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La dodecafonia




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INTRODUZIONE

Per il mio percorso personale ho voluto dedicarmi a quella che è la mia grande passione: la musica. Più nello specifico mi sono interessato alla dodecafonia e a cercare di capire il PERCHÈ oggi questa musica viene solamente accennata nella programmazione delle grandi stagioni sinfoniche e perché non è particolarmente amata dal pubblico. La conclusione a cui sono giunto tramite debite ricerche è che il nostro giudizio su una qualsiasi partitura ascoltata non dipende solo da fattori puramente estetici, ma anche da fattori fisici e biologici.


LA DODECAFONIA

Purtroppo la grande musica del '900 è poco conosciuta, pertanto ritengo opportuno spiegare cosa sia la dodecafonia senza limitarmi a semplici e banali definizioni, ma avvalendomi di un'incontro con essa.

Il punto di partenza di tutta la musica fino ad oggi composta è l'armonia.

Tralasciando complesse e lunghe discussioni inerenti l'armonia, per quel che interessa al fine della mia trattazione, è bene sapere che da sempre la composizione di una qualsiasi partitura impone che tra le note che la costituiscono si instaurino determinate relazioni facendo sì che alcuni suoni prevalgano su altri, in una sorta di ordine gerarchico.

Determinanti in un brano ad esempio sono la tonica (la nota che dà il nome alla tonalità del pezzo stesso), il terzo grado ed il quinto grado (rispettivamente la terza e la quinta nota dopo la tonica). Supponiamo ad esempio che il brano sia in do maggiore (= tonica); il terzo grado è mi ed il quinto è sol.

Il complesso di regole armoniche che si sono stratificate nel corso del tempo hanno portato ad elaborare risultati di questo tipo:


Mozart, sonata 330 in do maggiore [1773]

con relativo ascolto dei due righi riportati 

come possiamo notare in questi due semplici righi, il grande genio di Mozart ci consente di cogliere le leggi dell'armonia; guardate come si susseguono infatti con frequenza le note poco fa elencate, soprattutto nel basso.

do mi sol = accordo di Do maggiore



La dodecafonia rifiuta tutto questo, rifiuta queste regole compositive per adottarne una sola: la composizione deve evolversi sia in senso orizzontale (melodia) che in senso verticale (armonia) evitando che un suono sia ripetuto prima che gli altri 11 non siano suonati. Su la prima successione, che prede il nome di serie, prende corpo tutto il pezzo tramite debite variazioni. Il risultato che si ha è questo





Schönberg, walzer op.25 [1923]

con relativo ascolto dei due righi riportati

Come potete notare i numeri che ho utilizzato per riconoscere con semplicità le note non si ripetono prima che siano stati usati fino a 12.

Il risultato che si ottiene è, esteticamente parlando, poco gradevole. Inutile dire che la dodecafonia destò numerose critiche quando fece la sua comparsa. Sebbene già dalla fine dell'800 venivano sempre più usate le dissonanze (si pensi a Wagner), i fruitori di musica non erano pronti ad un cambiamento così radicale, addirittura la critica salutò la dodecafonia come pagine nate da un patto con il Diavolo. Tanto più che nel periodo della seconda guerra mondiale essa venne proibita sia da Hitler (la definiva un'arte corrotta, ricordiamo poi che Schönberg era ebreo) che da Stalin nei loro regimi autoritari. Fu solo a partire dagli anni '50 che si ebbe il boom della musica dodecafonica.

Resosi conto della fragilità della sua creatura, tanto da affermare


"La musica dodecafonica può resistere ad una critica così poco come la fede stessa e come qualsiasi altra credenza" [Arnold Schönberg]


Schönberg ritenne opportuno trovare una giustificazione che legittimasse il suo lavoro. Di qui egli affermò che la musica non è una produzione umana, ma che essa esiste a prescindere dal fatto che vi sia un essere umano capace di suonarla o ascoltarla. Secondo il compositore esiste infatti un mondo metafisico, fatto soprattutto di concetti matematici, in cui tutti i fattori in esso implicati emettono dei suoni. Questi suoni hanno fra loro determinate relazioni che vanno oltre il senso estetico dell'uomo, dando luogo quindi ad un'armonia incondizionata e libera.

