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Biblioteche private tra storia, bibliografia e filologia




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Biblioteche private tra storia, bibliografia e filologia


«La motocicletta non è altro che questo: un sistema di concetti realizzato in acciaio.

In essa non c'è pezzo, non c'è forma che non sia uscita dalla mente di qualcuno»



R. M. Pirsig

(Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta)




Una pagina recente di critica richiama l'approccio alle biblioteche private contemporanee in questi termini: «Nelle biblioteche private i libri non sono copie ma esemplari, diversi (anche quando simili), perché alla storia di ogni libro [] si aggiunge un'altra storia, fatta di dediche, di pagine intonse, di annotazioni, sottolineature, usura. Che ci parlano anche (soprattutto, perfino), [] di una mentalità, di un tempo, e di chi quei libri ha acquistato e ricevuto in dono. Divengono eloquenti di una biblioteca privata, oltre alle presenze, le assenze, mentre la vita di tutti i giorni (tempo perduto, temps retrouvé) ci arriva come un'intermitténce perturbante alla semplice scoperta, su una pagina, di una macchia di caffè, di una firma di possesso accompagnata da una data. Si può ricostruire anche da questi segni sparsi la storia di una formazione intellettuale []»1.

Età precontemporanee hanno conosciuto la problematica in forma particolare e al più alto livello quando chi impersonava il vertice dello Stato distingueva la propria 'intima' biblioteca, quella di uso personale, da quella promossa e coltivata come immagine di sé verso i cittadini di quello Stato.

Ma la biblioteca privata non è solo questo; oltre a rappresentare lo specchio effettivo del 'proprietario' culturale e materiale di una raccolta bibliografica, è in grado anche di fornire elementi storicamente e socialmente fondamentali nella ricostruzione evolutiva di un determinato contesto sincronico alla sua personale storia e a quella del proprietario stesso.

Forse è proprio per questo che il sempre maggiore interesse su tali tipologie specifiche

di biblioteche ha portato alla luce negli anni dei veri e propri tesori della cultura scritta.

Inoltre queste, private e d'autore, consentono più di altre, in particolar modo grazie alla

loro non eccessiva consistenza fisica, uno studio approfondito della storia stessa della biblioteca, dalla sua origine sino al momento o della sua effettiva dispersione (che avviene secondo due differenti modalità: stellare oppure lineare o plurilineare2) o dello sfociamento in una realtà biblioteconomica di tipo istituzionale (attraverso donazione, legato in morte, acquisto) che ne altera la struttura bibliografica.

Nell'affrontare la ricostruzione della biblioteca privata di un 'sovrano' sui generis come

papa Pio 9., ho sempre tenuto nella dovuta considerazione che nelle età precontemporanee chi impersonava il vertice dello Stato distingueva la propria 'intima' biblioteca, di uso personale, da quella promossa e coltivata come immagine di sé verso i cittadini di quello Stato.

Molto spesso ho riflettuto sulle metodologie d'analisi che, intellettualmente e materialmente, si devono affrontare al fine di compiere la ricostruzione storica di una biblioteca, ricostruzione ed individuazione dei rapporti di carattere bibliografico che esistono tra gli elementi costitutivi della raccolta stessa, in quanto il loro processo evolutivo e formativo non risulta essere un percorso lineare ma piuttosto un processo discontinuo che introduce alle molteplici problematiche della storia della circolazione libraria e dell'ordinamento bibliotecario: «una collezione libraria privata, sia che si tratti di una raccolta personale o familiare, abbraccia diversi ambiti dalla storia del libro al commercio librario, dalla storia della lettura all'uso dei libri, dalla storia delle idee all'elaborazione della personalità e del profilo intellettuale del proprietario»3. La peculiarità massima però dello studio di tali realtà librarie risulta essere, nel loro stesso pre-requisito esistenziale, la possibilità che esse offrono di ricostruire o costruire il

