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Gli atti




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GLI ATTI


Viene tradizionalmente definito "atto del procedimento penale" quell'atto che è compiuto da uno dei soggetti e che è finalizzato alla pronuncia di un provvedimento penale.

Il primo atto del procedimento penale è quello che segue la ricezione della notizia di reato da parte della polizia giudiziaria o del p.m.

Quando il codice non impone una forma vincolata, l'atto ha una forma libera.

Gli atti del procedimento sono compiuti in lingua italiana.

Determinate persone possono assistere ad atti del procedimento penale.

Ciò avviene per l'ispezione personale, per la perquisizione personale e locale.

Il codice definisce tali persone testimoni ad atti del procedimento.

Non possono intervenire come testimoni ad atti del procedimento:

a. i minori degli anni 14 e le persone palesemente affette da infermità di mente o in stato di manifesta ubriachezza o di intossicazione da sostanze stupefacenti o psicotrope;

b.  le persone sottoposte a misure di sicurezza detentive o a misure di prevenzione.

La sentenza è l'atto con cui il giudice adempie al dovere di decidere, che gli è posto a seguito dell'esercizio dell'azione penale.

La sentenza esaurisce una fase o un grado del processo; con essa il giudice si spoglia del caso.

Dal punto di vista della forma, la sentenza deve essere sempre motivata.

L'obbligo della motivazione è posto direttamente dalla Costituzione (111.6) e ripetuto dal codice, che prevede la sanzione della nullità (relativa) per l'eventuale inosservanza.

L'ordinanza è il provvedimento col quale il giudice risolve singole questioni senza definire il procedimento; essa deve essere sempre motivata a pena di nullità ed è emessa dopo che si è svolto un contraddittorio fra le parti; di regola, è revocabile dal giudice.

Il decreto è un "ordine" dato dal giudice; deve essere motivato se la legge lo precisa espressamente.

Il decreto è pronunciato in assenza di contraddittorio.

Il decreto è un tipo di atto che può essere emesso, oltre che dal giudice, anche dal p.m. nei casi previsti dal codice.

Il giudice ha l'obbligo di dichiarare immediatamente d'ufficio determinate cause di non punibilità.

Si tratta di quelle che concernono l'assenza di responsabilità dell'imputato, l'estinzione del reato e la mancanza di una condizione di procedibilità.

Più precisamente, il codice enumera le seguenti formule terminative che comportano la declaratoria immediata: il fatto non sussiste, l'imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato e il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Al giudice spettano poteri coercitivi nell'esercizio delle sue funzioni, e cioè al fine del sicuro e ordinato compimento degli atti ai quali procede.

Tra gli atti che costituiscono espressione del potere coercitivo vi è ad es. l'accompagnamento coattivo.

L'accompagnamento coattivo ha una finalità limitata che è quella di condurre una persona davanti al giudice per rendere possibile l'acquisizione di un contributo probatorio.

Vi è poi un ulteriore limite, indicato nel 132 (nei casi previsti dalla legge).

Tra i destinatari del procedimento di accompagnamento coattivo vi sono l'imputato (o indagato), il testimone, il perito, il consulente tecnico, l'interprete ed il custode di cose sequestrate.

Fra gli atti che possono essere compiuti dalle parti il più importante è la richiesta: assume tale forma ogni tipo di domanda che le parti (sia quella pubblica, sia quelle private) rivolgono al giudice al fine di ottenere una decisione.

Sulle richieste ritualmente formulate il giudice deve provvedere senza ritardo e comunque entro 15 giorni, salvo specifiche disposizioni di legge.

Altro atto della parte è la memoria, che ha un contenuto meramente argomentativo teso ad illustrare questioni in fatto o in diritto.

Il codice usa l'espressione camera di consiglio per indicare due situazioni molto diverse.

In base al 125.4 Il giudice delibera in camera di consiglio senza la presenza dell'ausiliario designato ad assisterlo e delle parti. La deliberazione è segreta: in tale caso l'espressione indica il luogo in cui il giudice si ritira per formare il proprio convincimento sulla singola questione da decidere.

Il 127 disciplina il modello generale di "procedimento in camera di consiglio": per "camera di consiglio" qui si intende la modalità di svolgimento di un'attività giurisdizionale, alla quale le parti e le altre persone interessate (ad es. l'offeso) hanno il diritto di partecipare.

Il procedimento in camera di consiglio presenta due caratteristiche: l'assenza del pubblico e la non necessaria partecipazione delle parti, delle persone interessate e dei loro difensori.

Le parti ed i difensori ricevono un avviso, ma non vi è l'obbligo di intervenire all'udienza.

