Appunti per Scuola e Università
humanisticheUmanistiche
Appunti e tesine di tutte le materie per gli studenti delle scuole medie riguardanti le materie umanistiche: dall'italiano alla storia riguardanti le materie umanistiche: dall'italiano alla storia 
sceintificheScientifiche
Appunti, analisi, compresione per le scuole medie suddivisi per materie scientifiche, per ognuna troverai appunti, dispense, esercitazioni, tesi e riassunti in download.
tecnicheTecniche
Gli appunti, le tesine e riassunti di tecnica amministrativa, ingegneria tecnico, costruzione. Tutti gli appunti di AppuntiMania.com gratis!
Appunti
universita
AmministratoriArcheologiaCommoditiesContabilitaDiritto
Finanza bancheGeologiaGestioneIdrologiaMarketing
MedicinaMeteorologiaMusicaRicercheScienze politiche
SilvicolturaTurismo


AppuntiMania.com » Universita » Appunti di Diritto » Origini del sistema di giustizia amministrativa

Origini del sistema di giustizia amministrativa




Visite: 1098Gradito:apreciate 4-stela [ Grande appunti ]
Leggi anche appunti:

Trattati


TRATTATI -E' proibito stipulare trattati contrari alla Costituzione(art.11

L'evoluzione dell'istituzione carceraria


L'EVOLUZIONE DELL'ISTITUZIONE CARCERARIA   Prima di iniziare a parlare

La dichiarazione


LA DICHIARAZIONE   L'applicazione delle principali imposte del vigente
immagine di categoria

Scarica gratis Origini del sistema di giustizia amministrativa

ORIGINI DEL SISTEMA DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA


Iniziamo oggi a parlare di un tema di giustizia, ossia "origini del sistema di giustizia amministrativa, mentre in seguito tratteremo il discorso relativo al criterio di riparto delle giurisdizioni. L'argomento di oggi vuole rappresentare un exursus storico sulle ragioni sulle quali si basa il sistema di giustizia amministrativa, e, mi piace ricordare, per vertire di questo istituto, di questo problema, una lezione del prof. Follieri che trattava di giustizia amministrativa in quel determinato anno accademico, e parlando appunto delle origini storiche della giustizia amministrativa, ha iniziato il suo corso di studi descrivendo una norma della Costituzione, cioè l'art. 111.

L'art. 111 al 1° comma stabilisce: " la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge". 2° comma :" ogni processo ( senza definire di quale tipo), si svolge nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale, e sempre il 2° comma stabilisce: ne assicura la ragionevole durata. Cosa si evince dalla lettura di questi due primi comma?

Un primo concetto di carattere generale che il processo giusto, e quindi non solo quello amministrativo ma anche quello penale e civile giusto, è regolato dalla legge. Ma cosa si intende per giusto? Perché giusto è una concezione prettamente soggettiva , essa infatti per ognuno di noi può avere un valore diverso, è un parametro soggettivo, non ha un contenuto preciso, specifico, attraverso il quale possiamo circoscrivere l' aggettivo "giusto". In questo caso però, ci aiuta il 2° comma, perché vediamo che questo, descrivendo quali devono essere le caratteristiche di ciascun processo è come se desse un contenuto all' aggettivo giusto, e quindi per la Costituzione il processo giusto è quello che consta di 3 requisiti: il primo è quello che assicura un contraddittorio tra le parti in condizioni di parità ( il 1° requisito che serve a circoscrivere , a dare un contenuto all' aggettivo giusto, che non potrebbe avere un riferimento univoco, è appunto il fatto il processo per essere giusto deve avere un contraddittorio paritario cioè , deve dare la stessa importanza alle parti processuali , nessuna delle due deve stare in posizione di supremazia, ma entrambe devono stare sullo stesso piano, devono avere gli stessi strumenti, gli stessi mezzi di prova, nessuna delle due deve essere considerata maggiormente rispetto all' altra, questo è il contraddittorio paritario. L'altra, la seconda caratteristica del giusto processo e' che questo contraddittorio si svolge davanti ad un terzo soggetto che deve garantire una funzione di imparzialità, cioè una funzione giurisdizionale imparziale, quindi il giudice deve essere terzo ed imparziale. La terza caratteristica che da un contenuto all'aggettivo giusto è il fatto che il processo deve avere una ragionevole durata.Quindi da questa lettura dell'art. 111 Cost. possiamo dire che tutti i processi e anche quelli non amministrativi devono rispettare questi tre requisiti, perché solo così può addivenirsi ad un processo, e queste caratteristiche le ha indubbiamente il processo amministrativo che vede nella fase processuale il privato ricorrente che lamenta la lesione della propria sfera giuridica soggettiva nei confronti della P.A., e impugna questo atto dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale, e questo processo per essere giusto deve permettere una condizione di contraddittorio paritario tra le parti private e dinanzi ad un giudice terzo, e questo processo deve essere di breve durata.

