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Limiti della scienza




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LIMITI DELLA SCIENZA









INTRODUZIONE


LIMITI DELLA SCIENZA


Messaggio agli scienziati scritto da Einstein


" Vediamo oggi delinearsi , per l'uomo di scienza , un tragico destino . Sostenuto dalle sue aspirazioni alla chiarezza e all'indipendenza esteriore , egli ha , con uno sforzo quasi sovrumano , forgiato da se stesso le armi del suo asservimento sociale e dell'annientamento della sua personalità.

Egli deve piegarsi al silenzio di chi detiene il potere politico , ed è costretto , come un soldato , ha sacrificare la propria vita , e ciò che è peggio a distruggere quella degli altri , anche se è convinto dell'assurdità di un tale sacrificio . Egli vede con assoluta chiarezza che la situazione determinata dalla storia per cui soltanto gli stati possono disporre del potere economico e politico , e quindi anche di quello militare , deve condurre alla distruzione totale . Egli è cosciente che l'uomo può essere ancora salvato soltanto cambiando i metodi della forza bruta con un ordine giuridico soprannazionale Entro mura misteriose si perfezionano con fretta febbrile i mezzi di distruzione collettiva. Se si raggiunge questo scopo, l'avvelenamento dell'atmosfera da parte della radioattività e , di conseguenza , la distruzione di qualsiasi forma di vita sulla terra , entrerebbero nel novero delle possibilità tecniche . E' tutto concatenato, in questo sinistro svolgersi d'avvenimenti . Ogni passo si presenta come inevitabile conseguenza del precedente . Al termine del cammino , si profila sempre più distinto lo spettro della distruzione completa . Noi non possiamo cessare di ammonire ancora e sempre; non possiamo rallentare i nostri sforzi per dare coscienza alle nazioni del mondo, e soprattutto ai loro governi , dell'immagine del disastro che essi debbono esser certi di provocare se non cambieranno atteggiamento gli uni verso gli altri , e la loro maniera di concepire il futuro. Il nostro mondo è minacciato da una crisi la cui ampiezza sembra sfuggire a coloro che hanno il potere di prendere grandi decisioni per il bene e per il male. La potenza scatenata dall'atomo ha tutto cambiato , salvo il nostro modo di pensare , e noi stiamo scivolando così verso una catastrofe senza precedenti. Perché l'umanità sopravviva un nuovo modo di pensare è indispensabile. Allontanare questa minaccia è divenuto il problema più urgente del nostro tempo".


Il titolo e il tema che ho scelto per il mio percorso sulle materie da noi studiate in questi anni di Liceo Scientifico e approfondite in questo ultimo anno, é quello sui "LIMITI DELLA SCIENZA" con i vari collegamenti che esso comporta sia nelle materie umanistiche che in quelle scientifiche. Questo argomento mi ha molto interessato in quanto gli studi scientifici da me intrapresi fino ad oggi, mi impongono di approfondire una questione molto sentita relativa al rapporto tra scienza e morale ed ai limiti stessi della scienza. Il rapido sviluppo della scienza ha sollevato e continua a sollevare una serie di problemi spinosi per gli strettissimi rapporti che lo legano a uno dei campi più delicati della morale. Se da una parte si é assunto nei confronti della scienza un atteggiamento più cauto sia per quanto riguarda le sue possibilità conoscitive, sia per quanto riguarda i suoi esiti pratici, dall'altra si ritiene che la scienza e la tecnica, se ben dirette possono aiutare individui e popoli a raggiungere sempre migliori condizioni di vita. Io, comunque, sono del parere che la scienza può mettere nelle mani dell'uomo un potere gigantesco che rischia, se male usato, di annullare la vita sul nostro pianeta. Gli effetti della bomba atomica ne sono un esempio. Come pure gli ultimi sviluppi raggiunti dalle scienze biomediche e soprattutto dall'ingegneria genetica, hanno riportato ed accentuato il distacco tra scienza e morale: la fecondazione artificiale, i trapianti di organi, l'eutanasia, la manipolazione dei caratteri ereditari. Ma non bisogna mettere in discussione la ricerca scientifica in quanto tale, ma solo evitare che la scienza possa arrogarsi il diritto di "stravolgere" il corso dell'esistenza, o asservita al volere dei vari capi di governo, procurasse armi sempre più nocive. L'impegno degli scienziati deve essere, perciò solo quello di esplorare sempre più a fondo l'affascinate mistero dell'uomo, di sventare le minacce che , purtroppo incombono sul nostro pianeta in misura ogni giorno più grave. Gli scienziati , sono consapevoli delle dannose conseguenze dovute da un incontrollato utilizzo delle loro scoperte.


Gli argomenti proposti nel mio percorso riguardano il pensiero che ogni singolo autore ha espresso sul concetto della scienza e dei suoi limiti.

In Filosofia ho approfondito il pensiero e l'analisi scientifica di Karl Popper.


In Fisica ho trattato il principio di indeterminazione di Werner Heisenberg come limite e sconvolgimento della fisica classica, il quale aprì le porte ad una nuova fisica, la fisica quantistica.


In Matematica ho individuato l'introduzione del concetto matematico di derivata che supera il concetto di limite stesso. Il concetto di limite, sebbene utilissimo per sostituire ad un punto un intervallo ha comunque dei difetti poiché a noi serve qualcosa che ci permetta di vedere la funzione nella sua interezza e quel qualcosa sarà la derivata.


In Latino ho scelto la figura di PLINIO IL VECCHIO , scrittore enciclopedico e naturalista del I secolo dopo Cristo, il quale in una sua opera "Naturalis Historia" riesce a raccogliere tutta la conoscenza di allora in un opera consultabile facilmente; mostrando così il limite della conoscenza di quel tempo, fino a dove era stata raggiunta.


In Inglese ho scelto MARY SHELLEY che con il suo romanzo FRANKENSTEIN mostra un primo esempio di scienziato che manipolando la natura e peccando di "overreach" cioè di andare oltre i limiti della conoscenza crea un essere vivente, un mostro che sfugge al suo controllo e lo uccide.


In Italiano invece ho approfondito il movimento letterale dei futuristi che profetizzavano il progresso e il loro tema principale non era più la natura ma bensì la macchina; non solo ma il concetto di limite l'ho evidenziato anche in un passo dello Zibaldone di pensieri del Leopardi, anche nei versi di un'altra sua opera "la Ginestra" "Qui mira e qui ti specchia, - Secol superbo e sciocco" dove con un passo decisamente polemico, l'autore deride l'ingenua vanteria umana che crede nel magnifico progresso e si illude di sicure conquiste. Pregevole anche la critica nei confronti del progresso e nella macchina in sostituzione all'uomo nelle "Operette Morali".


In Storia dell' Arte ho associato il movimento futurista

La Storia del ventesimo secolo ha risentito molto dello sfruttamento delle armi nucleari da quel fatidico 6 agosto 1945 quando scoppiò la prima bomba atomica su Hiroshima e mi è sembrato doveroso scegliere la seconda guerra mondiale come periodo storico da trattare.


In Geografia Astronomica ho approfondito l'argomento "Universo" con le teorie sulla sua origine e l'analisi dei corpi celesti che lo compongono.


Sulla base degli studi fin qui svolti posso concludere che qualsiasi scoperta scientifica sarà sempre legittima e ben accetta, a patto però, (da qui il mio concetto di limite della scienza) che non pretenda mai di assumere alcuna posizione di controllo o superiorità nei confronti della vita dell'uomo.







FILOSOFIA

KARL POPPER





POPPER


Innanzi tutto vorrei cominciare illustrando il metodo del procedere scientifico elaborato da K. Popper (Vienna,1902-1994).In Congetture e Confutazioni 1972 Popper oppone al vecchio metodo induttivo-sperimantale, che procede dal particolare al generale, il nuovo medito basato sui controlli induttivi che consiste nell'avanzare un'ipotesi teorica e nel derivare da essa delle conseguenze che vengono successivamente affidate al vaglio dell'esperienza.

Il primo problema di cui si occupa P. è quello dell'induzione che sta alla base della ricerca scientifica in quanto afferma che se qualche cosa è vera in una quantità di casi osservati, essa è vera anche in casi simili non ancora vagliati. P. dirà che l'induzione non esiste e che non ha senso.

Finora si era parlato di due tipi di induzione: quella per enumerazione e quella per eliminazione. La prima prevede appunto che se osserviamo un fenomeno sempre allo stesso modo un certo numero di volte possiamo allora affermare che quel fenomeno è sempre vero, fondando così una teoria (cigni). Quella per eliminazione è invece quel processo per cui se attraverso numerosi esperimenti riusciamo a decidere quali teorie sono false, quella che rimarrà sarà sicuramente vera. Ma i sostenit0ori di questa teoria non si rendevano conto che il numero di teorie rivali è sempre infinito, anche se di regola, in un momento particolare possiamo prendere in considerazione solo un numero finito di teorie.

L'induzione è un circolo vizioso della mente, per affermarla infatti occorre un ulteriore procedimento induttivo alle spalle di cui posso dimostrare l'infondatezza e così via all'infinito.

La conseguenza immediata di questa critica al metodo induttivo è che le teorie non sono mai verificabili empiricamente. Il verificazionismo è un mito o un'utopia, in quanto, per verificare completamente una teoria e una legge, dovremmo aver presenti tutti i casi. Inoltre se le conseguenze di una teoria sono in numero infinito i controlli per verificarla sarebbero sempre in numero finito. Popper elabora quindi il suo criterio di falsificabilità: innanzi tutto una teoria è scientifica nella misura in cui può venir smentita dall'esperienza (piove), se i suoi enunciati risultano in potenziale conflitto con delle osservazioni, con dei falsificatori potenziali: più questi sono numerosi, più ricco è il suo contenuto scientifico.

Ciò significa che ciò che si può imparare dall'esperienza, non è la verità di una teoria, ma la falsità di un'ipotesi. Esiste inoltre un'asimmetria logico tra verificazione e falsificazione : miliardi e miliardi di conferme non rendono certa una teoria, mentre basta un solo fatto negativo per falsificarla: siccome una teoria , per quanto confermata resta sempre smentibile, allora bisogna tentare di falsificarla, per poter eventualmente proporre una teoria migliore. Quando una teoria ha superato il confronto con un'esperienza potenzialmente falsificante, si dice corroborata . Tuttavia questo non dice nella sulle sue capacità di sopravvivere a controlli futuri, è soltanto un temporaneo criterio di scelta per il quale si tende a preferire in un dato momento una teoria piuttosto che un'altra, finchè non ne subentra una migliore.

