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La repubblica francese




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LA REPUBBLICA FRANCESE




Repubblica Francese, Stato dell'Europa occidentale, limitato a ovest dal mare del Nord, dalla Manica e dall'oceano Atlantico; a sud dai Pirenei e dal mar Mediterraneo e a est dalle Alpi, dal Giura e dal fiume Reno, mentre a nord è separato dalla Germania, dal granducato del Lussemburgo e dal Belgio da una linea di confine che non corrisponde a ostacoli naturali. La superficie della Francia è di 543.965 km² e la sua popolazione di 58.020.079 ab. Cap. Parigi. Altre città di oltre 200.000 ab. (in ordine decrescente di popolazione del solo comune): Marsiglia, Lione, Tolosa, Nizza, Strasburgo, Nantes, Bordeaux, Saint-Etienne, Montpellier, Le Havre, Rennes.

Il nome di “Francia” significa “il paese dei Franchi”. Al tempo di Clodoveo, la Francia si estendeva intorno a Parigi, a Orléans e a Tours; al di là della Loira iniziava l'Aquitania; a est della Mosa e dei Vosgi, un territorio germanico. Non apparteneva alla Francia, e non solo dal punto di vista linguistico, la parte occidentale della penisola armoricana, dove si installarono nel   vi sec. i Bretoni, provenienti dalle isole dell'Europa nord-occidentale.

Il trattato di Verdun (843) aveva assegnato alla Francia (Francia Occidentalis) confini ben definiti, che partivano dalla foce della Schelda e, proseguendo lungo il corso della Mosa e della Saona, giungevano fino al delta del Rodano. È su tale territorio che si estendeva teoricamente la giurisdizione del rex Francorum. Il nome di “Francia” passò in seguito a indicare tutte le province più o meno indipendenti, talune anche straniere, riunite a poco a poco, in seguito a conquiste, trattati e matrimoni, attorno al potere regio di Parigi, sua capitale. Le vicissitudini di questa lunga storia territoriale ebbero termine con l'annessione della Savoia e di Nizza nel 1860 e con il ritorno alla Francia dell'Alsazia e della Lorena, che le erano state tolte dopo la guerra del 1870 e che le furono restituite dalla vittoria del 1918. Così formata, la Francia iscrive il suo territorio in un esagono pressoché regolare.

GEOLOGIA E ERA PRIMARIA

I  terreni più antichi del territorio francese (era archeozoica e inizio dell'era primaria) furono deformati e metamorfosati da movimenti tettonici posteriori e in essi si intrusero masse granitiche; i terreni archeozoici sono rappresentati da scisti e filladi, quelli siluriani da arenarie, da ardesie e da sedimenti che racchiudono giacimenti di ferro oolitico: gli uni e gli altri affiorano nel Massiccio Armoricano. I terreni devoniani si sono formati nelle geosinclinali che diedero origine alle catene di montagne erciniche; le direttrici essenziali dei grandi complessi strutturali che costituiscono la maggior parte del territorio francese si delinearono invece nel carbonifero (tranne che a sud e a SE). I fenomeni orogenetici ercinici furono preceduti, accompagnati e seguiti dalla formazione di grandi masse granitiche, che penetrarono nei terreni sedimentari corrugati e metamorfosati in modo più o meno complesso. Fra le intrusioni granitiche più importanti sono quelle del Ballon d'Alsace e, nel Massiccio Centrale, dell'altopiano di Millevaches e del monte Lozère. Nel carbonifero si formarono e accumularono i giacimenti carboniferi: essi appaiono distribuiti ai piedi delle regioni montuose esistenti a quei tempi, in piccoli bacini di subsidenza dove si raccoglievano i resti vegetali e i materiali provenienti dall'erosione delle catene erciniche. Tali bacini corrispondevano a grandi lagune sulle rive del mare (bacino franco-belga, bacini della Saar, della Lorena, del Briançonnais) o a conche occupate da laghi (Massiccio Centrale).

