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La legge penale e la sua applicazione




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LA LEGGE PENALE E LA SUA APPLICAZIONE


Capitolo I

Il Nostro codice, nel Libro primo (che si occupa dei reati in generale), dedica il Titolo I alla "Legge in generale"; principio di legalità e istituti ad esso legati, quali la disciplina della legge penale nel tempo e nello spazio.

Qual è il rapporto fra la legge penale ed il tempo? E fra la legge penale e lo spazio? Come va interpretata la legge penale?


Capitolo II; La legge penale nel tempo

L'art. 2 C.p.: "successione di leggi penali" nel tempo; comma 1 riproduce il contenuto minimo del

principio costituzionale di irretroattività

nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato".


L'abolitio criminis (art. 2² C.p.

"Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali"

un fatto è previsto dalla legge come reato all'epoca in cui viene realizzato, ma, successivamente, la legge muta, e non prevede più come reato quello stesso fatto (illecito amm.vo o lecito).

dunque piena retroattività della legge posteriore, in quanto più favorevole in massimo grado per il soggetto agente.

in perfetta sintonia con i principi costituzionali.


È indifferente che la nuova legge entri in vigore prima o dopo che sia divenuta irrevocabile la sentenza di condanna: l'abolitio criminis, infatti, travolge anche il giudicato.

divergono solo le modalità di "presa d'atto" della depenalizzazione: se il processo di cognizione è ancora in corso il giudice deve pronunciare sentenza di assoluzione (il fatto non è più previsto dalla legge come reato (art. 530¹ C.p.p.); se è già intervenuto il giudicato, occorre provvedere in sede esecutiva (art. 673 C.p.p.).


Successione di leggi richiamate da elementi normativi della fattispecie penale e da norme penali in bianco

Vi sono fattispecie incriminatici che contemplano elementi c.d. "normativi", il cui contenuto si determina alla luce di altre norme giuridiche, richiamate, anche implicitamente, dall'elemento normativo stesso

es.: il furto consiste nell'impossessarsi della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene (art. 624 C.p. )

per sapere se la cosa mobile è "altrui", è necessario fare riferimento alle norme civilistiche che disciplinano la proprietà

quindi, "altrui" rappresenta un elemento normativo del delitto di furto.


È possibile che la norma penale che contiene un elemento normativo rimanga intatta nella sua formulazione, e che mutino nel tempo le norme, penali o extrapenali, richiamate dall'elemento normativo stesso.

in tal caso, l'opinione prevalente è nel senso che non si verifichi abolitio criminis

la nuova legge elimina o modifica disposizioni che hanno una limitata influenza sul precetto penale; nulla aggiungono e nulla tolgono, infatti, al significato generale di disvalore del fatto, incidendo soltanto sull'applicabilità in concreto della fattispecie penale.



Diverso è il caso in cui una legge richiamata dalla fattispecie incriminatrice contribuisca a fondare la valutazione dell'illiceità penale, e tale legge muti nel tempo

qui cambia una legge che fa "parte integrante" della disposizione incriminatrice (es. c.d. norme penali in bianco)

perciò se viene tolta dall'ordinamento la norma che consente di "colorare" il precetto, viene meno la stessa possibilità di formulare un giudizio di disvalore astratto

quindi, abolitio criminis.


La successione di leggi penali in senso stretto(art. 2³ C.p.)

"Se la legge nel tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile".

la "nuova" legge non abolisce l'incriminazione vigente all'epoca del tempus commissi delicti

il fatto continua ad essere reato ed l giudice deve decidere quale legge, fra quelle che si sono succedute, è più favorevole al reo, ed applicarla. Se la nuova è più severa, continua ad applicarsi la vecchia.


Naturalmente, le leggi da porre a confronto sono due: quella vigente all'epoca del fatto, e quella entrata in vigore successivamente. Nulla vieta, però, che vi siano una o più leggi intermedie, che possono essere messe a confronto.


Due avvertenze:

La legge più favorevole va individuata in concreto

La legge più favorevole in concreto non può scaturire da una sorta di "mosaico", composto da "tessere" estrapolate da varie leggi in comparazione (divieto di termia lex).


Un limite fondamentale all'applicabilità delle disposizioni più favorevoli al reo è rappresentato dalla pronuncia di sentenza irrevocabile di condanna.


La spesso problematica distinzione tra abolitio criminis e successione di leggi penali in senso stretto. Abrogazione - abolitio criminis e abrogazione con successione di norme incriminatrici

In molti casi, che sia intervenuta un'abolitio criminis è del tutto evidente ed indiscutibile: ciò accade ogni qualvolta venga soppressa tout court, nella sua integralità, una fattispecie incriminatrice, ovvero un reato venga trasformato in un illecito amministrativo.