La scienza per Popper si evolve e muta, progredisce anche se con momenti di arresto e di caduta. Nessuna teoria è assoluta, anche se trovassimo la verità assoluta non potremmo mai affermarla, perché non potremmo mai verificare tutte le infinite conseguenze di questa teoria onnicomprensiva. Lo scopo della scienza è quello di raggiungere teorie sempre più verosimili e il progresso consiste nel riconoscere la maggior verosimiglianza di una teoria rispetto ad un'altra.









































FISICA


HEISENBERG WERNER


Principio di indeterminazione di Heisenberg


Secondo la meccanica classica è possibile determinare sia la posizione che la velocità di una particella in movimento. A livello atomico, invece, posizione e quantità di moto non possono essere specificate contemporaneamente con la stessa precisione. L' errore commesso viene determinato in base al principio di indeterminazione formulato nel 1927 da Werner Heisemberg. Si dice quindi che la conoscenza della posizione e della quantità di moto di una particella sono complementari, ovvero non si può determinare la posizione (y) di una particella senza alterarne la velocità (p).
Il principio di indeterminazione di Heisenberg può essere espresso in termini matematici dalla relazione:




nella quale:


y = incertezza sulla posizione
py = incertezza sulla quantità di moto (velocità)
h = costante di Planck (che vale 6,6 x 10-34 Joule/sec.)


Il principio di indeterminazione può essere meglio compreso se si considera che per misurare la posizione di un oggetto microscopico (ad esempio, un elettrone), è necessario investirlo con un raggio di luce (fotoni) che ne modifica inevitabilmente la velocità. Lo stesso si verifica se cerchiamo di determinare la velocità di una elettrone o di una qualsiasi altra particella subatomica.
Oltre alla posizione e alla velocità della particelle, il principio di indeterminazione pone limiti anche alla misura simultanea di grandezze come l'energia e il tempo: se si cerca di determinare con precisione l'energia di una particella, diminuirà inevitabilmente il grado di accuratezza con cui conosciamo la sua durata, e viceversa.






Tale aspetto produce delle conseguenze del tutto incompatibili alla luce della nostra esperienza ordinaria (che fa riferimento alle leggi della fisica classica): il grado di indeterminazione esistente tra energia e tempo fa si che delle particelle (ad esempio una coppia elettrone-positrone), possano emergere dal nulla per una frazione infinitesimale di secondo (inferiore a 10-20 secondi), prima di svanire nuovamente.

Einstein sotto scacco !

Albert Einstein non era soddisfatto del principio di indeterminazione, e sfidò Niels Bohr con il seguente famoso esperimento mentale: 'Riempiamo una scatola con del materiale radioattivo che emette radiazioni casuali. La scatola ha uno sportello, che viene aperto e chiuso immediatamente, da un orologio, a un preciso istante, permettendo così a un po' di radiazione di uscire. In questo modo il tempo è già noto con precisione. Vogliamo ancora misurare la variabile coniugata energia, con precisione. Non c'è problema dice Einstein: pesiamo la scatola prima e dopo. L'equivalenza tra massa ed energia, derivante dalla relatività speciale ci permetterà di determinare precisamente quanta energia ha lasciato la scatola'. Bohr ribatté come segue, per di più applicando l'equivalenza massa-energia sviluppata proprio da Einstein: 'Se l'energia esce, la scatola è più leggera e si solleverà leggermente sulla bilancia. Questo cambia la posizione dell'orologio. Quindi l'orologio devia dal nostro sistema di riferimento stazionario, e quindi per la relatività speciale, la sua misurazione del tempo sarà diversa dalla nostra, portando ad un inevitabile margine d'errore'. Infatti, un'analisi dettagliata mostra che l'imprecisione è correttamente data dalla relazione di Heisenberg.

All'interno della diffusa (ma non universalmente accettata) interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica, il principio di indeterminazione è inteso come il fatto che a un livello elementare, l'universo fisico non esiste in forma deterministica, ma piuttosto come una collezione di probabilità, o potenziali. Ad esempio, il modello (probabilità di distribuzione) prodotto da milioni di fotoni che passano attraverso una fessura di diffrazione, può essere calcolato usando la meccanica quantistica, ma il percorso esatto di ogni fotone non può essere predetto da nessun metodo conosciuto. L'interpretazione di Copenaghen sostiene che non può essere predetto da nessun metodo.

Ed è questa interpretazione che Einstein stava mettendo in discussione quando disse: 'Non credo che Dio abbia scelto di giocare a dadi con l'universo'. Bohr, che era uno degli autori dell'interpretazione di Copenaghen rispose: 'Einstein, smettila di dire a Dio cosa deve fare', a cui Feynman aggiunse 'Non solo Dio gioca a dadi, ma li lancia dove non possiamo vederli'.

Einstein era convinto che questa interpretazione fosse errata. Il suo ragionamento era che tutte le distribuzioni di probabilità precedentemente conosciute, sorgessero da eventi deterministici. La distribuzione di un lancio di moneta può essere descritta con una distribuzione di probabilità (50% testa e 50% croce). Ma questo non significa che i movimenti fisici siano impredicibili. La meccanica classica può essere usata per calcolare esattamente come ogni moneta atterrerà, se le forze agenti su di essa sono conosciute. E la distribuzione testa/croce si allineerà con la distribuzione di probabilità (date forze iniziali casuali).

Einstein assunse che ci fossero delle variabili nascoste nella meccanica quantistica che sottostanno alle probabilità osservate. Né Einstein né altri sono mai riusciti a costruire una teoria della variabile nascosta soddisfacente, e la disuguaglianza di Bell illustra alcuni aspetti critici di questa ricerca. Anche se il comportamento di una particella individuale è casuale, è correlato al comportamento delle altre particelle. Quindi, se il principio di indeterminazione è il risultato di qualche processo deterministico, deve essere il caso che particelle poste a grande distanza trasmettano istantaneamente l'informazione a tutte le altre, per assicurare che ci sia una correlazione nel comportamento.

Tuttavia, recentemente è stato proposto un meccanismo basato su una teoria classica del pendolo, il quale genera impredicibilità e quantizzazione a partire da un sistema deterministico. Gli autori della teoria non sanno al momento come verificare questa ipotesi.





































MATEMATICA














Perche' le derivate ?


Il concetto di limite, sebbene utilissimo per sostituire ad un punto un intervallo ha comunque dei difetti: infatti applicando il concetto di limite ad un punto io posso avere solamente una visione locale di una funzione: e' come se volessi studiare una strada di notte approfittando della luce di qualche lampione: potrò vedere in quel punto e nelle vicinanze di quel punto ma se voglio sapere cosa succede un po' più in là dovrò avere un altro lampione.

A noi serve qualcosa che ci permetta di vedere la funzione nella sua interezza e quel qualcosa sarà la derivata.

Immaginiamo di avere una funzione ed un punto sull'asse delle x cui corrisponde un punto sull'asse y; se pensiamo che il punto sull'asse x si sposti con regolarità cosa vedrò sull'asse y?
Vedrò che il punto sull'asse y va più veloce o meno veloce a seconda della pendenza della funzione:
se si osserva la figura a fianco si vede che a frecce uguali sull'asse x corrispondono frecce diverse sull'asse y e questo e' dovuto alla velocità con cui si aggregano i punti sulla y rispetto ai punti sulla x.
Prima la funzione (il punto sull'asse y corrispondente alla x) scende rapidamente poi man mano rallenta di velocità fino a fermarsi dove c'e' il minimo e quindi cambia direzione e prende velocità salendo verso l'alto.
Se ora noi riusciamo ad esprimere come varia di velocità il punto sulla y al variare di x in modo regolare avremo un qualcosa che ci permetterà di vedere la funzione tutta intera e non solo una piccola parte come nel caso del limite.
Ora si tratta di esprimere matematicamente questo concetto:
Come varia il punto sull'asse y quando il punto sull'asse x si sposta regolarmente?









Sul concetto di rappresentazione di una funzione

E' utile ricordare, per ben capire il concetto di funzione, che la funzione e' il collegamento esistente fra due variabili, e si può rappresentare, per funzioni reali di variabili reali, mediante il collegamento esistente fra due rette; ora queste rette di solito si rappresentano mediante un sistema di assi ortogonali e la funzione diventa l'insieme dei punti che ad una x fanno corrispondere una y;


Modo diverso di spiegare questo concetto secondo il prof Dino Betti che trova un po' riduttiva questa idea di funzione è :
pensate due rette fra loro parallele, immaginiamo una freccia che ad ogni punto della prima retta mi faccia corrispondere un punto sulla seconda, ed ora immaginiamo di spostare i punti sulla seconda retta (come se fosse di gomma) in modo che ad ogni punto della prima retta stia di fronte il punto corrispondente sulla seconda, in tal caso la funzione sarebbe come vengono 'addensati' i punti sulla seconda retta al variare della x sulla prima retta; bene,dirà qualcuno, ma a cosa serve questo ragionamento?

Serve a capire che la funzione e' qualcosa di più della sua rappresentazione cartesiana: la funzione e' un fenomeno (in senso filosofico) che coinvolge i punti dell'asse delle y (in parole povere e' come si addensano i punti sull'asse delle y) e la curva nel piano cartesiano ne e' solamente una rappresentazione grafica.



















Definizione di derivata


Dobbiamo vedere come varia la y quando la x varia in modo regolare: intuitivamente il sistema più semplice e' quello di considerare un intervallo sulla y ed il corrispondente intervallo sulle x e farne il rapporto: questo darà la variazione media. Se vogliamo la variazione in un punto dovrò restringere gli intervalli fino a quel punto.
Matematicamente: considero sull'asse x i punti

x0 e x0+h, in loro corrispondenza avrò i punti
f(x0) ed f(x0+h) sull'asse y.

La distanza tra f(x0) ed f(x0+h) sull'asse y (in verticale) sarà

mentre la distanza tra x ed x0 sull'asse x sarà



chiamiamo rapporto incrementale il rapporto tra la distanza sull'asse y e la distanza sull'asse x:

 

Rapporto incrementale



Ora per ottenere la derivata nel punto x0 basterà far stringere l'intervallo facendo diminuire h



Definizione: si definisce derivata di una funzione in un punto il limite (se esiste ed e' finito) del rapporto incrementale al tendere a zero dell' incremento h

Per avere la derivata generica basterà considerare il punto come x, cioè non fisso ma generico sull'asse delle x .



Significato geometrico della derivata

Per capire il significato geometrico della derivata bisogna saper bene come trovare la tangente ad una curva in un suo punto:
Presa una curva ne fissiamo un punto P e quindi un altro punto P' diverso da P e tracciamo la retta PP' ora basta far scivolare P' sulla curva verso P e quando P' sarà coincidente con P avremo la retta tangente alla curva in P (Si è tracciato delle semirette invece che rette per rendere più semplice la figura)

Definizione: si definisce tangente ad una curva in un punto la posizione limite della retta sottesa da una corda al tendere del secondo punto della corda sul primo.

Ora se riprendiamo la definizione di derivata, si nota che quando h tende a zero il secondo punto sulla curva si sposta verso il primo punto fino a coincidere.

Inoltre il rapporto incrementale e' uguale al coefficiente angolare della retta che congiunge i due punti sulla curva.

