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La chiesa come societa'




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LA CHIESA COME SOCIETA'


Basta leggere la costituzione Gaudium et Spes per ritrovare l'affermazione relativa alla Chiesa di ordinamento indipendente ed autonomo. Il Concilio ha arricchito questa nozione giuridica con altre rappresentazioni: quella della Chiesa raffigurata come nuovo popolo di Dio, quella della Chiesa corpo mistico di Cristo. Nel codice giovanneo-paolino del 1983 è ribadito che la Chiesa è ordinata nel mondo come società, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi; è anche sottolineato che i fedeli incorporati a Cristo mediante il battesimo, sono costituiti popolo di Dio. La differenza, nel nuovo codice, sta nel sottolineare che l'elemento che unisce i fedeli, il segno della loro incorporazione con Cristo, non è solo quello della loro sottoposizione al governo ecclesiastico, ma anche quello della loro professione di fede nonché della loro partecipazione ai Sacramenti. La Chiesa è spesso paragonata a due modelli di democrazia: democrazia borghese e popolare. Il primo è quello della democrazia borghese dove rileva il cittadino, indipendentemente dal ceto sociale, e lo Stato che è la sommatoria delle volontà dei singoli. Questo modello presuppone una concezione secondo la quale l'uomo è artefice del proprio destino e, attraverso la formazione della volontà generale, detta le regole per la convivenza. Opposta è la concezione della Chiesa che non conosce cittadini, ma fedeli che diventano suoi membri tramite un rito sacramentale e non con un rapporto giuridico come la cittadinanza; che non conosce governanti democraticamente eletti, ma pastori dotati di carisma particolare; che non dà importanza alla volontà generale, ma attende dall'ispirazione divina. Rimosso deve essere anche il modello di democrazia popolare in cui rileva la figura del lavoratore e della fabbrica.

GLI UFFICI

Una prima innovazione del Concilio è di carattere linguistico: il termine potestà è un residuo della concezione giuridica di derivazione romanistica, e sta ad indicare una posizione di supremazia di un soggetto, alla quale corrisponde una posizione di soggezione di altri soggetti. Nei decreti conciliari non si parla solo di potestà della Chiesa ma anche di munera o uffici, che sono tre: l'ufficio sacerdotale, l'ufficio regale, e l'ufficio profetico. Alla bipartizione delle potestà subentra la tripartizione degli uffici: l'ufficio sacerdotale corrisponde alla potestà d'ordine, l'ufficio regale alla potestà di giurisdizione e all'ufficio profetico corrisponde a quanto pare il Magistero ecclesiastico.

IL COLLEGIO DEI VESCOVI

Il termine collegio, usato nella costituzione Lamen Gentium, significa gruppo stabile la cui struttura ed autorità deve esser desunta dalla Rivelazione, e si precisa che per la stessa ragione per il Collegio dei Vescovi si usano parole come Ordine o Corpo. Il collegio non solo non può operare, ma non esiste senza il Papa. La costituzione Lamen Gentium menziona un primo modo d'esercizio della collegialità: ed è quello che si ha quando si convoca un Concilio ecumenico. Poi ne menziona un secondo che consiste nell'espressione extraconciliare della comune volontà di tutti i Vescovi. La collegialità extraconciliare può esser esercitata dai Vescovi sparsi in tutto il mondo, sia quando il Papa li chiami ad un'azione collegiale, sia che egli approvi o liberamente accetti l'azione congiunta dei Vescovi dispersi. Come l'atto conciliare deve esser approvato dal Papa, l'atto extraconciliare deve esser almeno accettato dal Papa; e come nell'atto conciliare concorrono tutti i Vescovi, tutti i Vescovi devono poter concorrere alla formazione dell'atto extraconciliare. Se il primo dei titoli attribuiti al Papa, dopo quello di Vescovo della Chiesa di Roma, perciò successore di Pietro, è quello di Capo del Collegio, ciò vale a mettere in evidenza il fatto che egli, prima ancora che membro del collegio come gli altri Vescovi, ne è la guida suprema.