Vediamo però adesso queste caratteristiche nello specifico, e soprattutto come si è formato il sistema di giustizia amministrativa, e come nel corso degli anni questi tre elementi sono mutati perché non è stato sempre così, non è che dalle sue origini piuttosto recenti per quanto riguarda il processo amministrativo che rispetto agli altri processi è di breve origine, infatti, rispetto al processo civile e a quello penale esso nasce solo nel 1889.

Quindi vediamo bene, nel corso del tempo, da quando è nato fino ad oggi se il processo amministrativo ha avuto queste tre caratteristiche sempre ben presenti oppure vi è stata un' evoluzione in tal senso sino ad arrivare ad un processo che possiamo definire giusto secondo i parametri desunti dalla Carta Costituzionale. Soprattutto il problema che dobbiamo considerare, l'aggettivo, il requisito, la caratteristica che dobbiamo verificare se è stata sempre così è quella relativa all'organo giurisdizionale, cioè mal giudice amministrativo, se è stato sempre nel tempo terzo ed imparziale così come impone la Costituzione, oppure quando è nato il giudice amministrativo non aveva queste guarantigie di terzietà ed imparzialità, perché soltanto facendo vedere come il processo amministrativo si è evoluto sino ai giorni nostri possiamo capire le vere origini della giustizia amministrativa.

La giustizia amministrativa, infatti, vive un'epoca relativamente breve, cioè si può risalire all'origine del giudice amministrativo avente funzione giurisdizionale solo nel 1889, e la prima legge di riferimento è la legge del 1865 che ha creato "il giudice unico", ma prima di parlare delle origini del sistema di giustizia amministrativa occorre capire qual è la caratteristica. È quella che, la legge 2248 del 1865 è una legge emanata all'indomani dell'unificazione del regno d'Italia, tuttora valida e vigente, che trova piena applicazione. E, cosa è successo dal 1865 ad oggi? Nel corso degli anni ci sono state un susseguirsi di leggi che si sono affastellate, l'una rispetto all'altra, e nessuna ha abrogato quella precedente, ma ciascuna ha aggiunto qualcosa di nuovo al precedente che è rimasto immutato, e quindi, ecco perché è necessario ripercorrere questa evoluzione normativa e legislativa in questo arco di tempo relativamente breve, perché tutto quello che avevamo nel 1865 lo abbiamo tuttora con variamenti che hanno modificato piccoli istituti, ma mai abrogato le leggi precedenti.

Per questo è importante conoscere tutte le leggi che si sono succedute l'una rispetto all'altra, perché le leggi amministrative nel nostro ordinamento si sono susseguite lasciando sempre immutate parzialmente, ma mai abrogandole del tutto , ecco perché è importante ripercorrere l'exursus normativo dell' evoluzione della giustizia amministrativa. La caratteristica che emerge per il processo amministrativo è quella che vede la P. A, da un lato il privato e dall'altro il ricorrente di fronte ad giudice che dovrebbe essere terzo ed imparziale. Il privato lamenta la lesione della propria sfera giuridica soggettiva a causa di un atto amministrativo, dinanzi al giudice, ma ci si chiede come fa il privato che è stato leso a causa di un altro concorrente privato, e che può ottenere tutela satisfattiva immediata dall'ordinamento. La risposta è che lo tutela, come si dice in maniera mediata, cioè attraverso l'atto amministrativo, perché al fine di tutelare la propria sfera giuridica soggettiva, egli fa rilevare l'illegittimità dell'esercizio di potere della P. A. quindi noi potremmo studiare il processo amministrativo secondo due angolazioni: 1°) il processo amministrativo come insieme dei rimedi posti a tutela del privato, per la salvaguardia della propria sfera giuridica sogg., come dice il Sandulli, quindi il processo amm. Potrebbe essere considerato come l' insieme degli strumenti che ha il privato nei confronti dell' esercizio della P . A. questa è la prima angolazione, una concezione prettamente soggettiva. Oppure, possiamo studiarlo secondo la seconda angolazione, che è una concezione oggettiva che vede il processo amministrativo come un insieme di mezzi, di poteri attribuiti sì al privato, ma attraverso i quali può essere sindacato l' esercizio del potere amministrativo, questa è la concezione che si fa risalire al Guicciardi secondo la quale si studia il processo come un insieme di mezzi e poteri attraverso i quali può verificarsi se la P. A si sia comportata in modo conforme alla legge nel rispetto delle regole comunali e sostanziali che presiedono l' esercizio del potere amministrativo.

Quindi, da' una concezione oggettiva, cioè come mezzo di tutela del privato di difendere la propria sfera giuridica soggettiva, e questo è importante se studiamo il processo posto a tutela del privato, o attraverso il quale può sindacarsi l'esercizio del potere amministrativo, e questo è un diverso tipo di atteggiarsi del processo amm. fermo restando che le parti, P. A. e privato, devono essere poste sullo stesso piano, e devono essere, come dice la Costituzione, giudicate da un giudice terzo ed imparziale. Ma è stato sempre così il giudice amministrativo, un giudice terzo ed imparziale? Poniamoci questa domanda, e chiediamoci quando è nato il processo amministrativo, quando ha origine il sistema di giustizia amministrativa. Sappiamo bene che è possibile collocare la data di nascita del diritto amministrativo nel lontano 1814, anno in cui fu pubblicato il manuale del giurista Giandomenico Romagnosi, intitolato "Principi di diritto amministrativo onde tesserne le istituzioni", e questa è per noi una data certa.