Altrettanto facile è constatare una successione di leggi penali nel tempo quando il fatto tipico di reato permanga identico, variando unicamente la disciplina sanzionatorio.


Capita di frequente, tuttavia, di imbattersi in leggi penali che espressamente abrogano determinate fattispecie di reato, senza per ciò stesso si verifichi un'abolitio criminis ai sensi dell'art. 2² C.p. o perlomeno senza che vi sia un'integrale "abolizione" dei fatti costituenti reato in base alla normativa previdente

perché la nuova legge non si limita ad abrogare "vecchie" figure di reato, ma al contempo ne introduce di nuove, che si prestano a sanzionare penalmente gli stessi fatti, o quantomeno parte di quei fatti.


Criteri:

Della c.d. continuità del tipo di illecito


si confrontano le due norme, e se - nelle linee essenziali - quella successiva riproduce il

contenuto offensivo della precedente, vi è successione di leggi penali nel tempo in senso stretto.

se vi è "soluzione di continuità", invece, occorre concludere nel senso dell'abolizione del reato.

Es: l'art. 520 C.p. puniva il pubblico ufficiale che si fosse congiunto carnalmente con persona arrestata di cui avesse la custodia per ragione del su ufficio. Tale articolo venne abrogato dalla l. 66/1996, che introdusse anche una nuova forma di realizzazione della violenza sessuale (art. 609 - bis C.p.)

la costrizione mediante l'abuso di autorità

argomentando attraverso il criterio della continuità del tipo di illecito, si potrebbe ritenere che tra le due norme vi sia un rapporto di semplice "successione di leggi" (art. 2³ C.p.)

ma l'applicazione di un criterio più rigoroso dovrebbe portare a riscontrare una vera e propria abolitio criminis

perciò questo criterio è eccessivamente vago ed esteso; in dottrina si propende per schemi più rigorosi.


Teoria della c.d. continenza, o "piena continenza"

la nuova norma succede a quella previgente soltanto laddove la fattispecie successiva sia

integralmente contenuta in quella precedente

in genere è scartata; troppo restrittiva


Criterio di specialità, fermo restando che appare cmq corretto effettuare il confronto tra fattispecie astratte, tenendo presenti i rapporti strutturali fra le medesime.

qualora la fattispecie incriminatrice abrogata sia speciale, rispetto ad altra fattispecie introdotta

contestualmente o già presente nell'ordinamento, pare corretto ravvisare una successione di leggi

penali in senso stretto

Es.: è stato abrogato il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 C.p.), ma non quello di ingiuria (art. 594 C.p)

l'oltraggio altro non era che un'ingiuria rivolta ad un pubblico ufficiale

era cioè speciale rispetto alla fattispecie di ingiuria

ne riproduceva  il contenuto, con in più un elemento peculiare ("specializzante") qualifica della vittima

ebbene, Tizio che ha commesso un oltraggio non beneficia tout court di un'abolitio criminis nel momento in cui l'art. 341 C.p., che lo prevede, viene abrogato, perché il medesimo fatto continua ad essere previsto come reato

quindi, se al momento dell'abrogazione dell'oltraggio Tizio è già stato condannato con sentenza passata in giudicato, questa resta intangibile

se, viceversa, il fatto è ancora sub iudice, dovrà essere applicata la normativa più favorevole.


Questo criterio dovrebbe valere anche nel caso inverso

quando sia cioè abrogata una norma definibile generale rispetto a quella, speciale, contestualmente varata

in tal caso si ha successione di leggi penali nel tempo, limitatamente a quella (parte) di fattispecie, o "sottofattispecie" che mantiene rilevanza penale.

abolitio criminis per il resto.


Talvolta la specialità tra la "vecchia" e la "nuova" incriminazione è reciproca

una norma, cioè, ha una sfera di operatività più ampia per certi aspetti e meno ampia per altri, e viceversa.


Le leggi eccezionali e temporanee

" Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti" (art. 2, comma 4); la disciplina, cioè, in tema di abolitio criminis e di successione di leggi penali nel tempo.


Leggi eccezionali: quelle promulgate allo scopo di affrontare situazioni di "emergenz", quali calamità naturali, epidemie, ecc.


Leggi temporanee: quelle che contengono l'indicazione del termine, fino alla scadenza del quale la legge stessa resterà in vigore ( termine finale di efficacia).


