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Gaetano Mosca




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Gaetano Mosca



E' una antologia di testi di Gaetano Mosca. E' presente una introduzione scritta dal prof. Gambino.

Ci sono brani tratti da bue opere principali di Gaetano Mosca.

La Vita.

Gaetano Mosca è stata una figura importante nel panorama politico e accademico italiano fra '800 e '900, il suo nome è legato molto all'università di Roma, in particolare alla cattedra di Storia delle dottrine Politiche. Egli fu infatti tra i promotori della nascita della facoltà di scienze politiche in Italia.

E' stato il primo professore della materia che stiamo studiando, siamo nel 1924. In realtà in questa facoltà Mosca insegnò solo un anno, si trasferì poi a Giurisprudenza, fino al 1933.


Nato nel 1858 a Palermo, laureato in Giurisprudenza, partecipò ad alcuni concorsi per l'università, vinse invece un concorso come revisore della Camera dei Deputati. Qui conobbe il Marchese di Ludinì, un importante figura politica, ex presidente del consiglio.


Alla fine dell'800 con la pubblicazione della sua opera principale "Elementi di scienza politica", riuscì a vincere una cattedre di Diritto Costituzionale a Torino, e lì rimase fino al 1923, anno in cui fu chaiamto a Roma. Insegnò fino al 1933, morì nel 1941.


Fece una brillante carriera politica, eletto alla Camera dei Deputati, fu sottosegretario alle colonie, poi fu senatore.


Opere


La sua opera principale è "elementi di scienza politica", con la quale, in un certo senso, nasce anche la disciplina della scienza politica.


La sua prima opera, presente nel libro, è del 1884, è un giovane Mosca, opera dal titolo :"Sulla teorica dei governi e sul governo parlamentare" ed è una dura critica al sistema della Monarchia Parlamentare quale si era affermato nell' Italia della seconda metà dell' 800.


Nel 1896 scrive "Elementi di scienza politica", la cui seconda edizione esce nel 1923, che è una data fondamentale in quanto è una anno dopo la marcia su Roma.


Vedremo poi cosa cambia in queste opere. Si può dire, innanzitutto, ad esempio, che c'è una grande differenza fra "la teorica dei Governi" del 1884 e la seconda edizione di "Elementi di scienza politica", per quanto riguarda la critica al sistema rappresentativo, molto netta nella prima opera del 1884, e, invece, molto affievolita nell'opera del 1923, in quanto Mosca aveva capito che il sistema rappresentativo poteva essere pieno di difetti, ma che indubbiamente era un baluardo contro mali peggiori, quale era secondo lui il fascismo.



L'elaborazione della teoria per la quale Mosca rimase famoso in molte discipline è la cosiddetta "Teoria della Classe politica ", o classe dirigente. Mosca fa parte infatti di quel gruppo di pensatori, che più o meno nello stesso periodo hanno elaborato la teoria delle èlite, gruppo di pensatori denominati elitisti: Mosca, Pareto, Michel.


Contesto Storico


L'unità d'Italia si realizzò tra il 1861 e il 1870, la forma di governo, all'inizio dello stato italiano, era la monarchia costituzionale pura. Questa prevedeva l'esecutivo nelle mani del Re, e il legislativo nelle mani del Parlamento. Non esisteva quindi la figura del presidente del Consiglio, non prevista nello statuto Albertino, così come non prevedeva l'istituto della fiducia del parlamento al governo. A partire dagli anni 50, c'era stata una evoluzione costituzionale verso la Monarchia Parlamentare, che si verifica quando l'esecutivo non è più affidato al Re solo, che nomina e revoca i suoi ministri. Ma l'esecutiva spetta al governo presieduto dal Presidente del Consiglio, il quale è determinato dalla maggioranza. Il Re, in pratica da attore, diviene una specie di arbitro super partes. Anche se, questa sua dipendenza dal governo verrà a giocare un ruolo fondamentale, alla fine della II guerra mondiale, con la caduta del fascismo.

(vedere la Caduta di Mussolini - 39.00)


Il sistema parlamentare in Italia diede però dei gravi inconvenienti, soprattutto l'altissimo livello di corruzione politica, il favoritismo, l'eccessivo distacco della classe politica dal popolo.

Per cui molte voci si levarono contro questa situazione, non solo quella di Gaetano mosca, tanto è che molti chiesero di tornare allo Statuto Albertino.


Mosca può essere considerato un liberale, un uomo che crede nel valore della libertà come valore supremo da salvaguardare in una struttura politica che deve essere esaminata con profondo realismo.

Il tratto fondamentale di Gaetano Mosca è quello del realismo. Per lui la politica deve essere esaminata da un punto di vista scientifico attraverso il metodo storico e deve essere esaminata spassionatamente, senza passione, capendo cosa è possibile e cosa non lo è. Soprattutto andando a calcolare gli interessi degli attori politici al di là delle loro promesse, dei valori che essi esprimono, valori comunque importanti. Ad esempio Mosca se la prende con le posizioni eccessivamente democratiche o troppo umanitarie, secondo lui queste nascondono interessi diversi.


Se la prende con la sovranità popolare, connessa con la teoria della classe politica, per lui la sovranità non è mai appartenuta al popolo, il potere politico è sempre nelle mani di una minoranza (teoria elitaria).


L'idea del principio maggioritario, la maggioranza dei cittadini non è mai quella che governa, anzi la maggioranza non è mai più forte della minoranza, in quanto questa è sempre più organizzata.


Mosca è stato definito un conservatore. Non è completamente corretto, un conservatore è una persona che vuole che le cose restino così come sono, mentre Mosca molto realisticamente dice che il progresso sociale è assolutamente necessario. La sua teoria della classe politica, dice che è sempre una minoranza che è al potere, non implica una teoria della conservazione. Egli si definisce non un anti-democratico, ma un a-democratico.


Per lui il problema non è quello che il potere è nella mani di una minoranza, questo sarà sempre così, il problema è di far in modo che nella minoranza che ha il potere, che c'è sempre stata non si può fare altrimenti,  possa comunque accedere chiunque, anche a chi arriva dagli strati sociali inferiori di riuscire a far parte della classe politica.