IL SINODO DEI VESCOVI

Nell'esercizio del suo ufficio il Papa è aiutato dai Vescovi e dai padri cardinali. Una collaborazione al Supremo Pastore, la possono dare i Vescovi scelti da diverse regioni del mondo, riuniti nel consiglio chiamato Sinodo dei Vescovi. Il Pontefice può convocare l'assemblea generale o ordinaria, l'assemblea straordinaria e le assemblee speciali. L'assemblea generale del Sinodo è convocata quando si debbano trattare questioni che comportino, per la loro natura, l'opportunità di ascoltare il parere dell'episcopato universale. L'assemblea straordinaria del Sinodo è convocata dal Papa per ragioni d'urgenza. Il Sinodo ha un potere solo consultivo, a meno che non sia il Papa a delegarlo a decidere su un dato argomento. Ai lavori del Sinodo partecipano solo alcuni rappresentanti e quindi non sono espressione del principio di collegialità.

LE CONFERENZE EPISCOPALI

Un altro modo di partecipazione dei Vescovi al governo della Chiesa sono le Conferenze episcopali definite come organismi in cui i pastori di una nazione o territorio esercitano congiuntamente il ministero pastorale, per l'incremento del bene che la Chiesa offre agli uomini, specialmente per mezzo di quelle forme di apostolato che sono appropriate alle circostanze dei nostri giorni. Alle conferenze episcopali spetta il potere di auto-organizzarsi, dandosi nuovi statuti, che possono prevedere gli uffici ritenuti idonei al raggiungimento dello scopo. Le decisioni delle singole conferenze episcopali, purché siano state prese legittimamente e con almeno due terzi dei suffragi dei Presuli, appartenenti alla conferenza con voto deliberativo, e siano state sottoposte all'esame della Santa Sede, hanno forza di obbligare giuridicamente solo nei casi in cui ciò sia contenuto nel diritto comune oppure ciò sia stabilito da una speciale prescrizione della Santa Sede, impartita per motu proprio o dietro domanda della stessa conferenza episcopale.

LE DIOCESI

La Chiesa locale è una porzione del popolo di Dio presieduta dal Vescovo: essa è più che una parte perché in essa è presente tutta la Chiesa universale con la sua efficacia salvifica. Il Vescovo che presiede la diocesi è vicario e legato di Cristo; ciò esclude che la sua posizione si configuri come quella di un rappresentante del Papa. La potestà del Vescovo, nell'ambito della propria diocesi, è una potestà propria, ordinaria e immediata. Essa è concorrente con quella del Papa, che resta ordinaria e immediata su ciascuna diocesi. È da ritenere che il Vescovo abbia, nella diocesi, una competenza di ordine generale, da cui restano escluse le materie espressamente riservate dal Pontefice per se stesso o per altre autorità.

I PRESBITERI

Accanto ai Vescovi operano, come collaboratori dell'ordine episcopale, i presbiteri. Essi insieme al vescovo costituiscono un unico corpo sacerdotale. I presbiteri nel loro insieme costituiscono il presbiterio, che deve funzionare come una sorta di senato capace di prestare la propria consulenza al vescovo nell'amministrazione della diocesi. Il nuovo codice ha dato attuazione a queste direttive, prevedendo l'istituzione in ogni diocesi di un consiglio presbiterale.


I LAICI

Laici erano considerati tutti coloro che non erano né presbiteri, né religiosi. Il Concilio ha poi affermato che sono laici coloro che svolgono nel mondo un'organica attività di redenzione delle realtà temporali e profane. Queste realtà temporali e profane sono qualificate dal Concilio con due definizioni diverse: consecratio mundi e sanctificatio mundi. Il termine consecratio sta ad indicare un'operazione religiosa mediante cui una cosa viene distolta dalla sua funzione naturale e destinata al servizio di realtà trascendenti. Mutare questo termine per designare la funzione dell'attività secolare dei laici equivale a dire che i laici devono far perdere alle realtà umane (la cultura, la politica) la loro autonomia naturale, ponendole al servizio delle cose divine. Il risultato di questi impegni sarebbe la rinascita di regimi assolutistici o teocratici. La sanctificatio mundi non comporta alcun disegno assolutistico o teocratico, ma postula la volontà di far lievitare i valori cristiani dall'interno delle realtà profane: rispettando l'autonomia naturale delle cose terrene, ma mostrando come quest'autonomia al termine del suo svolgimento, all'estremo limite della sua parabola si dischiuda ai valori del sovrannaturale, rimandi ai regni dell'Invisibile. Ai laici compete il diritto di associazione, riconosciuto dal Concilio.



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