profilo intellettuale del possessore e ancor più, come scrive Serrai4, di attuare un rapporto bibliografia-biblioteche migliore rispetto alle biblioteche pubbliche. È l'omogeneità5 di tali raccolte private - intesa come riflesso del contesto storico e culturale in cui si è evoluta e realizzata e non come linearità disciplinare o tipologica della collezione - a permettere uno studio congetturale sulla personalità del collezionista o bibliofilo poiché la composizione del fondo rispecchia chiaramente il suo percorso formativo. Lo studio di biblioteche private consente anche di compiere indagini sulla valutazione bibliografica o sui contenuti della raccolta al fine di verificarne il grado di copertura, anche di una certa area culturale, e la completezza6. Altrettanto vero è, come afferma Franca Arduini in 'Quel che conta è l'autore', che la biblioteca, anche se privata, una volta che ha concluso la sua fase di formazione «diviene un organismo con vita e sviluppo suoi proprii. Una espressione significativa di autonoma vitalità della biblioteca, una volta che essa è uscita dalla tutela del suo proprietario, è la rigorosa conservazione dell'intero patrimonio7».



Nel caso specifico della mia ricerca, la personalità coincide totalmente con l'istituzione e, come afferma Caproni, una biblioteca, sia statale che specchio della personalità che l'ha formata, è sempre un'entità istituzionale8; inoltre, poiché tale biblioteca privata è nucleo iniziale e predominante, a tutt'oggi, della biblioteca istituzionale «Beato Pio 9.» della Pontificia Università Lateranense e poiché il 'formatore' è il papa dell'Unità di Italia, risulta doppiamente rilevante l'importanza politico-culturale e socio-culturale che tale raccolta libraria e documentaria ha per la storia vaticana ed italiana. Infatti il significato bibliografico assunto dalle biblioteche private nella storia dell'istituto depositario è dato dalla ricostruzione delle raccolte private identificabili attraverso inventari, indici o cataloghi9; ciò risponde esattamente al caso della biblioteca 'Piana' alla quale sono attribuibili i tratti caratteristici della storia istituzionale10 non solo della Biblioteca «Beato Pio 9.» ma dell'istituzione universitaria lateranense stessa11.

Pio 9. è istituzione e contemporaneamente individuo privato; la libreria privata diviene

quindi entità attiva e partecipativa alla storia generale della biblioteca mantenendo in sè quelle caratteristiche individuali che vanno comunque a fondersi complementariamente con quelle della biblioteca istituzionale. Siamo di fronte ad uno di quei casi di studio in cui alla «storia delle biblioteche [] è lecito attribuire i tratti della storia istituzionale, in quanto fondata sul concetto e sulla realtà dell'istituzione»12. La ricostruzione storica della biblioteca è essenzialmente determinata dalla capacità bibliografica di affrontare, ricomponendolo, il complesso e tortuoso percorso della conoscenza o, come afferma Caproni, dalla capacità di proporre 'un tassello per la costruzione di sentieri intellettivi' con il fine ultimo di allestirli e tramandarli e, aggiunge Caproni, 'salvando il lettore dallo statuto delle casualità espressive naturali'13; è inoltre determinata dalla possibilità di ricostruire i legami bibliografici esistenti tra gli elementi della raccolta, non riconducibili spesso ad un percorso lineare ma, come già affermato, ad un processo discontinuo.

Partendo quindi da questo imprescindibile postulato secondo cui la bibliografia è la disciplina che si occupa di ordinare, determinatamente, il sapere contenuto nei singoli testi - esemplari -ricostruendone la loro identità ed il loro essere, semiotico e semantico al tempo stesso, e contemporaneamente creando relazioni secondo un continuum filologico della percezione culturale, sociologica e soprattutto intellettuale che è all'origine del processo di realizzazione della raccolta libraria, della biblioteca quindi (e ciò sempre nell'ottica che nulla è statico e tutto può modificarsi), si deve necessariamente far riferimento al concetto di stratificazione e alle procedure di destratificazione libraria14. Infatti, essendo la biblioteca configurata «come raccolta- deposito della memoria [] può essere indagata con metodologie concettualmente piuttosto vicine all'indagine stratigrafica attuata nello scavo archeologico».15 E' questo stesso concetto di 'archeologia' e 'scavo archeologico' associato a quello di biblioteca

