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Anoressia e bulimia




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ANORESSIA E BULIMIA


Spesso, il peccato di gola può avere manifestazioni anche legate alla magrezza.

Purtroppo, i disturbi alimentari sono quasi sempre stati considerati una malattia al femminile:

Oggi, grazie alla Fondazione Istituto Neurologico Casimiro Mondino di Pavia che compie ricerche anche in questo campo, si è venuti a conoscenza che il 5-10% delle persone anoressiche e il 10-15% di quelle affette da bulimia sono maschi.

La prima volta che il termine "anoressia" venne dedicato ad una persona di genere maschile risale al 1689. Il ragazzo aveva sedici anni e il medico era l'inglese Morton. 


Per quel che riguarda la bulimia, invece, iniziò ad essere conosciuta inizialmente dagli Stati Uniti negli anni Settanta e fu definita "bulimarexia" dalla Boskind-Lodahl, autrice del primo lavoro moderno su tale sindrome. A partire dagli anni Ottanta la bulimia, come anche l'anoressia, hanno riscosso molte attenzioni e finalmente, oggi si è giunti alla consapevolezza che i disturbi alimentari possono interessare sia gli uomini che le donne.

Pare che l'esordio dei disturbi alimentari maschili sia da collocarsi intorno all'adolescenza, nel momento in cui gli individui si pongono di fronte al problema di come strutturare la propria identità di adulti.


Anoressia significa "mancanza di desiderio"; il soggetto, affetto da tale disturbo, rifiuta di mantenere un peso corporeo uguale o superiore a quello minimo dato dal rapporto con l'altezza. Gli studiosi distinguono due diverse tipologie di anoressia:

anoressia intesa come la perdita di appetito legata a sindromi quali ad esempio la depressione;

anoressia mentale intesa come il dimagrimento esasperato legato ad una intensa paura di acquistare peso accompagnata quasi sempre da meccanismi di compenso quali vomito indotto o assunzione di farmaci quali lassativi, diuretici o clisteri.

Bulimia significa letteralmente "fame da bue", il soggetto affetto da tale disturbo si abbuffa e si produce il vomito per compensare la quantità di cibo assunto mantenendo così il peso corporeo prefissatosi. Anche in questo caso la sindrome bulimica può assumere due forme:

bulimia intesa come "grande fame divorante", un'avidità di cibo accompagnata da una sensazione di debolezza;

bulimia mentale o nervosa intesa come iperfagia incontrollata legata a meccanismi di compenso quali digiuno, esercizio fisico eccessivo, vomito indotto, assunzione di farmaci lassativi, diuretici, clisteri.


Normalmente i primi disturbi legati all'alimentazione si manifestano in segreto sortendo l'effetto di isolare una parte centrale dell'esistenza di queste persone in quanto tenuta nascosta al resto del mondo.

L'isolamento non è solo secondario alla volontà di non parlare del proprio disagio ma è dovuto anche all'assenza fisica dai momenti di ritrovo legati all'alimentazione (pasti in famiglia o tra amici).

Il segreto, per queste persone, diventa sempre più importante tanto da prendere il posto alla necessità di socializzare, che era a monte del disagio.


Le conseguenze di questi due disturbi alimentari sono molteplici e di diversa intensità.

In ambito sociale, mentre spesso l'anoressico tende a chiudersi sempre di più nel suo senso di disagio che lo assilla in continuazione, il bulimico ha l'obiettivo di dimagrire per mantenere il peso ideale che si è prefissato in modo da vincere il senso di inadeguatezza nei confronti degli altri continuando però ad abbuffarsi in maniera incontrollata.

Per raggiungere tali obiettivi entrambi persistono spesso nell'adottare gli stessi strumenti con differente intensità.

Il vomito, ad esempio, se nella bulimia è un meccanismo di compenso all'abbuffata, nell'anoressia rischia di diventare l'obiettivo principale della persona.