Nel modello ordinario, l'atto iniziale del procedimento è un decreto di fissazione dell'udienza.

Fino a 5 giorni prima dell'udienza gli interessati possono presentare memorie presso la cancelleria del giudice.

Il provvedimento conclusivo della procedura camerale assume, di regola, la forma dell'ordinanza, che è impugnabile mediante ricorso per cassazione (127.7).

Gli atti del procedimento penale devono essere documentati perché se ne possa conservare traccia.

Il codice prevede che a tale documentazione si provveda "mediante verbale", che viene redatto dall'ausiliario che assiste il giudice o il p.m.

Nel processo penale la documentazione può essere effettuata con almeno tre modalità differenti: di regola deve essere redatto il verbale in forma integrale con la stenotipia o altro strumento meccanico ovvero, in caso di impossibilità di ricorso a tali mezzi, con la scrittura manuale.

Il verbale in forma integrale ha la caratteristica di riprodurre sia la domanda, sia la risposta.

Una seconda modalità di documentazione è il verbale in forma riassuntiva con riproduzione fonografica.

Infine, vi è una terza modalità di documentazione che si effettua quando vi sia una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di ausiliari tecnici o anche quando gli atti da verbalizzare hanno contenuto semplice o limitata rilevanza: si tratta della verbalizzazione in forma riassuntiva senza riproduzione fonografica.

"Riassuntivo" non significa riassunto del concetto delle dichiarazioni, ma solo sommaria esposizione degli elementi extra-dichiarativi.

La notificazione è lo strumento previsto dalla legge per render noto al destinatario un atto (o un'attività) del procedimento.

Essa è eseguita, di regola, mediante la consegna di una copia dell'atto (o dell'avviso) al destinatario

L'organo che esegue la notificazione è, di regola, l'ufficiale giudiziario, che è un ausiliario del giudice.

Le notificazioni richieste dal p.m. possono essere eseguite indifferentemente dalla polizia o dall'ufficiale giudiziario.

Le notificazioni possono essere disposte dal giudice, dal p.m. e dalle parti private.

Le parti private possono effettuare le notificazioni di loro interesse secondo le regole ordinarie, oppure valersi di una modalità semplificata: si tratta dell'invio di copia dell'atto da parte del difensore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

Le notificazioni alla persona offesa, ai testimoni e consulenti tecnici sono eseguite con le modalità della prima notificazione all'imputato non detenuto, e cioè mediante consegna di copia alla persona.

Se ciò non è possibile, valgono le norme previste per l'imputato non detenuto.

Per rendere più celere ed agevole l'attività di notificazione all'indagato ed all'imputato non detenuto, il codice disciplina la dichiarazione o l'elezione di domicilio: nel primo atto compiuto con l'intervento dell'indagato, l'autorità procedente lo invita a dichiarare il proprio domicilio (dichiarazione di scienza) o a sceglierne uno (dichiarazione di volontà) al fine dell'effettuazione delle notificazioni.

Le notificazioni all'imputato detenuto sono eseguite nel luogo di detenzione mediante consegna di copia alla persona.

Se questa si rifiuta di ricevere l'atto o non è comunque possibile la consegna diretta, l'atto è consegnato al direttore dell'istituto.

Il codice considera anche l'ipotesi nella quale non sia comunque possibile effettuare la notificazione all'imputato: in tal caso il giudice o il p.m. devono disporre una serie di ricerche nel luogo di nascita, dell'ultima residenza anagrafica, dell'ultima dimora, in quello dove egli abitualmente esercita la sua attività lavorativa e presso l'amministrazione carceraria centrale

Qualora non sia possibile rintracciare l'imputato, il giudice o il p.m. emettono un decreto di irreperibilità: con tale provvedimento viene designato un difensore all'imputato che ne sia privo e viene ordinato che le notificazioni siano eseguite mediante consegna di copia al difensore.

Della consegna dell'atto è redatto un verbale, che viene chiamato relazione di notificazione.

La relazione di notificazione è un verbale di un'attività compiuta; come tale, è destinata a far prova di quanto il pubblico ufficiale ha compiuto e dei fatti da lui constatati.

La traduzione degli atti orali e scritti è effettuata in determinate ipotesi previste dal codice.

Passiamo ora a considerare le cause di invalidità degli atti.

L'atto perfetto è quello che è conforme al modello descritto dalla norma processuale; esso è valido e produce gli effetti giuridici previsti dalla legge.

L'atto che non è conforme al modello legale può essere invalido o meramente irregolare.

È invalido quando la singola difformità rientra in uno dei quattro casi di invalidità previsti da codice (e cioè quando la singola inosservanza di legge è prevista come causa di decadenza, di inammissibilità, di nullità o di inutilizzabilità).