Le catene erciniche che si formarono alla fine del carbonifero presentano due direzioni caratteristiche: da NO a SE quella detta armoricana (Francia occidentale fino al nucleo del Massiccio Centrale); da SO a NE quella detta variscica (parte orientale del Massiccio Centrale e Vosgi). Corrugamenti tardivi, all'inizio del permiano, interessarono i depositi carboniferi e, nel permiano medio, provocarono la formazione dei monti della Maladetta nei Pirenei, dei Maures, sulle coste della Provenza, dell'Esterel, del massiccio dell'Argentera, del Pelvoux, di Belledonne e del Monte Bianco nelle Alpi; in relazione con tali movimenti è la formazione di grandi vulcani permiani (nei Vosgi, nel Massiccio Centrale e soprattutto nell'Esterel, nel quale sono diffusi porfidi rossi).

ERA SECONDIARIA

Nel  triassico, le facies dei terreni testimoniano l'esistenza di grandi fiumi divaganti, simili a uadi, che distribuirono le loro alluvioni su vaste superfici d'erosione: si formò così un immenso penepiano postercinico, che ancor oggi costituisce un elemento importante del paesaggio nei massicci antichi. Tuttavia il livellamento delle catene erciniche non fu ugualmente profondo in tutti i massicci: nelle Ardenne il basamento metamorfosato non fu raggiunto, mentre nel Massiccio Armoricano le rocce metamorfiche appaiono nelle anticlinali e nel Massiccio Centrale a eccezione dei bacini carboniferi, i terreni primari furono erosi quasi su tutta la superficie.

All'inizio dell'era secondaria si determinò anche la divisione geologica, tuttora fondamentale, fra terreni con struttura essenzialmente ercinica (massicci ercinici e bacini ercinici: bacino di Parigi e dell'Aquitania settentrionale) e terreni la cui struttura geologica è dovuta all'orogenesi terziaria (Pirenei, Alpi, Giura). Quasi completamente emersa nel permiano, nel triassico medio la Francia fu interessata da vaste trasgressioni marine provenienti da est che ricoprirono le regioni orientali, dalle Ardenne fino alla valle del Rodano, e che diedero origine anche a lagune, il cui successivo prosciugamento determinò la formazione dei giacimenti di salgemma della Lorena e del Giura; a eccezione dei Vosgi, i massicci antichi non furono però sommersi dall'invasione marina. A partire dal triassico cominciarono a delinearsi i bacini di Parigi e dell'Aquitania, ricoperti da un mare poco profondo che giungeva fino ai margini del Massiccio Centrale e delle Ardenne. Alla fine del lias si formarono in Lorena, in una zona di bassifondi, depositi di minerali di ferro oolitico; nel giurassico il mare ricopriva le stesse zone occupate nel triassico e su di esse si depositarono sedimenti principalmente calcarei, interrotti da qualche orizzonte marnoso (nel calloviano e nell'oxfordiano). Nel lusitaniano (giurassico medio) la temperatura delle acque marine divenne più elevata e questo fenomeno permise lo sviluppo di calcari corallini (atolli e scogliere), soprattutto nella parte orientale e sudorientale del bacino di Parigi: tali costruzioni coralline determinarono la formazione di potenti banchi calcarei (cuesta della Mosa). Dopo una nuova deposizione di marne, la fine del giurassico fu caratterizzata da una regressione generale del mare dai bacini ercinici e dall'inizio di una fase di erosione abbastanza marcata: si costituirono definitivamente i Vosgi che, collegandosi alle Ardenne, impedirono ulteriori invasioni marine provenienti da est. Nel cretaceo si verificò una nuova trasgressione, che raggiunse il massimo nel cretaceo medio (cenomaniano), ricoprendo l'Aquitania; nelle zone invase dal mare si depositarono calcari friabili: la craie (soprattutto nella Champagne e nella Piccardia); verso la fine del cretaceo si ebbe un lungo periodo di emersione.

ERA TERZIARIA

All'inizio  del terziario, il bacino di Parigi fu occupato nuovamente dal mare, sul cui fondo si depositarono sabbie, argille poi calcari (“calcare grossolano” del luteziano) con intercalazioni sabbiose e gessose; dopo una breve emersione nell'oligocene si ebbe una nuova trasgressione marina con formazione di depositi marnosi, dopo la quale il mare si ritirò definitivamente. Le regioni emerse vennero ricoperte da dune (sabbie di Fontainebleau), che furono poi cementate in parte e si trasformarono in arenarie; durante l'aquitaniano (fine dell'oligocene), però, il bacino di Parigi fu occupato da un grande lago, dall'Aisne alla Loira, nel quale si depositarono i calcari di Beauce. Verso sud, i fiumi che scendevano dal Massiccio Centrale deposero le sabbie e le argille del Gatinais e nel miocene le sabbie dell'Orleanese e della Sologna; nel miocene le acque dell'Atlantico avanzarono, però, in Aquitania isolando la Bretagna, sommergendo la regione di Rennes e formando in Turenna un vasto golfo. L'orogenesi alpina modificò ulteriormente la struttura dei territori francesi contribuendo a dare l'attuale assetto morfologico. Tale orogenesi si può dire che abbia avuto inizio, come fase preparatoria, fin dall'era secondaria.