Invece, per quanto riguarda la giustizia amministrativa, bisogna aspettare qualche anno più tardi, all'indomani dell'unificazione del Regno d'Italia, avvenuta nel 1861, c'è stata una famosa legge che è composta di un solo articolo con la quale si approvano tutti gli allegati di questo articolo, noti come le grandi leggi di unificazione dello Stato. Questa è la legge n° 2248 del 1865, quindi nel neonato Regno d'Italia viene approvata questa legge composta di un solo articolo con il quale vengono approvati sei allegati tutti contraddistinti dalle lettere dell'alfabeto, quindi allegato A, B, C, D, E e F :

l'allegato A riguarda la legge comunale e provinciale;

l'allegato B la legge sulla pubblica sicurezza;

l'allegato C riguarda la legge sull'attività pubblica;

l'allegato D la legge sul Consiglio di Stato;

l'allegato E riguarda la legge sul contenzioso amministrativo;

l'allegato F riguarda la legge sui lavori pubblici.

Quindi, l'allegato che ci interessa da vicino per la nascita del sistema di giustizia amministrativa è l'allegato E, che è la legge sul contenzioso amministrativo o meglio noto come "legge abolitiva del contenzioso amministrativo". Dal titolo di questa legge possiamo capire cosa succede: fino al 1865 c'erano dei tribunali, meglio definibili come pseudo tribunali, che risolvevano le controversie di contenzioso amministrativo, che potevano a quel tempo ricorrere tra P. A. e privato, tribunali che però di quelle garanzie di terzietà e imparzialità non avevano proprio nulla, perché i soggetti che componevano quei tribunali erano dei cosiddetti "prodi viri", funzionari della Corona, incardinati nella stessa P. A, che prima dell'avvento dello Stato di diritto aiutavano il monarca nell'assunzione delle sue determinazioni, poiché quando vigeva il Monarca, lui assommava in sé tutti i poteri dello Stato: legislativo, esecutivo, e giudiziario, era lui che faceva e disfaceva tutto, era arbitro assoluto delle sue decisioni, del suo agire e manifestarsi nei confronti dei sudditi e non doveva sottostare ad alcunché, essendo lui arbitro assoluto dei suoi compiti e funzioni.

Non c'era ancora alcuna giuridicizzazione del potere, assogettazione del potere alla legge, vigeva ancora la cosiddetta libertà del monarca il quale sceglieva da sé i fini da perseguire e i mezzi attraverso i quali perseguire questi fini, facendo rispettare i suoi ordini.

Con il passaggio allo Stato di diritto invece, quando si attua la tripartizione dei poteri e viene stabilito che anche il potere esecutivo deve sottostare alla legge, e vediamo che quei tribunali che a quei tempi rappresentavano gli organi che dividevano le questioni , la P. A per intenderci, tra corona e privati, erano tribunali che non erano ancora ....(22.39) perché erano organi composti da soggetti facenti parte della stessa parte processuale, cioè la P. A, quindi non garantivano alcunché non solo di terzietà ma anche di imparzialità, poiché questi due termini non sono sinonimi, infatti si può essere imparziali e non terzi, si pensi per esempio ad giudice che giudica sulla propria madre: sicuramente no è terzo, ma non è detto che non sia imparziale. E, cosa vuol dire "terzietà"?

Vuol dire un distacco, una diversità del punto di vista istituzionale rispetto alle parti processuali.

Questa estraneità del punto di vista istituzionale che deve garantire il giudice, a cui deve aggiungersi anche la caratteristica dell' essere imparziale, nel giudicare senza favoritismi l' una e l' altra parte giudiziale. Mentre a quel tempo, quei tribunali sicuramente non erano giudici terzi, perché erano organi della P. A., che era una delle due parti in conflitto e per questo non solo non poteva essere terzo, perché non aveva la caratteristica di terzietà, di estraneità , ma inoltre non giudicavano con quelle garantigie di imparzialità.

Dunque, nel 1865 con l'approvazione di questa legge, e in particolare con il suo allegato E , nota come la legge abolitiva del contenzioso amministrativo, vengono aboliti quei tribunali che di tribunale non avevano nulla, e questo concetto è descritto nel 1° art. della legge 20 marzo n° 2248, allegato E. sono cinque gli articoli di questa legge tuttora vigenti, che non sono stati abrogati dalle leggi attuali, ed è proprio questo il bello della nostra giustizia amministrativa: una serie di leggi emanate nel corso del tempo e rimaste quasi del tutto attuali anche nei loro valori, con i dovuti accorgimenti , ma tuttora applicate.