L'atto è irregolare se la difformità dal modello legale non rientra in una delle cause di invalidità che sono previste dalla legge.

Pertanto l'atto irregolare è valido: il giudice potrà tenerne conto ai fini della decisione.

Nella materia in esame vige uno stretto principio di tassatività: l'inosservanza della legge processuale è causa di invalidità solo quando una norma espressamente vi ricollega una delle invalidità appena citate.

L'inammissibilità è una causa di invalidità che impedisce al giudice di esaminare nel merito una richiesta avanzata da una parte effettiva o potenziale del procedimento, quando la richiesta non ha i requisiti stabiliti dalla legge a pena di inammissibilità.

Il requisito può riguardare il tempo entro il quale deve essere compiuto l'atto, od il contenuto dell'atto, oppure un aspetto formale, o ancora la legittimazione al compimento dell'atto.

L'inammissibilità è rilevata dal giudice su eccezione di parte od anche d'ufficio.

La decadenza denota la perdita del potere di porre in essere un atto a causa del mancato compimento dello stesso entro un termine perentorio.

L'atto eventualmente compiuto oltre il termine perentorio è giuridicamente invalido.

Gli strumenti che impongono una determinata cadenza al procedimento sono denominati termini.

Sono denominati termini perentori quelli che prescrivono il compimento di un atto entro e non oltre un determinato periodo di tempo; superato tale periodo, il soggetto decade dal potere di compierlo validamente.

Sono denominati termini ordinatori quelli che fissano il periodo di tempo entro il quale un determinato atto deve essere compiuto; dal superamento della scadenza non deriva alcuna conseguenza di tipo processuale (l'atto è validamente compiuto): semmai il soggetto che lo ha compiuto oltre il termine ordinatorio può subire conseguenze di tipo disciplinare.

Sono denominati termini dilatori quelli coi quali si prescrive che un atto non può essere compiuto prima del loro decorso (111.3 Cost.: Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato [.] disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa).

I termini si considerano stabiliti a pena di decadenza soltanto nei casi previsti dalla legge

Il giudice su richiesta di parte può accertare che il termine non poteva essere osservato per caso fortuito o per forza maggiore, e conseguentemente restituisce nel termine, cioè permette alla parte di esercitare il relativo potere.

La restituzione non può essere concessa più di una volta per ciascuna parte in ciascun grado del procedimento

La nullità è una causa di invalidità che colpisce un atto del procedimento compiuto senza l'osservanza di quelle disposizioni che sono imposte dalla legge appunto a pena di nullità.

L'inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento è causa di nullità soltanto nei casi previsti dalla legge

Le nullità speciali sono quelle previste per una determinata inosservanza, precisata nella species (ad es. le inosservanze relative alla lingua degli atti del procedimento); le nullità generali sono previste per ampie categorie di inosservanze e sono indicate nel 178 (Nullità di ordine generale: È sempre prescritta a pena di nullità l'osservanza delle disposizioni concernenti:   a) le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi stabilito dalle leggi di ordinamento giudiziario; b) l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale e la sua partecipazione al procedimento; c) l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private nonché la citazione in giudizio, della persona offesa dal reato e del querelante).

Per quanto riguarda il regime giuridico, le nullità si distinguono in tre tipi: assolute, intermedie e relative.

Le nullità assolute sono rilevabili anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento e sono insanabili; esse sono sanate dall'irrevocabilità della sentenza.

Le nullità intermedie sono rilevabili anche d'ufficio entro determinati limiti di tempo; sono sanabili.

Le nullità relative sono quelle nullità speciali che non rientrano tra quelle assolute e quelle intermedie; sono dichiarate su eccezione di parte ed entro brevi limiti di tempo; sono sanabili.

Rientrano nella categoria delle nullità assolute:

a. le violazioni delle disposizioni concernenti le condizioni di capacità del giudice, intese nel senso di capacità generica all'esercizio della funzione giurisdizionale;

b.  la violazione delle disposizioni concernenti il numero dei giudici necessario per costituire i collegi;

c.  la violazione delle disposizioni concernenti l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale (è una nullità assoluta generale);

d.  l'omessa citazione dell'imputato o l'assenza del suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza;

e.  alla deliberazione della sentenza concorrono a pena di nullità assoluta gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento (è una nullità assoluta speciale).

Fra le nullità a regime intermedio rientrano l'inosservanza delle disposizioni attinenti alla "partecipazione" del p.m. al procedimento (quindi anche prima del processo); ed inoltre l'inosservanza delle disposizioni concernenti l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private nonché la citazione in giudizio della persona offesa dal reato e del querelante.