Sulla teorica dei governi e sul governo parlamentare

E' una dura critica alla crisi del sistema parlamentare. In questa opera Mosca sottolinea come lo studio della politica debba avvenire in maniera scientifica, cioè cercando delle leggi costanti e utilizzando il metodo storico-comparativo. Cioè il metodo che analizza quante più esperienze storiche possibile da un punto di vista scientifico. Cioè analizzando quante più fonti disponibili su queste varie esperienze.


La storia, secondo Mosca, fino all' 800 era una disciplina che vagava nelle nebbie, invece nell'800 studi importanti ci hanno fatto conoscere una grande quantità di fonti che ci permettono di giungere ad una conoscenza quanto più possibile scientifica della politica.


La scienza politica si era basata molto sulla teoria delle forme di governo di Aristotele, che però viene criticata da Mosca proprio all'inizio. Cioè, dall'analisi scientifica della politica riemerge come non è vero che il potere è nelle mani di uno, oppure di pochi, oppure di molti. Perché a ben guardare, in ogni esperienza storica il potere politico in un dato territorio è sempre stato esercitato da una minoranza.


Nel caso del Re, comunque il potere viene esercitato dai i suoi ministri (la minoranza);

nel caso di governo del popolo, come in Atene, anche qui, in realtà il governo apparteneva all'assemblea, non era esercitato dal popolo, che, di fatto non aveva assolutamente voce in capitolo.


Quindi, si deve trovare il criterio che sostituisca la concezione aristotelica

Questo criterio è per Mosca "La teoria della classe politica":


in tutti gli stati a governare è sempre una minoranza organizzata che domina sulla maggioranza.


Questa è la prima legge dello studio della politica.

Enunciata questa teoria Mosca verrà a parlare dei meccanismi di reclutamento, centrale è quindi la classe politica per poter studiare la politica, e non fermarsi alla classificazione delle forme di governo, oppure alla teoria della divisione dei poteri. Sono tutti stratagemmi per Mosca inconcludenti, bisogna invece andare a studiare quella minoranza di persone che esercita il potere. E a vedere in che modo è stata reclutata questa classe politica nella storia. Sono ovviamente cambiati i modi di reclutamento della classe politica, nel medioevo, si era reclutati in base alla capacità militare, bisognava essere guerrieri, oggi è più importante è la ricchezza, in un altro momento storico sono stati importanti i rapporti con la divinità, e quindi i sacerdoti facevano parte della classe politica.

Quindi il modo di reclutamento varia nella storia a seconda dei valori dominanti in quel momento.


E' però altresì importante capire come le classi politiche muoiono e in che modo la classe politica può essere rinnovata, e quindi il problema della "circolazione delle èlite". Quelle che Pareto chiama èlite, che Mosca chiama "La classe politica", in realtà Mosca accusò Pareto di plagio, il quale si difese dicendo che le cose che li aveva detto già facevano parte del pensiero greco che aveva già individuato per ogni società politica il rapporto tra governati e governanti.


Quando la classe politica declina ?


Secondo Mosca quando perde l'abitudine a comandare. Perché ovviamente una classe politica tende sempre a conservare se stessa. Questa è una regola fondamentale della politica: chi ha il potere non è disposto a cederlo. Il problema è che questa volontà di non cedere il potere si scontra con il rispettivo cambiamento della società. Gli anni passano, la società cambia, le esigenze sono diverse, la classe politica però cerca sempre di mantenere se stessa e di conseguenza perde quella che lui chiama "l'abitudine a comandare", ossia perde il contatto con le classi inferiori. Questo determina la perdita della possibilità di ricambiarsi. Gli uomini facenti parte della classe politica dovrebbero invece capire quando è il momento di cambiare. Il problema è quindi della perdita di contatto con le classi inferiori, ciò che lui chiama "mancanza di senso della realtà". Inoltre di eccessivo fervore verso le teorie "eccessivamente sentimentali" sulla bontà innata del genere umana, sono tutte teorie del socialismo, che in quel momento andava per la maggiore, che fanno leva su questi sentimenti di giustizia sociale o di sovranità del popolo. Tutto questo secondo Mosca non ha senso. In realtà secondo anche per Pareto, i partiti socialisti nascondono interessi di parte e inoltre spesso le teorie eccessivamente democratiche sono state manipolate da avidi demagoghi che organizzano il consenso.

Mosca aveva studiato molto la rivoluzione francese e si era reso conto quanto la demagogia era importante per il potere politico.

Quindi, una classe che non sa aprirsi alle classi inferiori, morirà sopraffatta dalle forze più fresche della società.


Abbiamo quindi detto che la formazione della classe politica era in un primo momento fondata sul valore militare, successivamente, il valore militare ha fatto posto alla ricchezza o all'istruzione, una parte rilevante di potere ce l'hanno anche gli ecclesiastici. La religione è una parte fondamentale delle cose politiche.

Alla fine dell'800 è anche importante per far parte della classe politica la preparazione burocratico-amministrativo.


La Formula politica


Oltre che su elementi materiali e sociali, ogni classe politica fonda se stessa su alcuni valori, utili per legittimare se stessa e farsi legittimare dalla maggioranza.

Ogni classe politica ha detto alla maggioranza che bisogna obbedire a lei per certi determinati valori, come ad es., libertà, uguaglianza, etc. . In pratica, ogni classe politica si fonda su quella che Mosca chiama "la formula politica": quel insieme di formule, di idee, di valori, che servono alla classe politica per farsi legittimare e per legittimare se stessa.  E' la forma interiore che viene assunta dalla classe politica per legittimare il suo potere. Generalmente non è mai effettivamente vera, non sono per forza valori che poi sono veramente portati avanti dalla classe politica, tuttavia assumono importanza in quanto utili per giustificare il potere di alcuni uomini su altri uomini. Bisogna dare una spiegazione al dovere di obbedire, chji comanda deve presentarsi alla maggioranza come legittimato a comandare.

Anche la formula politica nel tempo, nella storia è stata differente. Qualche classe politica ha legittimato se stessa attraverso il ricorso alla forza soprannaturale, si presentava quindi come legittima depositaria del volere di Dio. Più di recente, invece, la classe politica fa leva su altri sentimenti, come ad esempio, nello Stato Parlamentare moderno, sulla sovranità popolare: cioè la classe politica dice di essere legittimata a governare in quanto eletta dal popolo, il quale è sovrano. La sovranità popolare è quindi solo una formula politica.


Come si è arrivati al sistema della Monarchia Parlamentare ?