La capacità (ed il coraggio) del compositore sta nel ricevere dal Supremo Comandante (Dio) questa musica, evitare di applicarvi i canoni della tradizione, e riportarla agli altri nel mondo reale. Schönberg era infatti solito affermare:


"Io sono solo il megafono di quest'idea"


Il compositore così assume quasi il ruolo di un vate, che riporta agli altri quello che solo a lui viene rivelato, e quale migliore protezione offrire alla dodecafonia se non definirla come qualcosa di preesistemnte e legittimata da Dio?


"Ciò che viene denigrato ci viene dettato, non potete accusare noi delle responsabilità dell'Altro"

[Anton Webern]


Tale teoria trova il suo antecedente nella teoria dell'Armonia Celeste dei Pitagorici.


ARMONIA CELESTE DEI PITAGORICI [greco]

Innanzitutto è bene ricordare che i Pitagorici, corrente filosofica sviluppatasi nella seconda metà del VI secolo a.C., furono i primi a dedicarsi in maniera razionale al problema cosmologico. Se oggi si parla di cosmo lo dobbiamo a Pitagora, il primo che usò questo termine per indicare l'ordine e l'eleganza dell'universo, contrapposto al disordine ed alla casualità cosmo = armonia universale.

I Pitagorici inoltre furono i primi a sostenere che i pianeti avessero una forma sferica e ad ipotizzare un sistema eliocentrico, anche se al centro dell'universo non vi è il Sole ma l'Hestia, il fuoco centrale che fa brillare lo stesso Helios di luce riflessa.

L'ordine dell'universo è dato da relazioni matematiche che danno forma al creato, accompagnate da armonie musicali in qualche modo ad esse corrispondenti. La ricerca di queste corrispondenze tra musica ed astronomia è stata oggetto di indagine filosofica da Pitagora fino a Keplero e forse anche allo stesso Newton.

A tal proposito Pitagora elaborò la teoria dell'armonia delle sfere celesti, successivamente arricchita dai suoi discepoli e dallo stesso Platone.


Il sistema dei Pitagorici, o Italici secondo la definizione aristotelica, è riassumibile nella descrizione di Filolao (V secolo a.C., contemporaneo di Socrate, fu il pitagorico che mise per iscritto le concezioni della scuola, fino ad allora considerate segrete).

Ogni pianeta ruota in senso antiorario attorno al fuoco centrale, situato al centro dell'universo. Lo stesso vale per la Terra, la Luna ed il Sole. Le stelle fisse si trovano tutte su un'unica sfera, la più esterna e la più pura. La Terra gira tenendo sempre il lato da noi abitato rivolto in direzione opposta al fuoco centrale, ed è per questo motivo che esso si nega alla nostra vista. L'Antiterra è introdotta per dare un'ulteriore giustificazione del fatto che dalla Terra non è mai possibile vedere il fuoco centrale (va notato che nel sistema Pitagorico la Terra si muove per la prima volta nella storia dell'astronomia). La Terra gira molto più velocemente del Sole e della Luna, ed è per questo che una volta al giorno li sorpassa con l'effetto visivo di una loro nascita a Est ed un tramonto a Ovest. All'obiezione che con un simile modello le dimensioni del Sole e della Luna dovrebbero variare di molto durante il giorno (grandi quando sono allo Zenit e piccoli all'alba e al tramonto) i Pitagorici rispondono prendendo per l'orbita terrestre un diametro assai piccolo rispetto alle distanze Terra-Sole e Terra-Luna (che starebbero tra loro nel rapporto di 9:1).

