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La conclusione delle indagini preliminari




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LA CONCLUSIONE DELLE INDAGINI PRELIMINARI


La finalità delle indagini preliminari è quella di permettere al p.m. di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale.

I termini di durata delle indagini preliminari, sia quando si procede contro ignoti, sia quando è stato identificato un indagato, possono essere prorogati dal g.i.p. su richiesta del p.m.

Il termine per le indagini nei confronti di un indagato inizia a decorrere dal momento in cui il nome di questi è iscritto nel registro delle notizie di reato.

Il termine ordinario è di sei mesi.

Entro il termine il p.m. deve chiedere il rinvio a giudizio o l'archiviazione; altrimenti chiede la proroga.

Il termine può essere prorogato una o più volte, con ordinanza del giudice e su richiesta del p.m.

Il termine massimo improrogabile è di 18 mesi (per casi particolari è previsto il termine di due anni).

Prima della scadenza del termine il p.m. può chiederne la proroga al g.i.p. indicando le ragioni che giustificano il proseguimento delle indagini stesse.

Il codice prevede un procedimento di proroga di tipo ordinario ed uno speciale, avente ad oggetto le indagini per determinati delitti (ad es. in materia di criminalità organizzata mafiosa e di pedofilia).

Nel procedimento speciale non vi è alcun contraddittorio sulla richiesta del p.m. ed il giudice decide sempre senza udienza (de plano) anche quando non dovesse accogliere la richiesta di proroga.

Nel procedimento ordinario è necessario in primo luogo instaurare il contraddittorio.

La decisione del giudice è presa senza udienza (de plano) qualora egli allo stato degli atti ritenga di accogliere la richiesta di proroga; in caso contrario, egli fissa la data di una udienza.

Il procedimento si svolge in camera di consiglio e la decisione è presa con ordinanza non impugnabile.

Se il giudice respinge la richiesta, il p.m. deve formulare l'imputazione o chiedere l'archiviazione.

Gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine sono utilizzabili solo se la richiesta di proroga è stata presentata prima della scadenza e il giudice ha (anche successivamente) concesso la proroga.

Il termine massimo per le indagini preliminari non può essere prorogato.

Alla sua scadenza il p.m. deve chiedere o l'archiviazione o il rinvio a giudizio.

Se non presenta una delle due richieste, i successivi atti di indagine sono inutilizzabili.

Quando si procede contro ignoti, il termine per le indagini preliminari decorre dalla data di iscrizione della notizia di reato nell'apposito registro.

Entro il termine di 6 mesi il p.m. deve chiedere alternativamente l'archiviazione perché è ignoto l'autore del reato, ovvero la proroga del termine per poter proseguire le indagini.

La decisione del giudice sulla richiesta di proroga del termine perché è ignoto l'autore del reato è presa de plano (senza formalità), qualora egli allo stato degli atti ritenga di concedere la proroga; in caso contrario il giudice fissa la data di una udienza (come avviene nel procedimento contro un indagato noto).

Il giudice può prendere tre diverse decisioni:

a. può non autorizzare la proroga ed in tal caso il p.m. deve chiedere l'archiviazione;

b.  può autorizzare il p.m. a proseguire le indagini.

c.  se ritiene che il reato sia da attribuire ad una persona già individuata ordina che il nome di questa sia iscritto nel registro delle notizie di reato.

L'azione penale è stata definita come la richiesta, diretta al giudice, di decidere sull'imputazione.

Il p.m. esercita l'azione penale formulando l'imputazione.

Nel procedimento ordinario l'imputazione è ricompresa nella richiesta di rinvio a giudizio; nei riti speciali è ricompresa nell'atto che instaura il singolo procedimento.

Elementi dell'imputazione sono:

a. l'enunciazione del fatto storico in forma chiara e precisa;

b.  l'indicazione degli articoli di legge violati (il c.d. titolo del reato);

c.  le generalità della persona alla quale è addebitato il reato.

L'esercizio dell'azione penale determina due effetti: pone al giudice l'obbligo di decidere su di un determinato fatto storico e fissa in modo tendenzialmente immutabile l'oggetto del processo, e cioè impone al giudice il divieto di decidere su di un fatto storico differente da quello precisato nell'imputazione.

Il p.m. presenta richiesta di archiviazione allorché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio.

Parlando delle caratteristiche dell'azione penale, essa:

a. è obbligatoria: ai sensi del 112 Cost. Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.

Il principio di obbligatorietà non impone che il p.m. debba necessariamente "accusare".

L'obbligatorietà dell'azione penale ha il fine di assicurare due princìpi fondamentali: il principio di eguaglianza (3 Cost.) ed il principio di legalità (25.2 Cost.: Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso).

Se l'azione penale è obbligatoria, è necessario che sia previsto uno strumento tecnico che renda effettivo l'adempimento di tale dovere: la scelta del p.m. di non esercitare l'azione penale si traduce nella richiesta di archiviazione, che è sottoposta al controllo del g.i.p.

Il giudice può indicare al p.m. le indagini che egli reputi necessarie; può altresì ordinargli di formulare l'imputazione (non può, tuttavia, sostituirsi al p.m. nel precisare il contenuto dell'imputazione).

b.  è monopolio del p.m.: ciò non è imposto dalla Costituzione.