Dopo l'erosione e il livellamento dei massicci ercinici dei Pirenei, dell'Argentera, del Pelvoux, di Belledonne e del Monte Bianco, nel triassico cominciarono a formarsi le fosse geosinclinali dalle quali sorsero più tardi i Pirenei e le Alpi: soprattutto la geosinclinale alpina raggiunse grandi profondità e vi si accumularono, durante l'era secondaria, masse considerevoli di sedimenti, principalmente argillosi, che furono sottoposti a un intenso metamorfismo. Dal giurassico fino al cretaceo la geosinclinale alpina appariva suddivisa in varie parti: a ovest, una geosinclinale del Delfinato, dall'Argentera al Monte Bianco, si allargava a sud nella Fossa Voconziana dove si formarono gli scisti neri del bacino attuale della Durance; a est, una geosinclinale piemontese, dove s'accumulavano spesso sedimenti che costituirono poi i calcescisti di quelle regioni: fra queste due fosse si elevava una cordigliera in parte emersa, la geoanticlinale del Briançonnais.

FORMAZIONE DEI PIRENEI

La  geosinclinale pirenaica subì una fase di emersione alla fine del giurassico, durante la quale si formarono ligniti e bauxiti (Ariège); nel cretaceo inferiore una nuova immersione portò alla formazione di depositi di calcari e di marne nere; nel cretaceo medio si verificarono piegamenti e dislocazioni che fratturarono in grandi blocchi i massicci ercinici. I corrugamenti si verificarono anche in Provenza, dove si formarono bauxiti e ligniti (nei bacini lacustri) sulla cordigliera emersa costituente l'istmo della Durance che limitava a sud la Fossa Voconziana. Solo nell'eocene ebbero inizio, però, i grandi movimenti tettonici che determinarono il sollevamento definitivo dei Pirenei; gli ultimi corrugamenti si verificarono nell'oligocene.

FORMAZIONE DELLE ALPI OCCIDENTALI E DEL GIURA

La  costituzione delle Alpi Occidentali fu più tardiva di quella dei Pirenei: nell'eocene si ebbero l'emersione e il piegamento dei sedimenti depositati nella fossa del Delfinato e di quelli formanti la geoanticlinale del Briançonnais. Alla fine dell'eocene una vasta trasgressione marina proveniente dalla geosinclinale piemontese ricoprì tutta la zona delle Alpi Occidentali, sulla quale si accumularono i materiali del flysch. Nell'oligocene violenti movimenti tettonici si verificarono nella parte orientale accompagnati da sollevamento e si formarono grandi falde di sovrascorrimento che avanzarono verso ovest. Nel miocene era ricoperta dal mare solo una fossa perialpina che si estendeva sulle zone corrispondenti all'attuale bacino del Rodano e alla pianura svizzera e nella quale si depositarono sabbie e arenarie mescolate ad argille, calcari e molasse. Alla fine del miocene le Alpi Occidentali si costituirono definitivamente e i corrugamenti interessarono non solo le zone già emerse, ma anche i materiali della fossa perialpina che costituiscono le Prealpi esterne.

In questo periodo di tempo assunse la sua fisionomia attuale anche il Giura, la cui forma generale ad arco è da mettere in relazione con l'esistenza dei massicci rigidi dei Vosgi e del Morvan che avevano resistito alla spinta alpina venuta da SE. In seguito ai contraccolpi dei movimenti alpini, i massicci ercinici si sollevarono, infatti, in grandi blocchi e in numerosi blocchi separati da faglie che subirono un sollevamento ineguale, inclinandosi. Durante lo sviluppo dell'orogenesi si ebbero manifestazioni vulcaniche, che nel miocene interessarono anche l'Esterel e il Massiccio Centrale; qui esse continuarono nel pliocene con effusioni di lave molto fluide (nell'Aubrac, nel Velay, nel Coiron) o con l'edificazione di coni vulcanici (Mont-Dore e Cantal) che continuò nel quaternario con la formazione della catena dei Puys.