Un evento chiave è La rivoluzione francese. Durante la Rivoluzione Francese, si sono scontrate diverse idee di gestione del potere, all'inizio si pensava ad una monarchia, nel 1789, poi si è pensato bene di creare una Repubblica, si è proceduto quindi con una condanna a morte del Re, che all'inizio non era certo prevista. Nessuno pensava di tagliargli la testa.

Successivamente, invece, le ingiustizie e i valori portati avanti dai partiti più forti, hanno portato a credere che una Repubblica fosse migliore di un assetto monarchico.


Alla fine, a porre fine a questo periodo di disordine è stato Napoleone, che da primo console quale era, primo fra pari, diviene imperatore.


Il sistema napoleonico, dice Mosca, era sicuramente dispotico, ma aveva anche dei lati positivi, per esempio aveva promulgato il codice civile, il codice napoleonico che garantiva alcune libertà. Però era un sistema fondato essenzialmente sulla dinastia, Napoleone aveva messo a capo di tutti i suoi stati dei parenti o comunque stretti collaboratori. E quindi, aveva anche questo stato napoleonico, dei gran difetti.


Alla fine avevano prevalso, con la restaurazione, dopo il congresso di Vienna, le teorie parlamentari. Nasceva anche il socialismo, e quindi l'idea che la sovranità appartenesse al popolo era una idea che era penetrata negli strati più ampi della popolazione. Dalle monarchie costituzionali, ovunque, così come in Inghilterra anche in Italia, si è passati al sistema della monarchia parlamentare.


Il sistema parlamentare ha i suoi principi, le sue idee, che però, secondo Mosca si devono analizzare da un punto di vista realistico.


Sul concetto di libertà, egli dice, va visto in quale senso. Per esempio, i greci intendevano per libertà, la possibilità di partecipazione alla vita politica, però in realtà non tutti i cittadini greci partecipavano alla vita politica, che spettava invece ad una minoranza.


Sul concetto di uguaglianza, anche qui, una cosa è l'uguaglianza giuridica, tutti uguali di fronte alla legge, altra cosa l'uguaglianza economica, cioè che tutti dobbiamo avere le stesse proprietà, come credono i socialisti;


Sul concetto di fratellanza, egli dice che lo vede come un concetto astratto da applicare in politica e quindi ne parla pochissimo.


In che modo Mosca critica il sistema parlamentare rappresentativo ?


Si fonda secondo Mosca su alcune mistificazioni, dei miti:


il primo è che la sovranità appartiene al popolo. Si afferma che la sovranità appartiene al popolo in quanto ci sono le elezioni, che stabiliscono un legame tra il popolo e i suoi elettori. In realtà, dice Mosca, le elezioni si dicono libere, ma non lo sono assolutamente. Perché, ciascun elettore, in teoria, avrebbe la più ampia libertà di scegliere chi vuole per essere rappresentato in Parlamento. Però, guarda caso, la scelta si ferma a pochi candidati, non è veramente libera. In pratica, è il sistema dei partiti che sceglie i suoi candidati. Vale a dire che è il sistema politico che impone i candidati, e l'elettore deve scegliere quindi tra coloro già scelti dalla classe politica stessa. Il cittadino quindi non è veramente libero, è già costretto dalla classe politica. Chi può influire veramente sulla scelta dei candidati sono tre categorie di persone:

o i prefetti, all'epoca una figura chiave dell'amministrazione, più in generale, tutti i grandi dirigenti pubblici, i quali, manipola un grande quantità di voti, voti di scambio, in cambio di certi favori determinano dei voti. Questo sistema, crea dei legami con la malavita organizzata. Quindi, i dirigenti pubblici, che dovrebbero vigilare, danno l'immunità in cambio di voti;

o i grandi industriali, o in generale tutti coloro che possono muovere un numero consistente di voti, come ad esempio il capo di un grande fabbrica. Oppure i grandi latifondisti che hanno innumerevoli persone al loro servizio;

o i sindacati, in quanto rappresentando grandi categorie di lavoratori, hanno la possibilità di muovere voti.


Questo meccanismo di creazione del consenso intorno a certe figure, non è di per sé moralmente giusto o moralmente sbagliato, afferma Mosca. Il problema è che tutte queste figure alal fine gestiscono voti in base all'interesse di classe e di parte. Quindi i deputati eletti, difendono unicamente gli interessi di coloro che hanno reso possibile la loro elezione.


Come si può rimediare a questa situazione di estrema corruzione del sistema politico?


Secondo alcuni, riorganizzare i partiti, che invece per Mosca non è possibile e inoltre il sistema del partito è un sistema che si fonda sull'idea della rappresentanza attraverso la volontà popolare, che è proprio un'idea che lui critica.

C'è poi il tentativo del pensiero liberista, che dice che, gli errori del sistema politico verranno automaticamente equilibrati dalla sola ingerenza dello Stato nelle cose dell'economia, una teoria di Adam Smith. Questo a Mosca sembra non realistico perché la non ingerenza dello Stato tanto da permettere lo sviluppo indefinito della società civile, porta indubbiamente all'arricchimento di alcuni e impoverimento di altri e alla sopraffazione del più forte sul più debole.


Il tentativo dei socialisti più estremi (il comunismo), che propongono la rivoluzione proletaria contro la classe politica. Ma anche qui, Mosca dice, che generalmente coloro che fomentano la plebe non lo fanno ponendogli davanti la speranza di una vita migliore ma la semplice vendetta sperando di ricevere un vantaggio personale dal caos e ciò porterebbe alla fine della società e alla totale anarchia.


L'unica soluzione veramente possibile, secondo Mosca è il miglioramento morale della classe politica. La quale può migliorare moralmente a partire dall'educazione, occorre cioè che ne facciano parte solo persone di grande spessore intellettuale, che riescano ad avere una visione d'insieme, riuscendo a vedere gli interessi di tutti, ma trovare queste persone non è facile. Per questo, per Mosca, il potere politico deve essere dato ad una minoranza, ma una minoranza dalle grandi vedute.

Il segreto è aprirsi al ricambio sociale, quindi la classe politica deve aprirsi a tutte le classi, ma questo si scontra con il desiderio dell'uomo a conservare il proprio potere, tuttavia la menti elette dovrebbero essere così elette da rendersi conto quando è il caso di modificare e fare largo a forze più fresche.