Spesso la fame incontrollata per il bulimico e residua per l'anoressico può portare il soggetto a procurarsi delle punizioni che vanno dal vomito all assunzione di farmaci all'inflizione di tagli o graffi come espressione violenta della rabbia per aver mangiato "eccessivamente" secondo i criteri loro impostisi, e in secondo luogo per attenuare la tensione verso l'abbuffata.

Da un punto di vista clinico la persona che utilizza il vomito, i farmaci o l'autopunizione per raggiungere i propri fini può manifestare conseguenze che si ripercuotono negativamente sulla sua fisicità.

Il vomito frequente porta all'irreversibile erosione dello smalto dentario causata dagli acidi gastrici e provoca il rigonfiamento delle ghiandole salivari poste sopra le gengive. Quest'ultimo effetto non è doloroso ma rende il viso paffuto e intensifica nuovamente l'ansia di aver assunto peso. Naturalmente, anche se di rado, l'apparato digerente può subire danni che vanno dal sanguinamento della gola, alla lacerazione dell'esofago e ai disturbi dell'equilibrio idrosalinico e vitaminico.

L'eccessiva perdita di peso se raggiunge limiti estremi porta ad un grave decadimento psichico e organico a volte incompatibile con la vita e si rende necessario il ricovero ospedaliero.

Queste patologie possono avere un andamento cronico o acuto con conseguenze estreme diverse: mentre il bulimico ha la tendenza a cronicizzare le alterazioni del suo comportamento e solo in alcuni casi può diventare anoressico, quest ultimo rischia invece di andare incontro alla morte a causa dell esasperato rifiuto del cibo all origine di conseguenze incompatibili con la vita.

Dal punto di vista psicologico e personale, nel soggetto anoressico permane un rifiuto totale non solo verso l'alimentazione ma verso qualsiasi elemento della società compreso il piacere (per esempio il mangiare in famiglia o con amici, o la semplice voglia di stare con gli altri in termini generali). L'anoressica/o presentano un deficit cognitivo, caratterizzato da una distorsione mentale che li porta ad un ragionamento del tipo "tutto o niente", "sasso o vetro". L'incapacità di trovare un compromesso alla situazione li spinge ad assumere situazioni di rigidità mentale.

Le caratteristiche del comportamento anoressico che portano allo sviluppo del sintomo sono:

ricerca di una "magrezza" ideale che non potrà essere raggiunta, se non con la fine della propria esistenza

iperinvestimento dell'aspetto

alessitimia, cioè l'incapacità di esprimere le emozioni

aridità affettiva

Dalle ricerche è emerso che, nel caso dell'anoressia, sostanzialmente è presente una madre dominante che vuole a tutti i costi realizzare nel proprio figlio/a quello che non ha potuto realizzarsi in lei.

Il padre, invece, risulta essere una figura solitamente poco presente sia fisicamente che emotivamente.

Il soggetto anoressico, purtroppo, è il capro espiatorio che permette di mantenere l'equilibrio all'interno di una famiglia patologica.


Il bulimico invece, perseguendo nel suo comportamento scorretto, continua a rincorrere il piacere con l'appagamento conseguente l'abbuffata senza acquisire la consapevolezza del limite tipica dell'adulto equilibrato.

Per quel che riguarda la soluzione a questi disturbi l'approccio può essere di natura psicoterapeutica, nel caso in cui la malattia non abbia già compromesso le funzioni vitali della persona o di natura farmacologia nel caso in cui sia necessario intervenire con una cura domiciliare fino ad arrivare al ricovero ospedaliero del soggetto sempre comunque accompagnato da un supporto psicologico. Poi, se necessario, anche la famiglia viene coinvolta in una terapia di gruppo finalizzata ad aiutare l'interessato.

Nell'analizzare le caratteristiche di questi disturbi è dunque necessario sottolineare che ogni manifestazione è assolutamente attribuibile sia al genere femminile che a quello maschile e che per risolvere questi problemi sia fondamentale parlarne senza timori e senza vergogna cercando di superare l'assillante disagio all'origine.





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