ERA QUATERNARIA

Il  quaternario fu caratterizzato dalle ripetute trasformazioni delle condizioni climatiche (glaciazioni) che portarono più volte alla formazione e alla riduzione di grandi complessi glaciali nelle Alpi e nei Pirenei, soprattutto nei bacini del Rodano e dell’Isère, e di ghiacciai più ridotti nei Vosgi e nel Massiccio Centrale. I ghiacciai con la loro azione erosiva modellarono i rilievi e, quando si ritirarono definitivamente, lasciarono massi erratici, anfiteatri morenici, circhi glaciali, conche di sovraescavazione, ora occupate da laghi (laghi di Annecy, del Bourget, ecc.), e alluvioni caratteristiche. Anche al di fuori delle regioni che furono ricoperte dai ghiacciai le conseguenze delle glaciazioni furono sensibili: la topografia di vaste zone conserva le tracce di un’erosione di tipo periglaciale; inoltre per effetto del clima steppico, secco e freddo, dei periodi glaciali su vaste regioni si depose uno strato di loess di origine eolica.

GEOGRAFIA

Il  carattere predominante del suolo della Francia è la sua varietà, determinata dalla natura e dalla disposizione dei rilievi montuosi.

I  rilievi ercinici che sussistono in Francia, la Bretagna, gran parte del Massiccio Centrale, i Vosgi, le Ardenne e alcuni elementi delle Alpi e dei Pirenei, non sono che frammenti di un più vasto insieme. Alcuni tratti di queste vecchie catene sono sepolti sotto enormi masse sedimentarie nei grandi bacini: il bacino di Parigi, il bacino d'Aquitania, le pianure del Rodano e della Saona e la pianura alsaziana. Quelli che sono in rilievo sono stati per la maggior parte fratturati e fra le varie linee di frattura si sono formate delle “fosse”. Talvolta lungo tali fratture risalirono in superficie materiali vulcanici che formarono rilievi in certo qual modo sovrapposti, come i dômes e i puys dell'Alvernia, i sucs e le coupes del Vivarais. Le altre montagne francesi, Alpi, Pirenei e Giura, si formarono in epoca più recente, principalmente nell'era terziaria; attaccati in seguito da tutte le forze di erosione, questi alti rilievi acquisirono lentamente le loro forme attuali, variabili secondo l'andamento delle strutture su cui si esercitò l'erosione e secondo la natura delle rocce che li costituivano. Sorsero alti e possenti massicci montuosi, come quello che si estende dal Monte Bianco al Pelvoux; altrove, altipiani elevati, profondi bacini, talvolta lunghi solchi, come quello che corre dietro i Bauges, la Chartreuse e il Vercors, e che si chiama il Solco Alpino. Le creste ricordano all'incirca l'andamento dato loro dal piegamento orogenetico, se non addirittura le stesse forme esatte: quest'ultimo caso si osserva nei monti del Giura, in una parte del versante esterno della catena alpina (Prealpi) e nelle catene minori che orlano i Pirenei dell'Ariège e dell'Alta Garonna.