Ora, se sull'importanza del metodo storico e sulla teoria della classe politica "la teorica dei Governi", la sua prima opera, si trova in piena consonanza con "elementi di scienza politica", sua seconda opera, invece per quanto riguarda la critica al sistema rappresentativo, le sue idee cambiano tra le due opere.


Vedremo infatti come Mosca nell'opera "elementi di scienze politica", sempre dal suo profondo realismo, sempre con una concezione di tipo "conservatrice illuminata", da questo punto di vista giungerà a dire che il sistema rappresentativo tutto sommato è migliore di tante altre cose. Infatti nel 1925 egli dirà apertamente che il sistema rappresentativo è criticabile sotto tanti aspetti, ma è meglio del fascismo.


In un discorso al senato, egli contestò nel 1925 l'attribuzione dei pieni poteri a Mussolini, e,  alzandosi in piedi, dicendo :"mi duole che sono stato per quaranta anni il critico severo della formula parlamentare, adesso sia l'unico ad alzarmi in favore di essa".


Il rapporto con il fascismo, fu quindi di antipatia sostanziale, gli permisero comunque di insegnare, ma rimase solo un anno alla facoltà di scienze politiche e fu trasferito a Giurisprudenza, fino al 1941 anno della sua morte.


Elementi di scienza politica.


E' questa l'opera più corposa di Mosca, uscita in due successive edizioni, 1896 e 1923, la seconda edizione è arricchita di una ulteriore parte importante, in quanto Mosca analizza e commenta alcuni grandi eventi accaduti tra le due edizioni: la grande guerra, prima guerra mondiale e la rivoluzione Russa del 1917.


Alcune parti di questa opera coincidono con quelle analoghe della "Teorica dei governi", in particolare sulla formazione e reclutamento della classe politica e alla descrizione di formula politica, altri capitoli, idee e analisi sono completamente nuove.


Mosca all'inizio della sua opera si pone la domanda "cosa è la scienza politica".


L'idea di guardare la politica in maniera scientifica, c'era sempre nella testa dell'uomo. Anche Aristotele cerca di guardare alla politica in modo scientifico. Il problema, però, secondo Mosca, è che molto spesso i teorici della politica hanno preso la scienza politica come la descrizione di come un signore sovrano debba acquistare e mantenere il potere, e questo è un riferimento diretto a Machiavelli, autore con il quale Mosca ha un rapporto di amore e odio, in quanto vive in un secolo nel quale la scienza storica non si è sviluppata al punto da poter citare, dice Mosca, delle leggi costanti. Questa piuttosto, secondo Mosca, è l'arte di governare, non scienza politica. Non è quello che Mosca intende per scienza politica:


l'individuazione delle leggi costanti della politica che deve essere attuata mediante una analisi storica di tipo comparativo, cioè comparando certe epoche e diverse situazioni territoriali.


In altre parole: l'individuazione di leggi costanti che determinano la nascita e lo sviluppo degli organismi politici in contesti e epoche diverse.


La teoria della classe politica, parte proprio da questo principio che in tutte le epoche e in tutti gli stati, è individuabile una minoranza organizzata che detiene veramente il potere politico sopra una maggioranza che però non è organizzata e più o meno accetta che questa minoranza li governi.


Dice Mosca che ai nostri tempi, l'unica scienza che ha raggiunto un grado di scientificità notevole è l'economia politica. Era ovviamente il secolo dei grandi economisti.


Tuttavia, l'economia non riesce ad avere una visione d'insieme perché spesso gli economisti accettano una visione parziale, credono infatti che l'interesse economico degli individui sia l'unico movente delle loro azioni.

Per Mosca questo è vero solo in parte, in quanto l'interesse economico non è il solo che determina l'agire quotidiano degli individui.


Inoltre Mosca afferma che la scienza politica e la scienza in generale, deve essere studiata attraverso il recupero del metodo storico. Perché fino a quel momento gli autori avevano esaminato la politica però non avevano una visibilità delle epoche e dei periodi storici così vasta e completa.


Fra le varie teorie che erano state elaborate per dare scientificità alla politica, due hanno raggiunto secondo Mosca, un grado di esattezza e di condivisione maggiore delle altre:


  • teoria dei climi: la teoria che attribuisce la diversità degli organismi politici al clima e alla posizione geografica di certi popoli
  • teoria razziale: la teoria secondo la quale, la nascita, la civiltà, il progresso, il decadimento delle società politiche dipenderebbero da elementi biologico-razziali dell'uomo.

Entrambe queste teorie però, secondo Mosca, devono essere criticate, non è in queste due teorie che si trova l'analisi corretta della politica.


L'analisi della teoria dei climi era stata portata avanti da Montesquie, il quale aveva dato una grande importanza al clima, il quale influenza la forma di governo, per cui aveva detto che al sud, nel meridione, vi è scarsa moralità degli uomini, ciò è dovuto al clima caldo, ciò comporta anche un certo ozio da parte degli individui, che allontanava dalla dinamica politica e quindi dalla libertà. In un certo senso, Montesquie dice che gli uomini del sud sono più propensi ad essere dominati e quindi ad essere sottoposti ad un governo arbitrario. Per contro, gli uomini del nord sono più pronti, più forti e meno pronti a cedere i propri diritti.


Certo, dice Mosca, che il clima ha senz'altro importanza nel progresso delle civiltà e nel determinarne il tipo. Però, se ci si pensa, con il passare dei secoli, l'uomo si è emancipato dall'influenza geografica. Non è più così importante il posto dove sorge la comunità e lo stato, ai fini della struttura dello stato stesso. Si tratta di una idea molto relativa, quella di Montesquie, secondo Mosca, inoltre, ci sono stati dei popoli di montagna che sono spesso stati dominati e governati da uomini della pianura, sicuramente meno forti. Dire che solo al nord vi è la libertà, è assolutamente falso, ed è sufficiente uno sguardo anche poco profondo alla storia per rendersene conto. Ad esempio la Russia zarista, popolo del nord e popolo freddo, era un popolo non libero. Viceversa, Atene era uno stato più o meno democratico, ma certamente dove si godeva la libertà.


Quindi, non è la posizione geografica che influenza da sola il progresso e la decadenza delle civiltà, è solo un fattore.