Leggiamo il primo art. che sicuramente non vale oggi ma che è stata molto rilevante poiché dice al primo art. "vengono aboliti i tribunali, attualmente investiti della giurisdizione di contenzioso amministrativo tanto in materia civile quanto in materia penale, perché non danno garanzie di imparzialità e terzietà, e le controversie ad essi attribuite dalle diverse leggi in vigore, cioè le controversie di contenzioso amministrativo sia in materia civile che penale, saranno devolute d' ora in poi alla giurisdizione ordinaria o all' autorità amministrativa secondo le norme dichiarate dalla presente legge". Perciò è importantissimo il primo art., dato che con un battito d' ali dice che vengono aboliti questi tribunali di contenzioso  e viene creato immediatamente un unico giudice, quale quello ordinario, competente per quanto riguarda le controversie amministrative, sia in materia civile che penale, e a questo si affianca l' autorità amministrativa, ciò perché possiamo considerare questa come la legge che istituisce la giurisdizione unica del giudice amministrativo, infatti grazie ad essa non troviamo più una pluralità di giudici , un doppio giudice come lo abbiamo ora, bensì un giudice unico accanto al quale viene considerata anche l' autorità amministrativa, che però non ha funzione giurisdizionale.

Questo primo art. è importante per questo motivo, quindi per il giudice ordinario si dovrebbe garantire questa volta una funzione di terzietà e di imparzialità rispetto alle parti processuali. Ma cosa può fare il giudice ordinario? Lo dice il 2° comma. " sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le contravvenzioni e le materie nelle quali sia fatta questione di diritto civile o politico", e fin qua possiamo dire che questo art. non ci dice nulla di nuovo, ma se lo collochiamo nel lontano 1865 dove si dice che il giudice ordinario ,e quindi il giudice penale è competente per le contravvenzioni, e il giudice civile per tutte le materie nelle quali si faceva questione di un diritto civile o politico, e su questo non c'è nessun problema, infatti anche adesso è così, ma si aggiunge : che vi possa essere interessata la P. A , e ancorché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell' autorità amministrativa. Quindi, dice questa legge nell' art. 2 (attenzione!): i tribunali di contenzioso amministrativo che erano competenti su tutte le controversie che riguardavano i rapporti tra la P. A e non solo, erano competenti su tutto, anche su controversie in cui si discuteva sulla lesione di un diritto soggettivo, civile o politico, ma ancorché fosse interessata la P. A., essendo un contenzioso amministrativo. Ma qual' è la differenza tra prima, cioè nel 1865 ed ora?

La differenza è che prima i tribunali erano competenti per tutte le controversie anche laddove il rapporto processuale era tra privato e P. A, cioè tra una situazione giuridica che non poteva essere a quel tempo di diritto soggettivo, perché di fronte ad un potere della P. A non ci può essere in egual misura un altro che è quello privato, però quei tribunali di contenzioso amministrativo erano competenti per quel tipo di controversie, invece nel 1865 viene stabilito: giudice ordinario competente per le controversie in cui si faceva lesione solo di un diritto soggettivo civile o politico, quindi era competente questo giudice terzo e imparziale in quei rapporti processuali in cui da un lato avevano un privato ma dall'altro avevano un altro privato cioè un rapporto che intercorreva tra due soggetti paritari, in cui uno dei due lamentava la lesione del proprio diritto soggettivo da parte di un altro soggetto posto sullo stesso piano, e dice ancora l'art. 2 ancorchè vi possa essere interessata la P. A., cioè anche se uno dei due contraenti per difendere la propria situazione di diritto soggettivo invocava a difesa delle proprie ragioni un atto amministrativo, oppure l'altro per difendere la propria situazione che veniva lamentata dall'altro a sua volta evocava un altro atto amministrativo, quindi anche se in questo rapporto centrava la P. A. ma in via incidentale e non principale in questa situazione era competente il giudice ordinario. Per cui l'oggetto principale del giudizio che era portato dinanzi al giudice ordinario rimaneva comunque la lesione di una situazione giuridica di diritto soggettivo, cioè ad opera di due soggetti privati e questo giudice era competente a dirimere questa controversia anche se vi rientrava la P. A. con un proprio atto amministrativo. Lui era competente e per risolvere la controversia doveva comunque conoscere l'atto amministrativo perché non poteva dare ragione a Tizio che lamentava una lesione del suo diritto soggettivo ad opera di Caio invocando un atto amministrativo a sostegno delle sue ragioni senza che il giudice ordinario potesse conoscere gli effetti dell'atto amministrativo invocato a sostegno di una delle due parti. Ripetendo: il giudice ordinario era competente a conoscere la lesione della situazione giuridica di diritto soggettivo, ma indubbiamente c'erano altre situazioni che non erano di diritto soggettivo, c'erano quelle situazioni che degradavano ad altre situazioni che si scontravano con il potere. e, di fronte ad un potere della P. A. che esplica i suoi effetti autoritativi e imperativi, la situazione che sta dall'altra parte del rapporto non può essere assolutamente di diritto, si affievolisce, muta, cambia e si trasforma in altra situazione che in questa legge, in questo articolo non viene ancora minimamente indicato, ma lo è nel 3° articolo che stabilisce: " gli affari non compresi nell'articolo precedente (come li chiama "affari", vedete il legislatore del 1865, ci vorrà ancora molto tempo affinché questo affare diventi " interesse legittimo" quindi tutto ciò che non è diritto soggettivo, cioè diritto civile o politico, tutto ciò che non è contravvenzione dal punto di vista penale) saranno attribuite alle autorità amministrative". Dunque, c'è una devoluzione della controversia in cui si discute sulla lesione di una situazione che non è di diritto soggettivo, ma è altro, altro che non è ancora definito giuridicamente, viene soltanto indicato come mero " affare " e questi affari vengono conosciuti dalle autorità amministrative, le quali ammesse le osservazioni delle parti interessate, provvederanno con decreti motivati presa parte dei consigli amministrativi. Quindi, queste controversie nelle quali si discute sulla lesione di altre situazioni che non siano di diritto soggettivo vengono giudicate, vengono attribuite alla stessa P. A. , cioè dalla stessa parte processuale, parte del rapporto controverso, dunque non abbiamo l'istituzione di giudice, ma rimane il giudice unico, quello ordinario competente a giudicare le lesioni di diritto civile o politico e invece l'autorità amministrativa che comunque continua a dirimere le controversie fra P. A. e soggetto privato, quando l'oggetto del contendere è la lesione di una situazione che non è più di diritto, che è lesa da un atto autoritativo, imperativo della P. A. . per cui questa legge del 1865 istituisce la giurisdizione unica che dirime una controversia tra due soggetti privati, anche se in questa vi rientra la P. A..

