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Dalla costituzione provvisoria del 1944 alla nuova carta costituzionale del 1947




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Dalla costituzione provvisoria del 1944 alla nuova carta costituzionale del 1947


Formalmente dunque, quello vigente in Italia continua ad essere un regime dell'esecutivo, imperniato sul Capo dello Stato e sul Capo del Governo; ma in linea di fatto, il regime è alterato dalla presenza determinante dei partiti politici che implica nel tempo stesso, una riduzione dei poteri reali del Luogotenente, una restituzione del Primo Ministro al suo vecchio ruolo di Presidente del Consiglio dei ministri ed un più stretto legame fra il governo stesso e l'opinione pubblica. Il 9 maggio del '46 la tregua istituzionale viene però interrotta dall'abdicazione di Vittorio Emanuele III: per effetto della quale il luogotenente assume il titolo di Umberto II, Re d'Italia, aprendo con ciò la brevissima fase del "regno di maggio". In quell'occasione la parte repubblicana denuncia la violazione del "patto di Salerno", sostenendo che Vittorio Emanuele III non poteva abdicare, avendo già rinunciato nel '44 alla totalità dei suoi poteri. Fra monarchici e repubblicani si aprì un'ulteriore polemica, avente per tema i criteri di valutazione dell'esito del referendum: in quanto tra i primi si affermava che il voto popolare sarebbe stato decisivo nella sola ipotesi che il numero dei sostenitori della Repubblica o della Monarchia fosse risultato superiore a quello di tutti gli altri votanti, facendo pesare accanto ai fautori della tesi contraria anche coloro che avessero votato scheda bianca; mentre i secondi asserivano che tanto i voti nulli quanto le schede bianche dovessero venire esclusi dal computo, per porre invece a diretto confronto i soli voti validamente espressi a favore dell'una o dell'altra forma istituzionale. Tuttavia fra i costituzionalisti è divenuto da tempo pacifico che fosse fondata la tesi formulata dalla parte repubblicana: non solo perché le schede bianche sono escluse dalla valutazione degli esiti di tutti i referendum disciplinati dall'attuale ordinamento; ma anche perché diversamente il referendum istituzionale avrebbe corso il rischio di dover essere infinitamente ripetuto, mentre l'ipotesi di una reiterazione di esso non era stata minimamente prevista dal legislatore italiano del '46. Con la prima seduta dell'assemblea costituente la forma di governo subisce un'ulteriore modificazione. I costituenti non si limitarono alla progettazione ed all'approvazione della nuova Carta costituzionale, sulla base del referendum, ma esercitarono inoltre sia certe specifiche funzioni legislative ordinarie sia l'attività di controllo politico sull'intero operato del Governo. Rispetto al modello parlamentare un fondamentale motivo di diversità fu dato dalla circostanza che il Governo rimase il titolare della legislazione, fatta eccezione per singole leggi ordinarie di particolare importanza. Ma in quel momento si riteneva che non sarebbe stato conveniente ritornare senz'altro alla tradizionale divisione dei poteri fra il legislativo e l'esecutivo, perché la Costituente doveva rimanere libera di concentrarsi sul suo compito essenziale, varando una nuova costituzione nei brevissimi termini fissati dal decreto n. 98 del '46.


I cosiddetti elementi costitutivi dello Stato; il popolo e la nazione (pagina 105)


Il concetto di stato presupponeva l'esistenza di tre elementi costitutivi: il popolo, il territorio e il governo. In realtà ciò che residua è soltanto l'evidente verità che ogni ordinamento statale presuppone un territorio, indipendentemente dal quale non si potrebbe più distinguerlo dalla generalità degli ordinamenti giuridici non statali; non possono prescindere da una pluralità di soggetti, che nel caso dello Stato assume appunto il nome di popolo. Quanto all'odierna Italia alcuni disposti della vigente carta costituzionale ragionano senz'altro di popolo: per popolo si intende la "generazione attuale di cittadini". Il termine nazione allude generalmente ad una "sintesi delle generazioni passate, presenti e future" dei cittadini italiani.


Più arduo e discusso è il problema riguardante la qualificazione del popolo sul piano della dogmatica giuridica. Si è infatti dubitato se il carattere democratico del vigente ordinamento imponga di considerare il popolo stesso alla stregua di un organo di stato; oppure si tratti di una "figura soggettiva" per sé stante, che non può essere confusa con lo Stato-soggetto. Giustamente prevale la seconda opinione. Per altro è corrente l'avviso che il popolo stesso non sia configurabile come persona giuridica a sé stante. E la circostanza che la Carta costituzionale gli conferisca senz'altro la sovranità viene appunto spiegata ricorrendo all'idea di una figura giuridica soggettiva di rango minore; salvo a ritenere che si tratti di un'espressione sintetica.


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