successiva..




. dalla lezione 7° .


Come abbiamo visto Rousseau, nelle sue opere critica alcuni assunti chiave del Giusnaturalismo, proponendo una doppia versione del contratto sociale.


Nel primo discorso (Discorso sull'origine della disuguaglianza), egli, ci parla di un contratto viziato, chiamato il "contratto fraudolento", che i ricchi propongono subdolamente ai poveri, facendogli accettare e quindi istituzionalizzando una situazione a loro conveniente;


Nel secondo discorso (il Contratto sociale), egli, parla del contratto sociale che lui propone, qui ci parla del suo stato ideale. E' uno stato repubblicano, egli rifiuta qualsiasi opzione monarchica, e propone un tipo di stato nel quale la sovranità spetta al popolo, il quale, non la esercita attraverso dei rappresentanti, come voleva Montesquie, bensì direttamente. Per quanto anche lui si rende conto che ci dovrebbe essere comunque un organo dotato del potere di eseguire le leggi fatte dal popolo: il potere esecutivo. Potere esecutivo che secondo lui, rispetto a quello legislativo è in subordinazione, che rappresenta unicamente un mandato. Cioè il legislativo demanda all'esecutivo l'esecuzione delle leggi, ma in qualsiasi momento il popolo può riprendersi il mandato e revocare le cariche all'esecutivo. Cariche che fra l'altro, secondo Rousseau, per garantire meglio la virtù repubblicana e per impedire la corruzione tipica del potere politico, qualsiasi carica deve essere temporanea e molto breve. Difatti, vedremo, come nell'esperienza della rivoluzione francese, specialmente i giacobini, presero alla lettera le indicazioni di Rousseau, facendo delle cariche a durata molto breve, anche se creando dei problemi molti seri che oggi diremo di governabilità.


Ciò che è importante è l'analisi di Rousseau, della volontà generale.


La volontà generale, secondo lui, non è la somma delle volontà particolari, individuali, degli individui che compongono il legislativo, è la volontà che scaturisce dalla decisione di maggioranza, però la maggioranza degli individui che tendono al bene comune, all'interesse generale. Se la decisione viene presa in maniera corretta, nell'interesse generale, allora, è la decisione giusta. Egli è convinto che la decisione presa dalla maggioranza composta dalle persone che tendono al bene comune sia per forza nel giusto. La minoranza, invece, è semplicemente un errore, è costituita da quelle persone che stanno pensando all'interesse proprio, pertanto chi è in minoranza dovrebbe riconoscere che è nell'errore, e rientrare nella maggioranza.

Su questo Tocqueville dissentirà completamente.

La volontà generale è quella che esprime la legge. La legge è l'espressione per Rousseau, della volontà generale. Lo afferma chiaramente nel "contratto sociale", che difatti, nella "Dichiarazione dell'uomo e del cittadino" del 1789, Rousseau era già morto, troviamo un articolo che esprime esattamente questo concetto.



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