Ma come può il giudice ordinario, cioè il giudice del diritto soggettivo che è competente a conoscere la lesione inflitta alla sfera giuridica soggettiva da un altro soggetto privato, e quindi il giudice che conosce la pretesa sostanziale fatta valere in giudizio e come fa il giudice a sindacare l'atto amministrativo invocato da una delle due parti a sostegno delle proprie ragioni, poiché per sua formamentis, per sua origine, formazione, per suo bagaglio culturale che guarda direttamente la pretesa sostanziale dell'attore rispetto alle ragioni del convenuto, come fa a conoscere degli effetti di un atto amministrativo che invece esplica i suoi effetti in maniera diversa, perché lo fa in maniera esecutiva, esecutoria, cioè tutte caratteristiche che derivano da questo potere della P. A. che ha queste caratteristiche perché è un potere che deve realizzare per curare gli interessi pubblici. Come fa il giudice ordinario a conoscere invece questo diverso mondo che è l'atto amministrativo con caratteristiche speciali che non troviamo nel rapporto tra due soggetti privati, e può il giudice ordinario, che fa parte del potere giudiziario mettere il becco nell'ambito del potere esecutivo? Può egli ingerirsi nel potere esecutivo quando in virtù del principio della ripartizione dei poteri ciascuno di essi è indipendente dall'altro?

Vediamo cosa dice il legislatore, se ha assecondato e seguito questa strada. Lo dice nell'art. 4 che stabilisce in maniera precisa: " quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell'autorità amministrativa (questo è l'aspetto più pregnante di questa legge, che ci fa toccare con mano come il giudice ordinario può conoscere l'atto amministrativo, poteva e può farlo, ovvio che c'è questa ripartizione di poteri per cui il potere giudiziario non può sindacare il potere esecutivo) i tribunali (che a quel tempo erano soltanto giudici ordinari) si limiteranno a conoscere degli effetti dell'atto stesso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio ". Il giudice ordinario, quando una delle due parti processuali private, Tizio e Caio, invochi un atto amministrativo a sostegno della propria ragione, che cosa può fare ai fini della soluzione della controversia? Può limitarsi come dice il legislatore a conoscere solo degli effetti dell'atto. Cosa vuol dire questo spiegandolo in due parole? Leggiamo il 2° comma: " l'atto amministrativo non potrà essere revocato o modificato se non sopra ricorso alle competenze delle autorità amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei tribunali per quanto riguarda il caso deciso ". Ora leggiamo il quinto articolo che dice: "in questo, come in ogni altro caso, le autorità giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi e i regolamenti generali e locali in quanto siano conformi alla legge ". E, cosa succedeva nella mente del legislatore coma anche ora?

C'è una controversia tra due soggetti privati in cui si controverte sulla lesione di un diritto soggettivo, si va dinanzi ad un giudice ordinario e uno dei due contraenti invoca a sostegno della propria situazione giuridica fatta valere in giudizio, un atto amministrativo e dice: io rivendico per la lesione da parte di Caio, un risarcimento dei danni che mi ha procurato, e a sostegno di questa mia pretesa invoco un provvedimento amministrativo che mi dà ragione, per esempio, e a questo punto il giudice ordinario per poter dire quale delle due parti ha ragione deve conoscere l'atto amministrativo.