A questo punto Filolao fa un improvviso balzo nella speculazione più astratta. Affermando che "tutte le cose avvengono per necessità ed armonia", sostiene che, come sassi che sfrecciano attraverso l'aria, i corpi celesti emettono un suono, ciascuno il proprio, secondo le prescrizioni dell'armonia classica. Il moto circolare implica armonia: l'universo produce un canto soave basato sul moto ritmicamente ed armonicamente coordinato dei sette corpi celesti dove il suono sarebbe prodotto per effetto dell'attrito contro il mezzo nel quale navigano, aria, fuoco o etere. Il suono avrebbe un'altezza proporzionata alla velocità del corpo, la quale a sua volta crescerebbe direttamente con la sua distanza dal fuoco centrale. E, ciò che più conta, i rapporti fra le altezze dei suoni sarebbero sempre tali da sortire accordi musicali ed armoniosi.

Perché allora nessuno sente questi suoni? Per assuefazione, avendoli uditi fin dalla nascita. Pitagora era il solo che riusciva a distinguerli dagli altri suoni: Aristotele obietterà che corpi così grandi farebbero un rumore così assordante da romperci i timpani.

Ma in che modo gli intervalli della scala musicale corrispondono ai singoli raggi delle sfere planetarie? Qui la mente può lasciarsi andare alle più libere fantasie, visto che i dati astronomici del tempo erano alquanto vaghi (ma anche dopo che Aristarco di Samo, matematico ed astronomo greco che visse fra il 310 ed il 230 a.C., avrà misurato la distanza Terra-Luna e Terra-Sole, si continuerà a parlare di queste faccende in maniera del tutto avulsa dalle conoscenze scientifiche). Varie furono le ipotesi avanzate dai Pitagorici, tanto varie quanto palesemente fantasiose, ma la bellezza che suscita questa teoria fa perdonare stravaganze secondo cui tra la Terra ed il Sole vi siano Venere e Mercurio, ipotesi opposta a ciò che empiricamente si vedeva osservando il cielo.

Il successo della teoria pitagorica è testimoniato dalla sua ripresa nei secoli successivi, in cui si cercò di capire quale fosse la vera relazione tra l'universo e la musica. Sta di fatto che la grande verità lasciata dai Pitagorici è che i suoni esistono fra loro in rapporti matematici. La teoria delle Sfere Celesti venne condivisa da moltissimi intellettuali, fra i quali troviamo anche Dante.




SFERE CELESTI E MUSICA NELLA DIVINA COMMEDIA [italiano]

E' ben noto che Dante fosse un aristotelico, ma per quanto riguarda la teorie delle Sfere Celesti era un Platonico in quanto, come il filosofo idealista, amava la visione pitagorica. Presumibilmente Dante conobbe tale teoria attraverso il Somnium Scipionis di Cicerone. In mezzo alla perfezione della sua opera non poteva mancare un seppur fugace riferimento alla teoria pitagorica:


"Così fui sanza lagrime e sospiri



anzi 'l cantar di quei che notan sempre

dietro a le note de li etterni giri"

[Purgatorio, XXX 91-93]





Così rimasi senza poter piangere e sospirare / prima che cantassero gli angeli [quei] che intonano il canto sempre / accordandosi alle armonie [dietro a le note] dei cieli che girano in eterno

"Quando la rota che tu sempiterni

desiderato, a sé mi fece atteso

con l'armonia che temperi e discerni,

parvemi tanto allor del cielo acceso

de la fiamma del sol, che pioggia o fiume

lago non fece alcun tanto disteso."

[Paradiso, I 76-81]


Quando i cieli [la rota] che tu fai girare in eterno / perché essi desiderano ricongiungersi a te [desiderato] / attrassero la mia attenzione / con l'armonia che tu regoli e distingui, / mi parve allora una così grande parte del cielo illuminata / dalla luce del sole, che né pioggia né fiume / formarono mai un lago così vasto



"Diverse voci fanno dolci note;

così diversi scanni in nostra vita

rendon dolce armonia tra queste rote."