Quindi, al limite, la derivata ed il coefficiente angolare della retta tangente alla curva devono coincidere cioè:

Definizione: la derivata di una funzione in un punto e' uguale al coefficiente angolare della retta tangente alla funzione in quel punto




Veramente qui occorre fare una piccola precisazione: la tangente e' sempre da una parte della curva mentre la derivata si trova su una corda della curva stessa: cioè la derivata e il coefficiente angolare della tangente differiscono per qualcosa, ma qualcosa di talmente piccolo (un infinitesimo) da non influenzare i calcoli.




LATINO



    



PLINIO IL VECCHIO

PLINIO IL VECCHIO E L'ARCHIVIO DEL MONDO


La vita

Gaio Plinio Secondo detto il "Vecchio" nacque a Como nel 23-24 d.C.; egli apparteneva all'ordine equestre romano e comandò a lungo uno squadrone di cavalleria sul Reno. Vero modello di funzionario imperiale, ricoprì anche importanti incarichi amministrativi durante i regni Vespasiano (69-79 d.C.) e Tito (79-81 d.C.). Ammiraglio, infine, della flotta romana stanziata a Miseno (vicino a Napoli), durante il regno di Tito, egli esercitava ancora questo comando quando trovò la morte per asfissia causata dall'eruzione del Vesuvio, che seppellì le città campane (soprattutto Pompei ed Ercolano) nell'agosto del 79 d.C., quando Plinio si trovava a Stabile (odierna Castellammare), dove era andato per studiare da vicino lo straordinario evento e per recare aiuto agli abitanti del luogo, in particolare all'amico Pomponiano che viveva appunto a Stabia. Una buona parte delle nostre informazioni su di lui (sulla vita, sul catalogo delle opere e sul suo metodo di lavoro) ci provengono dalla corrispondenza di un suo nipote e figlio adottivo, Plinio "il Giovane".


Le opere

Studioso infaticabile, prendeva appunti su tutto ciò che leggeva e vedeva, raccogliendoli in ben 160 volumi. Compose opere di argomenti vari; l'unica pervenuta è la monumentale Naturalis historia (Storia naturale), in 37 libri. Gli scritti perduti, elencati in ordine cronologico, riportati dal nipote in una lettera a Tacito, sono: De iaculatione equestri unus, un libro sul lancio del giavellotto da cavallo; De vita Pomponii Secundi duo, due libri sulla vita del poeta Pomponio Secondo; Bellorum Germaniae viginti, 20 libri sulle guerre di Germania; Studiosus, 3 libri sulla formazione dell'oratore; Dubii sermonis octo, 8 libri, su questioni grammaticali e linguistiche, dei quali sono giunti vari frammenti in citazioni di grammatici; A fine Aufidi Bassi triginta unus, 31 libri sulla continuazione della storia di Roma di Aufidio Basso, dalla morte di Claudio a Vespasiano.


La "Naturalis histroria"

Tuttavia, per noi, Plinio è soprattutto un "enciclopedista", le cui straordinarie conoscenze si trovano raccolte nei 37 libri della sua "Naturalis histroria" ("Storia naturale", ma il senso esatto sarebbe piuttosto "La scienza della natura"), vasta indagine (finita del 77-78) su tutto ciò che esiste in natura, partendo dall'essere umano e passando ad argomenti che spaziano dall'arte alla medicina, una vera e propria summa del sapere reperibile fino a quel momento in autori soprattutto greci, ma anche latini; infatti Plinio stesso sottolinea che non si tratta di un lavoro originale e neppure di un' opera letteraria elaborata che abbia come fine quello di catturare l'attenzione del lettore, è piuttosto un grande archivio di dati, desunti da un lavoro di schedatura e riassunto di circa 2000 volumi scientifici. Per quanto riguarda lo stile, Plinio non scrive sempre allo stesso modo, mescolando "elogi" della scienza, della natura e della terra italica con condanne moralistiche del lusso e dello sfruttamento della natura. Il piano dell'opera, aperta da un'epistola dedicatoria e illustrativa rivolta al futuro imperatore Tito, è il seguente: - libro I: indice generale dell'opera e bibliografia (una vera novità, questa, nel mondo classico) libro per libro - libro II: cosmologia e geografia fisica (astronomia) - libri III-VI: geografia - libro VII: antropologia - libro VIII-XI: zoologia - libri XII-XIX: botanica - libri XX-XXXII: medicina derivata dal regno animale - libri XXXIII-XXXVII: metallurgia e mineralogia, con ampi excursus sulla storia dell'arte, con particolare riguardo per la scultura e la pittura Il VII libro, dedicato all' antropologia, è uno dei più importanti poiché in esso Plinio attacca il provvidenzialismo della natura che porta a giustificare i danni e le calamità che la natura arreca all'uomo (malattie, terremoti.); tale idea è in contrasto con la constatazione razionale e pessimistica della condizione infelice dell'uomo, in cui Plinio vede l'unico essere vivente che la "natura matrigna" getta piangente e nudo a terra, senza niente che lo protegga, quindi l'uomo è debole e indifeso, ma nello stesso tempo superbo e avido, tanto da indurlo spesso a danneggiare i propri simili, cosa che non fanno mai gli esemplari delle altre specie. Plinio tuttavia non attribuisce alla natura una colpa intenzionale, ma si limita a evidenziare la sofferenza dell'uomo, attenuando quindi il proprio pessimismo antropologico. In realtà, l'interesse di Plinio non si può definire propriamente "scientifico", poiché l'autore non si preoccupa, per esempio, di sottoporre le notizie a un'adeguata e rigorosa verifica, né sente l'esigenza di proporre un lavoro originale e metodologicamente impostato, infatti egli è piuttosto un avido ed eclettico collezionista, mosso da una forte curiosità. Infatti Plinio non si rivolge agli specialisti, ma vuole rendere disponibile la propria opera a tutti come strumento di pubblica utilità. Comunque, mescolando esperienze personali e testimonianze di fonti antiche, Plinio ci dà, oltre a innumerevoli, precise e preziose notizie sulle conoscenze scientifiche e letterarie del tempo, un esempio unico della vastità d'interessi della cultura latina del I secolo d.C., nonché una lampante testimonianza della diffusione e dell'ascesa dei ceti tecnici e professionali, con la conseguente domanda di cognizioni specifiche ai relativi settori. Plinio non è dunque un ricercatore o uno scienziato nel senso moderno del termine, tuttavia la sua enciclopedia, opportunamente ridotta o pubblicata per sezioni, diventò uno dei testi fondamentali nella tarda latinità e nel Medioevo ed ebbe un ruolo di primo piano della trasmissione del patrimonio delle conoscenze della civiltà greco-latina e, quindi, nella formazione delle strutture culturali della nostra società; per esempio, per tutto il Medioevo, uno dei testi fondamentali per la formazione dei medici era la "Medicina Plinii", un estratto dei libri della "Naturalis historia" che trattano della medicina.


Analisi dell'opera


Nuove esigenze e nuovo pubblico

La Naturalis historia riempì un vuoto della cultura latina, rispondendo alle esigenze del nuovo pubblico di lettori del I secolo dell'età imperiale e a bisogni reali e concreti.

La cultura dell'epoca Flavia era caratterizzata dalla convinzione che si fosse ormai raggiunto in tutti i campi un livello di conoscenze insuperabile e si sentiva il bisogno di avere a disposizione un'opera che le rendesse accessibili anche ai non specialisti. Si era sviluppato infatti un pubblico di lettori curioso, ma non troppo colto, interessato non più solo alla politica ma anche alla realtà naturale, che non si sentiva cittadino di una città ma del mondo intero, desideroso di ampliare il proprio orizzonte di conoscenze, senza la necessità di impegni intellettuali troppo gravosi.


Un bilancio del sapere antico

Su queste premesse nasce quest'opera straordinaria, che segna un punto nodale nel sapere antico. Lo stesso Plinio è ben conscio dell'importanza e dell'originalità del suo libro, diverso da tutte le altre opere di tipo "enciclopedico", che aveva dato al cittadino romano le conoscenze di base nei più diversi campi, dall'oratoria all'agricoltura; la sua opera è un'enciclopedia dell'universo. La natura che ne è oggetto coincide infatti con il mundus ( l'universo) nelle sue più varie manifestazioni, sia creazione della natura che degli uomini. In tal modo fra gli argomenti della Naturalis h istoria può rientrare tutto, dalla zoologia all'arte figurativa, dalla geografia alla cosmologia, dall'economia alla medicina.


Il fine dell'opera

L'originalità di Plinio di cui si vanta è costituita dal fine pratico che l'opera si propone. Lo scrittore infatti ha come scopo quello di giovare agli uomini, fornendo loro, per la prima volta nel mondo antico, uno strumento di facile consultazione, che dia quadro completo e non specialistico del sapere comune.


La facilità della consultazione

Per questo, Plinio organizza, per primo tra gli antichi, la sua opera in modo ordinato, per blocchi di argomenti, articolati al loro interno in categorie; fornisce un indice sommario dei contenuti; arricchisce il testo con rimandi interni, rendendo agevole, veloce e immediatamente utile la consultazione di quest'opera.


La quantità delle nozioni

Notevole dell'opera è la qualità di notizie e di fonti. Calcolando le cifre indicate da Plinio nel proemio e nell'indice di ogni singolo libro si arriva da un minimo di ventimila ad un massimo di trentamila notizie; duemila sono i volumi consultati e cento gli autori. Ciò significa che il criterio con cui quest'opera è stata composta non è di tipo qualitativo ma quantitativo: Plinio non lavora in profondità ma in estensione, su grandi numeri. Del resto fu proprio la quantità di notizie ad assicurare il successo nei secoli di quest'opera.


La "curiosità"

Plinio mette insieme questo enorme numero di dati, spinto dalla curiositas, con l'intenzione di non tralasciare nulla. Non è un intellettuale stimolato dall'inquietudine della ricerca, un inventore, né uno studioso che indaga per scoprire novità o per trovare prove per su intuizioni, ma è animato soltanto dalla smania di raccogliere informazioni.


Una compilazione libresca

L'accumulazione e la compilazione delle notizie no è, fondata su osservazioni personali o di altri, che abbiano visto o sperimentato direttamente. Tutto ciò che si trova nella Naturalis historia deriva dai libri. Il nostro scrittore era un lettore instancabile, divorato dall'ansia quasi nevrotica di leggere "tutto". Nessun libro era tanto cattivo da non poter essere utilizzato. Egli cita le sue fonti, perché il fatto che si trovassero scritte in qualche libro rendeva le notizie autentiche. Per questo la "ricerca" di Plinio il Vecchio non ha nulla di quello che per noi è sinonimo di scientificità; essa è solo un inventario sistematico e completo di tutto ciò che si trova nei libri greci e latini.


La fisica non è regolata da leggi esatte

Plinio non esegue criteri di tipo scientifico, va sottolineato che la fisica non era per gli antichi ciò che è per noi. Solo dopo Galilei, la fisica è un "libro aperto scritto in caratteri matematici", quindi regolato da leggi esatte e calcolabili. Per gli antichi non si possono ricercare nella natura dei principi ordinatori e delle leggi fisiche; la natura è un corpo vivo e pensante.

