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L'emergere della persona




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L'EMERGERE DELLA PERSONA


I più importanti contributi di Winnicott alla psicoanalisi hanno inizio con la sua osservazione che la teoria e il trattamento psicoanalitico classici della nevrosi danno per scontato qualcosa di molto fondamentale:che il paziente sia una persona.



Con questo vuol dire che il paziente ha una personalità unitaria e stabile,disponibile all'interazione con altri.

Freud,dice Winnicott,presupponeva "la separatezza del sé e lo strutturarsi dell'io".

Dato tale presupposto,sono stati trascurati due problemi importanti;i pazienti che non sono "persone",a causa di psicosi manifeste o perché interagiscono soltanto in apparenza con gli altri,e quelle caratteristiche della situazione analitica che riguardano più direttamente i processi che facilitano l'emergere della personalità.

Queste erano proprio le aree che Winnicott intendeva sviluppare.

Quasi tutti i suoi maggiori contributi riguardano le condizioni che permettono al bambino di avere coscienza di sé come di un essere separato dagli altri.

La madre fornisce esperienze che permettono all'incipiente sé del bambino piccolo di emergere.

Questo inizia la sua vita in uno stato di non-integrazione,con brandelli d'esperienza sparpagliati e diffusi.

L'organizzazione dell'esperienza del bambino è preceduta dalle percezioni organizzate che la madre ha di lui,e da esse dipende.

La madre fornisce un ambiente "supportante",all'interno del quale il figlio è contenuto e sperimentato.

Winnicott chiamò la condizione di devozione che caratterizza la madre,e che le permette di offrirsi di buon grado come un attento mezzo per la crescita di suo figlio,stato di "preoccupazione materna primaria".

Secondo lui,la profonda,assorbente,partecipazione della madre alle fantasie e alle esperienze del figlio,è una caratteristica naturale biologicamente radicata e adattativi,degli ultimi tre mesi di gravidanza e dei primi mesi di vita del bambino.

Oltre a "supportare",la madre "porta il mondo al bambino" e,nella visione di Winnicott,gioca un ruolo intricato e complesso nello sviluppo.

Il bambino,quando è eccitato,evoca,o meglio,è sul punto di evocare,un oggetto adeguato ai suoi bisogni.

È esattamente a questo punto che la madre affezionata gli presenta proprio un oggetto adeguato:ad esempio il seno.

Questo è il "momento dell'illusione".

Il bambino crede di aver creato lui l'oggetto.

Ancora e poi ancora il bambino allucina,la madre presenta,e il contenuto della rievocazione si avvicina sempre di più al mondo reale.

In altre parole,il bambino si accosta al seno in uno stato di eccitazione,è pronto ad allucinare qualcosa suscettibile d'essere attaccato.

In quel momento il capezzolo reale appare,e il bambino può sentire che era quel capezzolo ciò che aveva allucinato.

Così le sue idee si arricchiscono di particolari reali che gli giungono attraverso la vista,il tatto,l'odorato;e,la volta successiva,userà questo materiale nell'allucinare.

In questo modo incomincia a formarsi la capacità di far apparire,di evocare,ciò che è effettivamente disponibile.

Bisogna che la madre continui a dare al bambino questo tipo di esperienza.

Nel "momento dell'illusione",l'allucinazione del bambino e l'oggetto presentato dalla madre sono sentiti come identici.

Il bambino piccolo sperimenta se stesso come onnipotente,come sorgente di tutta la creazione;questa onnipotenza,dice Winnicott,diventa il fondamento di uno sviluppo sano e della solidità del sé.

È evidente la necessità,in questo processo,della devozione materna;sono cruciali la capacità della madre di anticipare empaticamente i bisogni del bambino e la sua tempestività.

La simultaneità dell'allucinazione infantile e della presentazione materna fornisce la base di esperienza ripetitiva necessaria perché il bambino abbia il senso del contatto con la realtà esterna e di un potere su di essa.

Uno sviluppo sano esige un ambiente perfetto,ma solo per breve tempo.

Col termine "ambiente perfetto".Winnicott intende una madre le cui preoccupazioni materne rendono possibile una sensibilità molto precisa ed acuta ai bisogni e ai gesti del figlio.

Come Winnicott dirà in un suo scritto successivo,la madre funziona come uno specchio,e fornisce al bambino un riflesso esatto dei suoi gesti e della sua esperienza.

Quando la madre è capace di riecheggiare i desideri e i bisogni del bambino,quest'ultimo entra in sintonia con le proprie funzioni corporee e i propri impulsi,che diventano il fondamento della lenta evoluzione del suo senso di sé.

