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Legislatura (1983 - 1987)




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Legislatura (1983 - 1987)








Il trionfo delle grandi potenze internazionali. Il 1983 apre uno scenario internazionale favorevole ai nuovi governi liberisti sorti negli Stati Uniti di Reagan, nell'Inghilterra della Tatcher, o nella Germania di Kohl. In questa fase, segnata anche d una fortunata contingenza economica, i governi neoliberisti trionfano letteralmente raccogliendone abilmente i frutti. Anche sul piano militare Inghilterra e USA ottengono ottimi risultati. L'Inghilterra con la guerra nelle Falkland e gli Stati Uniti mediante una politica più aggressiva in Medio Oriente, adottando la linea dura contro il terrorismo arabo fomentato e sostenuto dal leader libico Gheddafi.


La «nuova» URSS di Gorbaciov. All'indomani della morte di Andropov, succede alla guida del PCUS il vecchio Cernenko che, durando solo una anno, indica come suo successore il delfino Mikhail Gorbaciov, giovane uomo colto e promettente che rimarrà nella storia per aver cambiato il volto dell'Unione Sovietica fino al crollo del regime comunista. Osservato attentamente dall'Occidente, Gorbaciov subito si mette in rialto nella politica internazionale per i suo progetto che preluderebbe - secondo gli osservatori - ad una graduale democratizzazione dell'URSS. «Perestrojka» e «Glasnost» sono le parole chiave del giovane Presidente sovietico, piano riformatore di parziale liberalizzazione e chiarezza dei processi politici interni. L'URSS si avvia verso la strada dell'89. Grande mossa di Gorbaciov è soprattutto l'incontro di Reykjavik con il presidente Reagan per il disarmo. Gorbaciov acquista notevole popolarità e l'ombra della terza guerra mondiale sembra allontanarsi definitivamente.


Il sistema politico italiano. Gli eventi sovietici , che in tutta Europa, smuovono i rappresentanti dei partiti comunisti e le democrazie occidentali, per la carica innovativa contenuta nel progetto dello statista sovietico non hanno però grande risalto in Italia, dove continua a persiste quella condizione di sostanziale immobilità del sistema che è ormai caratteristica italiana. Il governo di Pentapartito - DC, PSI, PSDI, PRI, PLI - guidato da Craxi, che finalmente riesce ad accedere a Palazzo Chigi, non rappresenta quella «grande svolta» che propagandisticamente vuole apparire. Se non altro perché già un laico, Spadolini, a interrotto il dominio a Palazzo Chigi della DC. Il governo Craxi però subito colpisce per l'inattesa durata - tre anni si seguito, non succedeva dal 1968 - e per la straordinaria autorevolezza con la quale sembra governare. In realtà è tutto fumo. Il governo Craxi è mal sopportato dalla DC - guidata da De Mita - che scalpita per ridurre il prestigio che Craxi sta acquisendo, ma soprattutto per la successione alla Presidenza del Consiglio, cosa che Craxi si rifiuta di fare, la «staffetta governativa». Inoltre il periodo di governo del segretario socialista è segnato dalla stessa condizione di instabilità dei governi precedenti - arriva addirittura ad essere messo in minoranza per quasi 160 volte. Proprio la DC farà cadere il primo Governo Craxi, a cui ne seguirà un secondo e successivamente un terzo governo Forlani instaurato per gestire le successive elezioni che chiudono in anticipo la legislatura. Se si guarda l'incredibile coesione tra le forze di governo di spiega solo con il tacito patto sulla spartizione del potere partitocratico.


La scala mobile ed il PCI. Questa legislatura è però caratterizzata anche dalla rottura dell'unità sindacale, che trova il suo centro proprio nella battaglia sulla scala mobile. I decreti sulla scala mobile emessi dal governo, non sono tali da gravare duramente sui contribuenti. Il PCI vuole dare però un significato politico contro Craxi alla battaglia sindacale sulla scala mobile tanto che la CGIL commette il grave errore di sottoporre la questione a referendum popolare. La sconfitta è amarissima, rompe l'unità sindacale e chiude simbolicamente una grande stagione di lotte e conquiste sindacali. Indubbiamente gli imprenditori hanno ricevuto una grande mano a disfarsi dell'intransigenza sindacale.


Il PCI da par suo rimane alla finestra e immobile, anche di fronte allo storico successo registrato alle elezioni europee del 1984. Il sorpasso è avvenuto, attestandosi al 33,3% il PCI supera per la prima volta nella storia della Repubblica la DC, ferma al 32,9%.