Stessa cosa riguarda l'idea della superiorità di razza. Ci sono due scuole che si rifanno all'epoca di Mosca alla concezione che la struttura politica dei diversi popoli e quindi anche la superiorità di un popolo su un altro, sia determinata da fattori genetici e razziali:

  • la prima scuola, ritiene che la razza bianca sia stata sempre superiore. Ritiene che la  moralità e la superiorità dell'analisi politica si siano evolute con l'evolversi della razza bianca, cosiddetta ariana. L'epoca in cui scrive Mosca era l'epoca in cui le teorie razziali avevano un certo vigore. Avevano assunto una certa rilevanza opere di autori che avevano definito la razza come elemento determinante per il progresso e la decadenza dei popoli;
  • la seconda scuola, invece, è quella del Darwinismo sociale. Il Darwinismo è una teoria che si riferisce non solo allo sviluppo dell'uomo, ma allo sviluppo di tutto il creato. E' il darwinismo applicato alla politica, si può dire. E' l'idea che nella storia sopravvivono sempre le civiltà più adatte i nquel determinato momento.

Quindi, secondo la prima teoria, la superiorità politica è da sempre insita in una razza, che è quella bianca. Secondo il Darwinismo, invece, tale superiorità varia di civiltà in civiltà a seconda del momento storico. E si ha l morte del meno adatto e, invece, la sopravvivenza del più adatto.


Anche questo è criticato da Mosca.


Certamente la razza è importante, ma non è l'unico fattore. Ad esempio, dice Mosca, vi sono state delle razze non bianco che hanno primeggiato. Per esempio, gli Egiziani, comandavano quando la razza ariana nel nord Europa, era ancora ad un livello primitivo di vita.

Inoltre, si vede come dal comportamento sociale, da una serie di consuetudini, dall'educazione di un popolo, si possano trarre elementi fondamentali della civiltà. Non tanto da fattori biologici, insiti nella nostra natura.


Anche il Darwinismo sociale viene criticato da Mosca, perché, non funziona la politica così come funziona la catena di Darwin. Perché, la dinamica storica dei vari popoli, non ha mai comportato l'annullamento di una civiltà e la sopravvivenza di un'altra. Normalmente in politica, il vincitore non è mai interessato ad annullare l'altro, ma solo a sottometterlo, ad utilizzarlo. Inoltre, se ci fosse sempre questa catena che ci rimanda  alla sopravvivenza del migliore, non si spiegherebbe come mai alcuni popoli hanno avuto per alcuni secoli la decadenza, ma poi una improvvisa resurrezione. La storia ci insegna che non ci sono civiltà che muoiono e civiltà che sopravvivono, ma civiltà che hanno dei momenti negativi ed altri positivi. Civiltà che decadono e poi risorgono ma non c'è questa catena naturale che invece, dice Mosca, può riguardare gli esseri viventi.


Quindi, il progresso e il regresso di una società sono determinati da molteplici fattori, e questo è il motivo per cui Mosca afferma che la politica è la scienza più difficile, perché deve prendere coscienza da molteplici punti di vista.


La spinta verso il progresso, sempre presente nell'uomo, può essere ostacolata o avvantaggiata da determinate condizioni. Per trovare queste condizioni Mosca individua l'unico metodo possibile che secondo lui è il metodo storico.

Metodo storico che non si basa più come era stato per Machiavelli o Aristotele, su delle grandi intuizioni, ma sull'analisi del maggior numero di fonti possibili.


Da parte dello storico, ovviamente, ci dovrebbe essere, quanto più possibile, la soppressione di ogni pregiudizio. Qui Mosca dimostra uno dei suoi lati più "positivisti". Mosca fa parte di quella corrente del positivismo, di cui fanno parte per esempio anche Saint Simon e Comte, che credeva che l'analisi della politica dovesse prevedere l'abbandono di punto di vista e pregiudizi:  la neutralità dello storico.

Poi, in "elementi di scienza politica" verrà a mitigare questa concezione sempre dal punto d i vista realistico, dicendo che è impossibile per chiunque, quindi anche per lo storico che analizza un certo argomento, eliminare la propria educazione.


Un'altra teoria che viene criticata è quella di tipo antropologico, secondo la quale, per capire le leggi generali della politica, bisogna andare a studiare i piccoli gruppi che vivono ancora allo stato tribale, in situazioni ancora vergini. Per capire come funziona all'inizio la struttura politica. Mosca afferma che questo non è assolutamente un criterio giusto, in quanto la politica si è evoluta, quindi nel mondo occidentale gli stati non funzionano come funzionano in questi posti. Poi, nello stato tribale, è sufficiente una sola caratteristica (saper cacciare meglio, oppure la forza fisica) più elevata per divenire capo. Mentre nella civiltà occidentale, che è molto più complessa, un elemento non è sufficiente.


Lasciando da parte le pagine che Mosca dedica alla classe politica, alla formula politica, nelle quali dice più o meno le stesse cose che aveva detto ne "la teorica dei governi", andiamo quindi a vedere la classificazione degli organismi politici secondo Mosca, la sua teoria dei tipi di organizzazione politica (non è corretto dire delle forme di governo), e poi dei tre grandi problemi che secondo lui affliggono la società odierna: il problema religioso, il problema politico e il problema sociale.

Per quanto riguarda però, la classe politica e la formula politica, rimangono elementi fondamentali nella analisi di Mosca anche nella seconda opera "la scienza politica":


quindi esiste la maggioranza organizzata che governa, pertanto non bisogna credere a chi dice che la sovranità appartiene al popolo, non bisogna credere anche a chi ci dice che la sovranità appartiene al Re, perché il potere è sempre in una minoranza che tra il popolo ed il Re. Quindi, secondo Mosca, bisogna andare a studiare proprio questa classe, la classe che ha in mano le redini dello Stato.


Ci sono diversi gruppi sociali, secondo Mosca, per gruppo sociale egli intende più o meno il popolo.


L'umanità si divide in diversi popoli, diversi gruppi sociali, ognuno dei quali ha diverse consuetudini, concezioni religiose, norme giuridiche, si dotano di un proprio apparato giuridico. Crescono interno a dei valori comuni e all'inizio, ovviamente, era molto importante il fattore religioso. La religione infatti era parte integrante della società, della politica e della formula politica. Piano piano però con i secoli, hanno cercato di allontanare la politica dal vincolo divino, dal concetto che la politica fosse una cosa che veniva dal soprannaturale. E quindi, hanno cercato di dare una spiegazione umana alla politica, e hanno fatto come punto centrale dell'applicazione dell'universo, non Dio, ma l'uomo. Tutto questo, è stato raggiunto grazie all'applicazione della ragione, che nel corso dei secoli si è sempre più sviluppata.