come insieme bibliografico «i cui vari elementi, documentari e culturali, si integrano e si necessitano a vicenda»16 che mi ha stimolato riflessioni che accostano il significato di 'ricostruzione' bibliografica e di una biblioteca, nel caso specifico privata, a quello dell'indagine filologica, ossia al percorso metodologico, tecnico, applicato e congetturale, proprio della filologia, scienza che ha come fine, attraverso deduzioni ricavate da testi scritti, la ricostruzione di un testo letterario nella sua forma il più vicina possibile all'originale, cercando, contemporaneamente, di comprendere un fenomeno storico, letterario, artistico a cui è attribuibile l'opera stessa.

«È noto come una biblioteca raccolta da una sola persona - o anche, in misura più sfumata, costituita dai membri di una famiglia - rappresenti l'immagine fedele degli interessi del raccoglitore, ne testimoni, attraverso le sedimentazioni librarie, l'evoluzione dei gusti e dei bisogni culturali; spesso le vicende legate alla storia di una biblioteca privata sono strettamente connesse a quelle personali del suo creatore, e divengono elementi rivelatori delle modalità di acquisizione, degli interessi e curiosità scientifiche, delle relazioni erudite che hanno portato, nel tempo, a dare alla raccolta una particolare configurazione»17. Nello specifico ciò che avvicina ancor più la bibliografia (dando per scontato che quella testuale è la cosa più simile alla filologia per principi e scopi) alla filologia è una specificità metodologica di quest'ultima: la filologia d'autore, la quale può essere rapportata in linea di principio allo studio storico- bibliografico delle biblioteche private o, come alcuni preferiscono definirle, d'autore.



«Mentre abitualmente nell'edizione critica il filologo, attraverso il metodo dell'errore, cerca di ristabilire il testo di un'opera, con la filologia d'autore si abbandona l'idea di errore, e si lavora su tutti i materiali che riguardano l'opera stessa»18 così come nella ricostruzione ideale o ideologica di una biblioteca privata in tutte le sue forme e manifestazioni si lavora su tutti quei materiali - i libri ed i cataloghi - che attraverso le relazioni fra gli elementi che li costituiscono contengono informazioni sull'opera - biblioteca.

Se si considera nell'ottica filologica il concetto di testimone come strumento per arrivare alla conoscenza dell'opera tramandata così come originariamente concepita dall'autore, si può allo stesso modo considerare l'esemplare di una biblioteca, e nello specifico caso di una biblioteca privata, come strumento per conoscere la biblioteca

stessa così come concepita originariamente (con il termine 'originariamente' non si vogliono escludere le innumerevoli fasi che precedono e seguono l'iniziale ideazione e costruzione della biblioteca, invero si vuole considerare il percorso dinamico che lega, in un rapporto di causa ed effetto, l'evoluzione della biblioteca e della mente del suo ideatore). La ricostruzione della tradizione testuale, in questa ottica, risulterà quindi esattamente speculare alla ricostruzione della tradizione bibliografica e storico- biblioteconomica di una biblioteca. È necessario per tanto svolgere una vera e propria recensio, una ricerca sistematica di tutti gli esemplari che costituiscono la biblioteca19,

attraverso la quale sarà possibile realizzare un vero e proprio stemma codicum in cui ω,

l'archetipo (copia alla quale risale tutta la tradizione e a partire dalla quale si contano le diramazioni dello stemma), non coinciderà con il testo il più rispondente possibile alla stesura originale dell'autore, ma bensì con l'organizzazione il più vicino possibile, il più rispondente possibile, della biblioteca, della raccolta libraria a quella voluta e ideata dall'individuo, dall'ente o dall'istituzione.

