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Doveri organizzativi fondamentali per la realizzazione




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Doveri organizzativi fondamentali per la realizzazione


Ora, alla luce di questi ammaestramenti si può cercare di connettere tali doveri con la morale delle forme organizzative per vedere come accoglierli ed esprimerli. In modo abbastanza lineare si può affermare che, come un individuo ha doveri nei suoi stessi confronti, i quali si esplicano principalmente nel lavoro, altrettanto egli vivendo una vita di relazione con altri uomini, ha poi doveri nei confronti del prossimo con cui inevitabilmente deve rapportarsi. Si capisce che ciò è amplificato ove l'individuo svolga la propria attività in sistemi organizzati, quale è per esempio l'impresa, in quanto esistono doveri legati al sistema nella sua integrità, al compimento di esso e dei suoi fini ultimi, alle tipologie di rapporti che esso instaura coi terzi, in particolare con gli utenti e da ultimo, al prossimo più diretto con cui esso interagisce.



Si passa ora in rassegna quali possono e dovrebbero essere in azienda i doveri degli imprenditori e dei dirigenti, che come si è cercato di far notare hanno ora una caratterizzazione e una motivazione diversa rispetto a quella proposta da Goodpaster.

Il principio - base del ragionamento che si segue è il medesimo di quello di Canziani ossia che "più in alto si è, più doveri si hanno". Da ciò si evince non solo il principio dell'uguaglianza dei doveri, ma anche quello dei "Super - doveri che più in alto si hanno, uniti alla prova di umiltà che deriva dal sottomettersi proprio alle norme che si potrebbero empiricamente violare".[47]

Per esprimersi in modo più evocativo si potrebbe scrivere che << La vera divozione consiste principalmente nell'osservare con esattezza i divini precetti, e nel ben adempiere gli obblighi del proprio stato >>[48].

Per spiegare ora in modo più completo come possono articolarsi i doveri aziendali, in particolare del management, si riprendono alcuni passi  emblematici ed esemplari, ben applicabili per analogia diretta a chiunque abbia poteri di governo o di comando, organizzativo come gestionale da "Il principe perfetto", il trattato del '600 spagnolo del padre Andrea Mendo della Compagnia di Gesù.

<< - la corona l'obbliga a gran cure, e pensieri : la sua vita è come quella di un tessitore ; gli affari lo vogliono vigilante, perché non governa per riposare, ma riposa per governare (XIII e XIV) ;

- dev'essere lo specchio del suo regno, nel quale i suoi sudditi formino i loro costumi : il popolo ricopia le azioni, conformemente all'idea di chi lo governa (VIII e IX) ;

- eseguisca egli stesso ciò che comanda, e riscuoterà da tutti obbedienza (LVII) ;

- si dee mostrare eguale con tutti : veda i meriti, non le persone ; non tolleri gente oziosa il principe, perché dall'ozio si generano tutti i delitti (XXIII e XXVI) ;

- si faccia superiore con costanza alla fortuna, che si vince con arte e non con forza ; eviti le guerre non giuste e non necessarie, per non  incorrere le calamità che portano seco (LIII, XLIV) ;

- ha bisogno di zelanti e fedeli ministri, che debbono essere i suoi occhi, i suoi orecchi e le sue mani ; premi il principe i buoni ministri, e tutti procureranno a gara di esserlo ; allontani da sé i ministri vani e superbi, che dovrebbero consumarsi per gli altri ma vogliono risplendere col dissanguarli ; visiti le provincie del suo regno, perché la sua presenza anima i suoi sudditi (LVII, LXXIII, LXXIV, LVIII) ;          

- non permetta gli adulatori, perché la voce dell'adulazione lega e incanta l'animo ; dia grato ascolto al suddito, che si consolò nell'essere sentito, e mentre ascolta la parte interessata serbi un orecchio anche per l'altra (LXIII, LXI, LXII) >>[49].

Da questi brani si evince facilmente una buona analogia con quanto suggerito fin qui tanto che no si considera necessario soffermarsi ancora a spiegare oltre. Si prosegue pertanto enucleando meglio non tanto i doveri quanto piuttosto le diverse categorie, precedentemente proposte, e l'appartenenza alle stesse dei tipici doveri manageriali.

La prima categoria proposta si riferisce ai doveri nei confronti di sé stessi in quanto operatori economici : l'imprenditore non dovrebbe svolgere attività economica << solamente per il gusto di primeggiare nell'impresa, nel mercato, nell'economia, ma come realizzazione del Sé "nell'etica del
lavoro" : perfezionamento spirituale, compimento della proprie qualità, ricerca del bonum materiale et spirituale accentuato - nell'occasione - dalla virtù  redistributiva generale e particolare delle proprie doti e dei propri doni, universalizzazione del bene che può promanare dalle proprie realizzazioni >>
.