Dai conflitti fra i primi popoli, per i quali la religione era molto importante, sono nate le religioni universali, che sono, secondo Mosca, il Cristianesimo, l'Islam, il Buddismo. L'Ebraismo non è una religione universale perché secondo Mosca, gli Ebrei non vogliono che sia una religione che venga trasmessa a tutti.

Invece, le altre, secondo lui, hanno questa vocazione universale.

Proprio questa vocazione universale, le porta ad andare in conflitto con gli Stati nazionali e si riferisce infatti, ad esempio, ai conflitti che ci sono stati fra il Cristianesimo e gli stati dell'Europa moderna, ciò accadeva circa nel 1500 quando sono nati gli stati moderni, e il popolo era costretto a chiedersi se il suo sovrano fosse il Re oppure il Papa.


Più o meno, comunque, secondo Mosca, il razionalismo, quindi la concezione critica delle religioni, ha vinto sull'idea sovra-nazionale della religione. Il periodo in cui scrive Mosca è proprio il periodo della nascita del principio politico della separazione tra Stato e Chiesa. E' un periodo in cui era molto sentito questo problema, che ancora oggi è tornato molto attuale che è quello della laicità dello Stato e quindi della ingerenza o non ingerenza del diritto  delle persone della Chiesa a sostenere o meno le proposte di leggi.


Gli organismi politici per Mosca, vengono classificati in due grandi aree:


  • lo Stato Feudale, nato prima, che è quello stato nel quale l'esercizio di tutte le funzioni politiche, quella legislativa, militare, religiosa, era in mano ad un ristrettissimo numero di individui. Poche persone esercitavano tutte le funzioni interne allo Stato stesso. Ovviamente, scopo del sovrano o del principe, in questi periodi storici, soprattutto il Medioevo, era quello di vincere i particolarismi delle diverse autonomie locali che cercavano invece di arginare il potere del sovrano; L'evoluzione delle civiltà ha però determinato il passaggio da questo tipo di stato a quello burocratico;
  • lo Stato burocratico, invece è quel tipo di Stato nel quale, una forte tassazione sui sudditi, ha generato il moltiplicarsi degli uffici e delle cariche amministrative. Nello Stato burocratico non ci sono più pochi individui che esercitano tutte le funzioni. Esiste una burocrazia sempre più elevata di numero e di specializzazione. Le cariche si sono moltiplicate, prima erano poche, ora sono moltissime, affidate ad un sempre maggior numero di persone. Non per forza, sostiene Mosca, uno stato burocratico deve essere centralizzato. Cioè, burocrazia e centralizzazione possono convivere e lui fa l'esempio della Cina del suo tempo.

Anche lo Stato burocratico ha avuto una evoluzione storica, all'inizio si parla di Stato assoluto burocratico, siamo all'inizio del '600 e Mosca ha in mente la Francia di Luigi XIV, poi, si è passati allo stato burocratico rappresentativo, attraverso l'abolizione della Monarchia, l'introduzione del suffragio. Ma soprattutto con il cambiamento di classe politica. Un cambiamento di forma di governo corrisponde sempre ad un cambiamento della classe politica. Al tempo di Luigi XIV le cariche erano tutte in mano alla nobiltà; piano piano si è iniziato ad affidare l'amministrazione dello Stato a personale tecnico competente.  Quindi personale che non proveniva più dalla nobiltà ma dalla borghesia nascente, dal ceto medio, dalle nuove classi sociali che si stavano arricchendo nell'Europa del 500 e del 600. Quindi, attraverso l'introduzione del suffragio, l'istruzione sempre più estesa dal punto di vista sociale, attraverso l'abolizione dei privilegi della nobiltà. C'è stato un cambiamento di classe politica e, tutto questo ha portato ad un cambiamento del tipo di stato dallo Stato Assoluto allo Stato burocratico rappresentativo, che significa che la classe politica viene ad essere eletta da un corpo rappresentativo (ricordiamo che esiste un meccanismo che Mosca indica ne "La teorica dei Governi" per il quale in realtà gli elettori non sono veramente liberi di scegliere i propri rappresentanti, ma è sempre la classe politica che decide lei le modalità di elezione..).



Oltre a questa classificazione, ci sono due principi e due tendenze che agiscono nella classe politica.


I due principi corrispondono al modo con il quale si genera il potere politico in una determinata società, al modo con il quale si legittima il potere. I Due principi sono:


il principio autocratico, ereditario o elettivo

il principio liberale


Le due tendenze, invece, riguardano la tendenza a rinnovare oppure a conservare la classe politica. Le due tendenze sono:


la tendenza democratica, che è la tendenza al rinnovamento della classe politica;

la tendenza aristocratica, che è invece la tendenza alla conservazione della classe politica attuale


I due principi, secondo Mosca, corrispondono più o meno quello che aveva detto Platone nelle leggi, cioè che l politica poteva essere divisa in due grandi forme: la monarchia o la democrazia. Vale a dire che il potere o nasce dall'alto e preme verso il basso, oppure parte dal basso, il popolo, e sale verso l'alto.


Quindi, il principio autocratico è quel principio che dice che la politica si genera dall'alto verso il basso, da chi ha il potere a chi lo subisce.

Il principio liberale, invece, è quel principio secondo il quale il potere nasce dal basso e prosegue verso l'alto, verso la formazione della classe politica.


Ovviamente questi due principi, si susseguono nel corso della storia.


Analisi del principio autocratico.


L'autocrate, che più o meno corrisponde al Monarca, ma non è proprio il Monarca, è chi possiede il potere politico, è ereditario oppure elettivo:


  • Nel primo caso, se ereditario, ovviamente, il principio autocratico sarà puro;
  • se invece si ha un autocrate eletto, allora il principio autocratico si avvicina al potere liberale, nel quale il potere nasce dal basso.

Sono possibili anche delle forme miste tra i due principi e le due tendenze. Anzi, le forme miste, sono quelle che Mosca auspica in quanto è il tipo di forma politica più equilibrata per garantire la libertà, e per evitare il rischio di abuso del potere.