Ma di questo patrimonio irripetibile i comunisti non sanno che farsene. In piena paralisi, il PCI pensa solamente ad utilizzare la vittoria elettorale per patteggiare con la DC dove De Mita, neosegretario democristiano, lascia beffardamente intravedere lo spiraglio del compromesso storico. Un successo inatteso, che getta il PCI nella paralisi e che, di fronte all'eterno problema di cercare la legittimazione per accedere al governo, sceglie di attestarsi rassegnatamente all'opposizione di sistema. L'ultimo ostacolo, il più difficile, l'abbandono dell'identità comunista, è troppo forte, anche nel vento nuovo portato da Gorbaciov, per la base comunista ed il gruppo dirigente. La morte di Berlinguer nel 1984 priva il partito di un uomo carismatico e molto popolare. Il PCI, alle elezioni successive perderà tutti i consensi conquistati alle europee.


DC-PSI.  Nel 1985 a Sandro Pertini succede alla Presidenza della Repubblica il democristiano Francesco Cossiga. E' un riequilibrio del sistema della bilancia, dove se ad un laico va la presidenza del Consiglio dei Ministri, la Presidenza della Repubblica tocca ad un cattolico, e viceversa. Il PCI si adegua, per fare un favore alla DC di De Mita, ma anche perché in cambio riceve la promessa di mantenere la Presidenza della Camera. Craxi a Palazzo Chigi, Cossiga al Quirinale, Jotti a Montecitorio. La logica spartitoria del potere conferma l'immobilità del sistema politico italiano.


Fine legislatura. L'immagine di Craxi, il decisionista, l'autorevole, l'uomo nuovo di cui l'Italia ha bisogno, sostenuta dai media in cui il PSI è ben strategicamente inserito provocano l'agitazione della DC che intende in ogni modo frenare l'ascesa le leader socialista. Passata una prima offensiva di De Mita, non riuscita per l'ostacolo di Forlani, leader della corrente di centro, stretto ad un forte patto spartitorio con Craxi, la successiva sortita, in cui il segretario democristiano è riuscito a coagulare tutto il suo partito, Craxi è costretto alla resa, lasciando il posto a Forlani.

La legislatura si chiude con un ultimo governo democristiano guidato da Fanfani che, con una manovra di dubbia costituzionalità, si dimette anche contro il parer contrario del Parlamento piuttosto di evitare la celebrazione dei cinque referendum promossi dai radicali che i socialisti, insieme alle forze di opposizione, cavalcano nel tentativo di ostacolare il governo democristiano.

Alle elezioni del 1987 la DC avanza, seppure di un 1,4%, mentre parte grossa la fanno i socialisti che raggiungono il loro massimo storico del 14,3%. Il calo del PCI invece è secco, portandosi ad un 26,6%,ai livelli del '68.


Segnali di nuovo. Sotto attenzione passa invece un fenomeno che dilagherà nei primi anni '90. Le leghe, con l'1,8 riescono a mandare in Parlamento un deputato ed un senatore, Umberto Bossi. E' un fenomeno in ascesa, che caratterizzerà la fine della Prima repubblica. Nel 1987 si presentano inoltre per la prima volta, ottenendo un ottimo risultato (il 2,5%) i Verdi.




QUADRO TEMPORALE DEI GOVERNI DELLA IX LEGISLATURA.

Agosto 1983 - Luglio 1985

Gov.        CRAXI

DC-PSI-PSDI-PRI-PLI

Luglio 1985 - Agosto 1986

II Gov.     CRAXI

DC-PSI-PSDI-PRI-PLI

Agosto 1986 - Aprile 1987

III Gov.  CRAXI

DC-PSI-PSDI-PRI-PLI

Aprile 1987 - Luglio 1987

VI Gov.   FANFANI

Monocolore DC




DC.


Difficile l'inizio legislatura con sconfitta alle elezioni. IL 32,9% ottenuto non soddisfa la DC che pretendeva risultati immediati dal neo segretario De Mita. Ma intorno al segretario, subito all'indomani delle europee del '84 che hanno segnato il sorpasso comunista, si stringe anche l'area più oltranzista della DC che vede perdere anche Palazzo Chigi.

Per la sua battaglia contro Craxi De Mita si serve anche di Andreotti che, da Ministro degli esteri tesse la tela intorno al Presidente del Consiglio. Andreotti l'accondiscendente, De Mita l'irriducibile avversario. E' sicuramente più incisiva la strategia del primo.

Dopo il sorpasso comunista dell'84, nelle regionali dell'anno dopo la DC sale al 35%. La paura del PCI, ancora una volta, salva le sorti della DC. Questo risultato spinge la DC a premere sul PSI affinché l'alleanza che sembra reggere a livello nazionale, venga proposta anche in ambito locale. Cadono le giunte rosse e sorgono le nuove maggioranze DC-PSI Pillitteri eletto sindaco di Milano.

Alla Presidenza della Repubblica viene eletto, con eccezionale rapidità e larghezza di consenso - persino i comunisti l'appoggiano dopo una prima polemica, l'oscuro e poco ingombrante Francesco Cossiga.