Il limite di deducibilità dà luogo ad un difetto di legittimazione della parte, di modo che quest'ultima trova un ostacolo ad eccepire la nullità.

In particolare, le nullità intermedie e quelle relative non possono essere eccepite da colui che vi ha dato o ha concorso a darvi causa; né possono essere eccepite da colui che non ha interesse all'osservanza della disposizione violata.

La sanatoria è quel fatto giuridico ulteriore e successivo rispetto all'atto viziato che determina la validità di tale atto.

Il codice distingue tra sanatorie generali e speciali.

Le sanatorie generali si applicano alle nullità di tipo intermedio o relativo; non si applicano alle nullità generali per espressa disposizione del 179.1.

La nullità è sanata se la parte interessata ha rinunciato espressamente ad eccepirla ovvero ha accettato gli effetti dell'atto anche tacitamente.

Altra causa di sanatoria generale si ha quando la parte si è avvalsa della facoltà al cui esercizio l'atto omesso o nullo è preordinato.

La nullità di una citazione (o di un avviso o delle relative notificazioni) è sanata se la parte interessata è comparsa o ha rinunciato a comparire.

La nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo

Il giudice che dichiara la nullità di un atto ne dispone la rinnovazione qualora sia necessaria e possibile.

La rinnovazione non è possibile quando l'atto è all'origine non ripetibile o lo è diventato successivamente.

Se si tratta di una prova, il medesimo giudice provvede alla rinnovazione se necessaria e possibile.

Se si tratta di un atto propulsivo (cioè un atto che deve necessariamente essere compiuto perché il procedimento possa validamente proseguire), la dichiarazione di nullità comporta la regressione del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto l'atto nullo, salvo che sia diversamente stabilito.

Il termine inutilizzabilità descrive da un lato il "vizio" da cui può essere affetto un atto o un documento, da un altro lato il "regime giuridico" al quale l'atto viziato è sottoposto.

L'inutilizzabilità dell'atto è assoluta quando il giudice non può basarsi su di esso per emettere un qualsiasi provvedimento; è relativa quando la legge indica le persone nei confronti delle quali non può essere utilizzato un determinato atto o la categoria di provvedimenti che non possono basarsi su tale atto.

Vi è una fondamentale distinzione tra due tipi di inutilizzabilità: quella patologica e quella fisiologica.

L'inutilizzabilità patologica consegue ai vizi più gravi del procedimento probatorio (ammissione, assunzione e valutazione della prova).

La seconda forma di inutilizzabilità deriva invece dall'inosservanza del principio della separazione delle fasi del procedimento.

Parlando dell'inutilizzabilità patologica, si ha inutilizzabilità speciale ogniqualvolta una norma del codice commini espressamente tale sanzione per il mancato rispetto delle condizioni previste per l'acquisizione di una determinata prova.

L'inutilizzabilità generale è disciplinata dal 191.1: Le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate.

L'inutilizzabilità è rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento

Le prove raccolte violando una norma della legge penale sostanziale (prove illecite) sono, di regola, utilizzabili: diventano inutilizzabili se è stata violata una norma processuale che disponga in tal senso.

Il giudice d'ufficio, o su richiesta di parte, dichiara che l'atto è inutilizzabile.

L'inutilizzabilità deve essere rilevata dal giudice in ogni stato e grado del procedimento.

L'inutilizzabilità non può essere sanata (a differenza della nullità).

Anche per l'inutilizzabilità vale il principio di tassatività.

Passando all'inutilizzabilità fisiologica, il codice pone la regola in base alla quale il giudice può utilizzare ai fini della deliberazione solo le prove legittimamente acquisite nel dibattimento.

Con questo strumento si munisce di una sanzione processuale il principio del contraddittorio.

Dottrina e giurisprudenza hanno creato un'ulteriore causa di invalidità: la sentenza inesistente.

La sentenza inesistente impedisce che si formi il giudicato, di modo che il giudice può rilevare tale vizio anche dopo che la sentenza sia diventata irrevocabile, e cioè non più impugnabile.

Fra i casi di inesistenza, comunemente riconosciuti, possiamo ricordare i seguenti:

a. la carenza di potere giurisdizionale del giudice (ad es., sentenza penale emessa dal prefetto);

b.  la sentenza pronunciata contro un imputato totalmente incapace perché coperto dall'immunità.

La giurisprudenza ha creato l'ulteriore diversa categoria del provvedimento abnorme, che può essere sottoposto a ricorso per cassazione prima dell'irrevocabilità della sentenza.

È affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite.

Il provvedimento giudiziario abnorme è ricorribile per cassazione, applicandosi direttamente il 111.7 Cost. (Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra).


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