Occorre fare molta attenzione, in quanto incombe il rischio, in un ambito così insidioso, di passare dalla realizzazione all'esaltazione della propria personalità, dalla realizzazione in quanto creatura alla esaltazione della vanità. In questo senso si orienta il riconoscimento del giusto ruolo di fine, o "fine - mezzo" (usando un'espressione di maggior efficacia individuata da Vittorio Coda) al prodotto, al prezzo, al servizio, alla nuova occupazione, ai bisogni soddisfatti, al reddito, fattori questi che viceversa, "vengono non di rado percepiti quali mezzi rispetto ai fini di autorealizzazione e talora di dominio".



La seconda categoria è quella dei doveri nei confronti dell'impresa che si governa, si guida, o nel cui ambito si riveste un ruolo manageriale. Tale categoria è forse quella più conosciuta e "rispettata" in quanto riferendosi all'impresa "è chiaro che di essa vanno tutelate e promosse la continuata vita economica, la adeguata configurazione organizzativa, cooperante e oblativa. Si tratta quindi - di dar vita ad ampie e lungimiranti analisi ambientali e strategiche, per consentire il continuato successo economico anche in condizioni mutevoli o avverse, - di prescegliere strategie che non risultino eccessivamente aleatorie o rischiose, o basate su interpretazioni ambientali di comodo più che dall'oggettività delle analisi ;".

Si tratta infine di operare eticamente in modo coerente, ossia indipendentemente dai risultati concreti di breve periodo conseguenti, seguendo i principi che "culminano con la vera morale cattolica, per quanto riguarda il personale orientando, correggendo, premiando, (amando caritatevolmente N.d.A.) o sopportando in fiduciosa attesa temporale e se del caso punendo. Il tutto in una logica di informazione, di coordinamento, di più o meno accentuate gerarchia e partecipazione, e comunque trattando gli individui direttamente, appunto come persone, quale dovere aziendale, organizzativo, e prima ancora morale sempre ricordando il potere traslativo dei comportamenti e degli esempi dell'imprenditore, dei dirigenti, dei superiori, dei processi organizzativi." (enfasi aggiunta).

Rimane ora da illustrare solamente la terza categoria di doveri ossia quella inerente ai doveri nei confronti dei terzi, fra i quali possiamo annoverare velocemente i clienti, i concorrenti, i dipendenti, i finanziatori, l'amministrazione tributaria ma, non meno di questi anche l'ambiente. Nell'illustrare tale categoria di doveri si può fare affidamento sugli insegnamenti provenienti da alcune scuole economico - aziendali italiane degli anni 1950 - 1960 quali per esempio quella di Masini, Onida e Zerbi i quali proposero di valutare "tutti i portatori di interessi istituzionali in via sistematica" [51].

Si possono comunque richiamare dei doveri appartenenti a tale categoria, per lo meno al fine di non essere completamente lacunosi. Si tratta dunque di tutelare l'ambiente utilizzandolo in modo equilibrato, rispettoso e conservativo ma anche, se del caso proponendo degli interventi di riqualificazione e recupero ; di trattare col rispetto dovuto ad ogni persona i clienti, avvincendoli all'impresa con onestà informativa e di comportamento ; la nota forse più dolente è quella inerente i rapporti con l'amministrazione finanziaria, la quale va concepita come organo redistributivo del plus che l'attività, le doti, il successo aziendale realizzano, e che viene pertanto equitativamente redistribuito (o dovrebbe venire
redistribuito), come pure si suppone venga similmente ripartito il consumo e l'utilizzo di alcuni fattori produttivi appartenenti a tutti, quali le risorse idriche ma anche, perché no, - senza voler estremizzare - pure l'ossigeno atmosferico mai apprezzato degnamente nonostante la sua essenzialità per qualsiasi combustione e produzione d'energia. In sostanza, alla luce anche delle ultime novità in tema di inquinamento ambientale emerse nel corso delle riunioni mondiali, dalle quali è scaturita la proposta che ciascun paese possa consumare solo l'ossigeno che riesce a ottenere dalle foreste in questo esistenti o che riesce a comperare dai paesi che ne dispongono in abbondanza, non sembra fuori luogo considerare l'amministrazione finanziaria anche come un ente che tuteli anche tale risorsa necessaria principalmente per la vita e la salute collettiva. Si potrebbe vedere il pagamento dei tributi, in modo neanche molto forzato, come il corrispettivo di una concessione per l'utilizzo maggiorato, rispetto alle comuni esigenze, di quei beni che sono patrimonio collettivo e che è interesse comune difendere.




Espressioni di  A. Canziani già citato prima.

Padre Liborio Siniscalchi della Compagnia di Gesù, Quaresimale, Venezia, Lorenzo Baseggio, 1744, pp. 169-176.

Vedasi nota 51.

Canziani, vedasi nota 57.

Espressione riassuntiva di Canziani ; cfr. nota 57.

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