La regolarità e la misurabilità non appartengono al mondo della natura, al contrario sono suoi specifici caratteri la stranezza, la mancanza di leggi costanti, il paradosso.

Non stupisce quindi che un'opera "scientifica" dia tanto spazio ai mirabilia. La Naturalis hitoria contine moltissimi esempi di cose straordinarie, presenti nel mondo animale e vegetale, eventi meravigliosi, racconti di fatti assolutamente paradossali, segnali trasmessi dalle cose naturali agli uomini.

Sebbene i mirabilia siano in fondo una minima parte rispetto alle notizie più "scientifiche" riportate dallo scrittore, hanno sempre avuto un'enorme fortuna. Essi infatti alleggeriscono l'opera, perché si collocano tra i tanti inserti narrativi come racconti di cose favolose, affascinanti incredibili e fantasiose.

I mirabilia furono raccolti in seguito anche in antologie e in tal modo circolarono autonomamente per molti secoli.



Plinio e la natura

La natura è concepita da Plinio su premesse filosofiche di tipo genericamente storico. La natura assume quindi i caratteri di un Dio provvidenziale e ordinatore.

Secondo l'antropologia stoica, l'uomo occupa il posto centrale dell'universo, la natura e l'uomo sono quindi legati da un rapporto strettissimo e, diversamente dagli stoici, Plinio non studia la natura per trovarvi i segni dell'ordine, del Lògos, ma per riconoscervi l'umanità.

Tale idea è all'origine di due caratteri tipici della Naturalid historia , il moralismo e la concezione antropomorfizzata della realtà. Plinio non si lascia andare a trionfalismi e sulle sorti dell'uomo nel mondo, anzi, seguendo in questo fonti epicuree e lucreziane, mette in evidenza quante siano le difficoltà che la natura, matrigna, ha imposto all'umanità, che appare pessimisticamente come la creatura più debole ed indifesa dell'universo.


Non si deve intervenire sulla natura

Plinio ritiene tutto ciò che è naturale come positivo e per questo l'ordine dei fenomeni naturali non deve assolutamente essere toccato o stravolto; la tecnologia umana è interpretata come una forma di violenza nei confronti della natura e ciò che essa ha creato non deve essere elaborato o inquinato. Frequenti sono le accuse contro le invenzioni e gli strumenti con i quali l'uomo deforma, anche se la natura è accusata di aver dato vita a cose cattive o pericolose, come per esempio i veleni, sono poi gli uomini che li usano, mentre gli animali evitano con cura ciò che è velenoso. Suonano molto attuali le parole contro l'inquinamento dei fiumi e dell'aria all'inizio del XVIII libro, nel quale Plinio dichiara di assumersi il compito di prendere le difese della terra, egli difende tutto ciò che è più vicino alla natura, anche le doti morali della semplicità e della frugalità.


L'esaltazione della semplicità dei costumi "secondo natura"

La severitas , quindi, e la frugalitas vengono esaltate in coerenza, con la politica restauratrice dei Flavi e con l'idealizzazione dei valori e della grandezza di Roma: anche quest'ultimo aspetto è presente nell'opera pliniana, che esalta Roma e il suo impero come un dono concesso all'umanità.

Dall'esaltazione della naturalità dell'esistenza derivano le polemiche contro il lusso e le ricchezze, che stravolgono appunto la virtù della vita secondo natura: Plinio se la prende perfino con l'uso dei bucarsi le orecchie per mettersi dei gioielli, come se non bastassero collane e braccialetti.


Gli uomini sono il punto di riferimento

I fenomeni naturali sono continuamente messi in rapporto con gli uomini e perciò Plinio non ordina piante, animali, pietre, minerali in modo oggettivo, ma sulla base dell'utilità che essi hanno per l'uomo o della somiglianza con i caratteri umani. Questo rende peculiare la zoologia pliniana, sempre relazionata alla vita umana e perfino umanizzata, mentre la zoologia aristotelica considerava gli animali solo come bruti, Plinio ne evidenzia caratteri antropomorfici e perfino sentimenti.


Simpatia e antipaia tra le cose della natura: la medicina

Molti animali o piante sono descritti per l'utilità che hanno per l'uomo, in particolare in campo curativo. I fenomeni naturali hanno rapporti di "simpatia" o di "antipatia" reciproca che, se si conoscono si possono utilizzare a vantaggio degli uomini.

Le affinità e le antipatie naturali possono essere sfruttate al meglio in campo medico. La medicina è trattata ampiamente nella Naturalis historia e le parti che la riguardano furono antologizzate e circolarono autonomamente.


Lo stile

L'opera manca di omogeneità stilistica: varia è la struttura sintattica, a volte declamatoria altre volte consistente in un puro e semplice elenco; vario il lessico, dal momento che sono usate parole poetiche, parole tecniche e basse, parole straniere e anche neologismi.

La presenza di digressioni, racconti, informazioni di vita quotidiana, notizie paradossali e descrizioni di cose fantastiche, biografie, conferiscono all'opera una certa piacevolezza di lettura: e qui che Plinio esibisce un'apprezzabile capacità narrativa.














INGLESE




MARY SHELLEY : FRANKENSTEIN

GOTHIC NOVEL


First of all the night as the most important setting because the darkness is a powerful element create an atmosphere of gloom. However the setting-places are castles, convents, abbeys. While the themes are horror and terror. The plot is complex and the characters dominated by exaggerated reactions. In the story there are supernatural beings , like ghost, vampires, monsters.



MARY SHELLEY


LIFE

Mary Shelley was born in 1797, the daughter of Mary Wollstonecraft and William Godwin. Both her parents had been heavily influenced by the ideas of the French Revolution; their house was visited by some of the most famous writers of the day, like Percy Shelley. Percy and Mary fell in love with each other and in July 1814 they fled to France; later Shelly decided to rent a country house on the Lake Geneva, near Villa Diodati. It was there that the writing of Frankenstein took place. When Percy died, Mary returned to England. She died in 1851.



FRANKENSTEIN


THE PLOT

Frankenstein, a Swiss scientist, manages to create a human being, by joining parts selected from corpses. The result of the experiment is revolting and horrible; the Monster becomes a murder and, in the end, he destroys his creator. The story is not told chronologically and it is introduced to us by some letters that Walton, a young explorer on a voyage of expedition to the North Pole, writes to Margaret, his sister.


THE INFLUENCE OF SCIENCE

M. Shelley dedicated it to Godwin and she used many of the ideas held by her parents, including social justice and education. She sympathizes with the monster but she is afraid of the consequences of his actions: there is tension between the fear of revolution and interest in the revolutionary ideas. Both Percy and Mary were interested in science, and particularly, in chemistry, so that she was aware of the latest scientific theories and experiments of the day in the fields of chemistry, evolutionism and electricity; in fact F. tries to create a human being throughout the use of electricity and chemistry without respecting the rules of nature, overcoming human limits.

LITERARY INFLUENCES

The Monster can be considered Rousseau's natural man, a man in a primitive state, not influenced by civilization. The ghosts stories read at Villa Diodati provided a stimulus even F. differs from the Gothic tradition, since it is not set in a dark castle. Important influence was the work of the Romantic poets. The myth of Prometheus is also important: Prometheus was a giant who stole he fire from Gods in order to give it to men. In so doing, he challenged the divine authority and freed men from Gods' power. He is a clear example of an overreacher, just like Dr. Frankenstein.



THEMES:

  1. the quest for forbidden knowledge
  2. the overreacher (doctor Frankenstein and Walton)
  3. the double: Frankenstein and the monster are 2 aspects of the same being
  4. the penetration of Nature's secrets
  5. the usurpation of the female role, since the creation of human beings is possible without the participation of the women
  6. social prejudice through the figure of the monster as an outcast

THE DOUBLE:

Walton is a double of Frankenstein, since he manifests the same ambition: the wish to overcome human limits. Frankenstein and his creature are complementary: they both suffer from a sense of alienation and isolation, both desire to be good, but then become obsessed with hate and revenge.


















ITALIANO




LEOPARDI



FUTURISMO




I LIMITI DELLA SCIENZA IN LEOPARDI



Lo Zibaldone


E' un insieme di appunti, pensieri sulla vita, sul mondo, sull'uomo e sulla filosofia. Anzi a volte Leopardi viene definito filosofo, appunto per le sue idee filosofiche, ma lui fu filosofo nel senso illuminista, cioè filosofo come uomo di cultura, che cerca la spiegazione di ogni cosa. Appunto, nello Zibaldone Leopardi sistemò le sue idee e quest'opera è importante per conoscere le opere future. Infatti, nello Zibaldone si parla della noia, parola che lui ha preso dal sensismo precedente e che significava insoddisfazione; per uscire dalla noia, la quale non è provata solo dal Leopardi, ma da tutti gli uomini grandi, bisogna risolvere i problemi sociali, cioè storici. Il poeta è sicuro che il suo pessimismo non derivi dalla sua vita ma dal periodo storico. Per Leopardi i motivi storici dell'infelicità umana nascono dal contrasto di cui ha parlato anche Rousseau, fra natura e ragione o civiltà o anche società: la natura ci crea felici perchè ci dà una grande forza di vivere, però il progresso e la civiltà hanno frenato la gioia di vivere, i nostri impulsi più buoni, hanno ucciso le illusioni. Perciò a questo punto per salvarci, secondo il poeta, abbiamo bisogno della ragione, perchè non possiamo ritornare più come eravamo prima, allo stato di 'natura', il quale esiste solamente nelle foreste più nascoste; quindi solo la ragione ci può salvare facendoci capire chiaramente la nostra vera situazione, aiutandoci a risolverla. Appunto per la sua grande fede nella ragione, Leopardi, amò molto l'illuminismo e ammirò pure la rivoluzione francese che aveva fatto nascere tante speranze e illusioni negli uomini ma la rivoluzione era fallita e l'uomo invidiava gli animali, perchè non pensano o si ribellano contro il presente e sognano il passato. Questi sono gli argomenti principali dello Zibaldone.



[315] quella tal società di cui abbisognano; a quella che sarebbe convenuta anche all'uomo nello stato primitivo, come conviene alle bestie che sono ancora in esso stato; a quella che Dio volle indicare (e non altro) quando disse: Non est bonum esse hominem solum: faciamus ei adiutorium simile sibi (Genesi. 2. 18.); a quella della quale ho detto bastantemente altrove. E contuttociò le bestie non hanno scienza infusa, e dalla Genesi non risulta niente di questo, riguardo ad Adamo, anzi il contrario. Giacchè qualunque cosa si voglia intendere per l'albero della scienza del bene e del male, è certo che il solo comando che Dio diede all'uomo dopo averlo posto in paradiso voluptatis (Genesi. c. 2. vedi 8. 15. 23. 24.) (s'intende voluttà e felicità terrena, contro quello che si vuol sostenere, che all'uomo non sia destinata naturalmente se non se una felicità spirituale e d'un'altra vita), fu De ligno autem scientiae honi et mali ne comedas, in quocumque enim die comederis ex eo, morte morieris (Genesi 2. 17.). Non è questo un interdir chiaramente all'uomo il sapere? un voler porre soprattutte le altre cose (giacchè questo fu il solo comando o divieto) un ostacolo agl'incrementi della ragione, come quella che Dio conosceva essere per sua natura e dover essere la distruttrice della felicità, e vera perfezione



Genesi 2.18 "Non è bene che l`uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile"

Genesi 2.17 'Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell`albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti'.