Con un DC al Quirinale, Craxi pretende di concludere la legislatura. De Mita si dispera, Andreotti invece è più tranquillo. Emergono le differenze strategiche dei due leader DC molto diversi tra loro. De Mita rincorre - illusoriamente - il progetto di ricostruire una DC egemone e potente attorniata da partiti satellite e subalterni, Andreotti invece è consapevole del declino ormai avviato della Prima Repubblica, e la sua preoccupazione maggiore è quella di farla durare il più a lungo possibile, una vera e propria politica di conservazione. Tra l'altro Andreotti sa bene che proprio l'agitazione del segretario sarà la causa principale, nella DC, della sua fine.

Nell' 86 De Mita viene rieletto al congresso con una maggioranza soffocante da parte di tutti i notabili democristiani, Andreotti, Forlani, Gava. De Mita non regge sotto tanto peso e finisce col crollare. Si chiude il periodo demitiano durato appena quattro anni. Ciò che cade è anche l'immagine di innovatore che viene macchiata, dagli stessi scandali che hanno colpito coloro che De Mita voleva colpire. Il caso dei fondi pubblici per il terremoto in Irpinia. Lo scollamento con la società civile ha lasciato sgombro il campo per la mera gestione del potere.

Nell'86 Craxi viene scalzato da Palazzo Chigi e sale al governo Fanfani.

Il segretario socialista non tollera l'affronto e vuole utilizzare i referendum radicali contro la DC: abolizione dell'Inquirente, blocco della costruzione delle centrali nucleari, responsabilità civile dei giudici.

L'arma di Craxi si rivela efficace, Fanfani è costretto ad auto affondarsi e chiudere in anticipo la legislatura.





PLI-PRI.



PSDI.


Longo travolto dallo scandalo P2 in campagna elettorale che però regge allo scandalo. Il caso Gelli riesplode all'inizio della legislatura. Questa volta il segretario non si salva.

NICOLAZZI SEGRETARIO (1985). Sale al potere nel partito grazie al suo maggior distacco dall'abbraccio di Craxi che, nel patto di consultazione, sta creando apprensione nella base socialdemocratica.

Il PSDI però è ormai una specie di corrente del PSI. SI distinguono solo perché hanno la possibilità, distinti, di poter ottenere di più dalla spartizione del potere.

Amara sconfitta alle elezioni del 1987.





PSI.


Il crollo della DC permette a Craxi di accedere a Palazzo Chigi, la prima volta di un socialista. In realtà la situazione non descrive bene i rapporti di forza. Il polo laico-socialista dispone di poco consenso di fronte alla DC.

De Mita, sostenuto anche dai comunisti, attacca duramente Craxi. Grande conflitto tra PCI e PSI, considerato il traditore degli ideali socialisti, soprattutto dopo la dichiarazione della eliminazione della scala mobile, che crea tensione anche nei sindacati confederali.

Alle elezioni europee, l'abbraccio con Longo scovato negli elenchi della P2, scatena la propaganda del PCI contro il malaffarismo socialista. Il PSI perde consensi, così come tutta l'area laico-socialista. A rendere più amara la sconfitta è il sorpasso comunista.

Alle regionali e al referendum sulla scala mobile Craxi si prende una bella rivincita. L'arma del referendum lanciata dai comunisti si rivela sbagliata. Molti sono i no al referendum, e molti i consensi socialisti alle elezioni regionali dell'85 (13,3,%).

Grande momento socialista che rafforza l'asse con la DC. Smantellamento giunte rosse.

La nona legislatura è caratterizzata dalla forte personalità di Craxi. La sua politica d'immagine costa molto e, a questo scopo, i finanziamenti sono importanti. La corruzione e l'avidità personale, i mass media e la «politica spettacolo», sono le caratteristiche dell'arrogante potere craxiano, dittatore carismatico, dei socialisti.

Il governo sta però per crollare sotto i colpi di De Mita che avvia la crisi. Solo la promessa - che Craxi intende far rimanere tale - di una staffetta a Palazzo Chigi, consentono un secondo governo del leader socialista.

Consapevole di non poter invertire gli equilibri Craxi lancia la Grande Riforma Istituzionale che vedrebbe l'elezione diretta del Capo dello Stato, come nella Francia di Mitterand. Ma Craxi non ha amici in parlamento che potrebbero appoggiarlo.

La legislatura si chiude male per i socialisti che sono costretti a lasciare Palazzo Chigi per Fanfani. Alle elezioni del 1987 il risultato è entusiasmante. Il 14,3% ottenuto è il massimo storico per il PSI.




PCI.


Situazione di stallo alle elezioni del 1983 che, sebbene i numeri dicano il contrario, non c'è alcuna possibilità politica di poter mettere in piedi una coalizione governativa di sinistra, che possa mettere all'opposizione la DC.