Entrambe sono destinate a durare solo per un certo periodo "elastico" o predeterminato

e sono di regola destinate ad introdurre nuove incriminazioni, o un trattamento punitivo più rigoroso

questa disciplina sfavorevole sarebbe destinata a venir meno se si applicassero le regole dettate dai commi 2 e 3 dell'art. 2 C.p.

nel momento in cui cessano di avere effetto si "riespanderebbe" la disciplina comune, più favorevole, con effetti anche retroattivi.

l'art. 2, comma 4 deroga a questa retroattività, sancendo la c.d. ultrattività delle disposizioni contenute nella legge eccezionale/temporanea.

altrimenti l'efficacia generalpreventiva della legge a durata temporale limitata risulterebbe gravemente compromessa.




I decreti-legge decaduti o non convertiti in legge

" Le disposizioni di questo articolo si applicano altresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto-legge e nel caso di un decreto-legge convertito in legge con emendamenti".

prima dell'entrata in vigore della Costituzione la regola era nel senso che il d.l. decaduto o non ratificato perdesse efficacia non già retroattivamente, bensì a far data dall'infruttuosa scadenza del termine per la conversione

ma ora l'art. 77³ Cost.: " I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro 60 gg dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti".


La C. Cost., inoltre, ha dichiarato l'illegittimità cost.le dell'art. 2 ultimo comma "nella parte in cui rende applicabile alle ipotesi da esso previste le disposizioni contenute nei commi 2 e 3 dello stesso articolo.


Se il d.l non convertito abroga fattispecie di reato, o introduce un trattamento penale più favorevole

bisogna distinguere tra:

Fatti pregressi (commessi prima dell'entrata in vigore del decreto); per questi la perdita di efficacia ex tunc del d. legge non incontra limitazioni; si considera che il d. legge non sia mai esistito. Il cittadino non può aver fatto affidamento sulla disciplina introdotta dal d.l., quindi i fatti pregressi possono essere sanzionati in base alla normativa penale del tempus commissi delicti.

Fatti concomitanti (commessi durante la vigenza del d.l.); le libere scelte d'azione dei consociati sono state condizionate dalla normativa dettata con d. legge perciò si applicano cmq. le regole più favorevoli, anche se il d. è ormai decaduto

ciò vale se:

  • Il d. legge abbia abolito una fattispecie incriminatrice
  • Dopo lo spirare del termine di conversione senza che questa sia intervenuta, la fattispecie penale riprende vigore ex tunc, ma essa non è applicabile ai fatti commessi all'interno della parentesi temporale segnata dalla vigenza del d. legge
  • Qualora il d. legge non abroghi alcuna fattispecie, ma si limiti ad introdurre una disciplina penale più favorevole all'agente ai fatti concomitanti, applicare la disciplina formalmente in vigore il luogo della disciplina (più favorevole) sostanzialmente vigente all'epoca della realizzazione del fatto

violazione del divieto di retroattività.


La dichiarazione di incostituzionalità di una norma incriminatrice

Art. 136 Cost. "Quando la corte dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione"

"Le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione"; "Quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano l'esecuzione e tutti gli effetti penali".

la situazione che si viene a creare è simile a quella che si verifica in ipotesi di abolitio criminis


e la disciplina è dunque la medesima.

Es.: delitto di plagio dichiarato incostituzionale; se qualcuno fosse stato condannato in precedenza per tale delitto con sentenza passata in giudicato, a seguito della sentenza sarebbero cessati sia l'esecuzione che gli effetti penali della condanna.


È più problematico il caso in cui la norma caducata fosse favorevole al reo; dovrebbe cmq. applicarsi la legge più favorevole, ancorché dichiarata incostituzionale.


Il tempus commissi delicti

Bisogna distinguere tra

il "tempo del commesso reato" (concerne il problema dell'individuazione del momento in cui deve ritenersi commesso il reato agli effetti della successione di leggi penali nel tempo)

la "consumazione del reato" (concerne il problema dell'individuazione del momento in cui il reato deve considerarsi consumato - ossia completo di tutti i suoi elementi essenziali - agli effetti della realizzazione del atto tipico).


In relazione al primo due sono le teorie:

teoria della condotta, secondo la quale bisogna fare riferimento al momento in cui l'agente ha posto in essere la condotta del reato

teoria dell'evento, secondo la quale bisogna attendere sino al momento in cui si è verificato l'evento del reato.


L'unico  momento da prendere in considerazione per individuare il commissi delicti è quello in cui il soggetto pone in essere l'azione o l'omissione vietata

non avrebbe senso pensare di agganciare il tempus commissi delicti al verificarsi di un successivo risultato dell'azione (l'evento), anche quando per la realizzazione dell'intero fatto di reato tale risultato fosse indispensabile.