Il fallimento della madre nell'attualizzazione dei gesti e dei bisogni del figlio,riduce il senso di ogni onnipotenza allucinatoria di questo,diminuendone la fiducia nella propria creatività e nei propri poteri,introducendo una zeppa tra l'evoluzione della psiche e i suoi supporti somatici.

Un altro approccio di Winnicott ai medesimi problemi è la sua analisi delle condizioni necessarie allo sviluppo della capacità di essere soli.



È estremamente importante per la madre,dice,non soltanto modellare il mondo in base ai bisogni del figlio,ma anche fornirgli una presenza non impegnativa,quando questo non fa richiesta e non esprime bisogni.

Questo permette al bambino di sperimentare un'assenza di bisogni e una completa non integrazione,uno stato di "continuità dell'esistere",da cui emergono bisogni e gesti spontanei.

La presenza non impegnativa della madre rende possibile questa esperienza di assenza di forma e di gradevole solitudine,e tale capacità diventa una caratteristica centrale dello sviluppo di un sé stabile e personale.

La perfetta rispondenza della madre non è necessaria per molto tempo.

Una volta che l'onnipotenza allucinatoria è saldamente stabilita,il bambino deve apprendere la realtà del mondo esterno aldilà del suo controllo,e sperimentare i limiti dei suoi poteri.

Quel che rende possibile tale apprendimento è il fatto che la madre,smette di modellare il mondo in armonia con i bisogni del bambino.

Quando la madre attenua le sue preoccupazioni materne e comincia ad interessarsi di nuovo ad altre aree della sua vita,il bambino è costretto a venire a patti con quello che non può fare,non può creare,non può far succedere.

La durezza di questa realtà è mitigata da una spinta,interna la bambino,verso la separazione.

Così la copertura e la rispondenza dell'io materno diminuiscono in armoniosa sincronia con un aumento nell'esercizio di funzioni attive dell'io da parte del figlio.

Mano a mano che il bambino cresce,la madre non attualizza più i desideri del bambino,ma piuttosto recepisce e risponde ai suoi gesti.

La madre di prima,che materializza il desiderio allucinatorio passivo del figlio,lascia gradualmente il posto alla madre che risponde ai bisogni che ora vengono realmente espressi,attraverso gesti e segnali.

Secondo Winncott,le deficienze nelle cure materne e il loro graduale allentarsi,hanno un impatto emotivo debilitante sullo sviluppo emotivo del bambino.

I fallimenti materni sono di due tipi: l'incapacità di attuare le creazioni allucinatorie e i bisogni del figlio,quando questo si trova in situazioni di eccitamento; l'interferenza con la sua mancanza di forma e di integrazione,quando è in condizioni di quiescenza.

Entrambi i tipi di deficienze materne vengono sperimentati dal bambino e tutti e due sfociano nell'esperienza dell'"annichilimento del sé del bambino".

L'esistenza personale del bambino ha radici sia negli stati interni,sia nei suoi gesti creativi onnipotenti.

Idealmente,la madre è il mezzo per l'assenza di forma e lo strumento dell'onnipotenza.

Qualsiasi interferenza in queste funzioni viene sperimentata dal bambino come un intrusione.

La conseguenza principale di una prolungata intrusione è la frammentazione dell'esperienza del bambino.

Per necessità,questo si sintonizza,con le richieste e le domande degli altri.

Non può permettere a sé stesso l'esperienza di quiescenza in forme,perché deve essere preparato a rispondere a quanto gli si chiede e gli si offre.

Perde il contatto con i suoi bisogni e gesti spontanei,quando questi non hanno alcuna relazione con il modo in cui la madre lo sperimenta e con quanto gli offre.

Winnicott descrive la frammentazione che ne risulta come una scissione tra un "vero sé",che si distacca e si atrofizza,e un "falso sé",su base compiacente.

Il "vero sé",la sorgente di bisogni,si nasconde,evitando a tutti i costi la possibilità di esprimersi senza essere visto e senza che gli sia dato risposta,che equivarrebbe al completo annichilimento psichico.

Il "falso sé" offre l'illusione di un'esistenza personale,il cui contenuto è modellato sulle aspettative e le richieste della madre.

Il bambino diventa l'immagine che la madre ha di lui.

Il "falso sé" viene ad assumere le funzioni di accadimento che l'ambiente non ha offerto e protegge occultamente l'integrità del "vero sé";la sua funzione è di "nascondere il vero sé,e lo fa per mezzo della compiacenza verso le richieste dell'ambiente".

Il falso sé assume funzioni cognitive e il risultato è un'eccessiva attività della mente e una separazione dei processi cognitivi da qualsiasi base affettiva o somatica.

Per Winnicott,la formazione di "oggetti transizionali" è un altro aspetto del più vasto processo che lo sviluppo della persona comporta.