Esaminando le fasi metodologiche della filologia e rapportando esse stesse ad un uso bibliografico e biblioteconomico, modificando i termini presenti nel più che noto ed accreditato manuale di Reynolds e Wilson, Copisti e filologi, si possono riproporre in chiave filologico-bibliografica le fasi di studio e ricerca di un percorso storico- biblioteconomico atto alla ricostruzione di una raccolta libraria, privata o meno, partendo dal concetto filologico di base, la recensio, ossia quella pratica che consente di

ricostruire dalla testimonianza visibile degli esemplari conservati la più antica struttura

recuperabile della biblioteca. E' necessario quindi definire le relazioni reciproche degli esemplari esistenti e usare le relazioni accertate degli esemplari (idealmente espresse nella forma di uno stemma codicum o albero di famiglia) per ricostruire la biblioteca. Quando la biblioteca è stata restituita, attraverso l'analisi degli esemplari, nello stato più vicino all'originale, comincia il secondo importante momento del processo critico: la biblioteca va esaminata per stabilirne l''autenticità' (examinatio) e, in caso contrario, emendata (emendatio)20, cercando di sanare quegli errori ed eliminando dal fondo o dalla biblioteca in esame gli esemplari che non sono da considerarsi parte costituente di quella determinata raccolta libraria.

Prendendo, poi, in esame un altro fondamento dell'analisi filologica, le varianti, solitamente considerate come diverse lezioni riscontrate nei vari codici di una tradizione testuale e considerandole come modificazioni non sostanziali di un esemplare



rispetto ad un altro, possiamo sicuramente accostare a queste, i segni di provenienza d'esemplare presenti, in numero più o meno cospicuo, nel libro (timbri, ex-libris, stemmi, etichette, postille, prove di penna, legature, ecc.). Dunque anch'essi sono ulteriori elementi che in un percorso e processo di ricostruzione storico- biblioteconomica ci forniscono, sincronicamente ad uno studio analitico del catalogo (che, quando conservato, attraverso la sua identificazione, consente la ricostruzione delle raccolte private dando così un significato bibliografico alle biblioteche private nella storia dell'istituto depositario21 ) e dei lemmi in esso registrati, quei vincoli, relazioni e liaison al fine di ricomporre e riordinare l'archetipo di quella data raccolta.

«La ricostruzione ideale di una raccolta, quando essa non coincida più con un fondo

unitario conservato nella biblioteca, può avvenire anche attraverso la registrazione e la ricomposizione logica delle singole testimonianze presenti nel corpo del libro; tali dati per la loro posizione sono però particolarmente soggetti a processi distruttivi che possono essere traumatici (asportazioni) o semplicemente causati dalla accumulazione (logoramento da attrito). In questo caso, i cataloghi antichi sono gli unici documenti su cui può essere ipotizzata, confermata o provata l'attribuzione di un elemento all'insieme di cui faceva parte»22

Il catalogo, allora, appare come il detentore di testimoni diversi di una stessa opera, di una stessa biblioteca; è lo strumento che ci consente, attraverso il suo esame ed il suo studio, una ricomposizione più o meno ideale, archetipica, della biblioteca secondo la sua primigenia ed originale composizione. Il significato bibliografico assunto dalle biblioteche private nella storia dell'istituto depositario è dato dalla ricostruzione stessa delle raccolte private identificabili attraverso inventari, indici o cataloghi23; ciò risponde esattamente al caso della biblioteca Piana.

L'aspetto comparativo fra le due discipline - filologia e bibliografia - diviene poi particolare se si considera, una volta avvenuta la ricostruzione storica della biblioteca privata, la collazione più che necessaria dei lemmi presenti nel catalogo al fine di riportarli in vita e nella loro forma originaria, secondo una vera e propria edizione critica, e nella forma rispondente agli standard bibliografici descrittivi così da consentire all'utenza un facile e rapido reperimento dell'informazione bibliografica. Come afferma Leonardi «la bibliografia e la storia delle biblioteche non devono più essere considerate come le sole ancelle al servizio ed alla utilità della filologia, ma bensì come esse stesse delle vere e proprie metodologie che attuando operazioni assai simili ma definite con terminologie differenti hanno in sè obiettivi assai simili: la definizione

della tradizione di un testo, nell'un caso come contenuto, nell'uno come contenitore»24.



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