[Paradiso, VI 124-126]





Diverse voci producono dolce armonia; / così diversi gradi di beatitudine nella vita celeste / producono una dolce armonia in questi cieli


Il legame che vi è fra Dante e la musica è fortissimo. Nelle due opere dottrinali (Convivio e De vulgari Eloquentia) la musica veniva presa in considerazione nella misura in cui la poesia ne deriva dei principi strutturali ed estetici. Nella Divina Commedia invece è l'espressione immediata del principio universale dell'amore e manifestazione autentica dell'uomo.

Paradiso: espressione di amore perfetto

Purgatorio: espressione di amore imperfetto ma tendente alla perfezione che aspetta nel paradiso

Inferno: rappresenta la negazione estrema dell'amore (caratterizzata non a caso da dissonanza)

Arnaldo Bonaventura (Livorno 1862 - Firenze 1952), fu un violinista e letterato italiano che si occupò di approfondire come si manifesta la musica nella poesia. In questi suoi studi si interessò anche della Divina Commedia. A mio avviso, per quanto suggestiva possa essere, è fuori luogo l'associazione che il Bonaventura fa tra l'opera dantesca ed una sinfonia. Desta stupore l'associazione che viene fatta pensando alle tre cantiche come ai tre movimenti di una sinfonia, al primo canto come ad un preludio in cui vengono esposti i motivi centrali e che le tre cantiche finiscono tutte con il termine "stelle", quasi come una tonica. Non dimentichiamoci però che la Sinfonia inizia a prendere corpo solamente in un momento successivo a Dante e che quindi il grande poeta fiorentino non può essersi ispirato a qualcosa che ai suoi tempi era ancora priva di una forma concreta.

Più realistica è l'analisi che viene condotta sull'importanza che progressivamente viene attribuita alla musica. Essa infatti nel purgatorio ha la funzione di alleviare le sofferenze e l'attesa delle anime purganti e prelude alla perfetta armonia di cui potranno godere nella beatitudine celeste. Sembra quasi che la presenza della musica sia proprio ciò che più distingue le regioni del purgatorio da quelle dell'inferno


Ahi quanto son diverse quelle foci

da l'infernali! Ché quivi per canti

s'entra, e là giù per lamenti feroci.

[Purgatorio, XII


La musica del Purgatorio inoltre è più comprensibile ed umana, al contrario di quella celestiale del paradiso, difficilmente comprensibile e spiegabile dall'umano ingegno.

La difficoltà del canto stesso del poeta è progressivamente crescente, basti pensare:

Inferno: Dante invoca l'aiuto delle Muse, figlie di Giove ed Armonia, per trattare della materia della prima cantica

Purgatorio: Dante invoca Calliope (in Greco 'colei che ha bella voce'), musa della grande poesia epica e del bel cantare

Paradiso: Dante invoca Apollo, colui che sconfisse Marsia, il dio per eccellenza dell'arte e della musica


Sappiamo che elemento determinante nella Divina Commedia è la luce, concreta e più alta manifestazione di Dio. Tuttavia in alcuni passi è possibile notare come la musica sovrasti addirittura la luce. Ad esempio quando Dante sale al cielo del Sole con Beatrice, egli osserva alcune anime più fulgenti del Sole medesimo. Se questi fulgori vincevano quello del Sole, ben si può immaginare quale dovesse essere la loro lucentezza, eppure il poeta assegna alla potenza della musica un luogo superiore a quello della potenza della luce.


"Più dolci in voce che in vista lucenti" [Paradiso X


Inoltre a volte il poeta si avvale di parole che contengono un'idea di suono per indicare un'idea di luce e viceversa (le anime vengono descritte come luci e voci allo stesso tempo).