La concezione sfavorevole della conoscenza trova spazio nelle ampie discussioni leopardiane che identificano nel divino 'interdir chiaramente all'uomo il sapere' un 'ostacolo agl'incrementi della ragione, come quella che Dio conosceva essere per sua natura e dover essere la distruttrice della felicità'. Il racconto della Genesi da cui, constatando come la causa immediata dell'infelicità umana sia attribuita al sapere, il poeta deduce che 'l'uomo non è fatto per sapere, la cognizione del vero è nemica della felicità, la ragione è nemica della natura', rafforza così la convinzione del valore negativo della conoscenza e si contrappone all'affermazione socratica secondo cui 'c'è un solo bene, il sapere, e uno solo il male, l'ignoranza'. Questo valore negativo assegnato alla conoscenza e sapienza umana risale direttamente alla visione sfavorevole che Leopardi ha della filosofia/conoscenza, il cui progresso consiste secondo il poeta nello svelare e distruggere gli errori che di volta in volta caratterizzano le opinioni umane, mostrando di conseguenza 'l'arido vero' della condizione umana. La negatività della ragione umana, e dei risultati cui essa porta, può essere attenuata - nelle convinzioni leopardiane - solo nel raggiungimento di una forma di pensiero che egli stesso definisce 'ultrafilosofia', che 'conoscendo l'intiero e l'intimo delle cose' possa ravvicinare l'umanità alla natura grazie a un 'temperamento della natura colla ragione'; è l'intersecarsi cooperante fra queste due facoltà pertanto a poter garantire una forma di sapere più completa in cui la ragione riconosca, paradossalmente, l'impossibilità di giungere ad una conoscenza oggettiva della realtà circostante se non è coadiuvata dalla componente soggettiva di tale processo.











LA CONCEZIONE DI LEOPARDI SUL PROGRESSO


Il pensiero del Leopardi trae origine dalla concezione meccanicistica del mondo, che egli aveva appreso dall'illuminismo e fatta propria al tempo della conversione filosofica. Meditando su di essa, egli giunse ad una forma di materialismo assoluto. Il mondo dunque per il Leopardi è governato da leggi meccaniche, da una "forza operosa" immanente che trasforma continuamente la materia. Anche l'uomo è soggetto alle leggi di trasformazione della materia. Non solo è una creatura debole ed indifesa , che dopo una vita di inutili sofferenze senza senso si annulla totalmente con la morte , ma è anche un essere insignificante nel contesto della vita universale. A tale concezione materialistica del mondo e dell'uomo il Leopardi resterà sempre fedele. La stessa concezione, che per i pensatori del '700 era motivo di orgoglio e di ottimismo, per il senso di liberazione che esso comportava dalle superstizioni del passato e per la nuova fede nella scienza, come strumento di progresso umano e sociale, per il Leopardi è motivo di tristezza e di pessimismo, perché egli avverte dolorosamente i limiti della natura umana, tutta chiusa nella prigione della materia, in contrasto con l'innata aspirazione dell'uomo all'assoluto e all'infinito . Il Leopardi si accorge che la felicità degli altri è solo apparente; che la vita umana non ha uno scopo, un ideale degno per il quale valga la pena di lottare. Indagando sulla causa dell'infelicità umana, il Leopardi afferma che gli uomini furono felici soltanto nell'era primitiva, quando vivevano allo stato di natura; ma poi essi vollero uscire da questa beata ignoranza e innocenza istintiva e, servendosi della ragione, si misero alla ricerca del vero. Le scoperte della ragione furono catastrofiche: essa rivelò la vanità delle illusioni che la natura, come una madre benigna e pia, aveva ispirato agli uomini, scoprì le leggi meccaniche che regolano la vita dell'universo, scoprì il male, il dolore, l'infelicità, l'angoscia esistenziale. La storia della scienza non è progresso, ma decadenza da uno stato di inconscia felicità naturale ad uno stato di consapevole dolore, scoperto dalla ragione.


















LA GINESTRA O FIORE DEL DESERTO


L'opera più ricca di pensiero è La Ginestra. E' un documento di umanità oltre che di poesia. La lirica fu scritta nel 1836, meno d'un anno prima della morte del poeta; egli si rivolge alla ginestra che fiorisce alle falde del Vesuvio, ove un tempo sorgevano ville e si estendevano campi e giardini: adesso tutto è arida lava, ecco il destino dell'uomo.

"Qui mira e qui ti specchia, Secol superbo e sciocco": con un passo decisamente polemico, il Leopardi deride l'ingenua vanteria umana, l'uomo egli dice pur essendo una creatura altrettanto fragile, debole ed insignificante in mezzo ad una natura ostile, invece di credere alla ragione e alla scienza, la verità del suo stato, ritorna alle credenze religiose tradizionali e si proclama signore e padrone dell'universo, crede nel magnifico progresso umano e si illude di sicure conquiste; unica vera conquista è il pensiero che sa scorgere la verità e non deve aver paura di guardarla se non vuole essere un servo vile ipocrita dei propri terrori. La verità è che con terribile indifferenza si erge dinanzi all'uomo un destino che ha suoi propri fini, sconosciuti a noi , e che di fronte ad esso, non resta agli uomini che rendersi coraggiosamente consapevoli della loro condizione e stringersi in fervida solidarietà perché solo il loro reciproco amore potrà costituire una realtà umana. Dagli antichi ai moderni, secondo Leopardi, non c'è evoluzione ma decadenza. Il progresso che porta dallo stato di natura alla civiltà, dalle illusioni al vero, è una degradazione. I lumi della ragione non sono fattori di progresso e di trasformazione sociale, ma inducono l'uomo alla coscienza del suo stato reale di infelicità.


Qui mira e qui ti specchia,

secol superbo e sciocco,

che il calle insino allora

dal risorto pensier segnato innanzi

abbandonasti, e volti addietro i passi,

del ritornar ti vanti,

e procedere il chiami.

Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti

di cui lor sorte rea padre ti fece,

vanno adulando ancora

ch'a ludibrio talora

t'abbian fra se. Non io

Con tal vergogna scenderò sotterra;

Ma il disprezzo piuttosto che si serra

Di te nel petto mio

Mostrato avrò quanto si possa aperto:

Ben ch'io sappia che oblio

Prema che troppo all'età propria increbbe

Di questo mal , che teco

Mi fia comune , assai finor mi rido

Libertà vai sognando , e servo a un tempo

Vuoi di nuovo il pensiero,

Sol con cui risorgemmo

Della barbarie in parte, e per cui solo

Si cresce in civiltà , che sola in meglio

Guida i pubblici fati.

Così ti spiacque il vero

Dell'aspra sorte e del depresso il tergo

Vigliaccamente rivolgesti al lume

Che il fé' palese: e , fuggitivo , appelli

Vil chi lui segue , e solo

Magnanimo colui

Che se schernendo o gli altri , astuto o folle,

Fin sopra gli altri il mortal grado estolle.


Qui (nelle rovine provocate dal Vesuvio, simbolo della potenza malefica della natura matrigna) guarda e qui rifletti su te stesso, o secolo presuntuoso e stolto (cioè uomini di questo secolo), ma piuttosto prima di morire avrò mostrato, quanto possibile apertamente, il disprezzo verso di te che si racchiude nel mio cuore, sebbene io sappia che l'oblio ricopre chi fu troppo avverso alle credenze dei suoi contemporanei. Di questo

male (di essere dimenticato) che a me sarà comune con te (perché anche tu sarai dimenticato) fin da ora assai rido (cioè non faccio alcun conto , mi burlo ).

Tu o secolo superbo e sciocco sogni la libertà nel campo politico e sociale, mentre invece nello stesso tempo rispolverando le vecchie dottrine medioevali metafisiche e dogmatiche rendi di nuovo schiavo il pensiero, quel pensiero razionalistico e scientifico mediante il quale soltanto, noi uscimmo parzialmente dalla barbarie dell'oscurantismo medioevale, e mediante il quale soltanto si progredisce nella civiltà, la sola civiltà che può migliorare i destini dei popoli.

Tu hai asservito di nuovo il pensiero, perché ti dispiacque la verità scoperta dalla ragione circa la dura condizione degli uomini e il grado assai basso che la natura assegnò ad essi nella struttura dell'universo.

Per questo vilmente volgesti le spalle alla luce della filosofia sensistica che aveva rivelato ciò, e mentre fuggi la verità da quella luce, chiami codardo chi invece la segue (crede in essa) , e chiami magnanimo solamente colui che, illudendo se stesso e gli altri, o con astuzia per ottenere facile popolarità, se in mala fede , o con follia se in buona fede, innalza fin sopra le stelle la condizione umana seguendo le dottrine metafisiche, spiritualistiche ed ottimistiche oggi in voga.

Il diagramma di una costante evoluzione in positivo viene contestato dall'imponderabilità dei condizionamenti naturali ma anche da una debolezza più interna alla società, dalla sua incapacità di fissare e stabilizzare le proprie conquiste per portarle più avanti, dal perpetuo discrimine progresso regresso, che grava su ogni suo moto. Alla precarietà materiale del rapporto uomo-ambiente fa riscontro quindi una sorta di assurda

presunzione (è la violenza dell'individuo che rompe e rende impossibile l'equilibrio auspicato tra uomo e natura), che induce appunto a scambiare il moto con la direzione e copre di una falsa immagine rettilinea la lunga curva dei cieli, l'itinerario vacillante e frastagliato che riconduce verso il baratro.



La macchina sostituisce l'uomo


Un' altra opera in cui il Leopardi esprime i motivi originali del suo pessimismo nei confronti delle innovazioni sono le operette morali . Tra queste ricordiamo "La proposta di premi fatta dall'Accademia dei Sillografi in cui il Leopardi esprime appunto il suo atteggiamento antitecnologico deridendo le invenzioni della sua epoca e prospetta la realizzazione di nuove macchine create dall'uomo che oltre a peggiorare la sua vita, rendendola più meccanica, annullano l'esistenza del vivente stesso. In questa operetta il Leopardi, immagina una severa istituzione culturale composta non da veri studiosi, ma da Sillografi (scrittori di satire, di componimenti burleschi). L'accademia, dunque è mossa da ideali progressisti in quanto il nostro secolo è stato ritenuto "l'età delle macchine". Questo pur apportando dei vantaggi nel modo di vivere grazie ai maggiori espedienti tecnici, la vita stessa si è inaridita di fronte ai prodotti sterili della ragione .