Problemi particolari sorgono in relazione ai c.c. "reati di durata" (permanenti, abituali, ecc.)

Es.: sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 C.p.)

reato permanente nel quale l'azione criminosa dura nel tempo

secondo la prevalente giurisprudenza, il t. c. delicti va individuato nel momento in cui i rapitori compiono l'ultimo atto che protrae la situazione antigiuridica, con la conseguenza di ritenere applicabile la legge più severa

La dottrina è divisa: alcuni autori stessa soluzione; altri dicono che la legge più grave non dovrebbe applicarsi, poiché il momento di commissione del fatto resterebbe pur sempre quello iniziale

quest'ultima soluzione pare meno plausibile

i sequestratori possono liberamente decidere se rilasciare il bambino o se perseverare nella<loro azione criminosa. Se decidono di tenerlo ulteriormente nonostante la nuova legge, è giusto che sia questa ad essere loro applicata. La nuova legge non retroagisce.



Capitolo III; La legge penale nello spazio


La legge penale nello spazio: il principio di territorialità e il principio di universalità

Art. 3¹ C.p. : "La legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato".


Art. 6¹ C.p.: "chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana".


Nel nostro sistema dunque risulta accolto, in linea generale, il principio di territorialità: la nostra legge penale si applica, perlomeno tendenzialmente, ai soli fatti realizzati in territorio italiano.

Si parla di recepimento solo tendenziale del principio di territorialità

risulta temperato dalla presenza di norme basate su criteri diversi, quale quello di universalità, ovvero che fanno riferimento alla cittadinanza dell'autore o della persona offesa, o ancora alla titolarità in capo allo Stato degli interessi lesi.


Peraltro, autorevole dottrina giunge alla conclusione che gli artt. 3 e 6 C.p. non esprimano la regola generale, bensì l'eccezione

secondo questa differente lettura, il nostro codice penale recepisce, in linea di massima, il principio di universalità

la legge penale italiana si applica dovunque, da chiunque e contro chiunque sia commesso il fatto, salvo deroghe che riguardano una cerchia ristretta di reati, di cui non si applica la legge italiana se commessi all'estero (v. artt. 9 e 10 C.p.).


Le nozioni di cittadino italiano e territorio dello Stato

L'art. 4¹ C.p.: agli effetti della legge penale si considerano "cittadini italiani" coloro che hanno la cittadinanza italiana e gli apolidi residenti nel territorio dello Stato.


Art. 4² C.p.: "Agli effetti della legge penale, è territorio dello Stato il territorio della Repubblica e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato"


Territorio dello Stato: "le navi e gli aeromobili italiani, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, ad una legge territoriale straniera"


Reati commessi nel territorio dello Stato. Il locus commissi delicti

A quali condizioni un reato può considerarsi commesso nel territorio dello Stato, o cmq. in un luogo assimilato dalla legge al territorio italiano?

art. 6² non recepisce né il criterio della condotta (secondo il quale il reato si considera commesso nel territori dello Stato quando in esso è avvenuta l'azione o l'omissione), né il criterio dell'evento (secondo il quale il reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando in esso si è verificato, appunto, l'evento del reato)

bensì il criterio di "ubiquità"

"Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l'azione o l'omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l'evento che è la conseguenza dell'azione od omissione".


Si discute se il compimento in territorio italiano di meri atti preparatori di un reato, di per sé irrilevanti ai fini della configurabilità di un tentativo punibile, sia sufficiente a determinare l'applicabilità della legge penale italiana, qualora il restante processo esecutivo si sia integralmente svolto all'estero, ossia tutti gli elementi tipici del reato siano stati realizzati al di fuori del nostro territorio

la prevalente giurisprudenza e parte della dottrina dicono di sì, perché è sufficiente che si collochi in territorio italiano un qualsiasi frammento dell'iter criminoso, purché dotato di un significato apprezzabile.


Ma il punto è controverso: secondo alcuni autori il considerare parte della condotta qualunque comportamento umano che si riduca, in realtà, ad un mero antecedente causale rispetto ad un fatto tipico integralmente realizzato all'estero

violazione della regola legale di cui all'art. 6² C.p., poiché viene ad includere nel concetto di azione anche comportamenti atipici.