"Sol tace" [Inferno I 60]






CONSONANZA E DISSONANZA [fisica e biologia]
Già prima avevamo fatto presente che lo scarso successo della musica dodecafonica non era dovuto a caratteri esclusivamente estetici, infatti nel gusto musicale non incorrono solo fattori quali l'emotività, l'assuefazione e la propria natura, quanto anche le caratteristiche fisiche ed oggettive dell'onda sonora e l'elaborazione fatta dal nostro cervello. Ciò implica il fatto che l'aspetto fisico del suono si intreccia più volte con quello psicologico, dando luogo a fattori importantissimi quali ad esempio la nascita della psicoacustica, la scienza che si occupa di verificare la risposta che il nostro encefalo e, più in generale, il nostro corpo ha innanzi alla musica.


Il suono è un particolare tipo di onda elastica. Tralasciando l'aspetto più tipicamente tecnico, ai fini della mia trattazione la cosa importante da notare è che essa ha un andamento sinusoidale.


Ogni singolo suono può essere rappresentato su un grafico in relazione alle sue specifiche caratteristiche. Otterremo così dei grafici di onde semplici che possiamo paragonare tra loro. In passato è stato ipotizzato che quando un suono complesso viene percepito dal nostro orecchio le nostre cellule nervose tendono a scomporlo nelle sue componenti più semplici. Oggi in realtà si è dimostrato che il nostro cervello tende a ricevere le informazioni sonore complessivamente, e ciò è riscontrabile anche nella capacità  soggettiva di saper distinguere i singoli suoni durante l'ascolto di un brano (il cosiddetto orecchio assoluto).












Infatti prendendo due grafici sinusoidali di due note distinte e sovrapponendoli fra loro, si può notare che se hanno innanzitutto dei periodi che sono fra loro in un rapporto matematico esprimibile con numeri piccoli interi (fattore già evidenziato dai pitagorici), la risultante di quei due suoni sarà un suono complessivamente piacevole.


Come si può notare dalle figure sovrastanti nell'intervallo do-sol sono numerosi i punti X0 in cui entrambi i grafici intercettano l'asse delle X (nel caso specifico tutti i multipli di 3). Il rapporto tra i due suoni infatti è di 3:2, di conseguenza se suonati insieme daranno un suono complessivo molto piacevole, di qui infatti la denominazione della quinta come accordo perfetto. Al contrario l'intervallo do-si si trova in un rapporto 15:8, di conseguenza risulterà assai sgradevole poiché non vi sono punti X0 frequenti.

Effettuando questa analisi per i vari intervalli si ottiene:


















La sensazione di piacere che noi abbiamo nell'ascoltare un complesso di suoni emessi in un tempo relativamente breve è dovuta alle caratteristiche fisiche del suono, primo fra tutti la regolarità. I neuroni uditivi periferici cercano infatti di codificare simmetrie temporali nella struttura del messaggio acustico, tali regolarità semplificano i meccanismi di elaborazione del cervello e, quanto più sono fitte, tanto più il piacere della consonanza sarà intenso. Inoltre la semplicità del messaggio acustico favorisce non solo la nostra sensazione di piacere, quanto anche l'attenzione e la memoria.

Nel grafico è rappresentato l'andamento nel tempo dell'intensità sonora percepita ai fini della generazione degli impulsi neurali. Come si può notare l'intervallo do-sol ha un andamento molto regolare che consente la formazione di un impulso facilmente interpretabile. Al contrario il semitono do-do per la sua scarsa regolarità ci dà un forte senso di dissonanza.

Questo è proprio il punto di partenza che ci consente di dar luogo a particolari impieghi della musica, primo fra tutti la musicoterapia: gli effetti della musica sul nostro organismo sono così forti che possono essere utilizzati per curare. Non tutti sanno poi che lo stato di piacere che proviamo quando ascoltiamo un brano a noi particolarmente vicino è dovuto al fatto che esso stimola particolarmente quelle regioni dell'encefalo che subentrano nel momento dell'orgasmo sessuale o di altre circostanze di piacere quali, ad esempio, la degustazione di un buon cibo.