Alla  diversità dei rilievi si aggiunge quella delle pianure, costituite da sedimenti depositati, talvolta in masse di enorme spessore, entro gli antichi mari, laghi e lagune o trasportati da corsi d'acqua. Le pianure francesi sono di estensione minore, in confronto a quelle del Nord e dell'Est dell'Europa continentale e, inoltre, non sono che molto raramente del tutto piane. Quasi sempre gli strati sedimentari che le hanno formate sono stati infatti sollevati lungo i massicci montuosi posti intorno a esse. Le pianure si presentano inclinate da est a ovest nel bacino di Parigi; da sud a nord, da est a ovest e da nord a sud nel bacino d'Aquitania. L'erosione, sfruttando la differente durezza dei terreni, ha messo a nudo linee di cuestas disegnate in curve grossolanamente concentriche attorno al centro del bacino di Parigi, in linee più rigide ai margini del bacino d'Aquitania; le pianure della Francia sono inoltre interrotte da piccoli versanti, da colline, da poggi e pendii. La disposizione regionale delle pianure e del rilievo favorisce l'insediamento umano: tra il Limosino e il Massiccio Vandeano, ad es., la soglia del Poitou mette in comunicazione le regioni della Senna e della Loira con quelle della Garonna; tra le Alpi e il Giura da una parte, e il Massiccio Centrale dall'altra, si snoda la lunga corona di pianure chiamate il “corridoio” Saona- Rodano, attraverso il quale si accede alla Lorena, agli altipiani della Borgogna, alle regioni della Senna e alla “porta” d'Alsazia (zona di Montbéliard e Porta d'Alsazia). Le pianure e i suddetti passaggi naturali sono ben collegati con il rilievo: le vallate che penetrano nei più alti rilievi montuosi consentono l'accesso ai maggiori valichi alpini, Piccolo San Bernardo, Moncenisio e Monginevro. Il rilievo non ha pertanto costituito per la Francia un ostacolo alle comunicazioni con gli altri paesi europei: ne è risultato il miscuglio e la fusione delle popolazioni che si sono insediate sul territorio a più riprese; il diverso assetto morfologico delle regioni francesi non ne ha impedito inoltre l'unificazione mentre i mari che la bagnano hanno permesso continui e facili scambi con paesi anche lontani.

L'espansione  delle coste della Francia e i larghi contatti con i paesi continentali che la delimitano le conferiscono una grande varietà climatica. Nel complesso, i climi della regione francese sono caratterizzati da relativa moderazione. Situata fra 51s 5' e 41s 20' lat. N., la Francia non conosce né il grande freddo dei paesi dell'Europa settentrionale e orientale, né il calore eccessivo che talvolta si registra nelle penisole mediterranee; la piovosità vi è quasi ovunque ben distribuita. Tuttavia, larghi settori climatici si delineano sul suolo francese. Le zone vicine al Mediterraneo beneficiano generalmente di temperature medie positive durante l'inverno (a Monte Carlo, la media dei tre mesi più freddi è di 9,6 sC); in estate, il termometro sale talvolta fino a più di 35 sC. La stagione calda s'identifica con la stagione secca; l'autunno invece vede sovente abbattersi su tali regioni rovesci terribili (fino a 500 mm al giorno sulle montagne vicine), portati dai venti meridionali, i venti “marini”. I venti che provengono dall'interno e soffiano in raffiche violente sono, al contrario, fattori di siccità (il mistral della valle del Rodano e della Provenza, il cers narbonese e la tramontana del Rossiglione).

La vegetazione è caratterizzata da alberi sempreverdi (pini, cipressi, querce verdi e querce da sughero). Le lande prendono il posto delle foreste distrutte sopra i terreni calcarei, con la lavanda, il timo, il rosmarino; la macchia ricopre i terreni silicei (Corsica, massiccio dei Maures, Albères). È questo il clima della vite e dell'olivo, che si estende fino alle pianure mediane del Rodano e, con le modifiche dovute all'altitudine, alle Alpi meridionali.

Il settore occidentale della Francia appartiene al clima atlantico. I venti dell'ovest vi spingono formazioni di nubi in tutte le stagioni, ma specialmente in autunno. Le piogge sono frequenti (180-200 giorni di pioggia all'anno in Bretagna), fini e tenaci, accompagnate da brume e nebbie (il crachin della Bretagna). La felice contropartita di questa umidità tenace è la moderata temperatura, sensibile soprattutto lungo la costa: a Roscoff, in Bretagna, lo sbalzo tra febbraio e agosto non è che di 0,6 sC. È un clima assai favorevole ai boschi e alle praterie.

Verso la Loira e fin quasi a Orléans, regna ancora il clima oceanico, ma le estati sono più marcate e gli inverni divengono più rigidi. Si passa gradatamente al clima del bacino d'Aquitania, dove si alternano i venti dell'ovest e quelli dell'est (l'autan della regione di Tolosa). L'estate diviene arida; l'umidità primaverile e quella autunnale vi consentono larghe coltivazioni di mais, e anche la coltura della vite. I boschi sono formati da querce e da pini; i terreni poveri sono coperti da lande di felci, giuncaie e arbusti spinosi, specialmente nell'Ovest.