Reati commessi all'estero punibili incondizionatamente

I deroga al principio di territorialità ( o in applicazione del principio di universalità), taluni reati, pur se commessi in territorio estero, e a prescindere dalla cittadinanza dell'autore, sono di regola senz'altro punibili secondo la legge italiana

si parla, in proposito, di reati "incondizionatamente" punibili secondo la legge italiana, e di "procedibilità assoluta"

non occorre né richiesta, né istanza, né querela; e nemmeno necessita la presenza dell'attore o degli autori del reato nel territorio dello Stato.


Debbono ritenersi commessi all'estero quei reati i cui elementi costitutivi tipici hanno trovato integrale realizzazione al di fuori del territorio dello Stato italiano, e che cmq non si ricollegano casualmente a comportamenti antecedenti (pur atipici) avvenuti in Italia.

art. 7 C.p.:

delitti contro la personalità dello stato italiano

delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto

delitti di falsità in monete avente corso legale nel territorio dello Stato, o in valori di bollo o in carte di pubblico credito italiano

delitti commessi da pubblici ufficiali al servizio dello Stato, abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alle loro funzioni

ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l'applicabilità della legge penale italiana.


Delitti politici commessi all'estero

Qualora venga commesso all'estero un delitto politico, che non sia contro la personalità dello Stato italiano, il soggetto agente è punito secondo la legge italiana, sia che si tratti di un cittadino italiano, sia che si tratti di uno straniero.

perché si possa procedere, occorre tuttavia la richiesta del Ministro della Giustizia e, se si tratta di un delitto punibile a querela della persona offesa, occorre altresì che la querela sia stata proposta (art. 8, commi 1 e 2).

Art. 8³ : delitto politico: " Agli effetti della legge penale, è delitto politico ogni delitto che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. È altresì considerato politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici".

definizione ampia: comprende sia i delitti c.d. oggettivamente politici ( che offendono un interesse politico dello Stato o del cittadino diretti e indiretti), sia i delitti c.d. oggettivamente politici (delitti comuni realizzati per motivi politici).


Si suole ritenere che il motivo sia politico quando il soggetto agisce per il raggiungimento di un obiettivo che riguarda l'esistenza, la costituzione ed il funzionamento dello Stato. La legge si accontenta che il delitto comune sia determinato anche solo in parte da motivi politici.


Delitti comuni commessi all'estero

Quelli che non rientrano nell'elenco di quelli incondizionatamente punibili

si richiede però la presenza del reo nel territorio dello Stato condizione essenziale, solo così si giustifica l'intervento punitivo dello Stato.


Art. 9¹ C.p.: " Il cittadino che, fuori dei casi indicati nei 2 articoli precedenti, commette in territorio estero un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo di 3 anni, è punito secondo la legge medesima, sempre che si trova nel territorio dello Stato".

quindi:

a)     per i delitti puniti con pena detentiva non inferiore a 3 anni il cittadino deve rispondere ai sensi della legge italiana, purché si trovi nel territorio dello Stato

b)     se per il delitto è prevista una pena detentiva di minore durata occorre la richiesta del Ministro della Giustizia, ovvero l'istanza o la querela della persona offesa (condizioni di procedibilità); art. 9² C.p.

Nei casi previsti dai commi 1 e 2 " qualora si tratti di delitto commesso a danno di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della Giustizia, sempre che l'estradizione di lui non sia stata conceduto, ovvero non sia stata accettata dal governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto

ne discende che la legge penale italiana non può mai trovare applicazione in rapporto ai reati commessi all'estero dal cittadino, qualora si tratti di (mere) contravvenzioni (cmq. punite), ovvero di delitti puniti con la sola pena pecuniaria (multa) e delitti puniti con pena alternativa (reclusione o multa), giacché in questi casi il minimo della pena è rappresentato dalla pena pecuniaria, ed è dunque inferire alla soglia dei 3 anni.


La previsione dell'art. 9³, invece, è stata estesa ai delitti commessi in danno delle Comunità europee, in forza dell'art. 2, l. 300/2002.


Quanto al delitto comune dello straniero all'estero, l'art. 10 C.p. dette una disciplina a proposit0 della quale si è ravvisata la max. espansione del principio di universalità:

a)     comma 1: "Lo straniero che, fuori dei casi indicati negli artt. 7 e 8, commette in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno, è punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato, e vi sia richiesta del Ministro della giustizia, ovvero istanza o querela della persona offesa"

b)     comma 2: presuppone che il delitto sia commesso a danno di uno Stato estero o di uno

straniero

"il colpevole è punito secondo la legge italiana a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che:

si trovi nel territorio dello Stato

si tratti di delitto per il quale è stabilita la pena dell'ergastolo, ovvero della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni

l'estradizione di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto, o da quello dello Stato a cui egli appartiene".




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