Il principio del monopolio vige solo per i reati rientranti nella competenza del giudice professionale: la riforma che ha attribuito competenze penali al giudice di pace ha infranto per la prima volta nel nostro sistema processuale il predetto monopolio limitatamente ai reati procedibili a querela (la persona offesa ha la facoltà di chiedere con ricorso diretto al giudice di pace la citazione a giudizio del responsabile del reato);

c.  è irretrattabile: 50.3: L'esercizio dell'azione penale può essere sospeso o interrotto soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge (ad es. ex 71 se risulta che lo stato mentale dell'imputato è tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento, il giudice dispone con ordinanza che questo sia sospeso).

Si può avere sospensione solo quando l'imputato rischia di essere condannato.

Mentre il processo è sospeso, è sospeso altresì il termine di prescrizione del reato (159 c.p.).

d.  è procedibile d'ufficio: 50.2: Quando non è necessaria la querela, la richiesta, l'istanza o l'autorizzazione a procedere, l'azione penale è esercitata di ufficio.

Non occorre nemmeno che al p.m. pervenga una denuncia: il p.m. può direttamente prendere notizia dei reati di propria iniziativa.

Quando il p.m. ritiene che non vi siano elementi per esercitare l'azione penale, formula una richiesta di archiviazione, sottoposta al controllo del g.i.p.

Di regola, il controllo è effettuato de plano (e cioè senza udienza), ma può diventare penetrante quando il giudice non accoglie la richiesta di archiviazione o quando la persona offesa vi si oppone.

L'archiviazione è pronunciata dal g.i.p. in presenza di presupposti:

a. di fatto: quando la notizia di reato è "infondata" (il giudice effettua una prognosi sull'esito di un eventuale dibattimento);

b.  di diritto, e cioè quando:

manca una condizione di procedibilità (ad es. la querela);

il reato è estinto (ad es. per prescrizione);

il fatto non è previsto dalla legge come reato (ad es. è un illecito amministrativo depenalizzato).

Infine, è disposta l'archiviazione quando sono rimasti ignoti gli autori del reato.

Il p.m. che chiede l'archiviazione ha l'onere di instaurare un contraddittorio scritto con la persona offesa che abbia dichiarato in precedenza di voler essere informata circa l'eventuale archiviazione (408.2).

La persona offesa riceve l'avviso che è stata presentata richiesta di archiviazione e viene altresì informata che nel termine di 10 giorni può prendere visione degli atti depositati e può presentare opposizione motivata, chiedendo la prosecuzione delle indagini.

Se l'offeso non presenta opposizione, il g.i.p. effettua un controllo de plano, e cioè senza udienza.

Se accoglie la richiesta presentata dal p.m., il giudice emette decreto di archiviazione; se non la accoglie, fissa la data di una udienza in camera di consiglio, alla quale possono partecipare il p.m., la persona offesa, l'indagato e il suo difensore.

La medesima udienza ha luogo quando l'offeso presenta opposizione ammissibile, e cioè contenente l'indicazione dell'oggetto delle ulteriori indagini richieste e i medesimi elementi di prova (410.1).

Nell'udienza il giudice può scegliere fra tre diversi provvedimenti: in via interlocutoria, può indicare al p.m. le ulteriori indagini che ritiene necessarie; in via definitiva, può ordinare che il p.m. formuli l'imputazione o può disporre l'archiviazione.

Quando il giudice ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al p.m., fissando il termine indispensabile per il compimento delle stesse.

Il massimo grado di controllo si ha quando, a seguito dell'udienza in camera di consiglio, il giudice dispone con ordinanza che il p.m. formuli l'imputazione entro 10 giorni: si parla di "imputazione coatta".

La richiesta di archiviazione perché è ignoto l'autore del reato è regolata dalle medesime norme che disciplinano l'archiviazione contro gli indagati.

Il p.m. deve avvisare della richiesta di archiviazione contro ignoti la persona offesa che ne abbia fatto istanza, informandola del suo diritto di presentare opposizione motivata.

Se l'offeso non si oppone, il g.i.p. può accogliere la richiesta de plano; viceversa, se l'offeso si oppone o comunque il giudice non accoglie la richiesta, deve svolgersi una udienza in camera di consiglio.

A seguito dell'udienza il g.i.p. può prendere tre diverse decisioni.

In primo luogo, può accogliere la richiesta del p.m. e disporre l'archiviazione con ordinanza.

In secondo luogo, se ritiene che il reato sia da attribuire a persona già individuata, ordina che il nome di questa sia iscritto nel registro delle notizie di reato.

Infine, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al p.m..

Quando il procedimento contro un indagato è stato archiviato, il p.m. può compiere nuove indagini solo dopo essere stato autorizzato con decreto motivato del g.i.p.

La richiesta del p.m. è basata sulla esigenza di nuove investigazioni.

Ottenuta l'autorizzazione, il p.m. procede ad una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato.

Per ottenere l'autorizzazione è sufficiente che il p.m. prospetti al giudice un nuovo piano di indagine che può scaturire dalla diversa interpretazione degli elementi già acquisiti.

La riapertura è un "atto dovuto" a carico del giudice; tuttavia un eventuale diniego non è impugnabile.


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