La dimensione più importante del fenomeno transizionale non è quella degli oggetti stessi,ma quella della natura delle relazioni con questi,che rappresenta una tappa evolutiva tra l'onnipotenza allucinatoria e il riconoscimento della realtà obbiettiva.

L'emergere della persona comporta un movimento da uno stato di onnipotenza illusoria ( in cui il bambino,tramite le facilitazioni materne,ha la sensazione di creare e di controllare tutte le caratteristiche del mondo in cui vive) ad uno stato di percezione obbiettiva ( in cui il bambino accetta i limiti dei suoi poteri e diventa consapevole dell'esistenza autonoma di altri).



Il movimento tra questi due stati non è una progressione lineare ,a senso unico;tanto i bambini quanto gli adulti oscillano tra uno stato e l'altro.

Winnicott contrappone drasticamente tra loro questi due stati:soggettività solipsistica e percezione obbiettiva; il mondo interno e mondo della realtà esterna; il mondo degli "oggetti soggettivi",sui quali si ha il controllo totale ,e il mondo degli altri,separati e indipendenti.

Quel che è necessario,dice Winnicott,perché si stabilisca un oggetto transizionale,è un tacito accordo tra gli adulti e il bambino,un non farsi domande sulla natura e sulle origini di questo oggetto.

Il genitore si comporta come se il bambino avesse creato l'oggetto e mantenesse il controllo su di esso,pur riconoscendone anche l'esistenza oggettiva nel mondo delle altre persone.

Così il genitore che comprende questo paradosso non assegna l'oggetto a nessuno dei due regni e l'accordo di non contestare gli speciali diritti e privilegi del bambino sul suo oggetto crea il regno transizionale.

L'oggetto transizionale non è né sotto un magico controllo,né al di là del controllo.

L'esperienza transizionale si colloca tra la "creatività primaria e la percezione obbiettiva basata sull'esame di realtà".

A causa di questo stato ambiguo e paradossale,l'oggetto trnasizionale aiuta il bambino a negoziare il graduale spostamento dall'esperienza di sé come centro di un mondo totalmente soggettivo,al senso di sé come persona tra le altre persone.

Questa esperienza non è semplicemente un interludio dello sviluppo,ma resta un regno teneramente ricordato e altamente valutato,nel corso dell'esperienza adulta sana.

È qui che possiamo lasciare vagabondare i nostri pensieri,senza preoccuparci né della logica e della validità nel mondo reale,né del rischio che le nostre fantasticherie ci portino in un regno totalmente soggettivo,solipsistico,facendoci perdere completamente di vista il mondo reale.

L'esperienza transizionale ha le sue radici nella capacità di gioco del bambino;in forma adulta si esprime come capacità di giocare con le proprie fantasie e idee.

Negli scritti successivi,Winnicott descrive un'altra caratteristica dell'emergere della persona,basata sulla distinzione tra il "relazionarsi all'oggetto" e "l'usare l'oggetto".

Queste formulazioni facilitano la comprensione della funzione dell'aggressività e della distruttività,nel processo di separazione.

Le "relazioni d'oggetto" sono un'esperienza soggettiva,proiettiva,in cui l'altro è sotto il controllo illusorio del bambino;l'"usare l'oggetto" è la percezione dell'altro e l'interazione con esso,in quanto indipendente e reale,al di fuori dell'onnipotente controllo del bambino.

Per Winnocott,l'emergere di un sé sano ,creativo,dipende dagli specifici rifornimenti fornitigli dall'ambiente,che egli ha unificato sotto il termine di "atteggiamento materno sufficientemente buono".

Questi rifornimenti permettono al bambino di iniziare la sua vita "esistendo e non reagendo".

Rendono possibile lo spostamento affettivo dalla dipendenza infantile all'indipendenza,e lo spostamento cognitivo da una concezione di onnipotenza ad una percezione realistica.

Idealmente,il vero sé rappresenta "il potenziale innato,che sperimenta una continuità di essere e acquisisce ,in una maniera e con una rapidità tutte sue ,una realtà psichica personale e un personale schema corporeo".

L'esperienza umana ideale comporta la generazione di impulsi ed espressioni spontanee,mentre il vero sé "non fa altro che raccogliere insieme i dettagli dell'esperienza di essere vivi".

Tuttavia,anche nelle circostanze migliori,l'essere una persona è un fenomeno fragile e incerto,e c'è sempre una tensione tra esperienza soggettiva e realtà oggettiva.

Tutti noi cominciamo la vita in una condizione di totale dipendenza dagli agenti delle cure materne,che riconoscono e facilitano i nostri desideri e gesti,e ci offrono perfino la possibilità di conoscerci e diventare noi stessi.


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