Ma, il giudice ordinario che è appunto il giudice di diritto soggettivo, non ha il potere di sindacare l' atto della P. A. perché quando c'è l' estrinsecazione degli effetti da parte di un atto della P. A. sicuramente la situazione giuridica soggettiva del destinatario di questo non rimane di diritto soggettivo, ma si affievolisce, degrada, si trasforma in altra situazione che suole chiamarsi " interesse legittimo", e la tutela di questa situazione giuridica soggettiva spetta ad un altro giudice ad hoc, cioè il giudice amministrativo. Il giudice ordinario invece non ha la capacità di conoscere direttamente l'atto amministrativo, ma lo può conoscere solo "incidenter tantum", ossia in via incidentale quando questi effetti non servono per conoscere l' oggetto principale del giudizio, che non è la lesione dell' interesse legittimo ma la lesione del diritto soggettivo, e questi effetti sono invocati da una delle due parti processuali seppure non entrino nell' oggetto principale dedotto in giudizio. L'oggetto principale dedotto in giudizio è la violazione della situazione giuridica soggettiva di un altro soggetto privato, quindi questi aspetti vengono conosciuti in via eventuale, incidentale, in via appunto diversa e non diretta come invece potrà fare solo il giudice amministrativo, (quando sarà istituito) cioè come lo poteva conoscere a quel tempo l' autorità amministrativa che era abilitata a conoscere degli affari. Essa conosceva direttamente degli effetti dell' atto, e questo non poteva farlo anche il giudice ordinario perché altrimenti non avrebbe sindacato sulla posizione di diritto ma su quella di affare, e di fronte ad un atto che lui conosce solo incidenter tantum perché viene invocato dalle parti, come può verificarne la sua conformità o meno? Quale potere gli è riconosciuto, posto che c' è questa divisione dei poteri imposta dalla nota tripartizione risalente a Montesquieu? Sicuramente, dice la legge tuttora valida, non potrà revocarlo e modificarlo, cioè non potrà utilizzare quegli strumenti che varranno attribuiti solo al giudice che conosce direttamente gli effetti dell'atto, che ha un potere diverso perché o giudica sulla legittimità, o solo in alcuni casi previsti dalla legge può addirittura sostituirsi alla P. A.(si pensi al giudice amministrativo con poteri di merito).

Perciò il giudice ordinario che non ha una conoscenza diretta non potrà ingerirsi nel potere esecutivo, quindi non potrà revocare o modificare la decisione, perché questo vuol dire fare ciò che dovrebbe fare la P. A. spettante al potere esecutivo, e questo sicuramente gli viene dato dalla legge. Lo potrà modificare così, la stessa autorità amministrativa , infatti lo dice la legge 241 del 1990 modificata dalla legge n° 15 del 2005 con cui è stato previsto l' istituto della revoca , cioè dell' annullamento d' ufficio, per cui la P. A . attraverso un procedimento di riesame, di secondo grado, si accorge di un suo precedente errore, oppure valuta diversamente l' interesse pubblico originario, o ancora, per lo "ius penitendi", e per una diversa valutazione dell' interesse pubblico per una serie di altre ragioni, revoca un suo precedente atto. Tutto questo può farlo solo la P. A. attraverso il suo potere di autotutela , oppure dice il legislatore: " l'atto amministrativo non potrà essere revocato o modificato se non sopra ricorso alla competenza dell' autorità amministrativa , e inoltre lo potranno fare sempre e comunque oggi le stesse PP. AA. che potranno revocare, annullare, riformare un proprio atto in seguito ad una sentenza del giudice per conformarsi alla pattuizione contenuta nella sentenza. Anche oggi è così , basti pensare ad una sentenza del giudice amministrativo che impone un qualcosa alla P. A. dando ragione al ricorrente privato e, dice la legge: "la P. A. ha l' obbligo di conformarsi al giudicato del giudice amministrativo", la P. A. deve rispettare quanto stabilito dalla sentenza che impone di annullare un proprio atto, e se rimane inadempiente succede che il ricorrente che ha vinto con questa sentenza per lui satisfattiva, si rivolge al giudice di ottemperanza che a sua volta nomina un commissario ad acta che blocca l' amministrazione stessa. Per questo è importante l' origine della giustizia amministrativa, quindi questo articolo tuttora valido e vigente, dice che il giudice ordinario non potrà mai revocare un atto, di cui potrà conoscere solo gli effetti incidenter tantum, e non potrà far nulla di quei poteri che invece sono attribuiti alla P. A. ,e poi dopo un po' di anni al giudice, e spetta ad essa non solo in virtù del suo potere di auto-tutela ma anche come obbligo scaturente dalla statuizione contenuta nella sentenza, anche perché se non si adegua a questo obbligo si instaura un giudice di ottemperanza che di fronte ad una sua successiva ed eventuale inadempienza fa sì che la sua azione sia fatta propria dal commissario ad acta , cioè un organo del giudice con funzioni amministrative che agisce al posto della P.A. , e allora il giudice ordinario di fronte ad un atto amministrativo invocato che non rientra nell' oggetto principale del giudizio a lui sotteso, ma solo in via incidentale da una delle due particole sua difesa processuale, come dice il terzo articolo: " verifica la conformità alla legge ".così se questo atto è per il giudice ordinario conforme alla legge lo applicherà al caso di specie, al caso sottoposto al suo esame, se invece non lo considera conforme e quindi ne effettua un accertamento di illegittimità , come conferma la sentenza n° 500, allora lo disapplica , finge che non ci sia mai stato, lo considera " tamquam non esset" , dunque non ha il potere di annullare perché questo potere spetterà ad un altro giudice, o meglio spettava e spetta alla P. A., sicuramente non ha quindi il potere di revoca o riforma, ma può limitarsi a conoscerlo, ad applicarlo alla fattispecie processuale a lui sottoposta e se lo applica dà ragione a quella parte che lo ha invocato a sostegno delle proprie ragioni , ciò vuol dire che lo riconosce valido in quella fattispecie e quindi, chi lo ha invocato sarà la parte vittoriosa di quella controversia, se invece , lo considera non conforme alla legge e ne accerta l' illegittimità allora il giudice ordinario si limiterà a disapplicarlo, non considerandolo per quella fattispecie , però non ha il potere di annullarlo , quindi ciò vuol dire che quell' atto per quella determinata fattispecie processuale non esplicherà i suoi effetti, mentre per il restante mondo giuridico quell' atto sarà comunque efficace, quindi produrrà gli effetti giuridici che magari potranno essere lesivi di altre situazioni o invece potranno andare a vantaggio di altre. Tutto ciò però al giudice ordinario non riguarda perché egli conosce solo di quella determinata fattispecie processuale davanti a lui dedotta, ecco perché si dice che il potere di disapplicazione è di minore importanza rispetto al potere di annullamento che spetta al giudice amministrativo, e che è molto più forte, poiché mentre la disapplicazione toglie gli effetti dell'atto, ma relativamente a quella determinata fattispecie processuale dedotta in giudizio , l' annullamento ha una portata più generale: cassa , elimina, toglie completamente " ab origine" dal mondo giuridico gli effetti prodotti dall'atto con effetto addirittura ripristinatorio, e non solo eliminatorio, li cancella e così si riparte come se quell'atto non ci fosse mai stato, mentre con la disapplicazione ad esempio di un atto plurimo, quell' atto continuerà a produrre i suoi effetti nei confronti di altri destinatari, e questo lo dice l' articolo n°5.