Lo schieramento alternativo non ha nessuna possibilità di nascere. Il PSI è ormai nemico giurato del PCI, cosi come il PSDI. L'unico partito che sembra dare disponibilità ai comunisti è come sempre il PRI che però non è sufficiente ad aprire un varco utile.

Il primo governo Craxi impone una opposizione dura in Parlamento, contro il governo di colui che ha tradito l'ideale socialista, contro la brama di potere che sta rovinando l'Italia. A dar man forte a Berlinguer c'è oltretutto De Mita che ha letteralmente dichiarato guerra al PSI. Utilizzano entrambi l'arma del compromesso storico che però ormai nessuno, realisticamente, vuole.

BERLINGUER MUORE NEL 1984.

Alle elezioni europee dell'anno successivo IL PCI COMPIE IL SORPASSO SULLA DC. E' IL PRIMO PARTITO ITALIANO (1985). I comunisti però, paradossalmente, non sanno come utilizzare tale occasione.

NATTA SEGRETARIO PCI (1985). Soluzione di compromesso e di basso profilo, scontenta tutti, passatisti e nuovisti interni. Prosegue le linee tracciate da Berlinguer: opposizione dura verso Craxi e accordo sotterraneo con De Mita. Anche sulla scala mobile non ci sono passi avanti. A nulla servono le voci che indicano l'isolamento del PCI dal mondo del lavoro.

La sconfitta alle regionali dell'85 è bruciante (-5%).

Sostiene l'elezione di Cossiga. Viene amaramente sconfitto nel referendum sulla scala mobile. La sconfitta è grave e nascono malumori interni. Ormai, seppur velatamente, serpeggiano nelle file del partito addirittura dubbi sulla attuale validità del marxismo, che non sia ormai inadeguato ad interpretare i mutamenti contemporanei.

La destra spinge per una revisione strategica globale alla ricerca di alleanza per realizzare l'alternativa. La sinistra ed il centro contrastano tale ipotesi poggiandosi, giustamente, sulla questione morale dei socialisti e affini.

Il movimento di Gorbaciov, il suo tentativo di democratizzazione da man forte al PCI che inizia col superare l'eurocomunismo, ormai esaurito, a favore del concetto di «Sinistra Europea». Da un altro punto di vista però, la mobilità di Gorbaciov persuade dell'esistenza ancora di una forte vitalità comunista che si ritorce contro il processo di trasformazione atto nel PCI.

Il PCI crolla nell'87 ottenendo un 26,6% che lo riporta agli anni sessanta.

VERDI.


Sono l'evento più interessate, insieme ai leghisti, sulla scena politica italiana. Il movimento ecologista, sorto negli anni '70 , nell'epoca dei grandi blocchi movimentisti, hanno nei primi dieci anni degli anni 80 raccolto sempre maggiori adesioni. E' l'eredità dell'autonomia che, sulla politicizzazione delle tematiche ecologiche, ha costruito la bandiera di una nuova sinistra colta, antiideologica ed ambientalista.

A rompere il muro dell'indifferenza hanno contribuito le manifestazioni per la centrale nucleare di Montalto di Castro e l'incidente dell'industria di Seveso che produceva diossina.

L'affermazione ambientalista in Germania nell'83 ha dato un forte impulso al movimento verde in Italia, che senza percorrere le fortune d'oltre Reno vedono una buona affermazione nelle europee dell'84 con il 2,5%.




LEGA.


Nascono come moti di protesta che cavalcano l'indignazione popolare per la degenerazione del sistema partitocratico. Affondano le loro radici nel Nord Italia, inizialmente nelle aree meno ricche, con una economia chiusa di tipo localistico. Il localismo come senso di appartenenza al territorio.

Prime a comparire sono la Lia Veneta ed una lista autonomistica di Bossi (1979).

Successivamente le leghe si radicano nel settore della ricca borghesia imprenditoriale del Nord la quale, con la degenerazione del sistema politico, teme che lo sviluppo economico possa incontrare qualche rischio. Fino a quando il sistema, comunque mal governato e corrotto faceva piovere soldi e finanziamenti, insieme ad una certa possibilità di evasione economica, tutto era accettato. Quando le prime manovre anti evasione furono introdotte, il leghismo ha iniziato a trovare terreno fertile

La base di massa leghista nel secondo periodo è soprattutto il ceto medio, commercianti, piccoli e medi imprenditori, impiegati, lavoratori autonomi. Elettorato tradizionalmente d'ordine che hanno sempre dato in primis alla DC.

L'1,8% ottenuto alle elezioni del 1987 non mostra ancora la carica esplosiva che il fenomeno leghista manifesterà appena nella legislatura successiva.







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