Allo stesso modo, a est della Bretagna si abbandona il clima delle regioni prossime all'Atlantico e alla Manica: le piogge divengono meno abbondanti, tranne che sulle montagne (Vosgi, Giura, Alpi settentrionali). Nella regione parigina e oltre, verso est, le punte massime della piovosità stagionale si registrano in estate. Nelle foreste, il faggio si mescola alle querce e il frumento si associa alle barbabietole da zucchero; i vigneti crescono al riparo delle cuestas, tanto nella Champagne quanto nella Borgogna o in Alsazia, ai piedi dei Vosgi. Più a est, nella Lorena, il clima acquista progressivamente i rigori dell'Europa centrale. La temperatura può scendere al di sotto di ­20 sC e talvolta di ­25 a Nancy, Belfort, Besançon e Strasburgo; il calore estivo può d'altra parte superare i 35 sC. Le montagne si coprono di uno spesso strato di neve, da cui non sono esenti nemmeno le pianure. La foresta trova qui un ambiente adatto, con la quercia, l'abete, la picea e il pino silvestre; essa non scompare che sulle più alte cime dei Vosgi (le chaumes, alpeggi) sotto l'azione del vento e della neve. Un'uguale asperità, nell'interno del paese, si ritrova soltanto nel Massiccio Centrale. Le pianure ben riparate sono quivi relativamente aride; notevoli sono gli sbalzi di temperatura. Le cime, soggette a frequenti precipitazioni, soprattutto nel versante occidentale, si coprono di neve e sono spoglie di vegetazione boschiva, simili alle chaumes dei Vosgi. Un clima analogo caratterizza le Alpi settentrionali, dove alla zona forestale succedono gli alpeggi, al di sopra dei quali splendono le nevi eterne.

IDROGRAFIA

Il  rilievo e la natura del suolo influenzano direttamente il regime dei fiumi francesi, il corso dei quali si uniforma alle grandi strutture naturali del territorio della Francia. La rete idrografica francese risulta assai più complessa di quanto appaia a un esame superficiale. Le pianure del bacino di Parigi, ad es., non sono bagnate esclusivamente dalla Senna: basta citare la Somme, i fiumi della Fiandra e quelli della Normandia, per sottolineare la ricchezza idrografica delle pianure che si aprono sulla Manica; ad accrescere la varietà concorre la Mosa, seppur ridotta a un unico tronco fluviale, e il ramo della Mosella, che si piega verso il Reno. A ovest, i fiumi scorrono in direzione della Loira e del Massiccio Armoricano; più a sud, le pianure del Poitou o le regioni delle Charentes hanno i loro propri fiumi. La Loira stessa, che insieme con l'Allier già raccoglie attraverso i suoi affluenti di sinistra le acque del Massiccio Centrale, giunge a toccare il bacino di Parigi. Questo massiccio, vero castello d'acqua della Francia, irradia le sue acque verso il Rodano, la Garonna e la Loira. Dagli alti pendii che lo circondano a est discendono verso il Rodano corsi d'acqua brevi, ma talvolta di eccezionale portata stagionale (Ardèche, Gard); alcuni fiumi costieri scendono direttamente al Mediterraneo (Vidourle, Hérault); dall'interno, l'Aveyron, il Tarn e il Lot raggiungono invece la Garonna; la Dordogna, che, confluendo con quest'ultima forma l'estuario della Gironda, contribuisce a fare del sud-ovest della regione francese un'appendice idrografica del Massiccio Centrale, più che dei Pirenei. I Pirenei infatti non forniscono alla Garonna che le acque della loro parte centrale, attraverso le sorgenti del fiume e l'Ariège; il resto della catena alimenta da una parte l'Aude e i fiumi del Rossiglione, dall'altra l'Adour e i suoi affluenti.

Allo stesso modo, nonostante l'importanza delle acque alpestri nel suo corso prima del lago di Ginevra, e dei suoi potenti affluenti di sinistra (l'Isère e la Durance), il Rodano, grazie alla Valserine, all'Ain, alla Saona e al Doubs, è anche un fiume del Giura e del Massiccio Centrale, così come è un fiume delle Alpi.

Infine neppure il Reno, che appartiene congiuntamente alla Francia e alla Germania, è un fiume avente un'unica origine: la Mosella e i suoi affluenti lo raccordano infatti alla parte orientale del bacino di Parigi.