L'EUROPA DELLA FINE DEGLI ANNI VENTI [storia]

Se da un lato si continua ad additare la dodecafonia come un prodotto mal riuscito, occorre in realtà considerare il periodo storico in cui essa è nata. La dodecafonia è infatti la risultante di un particolarissimo momento storico che vede l'Europa stravolta in tutti i settori dalla prima guerra mondiale e pronta a fare il passo nel baratro del secondo conflitto. Questo è un momento di crisi che si riflette anche sulla musica e, come è ben noto, le grandi sperimentazioni in ambito artistico avvengono proprio nei momenti in cui si ha una radicale rottura con la storia passata. Rottura che in questo caso ha implicato in musica la radicale rottura con l'armonia classica.


Il primo conflitto mondiale era costato ben dieci milioni di morti ai quali se ne aggiunsero, tra il 1918 ed il 1919, altri sei dovuti all'epidemia detta "Spagnola". La guerra non portò solo un mutamento nel quadro politico e territoriale europeo, ma lasciò anche una grande instabilità economica, sociale, morale ed un radicale cambiamento della cultura e del costume.


L'economia europea versava in condizioni drammatiche:

Era ormai stravolto il sistema dei rapporti economici mondiali: l'Europa era stata soppiantata da USA e Giappone.

Anche nei paesi economicamente più forti, come Inghilterra e Francia, vi fu il ristagno del commercio e dell'industria. Inoltre vi era il problema delle riparazioni tedesche: i 132 miliardi di marchi-oro richiesti alla Germania dopo la sconfitta, se da un lato aiutavano la Francia nella ricostruzione, sottraevano all'Inghilterra un potenziale ed importante mercato tedesco.

Il ristagno produttivo, le spese di guerra, i debiti con i paresi amici ed il debito pubblico portarono ad un'inflazione galoppante.

La ricostruzione impose un rigido protezionismo che, unito a tutti gli altri fattori, portò ad una terribile crisi economica tra il 1920 ed il 1921. Conseguenze ancor più disastrose spettarono all'Europa in seguito alla grande depressione economica mondiale che ebbe inizio a New York il 24 ottobre 1929 (crollo della borsa di Wall Street).


Nuovo assetto della società:

Si modificarono le tradizionali gerarchie sociali. Il fatto più rivelante fu il "declassamento" della piccola borghesia e dei ceti medi che si trovarono stretti fra capitalisti e proletariato.

Mobilitazione politica di massa. Essa avvenne già prima della guerra mediante l'organizzazione di partiti e sindacati che ora videro aumentare in maniera smisurata gli iscritti: la partecipazione di 65 milioni di uomini alla guerra aveva maturato un profondo senso di coscienza civile. Significativa fu anche la ripresa del movimento femminista: le donne, che avevano sostituito gli uomini in importanti mansioni della vita civile, volevano la parità dei diritti civili e politici.

Vi fu la formazione di associazioni combattentistiche, legata al gravissimo problema di milioni di reduci che erano andati ad ingrossare le file dei disoccupati, uomini accaniti nel difendere il loro passato di guerra ed ostili ai governi che li avevano delusi (ricordiamo che il fascismo inizialmente fu un movimento combattentistico).




La crisi dei sistemi parlamentari:

Il "biennio rosso" e le rivoluzioni in Germania, Austria ed Ungheria: sotto l'influsso degli eventi di Russia, il biennio 1919-1920 vide un'ondata di agitazioni in tutta Europa, e la formazione di Consigli operai sul modello Soviet.

Gli anni Venti videro il costituirsi di regimi autoritari in vari paesi come in Ungheria, Polonia, Stati baltici, Spagna e Portogallo. In Italia ed in Germania si imposero Fascismo e nazismo.