Dunque l'accademia, viste le capacità dell'uomo della sua epoca, dovrà creare una macchina che oltre ad assomigliare all'uomo nella materia, contenga anche doti spirituali. E' qui il paradosso degli obbiettivi dell'accademia. Le macchine hanno sostituito l'uomo anche nell'attività spirituali, e se come sono stati trovati strumenti che proteggono dalle difese della natura, così se ne troveranno che allontanano dai mali della vita sociale, parainvidia, parafrodi , tutti mali che hanno reso non-umano l'uomo moderno. L'assurdità della soluzione sta nel fatto che il rimedio a questa perdita di umanità consiste proprio in uno strumento meccanico, che non può migliorare l'uomo ma solo sostituirlo. Inoltre egli asserisce che anche i filosofi si sono resi conto della condizione disperata del genere umano a causa dei numerosi difetti e sono giunti alla soluzione che sia più facile sostituire l'uomo che correggerlo.








VITA E POETICA

Giacomo Leopardi nacque a Recanati nel 1798 da una famiglia nobile, che però stava andando in rovina per colpa del padre; perciò prese il comando della casa la madre, una donna molto dura e severa. Leopardi nei primi anni si trovò bene con i fratelli e lesse tutti i libri della biblioteca paterna. La sua vita fu solitaria piena di speranze, delusioni e ansie. Poiché non sopportava la piccola Recanati viaggiò molto ma non trovava in nessun posto pace.


Il Leopardi nel 1816 scrive una lettera contro Madame De Steal in cui difende il classicismo e la poesia degli antichi. Mentre il Foscolo con il classicismo tentò di far ritornare la bellezza dell'Ellade, Leopardi cercò nell'antichità un rifugio dal presente.

Nel Leopardi si è soliti vedere tre tipi di conversione:


1) Conversione letteraria (1816); in cui passa dalla freddo cultura al bello, incomincia a conoscere i grandi scrittori classici e moderni;

2) conversione politica (1818); mentre prima Leopardi era conservatore, ora afferma la sua italianità;

3) conversione filosofica (1819); in cui passa dal bello al vero, alla filosofia, alla poesia sentimentale e aumenta il suo pessimismo.

La filosofia, per Leopardi, deve aiutarci a scoprire la verità. Il Leopardi è classico per l'eleganza e l'armonia dei suoi scritti, ed è pure romantico per la sua ansia intima. La sua poesia nasce dalle delusioni della sua vita e dal fatto che ancora giovanissimo si era tutto chiuso in uno studio profondo, isolandosi dal mondo. Difatti nella sua poesia vi è molta autobiografia. Leopardi considera la natura, prima, come colei che dà felicità e vita e la ragione come qualcosa che dà infelicità; poi però è proprio ragionando che Leopardi si accorge che la natura è nemica e matrigna di tutti (per esempio: il dialogo della natura e di un Islandese).





A proposito di questi concetti si può parlare di tre momenti del pessimismo del Leopardi:

1° pessimismo personale, quando Leopardi crede di essere lui solo l'infelice;

2° pessimismo oggettivo storico, quando si accorge che tutti gli uomini del suo periodo storico sono infelici, perché si sono allontanati dalla vita naturale;

3° pessimismo cosmico o universale, quando si accorge che tutte le creature viventi e non solo gli uomini sono infelici da quando sono nati. Leopardi sente ancora l'educazione dell'illuminismo che è presente accanto agli aspetti romantici, infatti l'illuminismo diede al Leopardi il bisogno della verità e di chiarire i suoi problemi.

Nella polemica intorno al romanticismo egli partecipò con una lettera e con il discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, in cui diceva di essere contro il lugubre ma nello stesso tempo molte idee sono romantiche come la libertà della poesia. I più importanti motivi romantici di Leopardi sono la solitudine, il dolore, la morte, la noia, il titanismo, uso delle parole poco precise, sognanti. Un sentimento presente, importante nel Leopardi è la noia che secondo il poeta è il più nobile dei sentimenti umani, perché solo gli uomini grandi che desiderano grandi cose irraggiungibili possono provare. Difatti la noia è una specie di insoddisfazione, di ansia. Il pessimismo di Leopardi non è una vera filosofia, perché i vari momenti del pessimismo non hanno una divisione precisa e a volte Leopardi segue pure le illusioni che per lui sono i dolci inganni, che la natura dà agli uomini per vivere; le illusioni più importanti sono: la giovinezza e l'amore. Non possiamo dire che il pessimismo del Leopardi sia totale ed assoluto, infatti quando lui sembra odiare la vita, ne parla con tanta forza e tanta insistenza e ci accorgiamo che dietro questo pessimismo si nasconde un grande amore per la vita; a questo proposito ricordiamo De Sanctis il quale dice che Leopardi non crede alla giovinezza ma la fa amare e lo chiama 'cantore della giovinezza e della vita'.








L'EVERSIONE FUTURISTA, RADICE DI TUTTE LE AVANGUARDIE STORICHE


I manifesti del Futurismo


Il Futurismo è il primo movimento europeo d'avanguardia artistica del Novecento. Suo fondatore è Filippo Marinetti, poeta e romanziere italiano, ma di formazione francese, che il 20 febbraio 1909 ne pubblica il Manifesto di fondazione sul giornale parigino " Le Figaro".

Da questa data il Futurismo vive per circa un decennio, fino al 1920, il periodo più vitale delle nuove teorie.

Quello di fondazione è seguito da una serie di Manifesti, ognuno dei quali è dedicato ad una singola arte, dalla pittura alla musica, dalla scultura al teatro, al neonato cinema.

Sul versante letterario, Marinetti firma nel 1912 il Manifesto tecnico della letteratura futurista , cui sono da aggiungere altri due testi programmatici: il precedente Uccidiamo il chiaro di luna! E il successivo Distruzione della sintassi- Immigrazione senza fili- parole in libertà.


La violenta rottura con la tradizione e l'esaltazione della macchina

L'ideologia futurista propaganda con frenetico ardore il culto del nuovo e dell'attuale. Due sono gli aspetti fondamentali che la caratterizzano: l'atteggiamento di drastica rottura nei confronti della tradizione e l'esaltazione dei nuovi miti industriali. I futuristi rifiutano in blocco la tradizione e la liquidano come "passatismo".

Per i futuristi il nuovo idolo a cui l'artista deve guardare è la civiltà industriale. Le nuove immagini artistiche, i nuovi canoni di bellezza, i nuovi principi estetici a cui bisogna attenersi sono i miti prodotti da questa civiltà industriale: la velocità, il dinamismo, l'attivismo esasperato delle metropoli, il traffico cittadino, i tram, gli avvisi pubblici, le insegne luminose sostituiscono i tramonti e i chiari di luna. E' "la macchina" a riassumere in sé questi miti: Marinetti la considera, "simbolo, fonte e maestra di una nuova sensibilità", perché libera dai vincoli dello spazio e del tempo.


Un'arte produttiva e integrata: merce di scambio e mezzo di potere

Il programma era quello di creare un'arte produttiva, integrata nei meccanismi economici della nuova società industriale.

Il Futurismo rivendica un'idea pratica, antiidealistica e antimetafisica dell'opera d'arte: tenta di valorizzarla non come espressione umana ideale ma come merce di consumo e di scambio.

L'ingegno è un genere ( merce ) attivamente richiesto su tutte le piazze (mercati) del mondo.

Il suo valore è determinato dalla sua rarità. Come luogo riservato alla produzione artistica si propone non più la tradizionale istituzione del museo, ma il mercato. Creare un'arte rispondente all'industrializzazione dei tempi nuovi, dichiarare il dominio dell'uomo "meccanico" e "tecnologico" sulla natura e portare, scrive Martinetti, "l'Arte e gli Artisti rivoluzionari al potere".


Una letteratura antindividuale e " simultanea" : " parole in libertà"

Si vuole abolire la poesia classica, razionale, descrittiva e sentimentale: la nozione futurista dell'arte come merce esclude infatti la dimensione privata, personale e sviluppa al contrario quella oggettiva e antindividuale. Punti capitali del Manifesto tecnico della letteratura futurista sono l'uso del verbo all'infinito e di sostantivi " nudi" (senza epiteti), l'abolizione di aggettivi, avverbi, punteggiatura e la distruzione dell' "Io", cioè della dimensione soggettiva e psicologica. Sul piano stilistico regna il principio della "simultaneità" cioè l'immediata coincidenza tra intuizione ed espressione. Le tradizionali similitudini e metafore sono sostituite da un uso incondizionato dell'analogia, che , senza termini di comparazione congiunge direttamente tra loro oggetti e immagini, secondo rapporti imprevedibili e associazioni stravaganti. E' la tecnica delle cosiddette "parole in libertà": parole libere dal ritmo, dalla metrica e dalle norme della sintassi e della grammatica.


Il Futurismo nelle arti italiane

Il Futurismo consegue risultati importanti non solo in letteratura ma anche in musica, con artisti come Francesco Balilla Patrella e Luigi Russolo, nella scenografia teatrale con Enrico Pampolini, e nelle arti figurative: basti pensare alla pittura e alla scultura di Umberto Boccioni, alla prima attività di pittori come Carlo,Carrà e di Giorgio Morandi, e all'architettura di Antonio Sant' Elia.


Dall'Italia all' Europa

Nato in Italia, il Futurismo raggiunge esiti decisivi in Francia, con Guillaume Apollinaire, e influisce apertamente sul "Dadaismo" , il movimento fondato a Zurigo nel 1916 da Tristan Tzara. Soprattutto ha notevole seguito nel "Cubofuturismo" russo di Vladimir Majakovskij che, durante la Rivoluzione del 1917, assume caratteri di rivolta sociale e di lotta di classe.


Filippo Tommaso Martinetti

Nasce nel 1876 ad Alessandria d'Egitto da genitori italiani. Si forma nell'ambiente intellettuale parigino,per poi laurearsi in giurisprudenza a Genova. Pubblica le sue prime opere in lingua francese: due poemi di gusto decadente e simbolista e un dramma satirico antidemocratico, Le roi Bombance (Il re Baldoria, 1905). Nel 1905 fonda la rivista "Poesia" , che nella sua ultima annata (1909) si schiera su posizioni polemicamente innovative. Nel 1909 pubblica la commedia Poupèes èlectriques (Fantocci elettrici), prima prova del teatro futurista, con in scena fantocci meccanici che si muovono come esseri umani. Intanto si fa combattivo teorico del Futurismo, a partire dal Manifesto di fondazione (1909). Egli stesso offre esempi di originale sperimentazione poetica nei poemi Battaglia Peso + Odore (1912) e Zang Tumb Tumb (1914). Interventista convinto, partecipa alla Prima Guerra Mondiale, che celebra con gli scritti raccolti in Guerra, sola igiene del mondo (1915). Milita poi tra le file del fascismo, proponendosi come fervido sostenitore delle imprese di Mussolini. Vissuto prevalentemente a Milano, muore a Bellagio sul lago di Como nel 1944, dopo avere aderito alla Repubblica di Salò.