EVOLUZIONE E DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DELLA POPOLAZIONE

La popolazione è il risultato di una complessa mescolanza di razze: la Francia è stata infatti il punto d'arrivo di tutta una serie di grandi migrazioni verificatesi in età sia preistorica sia storica; di conseguenza si sono avuti numerosi incroci e apporti molteplici, le cui tracce sono spesso difficili da individuare. Viceversa l'unità politica è di antica data e l'unità linguistica quasi totale.

Come nei paesi vicini, per lungo tempo la crescita demografica è stata lenta. Il territorio corrispondente alla Francia attuale ancora nel paleolitico superiore aveva soltanto una popolazione sparsa: forse non più di 10.000 ab. Fu solo con il neolitico che iniziò un effettivo incremento demografico e la popolazione raggiunse i 5 milioni circa di anime all'inizio dell'era cristiana. Nei successivi venti secoli la crescita è stata nettamente più forte, nonostante i regressi imputabili alle grandi epidemie, come la peste nera. Da tre secoli a questa parte essa ha seguito un ritmo più o meno regolare: da 21 milioni circa di ab. alla metà del  xvii sec., la popolazione è passata a 28 milioni nel 1789, a 41 milioni nel 1900, a 52,6 nel 1975, a 55,6 (stimati) nel 1987. Tuttavia negli ultimi tre secoli la crescita è stata nettamente più lenta rispetto a quella degli altri paesi europei, a causa dell'eccezionalmente precoce diminuzione della natalità. Mentre la popolazione francese rappresentava il 20% di quella europea (Russia a parte) all'epoca di Luigi XIV, non ne costituiva che il 14% durante il secondo Impero e non rappresenta oggi che poco più dell'11% (URSS esclusa). Al primo posto tra i paesi europei (Russia esclusa), per popolazione nel xvii sec., è oggi al quarto dopo Germania Occidentale, Italia e Gran Bretagna.

A causa della sua relativamente lenta crescita demografica nel corso degli ultimi secoli, la Francia presenta una ridotta densità di popolazione in seno all'Europa. Con appena 102 ab. per km² la Francia ha una densità demografica che è poco più della metà di quella dell'Italia, molto meno della metà di quelle di Gran Bretagna e Germania Occidentale e molto meno di un terzo di quella di Belgio e Paesi Bassi. La Francia ha campagne scarsamente popolate e un reticolo di città abbastanza lasco; vi sono, indubbiamente, grosse concentrazioni umane come nel Nord, la valle della Senna o il corridoio del Rodano e, naturalmente, l'agglomerato parigino, ma sono rare; vi sono soprattutto vaste estensioni in cui la popolazione è abbastanza diluita nello spazio. Nelle campagne il numero degli abitanti è stato, fino ad anni recentissimi, in continua diminuzione. Mentre per lungo tempo la popolazione rurale ha rappresentato una forte percentuale del totale degli abitanti, oggi non ne costituisce che poco più di un quarto. Per di più, buona parte delle persone residenti in campagna lavorano nelle città o svolgono, in campagna, attività non agricole. Nelle campagne la densità demografica presenta sensibili differenze: il più delle volte compresa tra i 20 e i 30 ab. per km², scende a meno di 10 nelle regioni ad agricoltura meccanizzata e sale quasi a 100 in alcune piccole aree di colture specializzate.

La caratteristica più notevole dell'evoluzione della popolazione francese da un secolo a questa parte è tuttavia la sua progressiva concentrazione negli agglomerati urbani. La popolazione urbana è aumentata considerevolmente: da 9 milioni nel 1850, è passata a 20 milioni prima della seconda guerra mondiale e supera oggi i 40 milioni; ed è dubbio che questa evoluzione sia giunta al termine, sebbene negli ultimi anni si sia verificato un rallentamento della crescita urbana con una conseguente lieve contrazione della popolazione cittadina rispetto al totale. La zona urbana di Parigi ha comunque circa 10 milioni di ab.; quelle di Lilla, Lione e Marsiglia superano il milione; quelle di Bordeaux e della Costa Azzurra gli 800.000; quelle di Strasburgo, Tolosa, Nantes e Rouen il mezzo milione. Il sistema urbano francese è caratterizzato da una capitale enorme, da un numero abbastanza esiguo di altri grandi agglomerati e da uno invece elevato di città di medie dimensioni.