Successivamente poi, nel 1865 si opta per il sistema di giurisdizione unica del giudice ordinario, analogamente al sistema belga che l' ha istituita con la Costituzione del 1831, mentre quello francese è un sistema diverso in cui si è istituito immediatamente un giudice speciale, competente a conoscere le situazioni che non sono di diritto soggettivo, quindi di rapporti inter- privati , ma di altra natura, in relazione al fatto che si scontrano con un potere della P. A. cos' con la legge del 1865, in pratica si verifica un evidente vuoto di tutela in ordine a situazioni giuridiche che non sono di diritto soggettivo , cioè a tutte quelle che il legislatore del 1865 qualifica come "affari", che prima non avevano nessuna tutela non essendo i tribunali di contenzioso amministrativo tribunali giurisdizionali, per cui avevano una tutela praticamente amministrativa, tuttavia continua ad avere la stessa situazione di satisfattività, cioè di quelle garanzie di terzietà e di imparzialità che ha solo l' autorità amministrativa. Si dovrà aspettare di lì a poco, nel 1889 in cui viene creato il giudice amministrativo, infatti in quell' anno viene creata la quarta sezione del Consiglio di Stato, con funzioni giurisdizionali , e da questo momento in poi avendo una dualità di giurisdizione si porrà il problema di ripartire le controversie tra il giudice ordinario e quello amministrativo, posto che tuttora nel nostro ordinamento abbiamo una dualità di giurisdizione avente carattere e contenuto generale , la giurisdizione cioè si identifica attraverso la lesione di una situazione giuridica soggettiva , ma no abbiamo una distinzione per materia o per altri ordini di ragioni come avviene negli altri ordinamenti europei, piuttosto da noi c'è una distinzione tra pluralità di giurisdizioni con carattere generale, che riguarda la situazione giuridica soggettiva e che spetta all' esercizio del giudice ordinario. L'altra situazione che si qualificherà solo con la Costituzione dell' interesse legittimo l'avrà il giudice amministrativo, e dal 1889 in poi si avrà il criterio di ripartire le controversie tra l' uno e l'altro giudice.