Il padre della poetica futurista

Il nome di Filippo Tommaso Marinetti rimane legato soprattutto all'elaborazione della poetica futurista. La fase determinante nella sua intensa attività di teorico del Futurismo e pugnace operatore d'avanguardia è da assegnarsi a quando lo scrittore mette la sua firma sul Manifesto di fondazione, Manifesto tecnico della letteratura futurista, Distruzione della sintassi e Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica. Più tardi libri come Futurismo e fascismo e Canto eroi e macchine della guerra mussoliniana testimoniano la stretta connessione che Marinetti ha poi voluto istituire tra la componente irrazionale dell'ideologia "tecnologica" del Futurismo e la politica di forza del regime fascista.


Marinetti teorico e poeta

Marinetti si rivela un maestro del nuovo genere letterario del " manifesto" , in cui , con una scrittura sentenziosa e categorica, anticipa tecniche divulgative che sono poi state largamente impiegate dai moderni mezzi di comunicazione di massa. Il padre del Futurismo è stato anche poeta, commediografo, romanziere, scrittore politico. Ma Marinetti conta soprattutto in quanto attivissimo e alacre organizzatore e promotore lungimirante di istanze concrete di rinnovamento culturale. Al coraggio polemico dei suoi programmi teorici infatti non fa riscontro una chiara coscienza di artista: i suoi testi creativi conseguono solo in parte i loro obiettivi.












STORIA DELL'ARTE    







UMBERTO BOCCIONI






IL PROGRSSO NELL'ARTE : IL FUTURISMO


Nel 1909 appare per la prima volta, in lingua francese sul quotidiano "Le Figaro" Il Manifesto del futurismo firmata dal poeta scrittore Filippo Tommaso Marinetti.

-Nel manifesto sono elencati undici punti programmatici, tra questi c'è:

-Il coraggio, l'audacia, la ribellione, come elementi essenziali della nostra poesia.

-La letteratura dove si vuole esaltare il movimento aggressivo dell'insonnia del passo di corsa.

-Le bellezza della velocità.

-Non vi è più bellezza, nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere capolavoro. -La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forse ignote.

-Si vuole glorificare la guerra, il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.

-Si vuole distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d0ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.

Il "disprezzo della donna", che sorprende per la sua aggressività, è però da intendersi come una condanna non della donna in sé, quanto di quell'immagine della donna, intrisa di un voluttuoso romanticismo, creata e diffusa dalla letteratura dell'epoca.

In questi anni si assiste alla nascita di una nuova estetica della macchina a opera dello scrittore Mario Marasso il cui saggio La nuova arma (la macchina), pubblicato nel 1905.

Importante per comprendere lo sviluppo della poetica futurista è il diffuso clima ideologico e politico fatto di nazionalismo e di una confusa aspirazione al rinnovamento e all'azione.

L'Italia ha occupato fino ad allora una posizione molto marginale rispetto alle altre nazioni europee.

In campo politico oltre al ristretto gruppo di ricchi proprietari terrieri, un nuovo ruolo viene assunto sia dai ceti poveri, sospinti dagli ideali del socialismo, sia dai cittadini cattolici, cui fino ad allora era stato vietato di prendere parte attiva alla via politica.

L'artefice principale di questa evoluzione dell'Italia è il capo del governo Giovanni Giolitti.

Marinetti, nasce ad Alessandria d'Egitto da una benestante famiglia borghese, si afferma presto come autore di poesie e romanzi in lingua francese.

Il Futurismo si segnala, per una visione estetica che abbraccia non solo i vari campi dell'arte e della letteratura, ma l'intero modo di concepire la vita. Tra gli esponenti per l'affermazione del movimento vi sono le cosiddette serate futuriste. Proprio in occasione di una di queste serate, viene reso noto Il Manifesto dei pittori futuristi al quale farà seguita il Manifesto tecnico della pittura futurista, entrambi firmati da Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini. Nel primo manifesto c'è una prevalenza di contenuti storici. In esso viene ribaltato il rifiuto della tradizione e della mentalità accademica e convenzionale.

Il poeta futurista, è chiamato a sintetizzare la propria espressione usando nuove immagini e inedite analogie ottenute accostando o raddoppiando i sostantivi e sopprimendo gli aggettivi. Altre forme di velocizzazione dell'espressione sono l'uso del verbo all'infinito, "rotondo e scorrevole come una ruota" e il ricorso all'onomatopèa.

A questo si aggiunge una rivoluzione tipografica che sconvolge l'impianto tradizionale della pagina mediante l'impiego contemporaneo di caratteri con forme e dimensioni diverse.

Questo tipo di "pagina" viene definita tavola parolìbera e viene impiegata in molti libri futuristi.

Uno dei primi e dei più noti libri futuristi che offre diversi esempi di tavole parolibere è il marinettiano Zang Tumb Tumb. In questo libro egli descrive i momenti di una battaglia cercando di dare al lettore la sensazione della simultaneità degli eventi.

Il culto futurista dell'azione si traduce inoltre sul piano politico, ispirate alle idee interveniste, irredentiste e antisocialiste espresse nel programma politico futurista firmato da Marinetti, Boccioni, Carrà e Russolo nel 1913. ma l'avventura futurista del Futurismo, dura solo due ani. Comincia con la fondazione di un partito politico futurista, culmina in una alleanza, nel 1920, quando Marinetti scioglie questa alleanza per riportare il Futurismo entro i confini della sola esperienza artistica. Durante il Fascismo il Futurismo conserva una connotazione di avanguardia culturale, mantenendo allo stesso tempo aperti i contatti con la scena internazionale.


UMBERTO BOCCIONI


Umberto Boccioni nasce a Reggio Calabria nel 1882.

Quando si trasferisce a Roma approfondisce i proprio interessi per la pittura e la letteratura, stringe amicizia con Severini dal quale apprende la tecnica divisionista.

Assieme a Russolo, Balla, Carrà e Severini partecipa alla pubblicazione del Manifesto dei pittori futuristi, mentre diventa il principale ispiratore del Manifesto tecnico della pittura futurista, nel quale l'idea di pittura futurista è resa più esplicita: "Il gesto per noi non sarà più un momento fermato dal dinamismo universale: sarà, decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale".

Nel 1914 Boccioni pubblica Pittura Scultura Futuriste e Dinamismo plastico.

Uno dei lavori che segna una tappa fondamentale nello sviluppo artistico di Boccioni è il dipinto La città che sale, protagonista del dipinto è un turbinoso affollarsi di cavalli e di uomini che invade quasi l'intero campo dell'immagine e che lascia emergere sullo sfondo le impalcature di alcuni edifici in costruzione. Lo scenario è quello della periferia urbana, infatti il Futurismo aveva sempre tentato di collocare la propria azione poetica nella metropoli moderna. Il tema che emerge nel dipinto è quello del lavoro. Una febbrile attività anima le figure degli uomini e dei cavalli e ne deforma i corpi in esasperate tensioni muscolari. Ciò è evidenziato dalla tecnica divisionista che pone in primo piano la componente cromatica, costituita da masse di colore che si compenetrano e si scontrano generando un forte effetto di moto. Questa manifestazione di forza diviene espressione simbolica di quello slancio vitale che l'estetica futurista considera elemento primordiale della vita che pervade l'intera realtà.

Con La Città che sale , Boccioni vuole intraprendere un processo di disgregazione della rappresentazione. Egli intende infatti indirizzare il proprio linguaggio verso una pittura che vada oltre la pura raffigurazione degli oggetti, per approdare a un livello ancora più alto: quello dell'espressione diretta di una sensazione, di un'emozione, di uno "stato d'animo".

Stati d'animo è appunto il titolo che Boccioni attribuisce ad un'altra delle sue opere, composta da tre dipinti, nei quali lo stesso tema viene trattato da tre punti di vista diversi: Gli addii, Stati d'animo: quelli che vanno e Stati d'animo: quelli che restano. Di quest'opera esistono due versioni, la prima delle quali è realizzata in una fase precedente all'incontro con i pittori cubisti. La seconda nasce in un momento successivo. Ma la concezione della pittura come espressione di sensazioni è la riaffermazione del ruolo fondamentale della tecnica divisionista. Sono alcuni degli elementi che si ritrovano in ambedue le versioni.

Nella prima, in quella degli addii, si nota come il linguaggio adottato derivi dalla tecnica della scomposizione divisionista. Le ondeggianti linee di colore lasciano intravedere figure appena delineate nell'atto di unirsi in un abbraccio. L'arista vuole comunicare il senso di un momento psicologicamente molto particolare come quello del commiato e del distacco che è il soggetto stesso del quadro.

Nella seconda versione de Gli adii il linguaggio dell'artista risente fortemente dell'esperienza cubista. Nell'espandersi dinamico della scomposizione dei volumi una serie di figure sfaccettare, ripetono la sequenza del movimento dell'abbraccio moltiplicandola nello spazio. Al centro del dipinto emerge il profilo di una locomotiva a vapore riconoscibile per parti disarticolate, come il fumo che sale, il numero di serie. Tra i criteri della pittura futurista, troviamo il criterio della simultaneità della visione. Essa è intesa come simultaneità degli eventi e degli aspetti della realtà, non più inquadrabili all'interno di un quadro prospettico unitario. Il secondo criterio è quello della sintesi tra la visione ottica e la visione mentale. La percezione globale di ogni oggetto e di ogni personaggio, si compone di due faci: quella della percezione diretta per istante, e quella della memoria delle configurazioni e dei movimenti che il personaggio o quell'oggetto, hanno continuato ad assumere nel tempo. Il terzo criterio è quello della compenetrazione dinamica, ossia quella estrema vicinanza e sovrapposizione tra gli oggetti e le loro forme, quasi che gli uni penetrassero nelle altre e viceversa. Lo studio della compenetrazione dinamica e la sua applicazione, sono finalizzati a "portare l'osservatore al centro del quadro".

Simultaneità, sintesi tra visione ottica e visione mentale, compenetrazione di piani, sono tra i principi che Boccioni tenta di trasportare anche nella scultura.

Un esempio è dato dalle Forme uniche della continuità nello spazio, l'opera ci suggerisce l'idea di una possente figura che incede a passi da gigante. Come in una fotografia mossa la scia dei corpi contribuisce a creare la sensazione del movimento e la scia sembra quasi solidificarsi nello spazio. La continuità dei profili e il loro fluire, ampliano la figura oltre i suoi stessi limiti volumetrici.

GEOGRAFIA

ASTRONOMICA






UNIVERSO

LE GALASSIE E LA STRUTTURA DELL'UNIVERSO


Lo spazio celeste, visto da un osservatore idealmente posto al centro dell'Universo, non apparirebbe uniforme ma mostrerebbe grandi vuoti e numerose macchie biancastre di varie dimensioni: le galassie, ognuna formata da una grandissima quantità di stelle e da materia interstellare, qua e là concentrata in nebulose.