Negli stati governati dal principio autocratico, attorno all'autocrate circola sempre un numero ristretto di persone, la corte, la quale tende sempre a perpetuare il proprio potere e quindi a trasferirlo di padre in figlio. Inizialmente la corte era solo formata da nobili, poi, l'autocrate si circonda anche e soprattutto di persone competenti, indipendentemente dalla classe sociale, competenti in diverse materie. Qui, Mosca fa riferimento alla Francia di Luigi XIV, del '600, nella quale il Re sole, iniziò a dare cariche non solo ai nobili.


Per quanto riguarda il modo di reclutamento della classe politica nello Stato governato da principio autocratico, Mosca afferma che ci sono due modi


  • la meritocrazia, che sicuramente è quella che lui predilige, anche se questa rischia di essere relativizzata. La meritocrazia va bene quando si ha un criterio oggettivo di merito. Anche affidare cariche in base alla meritocrazia può comportare dei rischi, in quanto anche i giudici che devono giudicare il candidato, rischiano di premiare di più quelli che maggiormente sono affini alle proprie caratteristiche e idee;
  • l'anzianità, cioè il modo di assegnare le cariche politiche in base all'anzianità, presenta però, secondo Mosca dei difetti. Le persone anziane, non hanno secondo lui quella voglia di rinnovare che è invece parte dei giovani


Analisi del principio liberale.


Gli Stati dominati dal principio liberale, sono quelli in cui la politica nasce dal basso e si muove verso l'alto. La classe politica è reclutata attraverso elezioni. I cittadini di questi paesi godono di libertà politiche (diritto di voto, diritto di associazione, libertà di opinione e parola), di libertà civili quali il diritto di proprietà, la tutela della privacy.


Molto dipende in questi paesi dalla estensione del suffragio:


se è molto esteso, ossia può votare la stragrande maggioranza del popolo, allora si ha un tipo di stato che si avvicinerà alla tendenza democratica;

altrimenti, se il suffragio riguarda un numero ristretto di persone, allora, il principio liberale si avvicina molto al principio autocratico.


Di nuovo, Mosca, anche in queste pagine, se la prende con l'eccessiva demagogia. Infatti, egli non è d'accordo con l' opinione secondo la quale l'estensione del suffragio, cioè dare il voto a tutti, è considerata sicuramente una miglioria della classe politica. Per Mosca infatti non è così, in quanto secondo la sua analisi, c'è una grande differenza tra un membro della plebe e un intellettuale, il quale è molto più adatto a votare, per scegliere i candidati c'è necessità comunque di avere una certa preparazione culturale.


Analisi della tendenza democratica.


La tendenza democratica è quella tendenza al rinnovamento della classe politica. Può essere più o meno forte. Se è più forte, allora si sentirà nella società l'esigenza di una rivoluzione, in quanto i grandi cambiamenti della classe politica si attuano attraverso la rivoluzione. Se è meno forte, allora, si avrà una esigenza di riforme, che a Mosca, sembrano la soluzione migliore, non essendo certo un rivoluzionario ma un conservatore di tipo liberale. Quindi, riforme da un lato, rivoluzione dall'altro.


Analisi della tendenza aristocratica


La tendenza aristocratica comporta dei gravi rischi, così come quella democratica. Il rischio di un eccesso della tendenza democratica è la rivoluzione, spinta da quel gruppo di persone che non vedono l'ora che il popolo si rivolti, per prendere loro il potere. Il rischio della tendenza aristocratica è esattamente il contrario: la stasi, l'asfissia della classe politica. Poiché il rischio è proprio quello facente parte la natura umana di voler a tutti i costo conservare il potere o, al massimo, trasferirlo a persone a noi vicine.


Questa stasi eccessiva, derivante dalla voglia della classe politica aristocratica a mantenersi, crea un distacco incolmabile tra la società reale e la classe politica che ormai è sorda ai cambiamenti e ai nuovi bisogni della società. Inoltre, la classe politica eccessivamente aristocratica, quindi di tendenza a conservarsi, è portata alla inattività, poiché, l'impunità che deriva dalla posizione di potere, fa sì che essi entrino nell'ozio.


Quale è allora, una volta determinati questi due principi e le due tendenze, la forma migliore di governo ?


Per Mosca è proprio quella che equilibra le due tendenze e i due principi. Soprattutto, tutto dipende, da chi fa parte della classe politica. Qui Mosca riprende quanto già detto ne "la teorica dei governi", che della classe politica devono far parte persone equilibrate, moderate, provenienti da tutte le classi sociali, che abbiano una visione quanto più ampia della politica e che sappiano vedere quale è l'interesse dei ricchi e quello dei poveri, cercando di mediare tra questi due interessi, partendo dal presupposto che ci sarà sempre qualcuno scontento, non esiste lo stato ideale. Sono le migliori energie, che in un dato momento storico, esprime la società. Questa è una visione di Mosca più ottimista del solito, il quale afferma che in ogni momento storico ci sono delle grandi energie nel popolo, ci sono degli elementi in ogni classe sociale che hanno raggiunto la maturità giusta per far parte della classe politica. Sono queste le persone che devono andare al governo, al potere, cosa molto molto difficile.



Quali sono secondo Mosca i problemi della società contemporanea ?


Sono tre:  il problema religioso, il problema politico e il problema sociale.


Il problema religioso.


E' proprio quello della lotta fra ragione e fede. Il razionalismo tende a criticare la fede: non accetta il fatto che esistano verità assolute, ma solo verità da verificare e di cui si può discutere.


Mosca si chiede se potranno sopravvivere le religioni a questo prevalere del razionalismo nella politica occidentale. Secondo lui certamente, poiché la politica non è fatta solo di ragione, così come in tutte le attività umane, ci sono metà passioni e metà ragione. Quindi gli elementi irrazionali, primo fra tutti, la religione dà la speranza che aiuta l'uomo contro la paura della morte, ecco, questi elementi irrazionali, sono ineliminabili ed è naturale che si condensino attorno ad un sistema di valori che è la fede.

Allora la politica, lo Stato, dovrebbe cercare non di farsi nemica la religione, ma di venire a patti con essa. Mosca dice, combattere insieme il nemico comune, che è appunto il potere arbitrario.


Il problema politico.


E' legato alla crisi del sistema rappresentativo di cui già si parlava ne "la teorica dei governi".