LE CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE

La popolazione francese presenta caratteristiche demografiche analoghe a quelle delle altre popolazioni dell'Europa nordoccidentale.

La ripartizione per età si è profondamente modificata nel corso degli ultimi due secoli per effetto sia della diminuita mortalità sia, soprattutto, del crollo della natalità. A grandi linee, l'evoluzione si è verificata nel senso di un invecchiamento della popolazione: l'età media, che era di circa 27 anni intorno alla metà del  xviii sec., è passata a 31 nel 1901 e a 35 e oltre oggi. La percentuale dei giovani sotto i 15 anni (21%) è vicina a quella osservata in Belgio, Gran Bretagna e Italia, ma è meno della metà di quella di taluni paesi africani o latino-americani; anche la percentuale delle persone di 75 anni e oltre (6,4%) è prossima a quella notata in altri paesi europei, come Gran Bretagna, Germania Occidentale e Italia, ma è il triplo o il quadruplo di quella dei paesi in via di sviluppo. L'invecchiamento della popolazione ha contribuito ad appensantire considerevolmente il carico che grava sulla popolazione adulta.

La ripartizione fra i sessi si è anch'essa modificata a poco a poco, non solo a causa dei conflitti, e in particolare della seconda guerra mondiale, ma soprattutto per effetto dell'invecchiamento della popolazione. Infatti, a causa della maggiore longevità delle donne, lo squilibrio numerico tra i due sessi tende ad aumentare: nel 1870 la popolazione maschile e quella femminile rappresentavano ciascuna il 50% di quella totale, ma oggi quella è scesa al 48,76% e questa è salita al 51,24%; e il divario aumenta vertiginosamente se si prende in considerazione alle fasce di età più avanzata.

La mortalità è in diminuzione, probabilmente dalla fine del  xviiisec. A quest'epoca la speranza di vita alla nascita, ovvero la durata media della vita, era senza dubbio di 35 anni; è passata a 38 nel 1825, a 48 nel 1910, a 58 nel 1936 e si aggira oggi intorno ai 75 anni, ma continua ad aumentare, sebbene ormai molto lentamente. Di questo allungamento della durata della vita sono responsabili vari fattori: i progressi delle scienze e delle attrezzature mediche vi hanno indubbiamente contribuito, anche se non tanto quanto i progressi in campo economico, sociale e culturale. La maggior parte delle malattie infettive e parassitarie è scomparsa, lasciando il posto alle affezioni cardiovascolari e ai tumori. È stata soprattutto la mortalità dei giovani a regredire: ad esempio è calata considerevolmente la mortalità infantile dal 25‰ del xviii sec. all'8‰ odierno; mentre invece è diminuita pochissimo la mortalità delle persone in età avanzata. Sussistono tuttavia aspetti inquietanti: una mortalità nettamente superiore alla media in talune regioni come il Nord e la Bretagna e una mortalità maschile più elevata di quella dei paesi vicini con analoghe caratteristiche economiche e sociali; in entrambi i casi la prima causa sembra essere l'alcoolismo. La durata media della vita per le donne (79 anni) è una delle più lunghe d'Europa, ma non si può dire lo stesso di quella per gli uomini, notevolmente più breve (70,9 anni).

Anche la fecondità è molto mutata dal  xviiisec. A quell'epoca una donna aveva in media 5,5 figli, ma tale numero è sceso progressivamente fino a 2, nel 1939, e, dopo un leggero aumento nell'immediato dopoguerra, ha ripreso a scendere ed è ormai di 1,8 soltanto. Questa situazione è preoccupante in quanto non è più assicurato il ricambio della popolazione. L'evoluzione è legata a svariati fattori in cui intervengono variabili economiche, sociali e culturali; anche se in Francia essa è stata eccezionalmente precoce (fine del xviii sec.), negli ultimi anni è stata però paragonabile a quella degli altri paesi dell'Europa occidentale.

Dal 1975 il coefficiente di natalità si è stabilizzato intorno al 14‰ ma questa cifra varia secondo l'ambiente di residenza, il livello sociale o il livello d'istruzione. La natalità è nettamente più elevata nelle regioni settentrionali, eccettuata l'Ile-de-France, che non nelle regioni meridionali; in linea di massima diminuisce man mano che si sale nella scala sociale e soprattutto ai più alti livelli d'istruzione.

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