L'Universo "meno lontano": la nostra Galassia


Stelle e nebulose della Via Lattea, la galassia di cui fa parte la Terra, formano nel complesso un enorme disco, il cui spessore è circa un quinto del diametro; dal disco centrale (nucleo galattico) si dipartono lunghi bracci a spirale. Tutte le stelle dei bracci ruotano intorno al centro della Galassia, con velocità decrescenti andando verso la periferia. Alcune stelle presentano inoltre un movimento proprio.

Vi sono poi gli ammassi stellari, gruppi di stelle relativamente vicine tra loro, che si muovono tutte insieme. Possono essere aperti, con le stelle distribuite in modo irregolare, o globulari, con le stelle disposte a disegnare una sfera. Gran parte degli ammassi si trova al di fuori del disco della Galassia e forma una specie di nuvola sferica molto rarefatta, chiamata alone galattico. Qui a differenza della Galassia mancano le polveri per cui non si possono formare nuove stelle.


Galassie e famiglie di galassie: un Universo "a bolle"


Oltre alla nostra galassia esistono altre galassie, che possono essere di vario tipo: ellittiche, a spirale, a spirale barrata (il cui nucleo sembra essere attraversato da una sbarra da cui partono le spire), globulari, irregolari e peculiari (distorte forse per l'attrazione con le galassie vicine).

Le Galassie tendono a unirsi in gruppi e ammassi di galassie. La Via Lattea fa parte dell'Ammasso della Vergine, attorno al cui baricentro essa ruota insieme ad altre galassie e al Gruppo Locale. Sono stati identificati anche superammassi di galassie, disposti in maniera irregolare. L'Universo presenta quindi una struttura cellulare o spugnosa.


Radiosorgenti


Nell'Universo sono presenti numerose radiosorgenti: alcune corrispondono a supernovae, altre a galassie molto lontane ma con emissione così intensa da venire indicate come radiogalassie.

Altri segnali sono arrivati, sotto forma di onde radio di grandissima intensità e fortemente concentrate, da corpi d'apparenza stellare denominati quasar le cui righe spettrali risultano fortemente spostate verso il rosso: questo fenomeno viene imputato, con qualche controversia, all'effetto Doppler,, anche se più probabilmente dipende dall'incurvatura dello spazio tempo causato dal forte campo gravitazionale, secondo la Teoria della Relatività Generale di Einstein. Tali corpi sono tutti molto lontani da noi e sono gli oggetti più lontani osservati a circa 15 miliardi di a.l.. Ma nonostante la distanza dall'intensità dei segnali si può presupporre l'esistenza di un quasar mille miliardi di volte più luminoso del Sole e molto più splendente: un'intera galassia formata da centinaia di miliardi di stelle.


La legge di Hubble e l'espansione dell'Universo


Il quadro dell'Universo che siamo venuti via via scoprendo non ci offre un'istantanea di come è oggi l'Universo, ma piuttosto un'immagine composta in relazione alla distanza del corpo osservato. In base allo studio degli spettri delle galassie più lontane, che tendono tutti verso il rosso, possiamo dedurre che le galassie si stanno allontanando con velocità tanto più alta quanto più sono lontane, e ciò si può spiegare ammettendo l'espansione dell'Universo. La legge che descrive tale fenomeno fu teorizzata da Hubble con la formula V=h d. (palloncino)

Una prima teoria si basava sul concetto di Universo stazionario, dove il reciproco allontanamento delle galassie sarebbe compensato da una continua creazione di nuova materia, con la creazione di nuove galassie per la sostituzione di quelle lontane.

Tale teoria fu abbandonata per la mancata conferma della creazione di nuova materia e poi perché il conteggio degli oggetti più lontani, e quindi più vecchi, sembra smentirla. Questa fu soppiantata dalla teoria evolutiva del Big Bang. In virtù di tale teoria l'Universo doveva essere inizialmente un corpo più piccolo di un atomo con una densità infinita e a temperatura elevatissima. Si sarebbe verificata poi una fortissima esplosione, aumentando di miliardi di volte il suo volume. Dopo ciò la "sfera di fuoco" si sarebbe raffreddata rallentando la sua espansione.

L'energia ha iniziato a condensarsi prima in quark ed elettroni, poi in neutroni, protoni e nuclei di elio, finché si sono formati i primi nuclei atomici (H, Li, He) e, in seguito ad un aumento di temperatura fino a 3000 K, un gas neutro composto da idrogeno ed elio.

Terminata la fase dominata dalla radiazione, la materia si avvia all'attuale formazione e dopo il primo milione di anni l'Universo assume condizioni fisiche più vicine a quelle attuali.

Dove il gas è più denso, la gravità fa condensare l'idrogeno in grandi nebulose entro le quali iniziano a lampeggiare le violente espansioni dei quasar. Con l'espansione essi diventano più rari e si fanno numerose le galassie a spirale.

Circa il proseguimento di tale evoluzione sono state formulate due ipotesi:

Se la densità è troppo bassa, l'espansione continuerà senza fine e quando le stelle finiranno il loro combustibile il Cosmo diventerà un immenso cimitero buio.

Se la forza di gravità frenerà tale espansione, le galassie arresteranno la loro fuga dando origine a una contrazione dell'Universo. E tutto precipiterebbe allo stato primordiale.








STORIA




6 Agosto 1945


Una data indimenticabile per tutta l'umanità. Dagli studi sulla fissione nucleare si passò rapidamente all'applicazione pratica della potenza sviluppata dai neutroni. In questo giorno gli Stati Uniti d'America lanciarono la prima bomba atomica su Hiroshima. La vampata prodotta dallo scoppio fu percepita chiaramente da aerei in volo ad oltre 200 km.

dalla città colpita;

una nube di vapori rosso-giallognoli dalla caratteristica forma di fungo si elevò in cielo per circa 10.000 metri; in un raggio di km. 1,6 dal punto centrale dello scoppio i 2/3 degli edifici esistenti andarono distrutti: rimasero in piedi solo le travature di quelli costruiti in cemento armato; quando la nuvola a fungo creata dalla bomba si dissipò 70.000 dei 343.000 abitanti giacevano morti per gravi ustioni; una parte dei 80.000 feriti morì successivamente per le irradiazioni e fino ai giorni nostri molte persone sono rimaste vittime delle conseguenze di quella esplosione. Per la statistica la bomba atomica di Hiroshima era lunga sette metri e pesava 4 tonnellate e fu sganciata da un grosso bombardiere B/29 appositamente attrezzato (battezzato ENOLA GAY). Da un punto di vista militare la seconda guerra mondiale si svolse rapidamente, soprattutto a causa dei nuovi mezzi di trasporto, di comunicazione e delle nuove armi messe a disposizione dalla scienza e dalla applicazione tecnica. Nel Blitzkrieg (guerra lampo) tedesco la popolazione nemica veniva dapprima fiaccata con la propaganda e poi messa in fuga con i bombardamenti , in modo che ostacolasse i movimenti delle forze difensive mentre l'aviazione mitragliava le strade. Per conquistare la Polonia ci volle meno di un mese; nell'aprile 1940 il Blitzkrieg colpì la Norvegia e la Danimarca; in maggio le forze tedesche marciarono verso l'Olanda e il Belgio sino alle coste della Manica e invasero la Francia che si arrese in giugno. Nel giugno 1940 entrò in guerra anche l'Italia con Mussolini e le truppe italiane si spinsero dalla Libia verso Suez dall'Albania penetrarono in Grecia ma con poco successo. Allora intervenne Hitler occupando la Grecia, aggredendo la Jugoslavia e occupando il nord Africa. All' Asse vittorioso si unirono Ungheria Romania e Bulgaria. Dopo la caduta della Francia ci si aspettava che Hitler invadesse l'Inghilterra, ma le incursioni aeree non riuscirono a sconfiggere l'aviazione britannica poco numerosa ma efficiente e con un primo ministro Wiston Churchill dotato di flessibile energia e di grandi capacità organizzative. Allora Hitler nel giugno del '41 rivolse la sua attenzione a oriente invadendo la Russia. Nel novembre del 1942 Hitler toccava l'apice del suo successo: la Germania occupava e controllava 16 paesi europei. Nei paesi conquistati l'industria e l'agricoltura furono riorganizzate in modo da rispondere alle esigenze tedesche e centinaia di migliaia di operai furono deportati in Germania, mentre 5-6 milioni di ebrei venivano messi a morte organizzando il più grande sterminio della razza ebraica. Gli Stati Uniti erano neutrali al conflitto e fornivano viveri e armi all'Inghilterra senza dichiarare guerra. Ma nel dicembre 1941 con un incursione aerea su Pearl Harbor (Hawaii ) il Giappone affondò metà della flotta statunitense e gli Stati Uniti furono costretti ad entrare in guerra. Entro il settembre 1943 le forze anglo-americane avevano allontanato gli eserciti dell'Asse dall'Africa ed erano sbarcati in Italia, mentre a Oriente l'armata rossa travolgeva il fronte tedesco. Nel giugno del 1944 gli anglo-americani aprirono un secondo fronte in Normandia; nell'aprile del '45 si incontrarono con i Russi sull'Elba e il 30 aprile, mentre già le armate sovietiche erano a Berlino, Hitler si uccideva. Per mettere fine al conflitto mondiale gli Americani decisero di utilizzare le armi atomiche di recente invenzione. Dopo lo sgancio della bomba su Hiroshima, tre giorni dopo sganciarono un secondo ordigno ancor più potente sulla città di Nagasaki. Il Giappone distrutto e annientato si arrese. La seconda guerra mondiale era finita portandosi dietro tante vite umane innocenti e una minaccia che incombe tuttora sulla popolazione mondiale. I terrificanti effetti delle armi atomiche inducono a considerare se non si sia raggiunto ormai quel limite di potenza oltre il quale la guerra si risolverebbe nella distruzione totale. Sembra ormai che l'unica difesa possibile dagli apocalittici effetti dell'offesa atomica debba ricercarsi in un sicuro accordo internazionale il quale, col bandire dagli uso di guerra l'impiego delle bombe atomiche, assicuri la distruzione di quelle già costruite. Il che è stato tentato, ma sin ora senza concreti risultati.
































Bibliografia


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  • Marina Spiazzi, Marina Tavella (2004) Lit & Lab, Milano, Zanichelli
  • Dispense del Professore di matematica Dino Betti
  • Elvidio Lupia Palmieri, Maurizio Parlotto (2002) La terra nello spazio e nel tempo, Bologna, Zanichelli
  • Alberto De Bernardi, Scipione Guarracino (2000) La conoscenza storica, Milano, Battaia
  • Pietro Greco (2004) Einstein lo scienziato e il personaggio, dalla relatività speciale alla ricerca dell'unificazione della fisica, Milano, Alpha Test

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