La critica del parlamentarismo. Ci sono diversi tipi di critiche che vengono mosse al parlamentarismo:

una prima critica è quella che dice che nel parlamento non si discute se non di cose di scarsa importanza. Egli liquida facilmente questa critica affermando che ciò è sicuramente vero ma queste sono tendenze psicologiche costanti che derivano proprio dalla natura assembleare del governo, non gli sembra una critica importante.

Una seconda critica dice che il parlamento non è rappresentativo se non di interessi particolaristici e non del bene comune. Anche qui, dice Mosca, certamente questo è vero, però anche questa è una tendenza abbastanza ineliminabile. E' un difetto però se non altro, il sistema rappresentativo è migliore di altri che c'erano prima, come lo stato assoluto.

Una critica che lui chiama più genuina e reale, è quella della ingerenza di singoli deputati e di consorterie che tendono ad accaparrarsi ogni forma di potere politico in modo da rendere onnipotente la classe politica. Qui le analisi di Mosca, in un certo senso, convergono con quello che aveva detto Tocqueville sulla tirannide della maggioranza. Parlando dei governi democratici rappresentativi, Mosca sostiene che il rischio è quello che proprio l'affermare che la classe politica si senta legittimata dal popolo, può portare al fatto che la stessa classe politica si senta legittimata a fare qualsiasi cosa. Questa è la grande illusione di Rousseau, infatti, se dovessimo individuare un autore veramente bersaglio delle teorie di Mosca, è certamente Rousseau. Anche quando parla, ad esempio, degli anarchici, delle tendenze comuniste ed anarchiche, Mosca dice, che gli anarchici seguendo il loro maestro Rousseau, vorrebbero un ritorno allo stato di natura, in quanto era Rousseau che ha detto che la civiltà porta alla disuguaglianza e quindi all'ingiustizia. Quindi, poveri anarchici, non vogliono altro che un ritorno allo stato di natura, senza capire che l'uomo per sua natura, afferma Mosca, è portato alle relazioni e quindi dallo stato di anarchia più totale, non potrà che emergere realisticamente una nuova entità politica in quanto ci sarà sempre un rapporto di comando e di obbedienza, quindi una società di tipo anarchico è semplicemente impossibile in quanto vorrebbe dire isolare gli individui l'uno dall'altro. Invece, nel momento in cui gli individui sono vicini l'uno all'altro, si creano dei rapporti, e di conseguenza c'è sempre qualcuno che prende le decisioni e si arriva quindi sempre ad uno stato di obbedienza e potere. Non è eliminabile dalla vita dell'uomo.


Quindi, la riforma del sistema rappresentativo deve avvenire a livello di classe politica. Una classe politica migliore, che si possa rinnovare al rinnovarsi delle esigenze della società.


Aspetto però fondamentale è che ci siano dei poteri che rimangano autonomi dalla classe politica stessa

Perché il rischio è appunto che nel governo rappresentativo, coloro che sono al potere occupino tutti i posti di potere. E' importantissimo per Mosca, che la magistratura resti fuori dal potere politico, è importantissimo che gli organi di controllo finanziario, come ad esempio l corte dei conti, rimangano indipendenti ed autonomi.


Il sistema invece di dare più potere all'esecutivo (ipotesi che era stata avanzata in quel momento), e quindi di dare più potere al Re (quando Mosca scrive, siamo ancora in una Monarchia Parlamentare), per bilanciare il potere del parlamento, non gli sembra fattibile in quanto comporta il rischio del ritorno allo Stato Assoluto di tipo autocratico, in cui il Re si sente arbitro della politica. Mancherebbe inoltre quell' istituto che a Mosca appare fondamentale nel costituzionalismo odierno, l'istituto della fiducia fra governo e parlamento.


Il problema sociale.


E' il problema eterno della politica, è il problema del rapporto tra i ricchi e i poveri, dei deboli e dei forti, quello cioè dare una giustizia che sia equamente distribuita, la giustizia sociale.


Le teorie che hanno cercato di dare una risposta al problema sociale sono variamente criticate da Mosca.


Una è il collettivismo, cioè l'idea dell'abolizione della proprietà privata e dell'accentramento di tutte le funzioni politiche nello Stato, comprese quelle dell'economia, quindi l'accentramento anche di tutti i mezzi di produzione dello stato. Appare a Mosca, assolutamente rischiosa, in quanto egli dice, che è ovvio che se noi facciamo gestire tutta la nostra vita allo Stato, in realtà facciamo gestire tutta la nostra vita al solito gruppo ristretto di persone. Se la libertà economica degli individui viene regolata e gestita dallo stato, per la nostra sopravvivenza quotidiana, dipendiamo da qualcuno che si trova nei palazzi nel potere. Questo secondo Mosca comporta una forma di governo ancora più assoluto dello Stato Assoluto, della monarchia assoluta.

La dittatura del proletariato è anch'essa criticata. Non è eliminando la classe dei capitalisti che si genera la giustizia sociale, ma si raggiunge cercando di equilibrare gli interessi dei capitalisti e dei proletari.


Pertanto, alla fine della sua indagine politica, Mosca giunge a criticare oltre al sistema collettivistico il sistema che lui chiama autoritario-burocratico-militare. In un certo senso, qui, aveva in mente il fascismo (ricordiamo che "elementi di scienza politica" nella sua 2° edizione è del '23, un anno dopo la marcia su Roma), cioè tutti quei regimi che accentravano il potere nella burocrazia e nell'esercito, attraverso i quali governare ogni singolo elemento della vita dei cittadini, sia pure con dei valori, come ad esempio qullo di Patria.


C'è troppo potere nella classe politica, quindi nell'esercito e nella burocrazia.


Alla fine di tutto, il sistema rappresentativo, che era stato aspramente criticato nell'opera precedente, "la teorica dei governi", gli appare il migliore dei modi possibili


Mosca afferma :"fra i rischi del sistema collettivistico quale è sorto in Russia dopo la rivoluzione del 1917 e i rischi dell'autoritarismo burocratico-militare, che vogliono i fascisti, tutto sommato, il sistema rappresentativo, pur con i suoi difetti, mi sembra ancora la cosa migliore, in attesa di un cambiamento della classe politica.".


Abbiamo ricordato infatti il discorso del 1925, con il quale il Mosca senatore, si schierava contro l'attribuzione dei pieni poteri a Mussolini.




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