Mentalità, costume e cultura nel dopoguerra

Sul piano della vita quotidiana e del costume si verificò un profondo mutamento, determinato dai progressi tecnici indotti dalla guerra: si pensi ad esempio alla sviluppo dell'industria automobilistica, aeronautica, chimica. Profondamente modificata fu anche la mentalità: l'emancipazione delle donne contribuì al tramonto della famiglia tradizionale, si dava molta importanza ai divertimenti (il cinema, il ballo) e, nonostante l'impoverimento generale, centrale era l'industria culturale (aumentò la tiratura dei quotidiani).

Sul piano strettamente culturale si imposero nuove concezioni dell'arte che rompevano violentemente con il passato: Kafka, Joyce, Brecht, Pirandello, Schönberg.

Vi fu poi lo sviluppo del movimento "dada", a cui aderirono letterati e pittori, e che espresse la dissacrazione delle forme e dei significati tradizionali: "Dada non significa nulla -osservava il poeta rumeno Tristan Tzara, uno degli esponenti del movimento- dada è un prodotto della bocca". In effetti le avanguardie, mentre conducevano la loro azione di polemica culturale contro la tradizione, coinvolgevano nella loro azione eversiva la stessa società, intesa come conformismo, e anche come "figura" dell'ingiustizia sociale e politica.









CONCLUSIONI


La dodecafonia è da considerarsi come un frutto decisivo del suo tempo, denso di significati e caratterizzato dalla radicalità con cui taglia bruscamente quanto elaborato nell'ambito musicale nel corso dei secoli. Essa si trovò innanzi un pubblico impreparato nel recepire un simile prodotto, e molto presumibilmente un pubblico troppo conformista ed abitudinario per poter apprezzare qualcosa di veramente nuovo. Purtroppo al relativo consolidamento che ha avuto la dodecafonia non ha fatto fronte un crescente numero di fruitori. Questa è una mancanza che in senso più generale coinvolge tutta la musica del novecento; oltre alle programmazioni dei concerti basta infatti sfogliare i programmi ministeriali dei conservatori per vedere che in realtà di musica contemporanea c'è poco e niente. I contemporanei di Mozart e Beethoven che studiavano musica diventavano professionisti eseguendo brani di Mozart e Beethoven, loro contemporanei. Oggi non si dà più molta importanza a questo aspetto. Come ci possiamo aspettare dunque che una musica di una tale complessità come quella dodecafonica possa entrare nel cuore della gente se già agli allievi, a coloro che avranno in futuro un'istruzione musicale che in realtà erroneamente viene definita "completa", non viene fatta apprezzare e soprattutto comprendere? Dove comprendere non vuol dire solo abilità nell'esecuzione, quanto anche capire quale sia il vero significato del brano, cosa c'è dietro a quell'effettiva complessità formale. Questi sono i fattori che poi il vero musicista dovrà essere in grado di utilizzare per comunicare il messaggio che a lui è stato insegnato, per condensare il tutto nella sua esecuzione, fugace ma profonda e fortemente sentita tanto dall'uditorio quanto dall'esecutore stesso. Ed è proprio questo che io pongo come obiettivo nel mio studio da pianista: diventare un tutt'uno con il pianoforte e gli ascoltatori, in modo da offrire non solo bellezza e piacere, quanto tutto ciò che costituisce la musica, al di là del suono.





























BIBLIOGRAFIA


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Teoria della composizione dodecafonica, J. Rufer, Milano, Mondadori, 1962

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L' antica sapienza italica : cronistoria di un mito, P. Casini, Bologna, Il mulino, 1998

Il messaggio di Pitagora : il pitagorismo nel tempo, V. Capparelli, Roma, Ed. mediterranee, 1990

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Dante e la musica, A. Bonaventura, Sala Bolognese, A. Forni, 1978

Dante e la musica : dimensione, contenuto e finalità del messaggio musicale nella Divina commedia, C. E. Schurr, Perugia, Università degli Studi, Centro di Studi Musicali in Umbria, 1994

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Musica e psiche, A. Romano, Torino, Bollati Boringhieri, 1999

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Profili storici vol. 3, A. Giardina, G. Sabbatucci, V. Vidotto, Roma-Bari, Laterza, 2004

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