Inoltre,dal 1865 con questa legge compare il giudice unico, e un eventuale contrasto per ripartire una controversia avveniva tra il giudice ordinario da un lato, e la P:A. dall' altro, quindi non si poteva definire un contrasto, un conflitto di giurisdizioni,poiché c'era una sola giurisdizione , ma quando c'era un dubbio su quale delle due autorità dovesse spettare la controversia si sollevava un conflitto di attribuzione , che dal 1867 in poi saranno attribuite solo alla Corte di Cassazione di Roma. L'ultimo aspetto da sottolineare è l'illegittimità della P. A. ma come può il giudice ordinario fare ciò? Abbiamo detto, infatti, che se c'è un esercizio di potere amministrativo egli deve assolutamente negare la giurisdizione perché non può conoscere direttamente l' atto ma solo la situazione giuridica soggettiva lesa da un altro soggetto privato e magari può farlo anche se vi rientra la P. A.in via incidentale, e così attraverso questa conoscenza verifica quale delle due pretese sostanziali invocate dalle due parti è valida e, se accerta la lesione della pretesa sostanziala in capo all' attore condanna il convenuto al pagamento di una somma per i danni subiti dall' attore. Dunque il giudice ordinario quando conosce della pretesa sostanziale guarda la sfera giuridica del soggetto e vede se in essa rientrino tutti gli elementi costitutivi dell' illecito Aquiliano descritto all' articolo 2043 che stabilisce: " qualunque danno doloso o colposo cagioni a terzi un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il danno a risarcirlo", quindi verifica se c'è un nesso di causalità tra il danno e il fatto scaturente da un comportamento del soggetto privato, ma cosa è avvenuto di così trascendentale di recente?

È successo che in questa fattispecie di cui all'art. 2043 il giudice vi ha messo il becco, ha accertato gli elementi costitutivi della fattispecie dell'illecito aquiliano, ma anche se4 questo danno ingiusto proveniva da un organo della P. A. , quindi in una situazione che non era di diritto soggettivo ma comunque meritevole di tutela che fosse stata lesa da un atto o comportamento di un organo della stessa poteva rilevare come comportamento doloso o colposo comportante un danno ingiusto, inferto contra ius e contra legem, e pertanto risarcibile.

Così abbiamo allargato l' art. 4 riconducendo in questo accertamento dell' illegittimità dell' atto amministrativo anche quello che il giudice ordinario verifica ai fini del risarcimento della lesione di un diritto che non sia di diritto soggettivo ma di interesse legittimo, diffuso, cioè tutti quelli che la sentenza 500 definisce meritevoli di tutela.ma vi pongo una domanda : secondo voi , quando il giudice ordinario deve accertare l' illegittimità dell' atto amministrativo, al fine di condannare la P. A. al risarcimento dei danni , ha sempre necessità della previa disapplicazione ai fini della domanda risarcitoria? Cioè: per il giudice amministrativo è più importante conoscere gli effetti contra ius e contra legem, o per lui è più importante disapplicarne gli effetti? Ci si spiega cioè, la convivenza tra disapplicazione e risarcimento, o per la legge è superfluo se non addirittura dannoso togliere gli effetti illegittimi che sono la ragione giustificativa dell'azione risarcitoria? La risposta è chiaramente negativa, poiché sarebbe un controsenso se il giudice per condannare la P. A. per un suo atto che ha cagionato un danno al destinatario di quell'atto, lo disapplicasse previamente. Ecco perché con evidente ardore la sentenza 500 non fa menzione alcuna della previa disapplicazione ai fini dell' azione risarcitoria, si è detto anzi che sarebbe una manifesta contraddittorietà del giudice se facesse tutto ciò .

Per il resto il risarcimento segue questa strada: conosce gli effetti,previa disapplicazione e risarcimento, ma questo è un rapporto inter- privato, quando invece si tratta di un fatto proveniente da un atto o comportamento della P. A. lì è sicuramente un controsenso e in questo caso è proprio l' illegittimità e non l' inefficacia dell' atto amministrativo è la ragione giustificativa del risarcimento dei danni: " io giudice condanno la P. A. perché considero un suo atto illegittimo, e non perché lo considero inefficace". Per tutto questo la sentenza 500 non fa alcuna menzione di questo discorso sulla disapplicazione anche se, un'altra parte della dottrina ritiene implicito condannare la P. A al risarcimento dei danni previa disapplicazione , anche se abbiamo appurato che è una pura contraddizione. Ma di questo ne parleremo quando tratteremo dell' azione risarcitoria in relazione all' azione demolitoria .

Oggi ci siamo fermati alla nascita di questo giudice che ha competenza a giudicare sugli affari, mentre poi tratteremo il criterio di riparto delle giurisdizioni.


Scarica gratis Origini del sistema di giustizia amministrativa
Appunti su:



Scarica 100% gratis e , tesine, riassunti



Registrati ora

Password dimenticata?
  • Appunti superiori
  • In questa sezione troverai sunti esame, dispense, appunti universitari, esercitazioni e tesi, suddivisi per le principali facoltà.
  • Università
  • Appunti, dispense, esercitazioni, riassunti direttamente dalla tua aula Universitaria
  • all'Informatica
  • Introduzione all'Informatica, Information and Comunication Tecnology, componenti del computer, software, hardware ...

Appunti Ricerche Ricerche
Tesine Amministratori Amministratori