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Kamikaze




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KAMIKAZE


La 'tempesta divina' che terrorizza il mondo La parola 'Kamikaze' ha origine da due termini giapponesi: 'kami' che significa 'dio' e 'kaze' che significa 'vento, tempesta'. Con 'tempesta divina' si chiamavano gli uragani che nel XIII secolo distrussero le truppe mongole che erano in procinto di invadere il Giappone.
Comunemente però l'espressione viene associata a quelle persone che compiono azioni che implicano un pericolo estremo per la loro vita e che sono disposti a sacrificare la propria vita. I primi kamikaze della storia furono impiegati dal Giappone durante la Seconda guerra mondiale.

Verso la fine del 1943 il capitano di vascello Eiichiro Jo, comandante della portaerei Chiyoda, propose di organizzare gruppi di piloti che si sacrificassero lanciandosi con i loro aerei sugli obiettivi avversari. La prima azione dei kamikaze avvenne il 5 luglio 1944. Vennero impiegati 17 aerei che decollarono da Iwo Jima per dirigersi verso la quinta flotta Usa che si trovava nelle Marianne.

La missione si rivelò un insuccesso: metà degli aerei fu abbattuta e gli altri furono costretti a rientrare ma la tattica acquistò credito nelle strategie dell'aeronautica giapponese. Il 15 ottobre 1944 il contrammiraglio Aima, comandante della ventiseiesima flottiglia aerea di base a Manila, condusse da solo un attacco suicida contro la task force 38 dell'ammiraglio Mscher. Furono 5000 i piloti che si lanciarono con i loro aerei carichi di esplosivo contro le navi nemiche, in particolar modo contro la settima e la terza flotta americana che assediavano le Filippine.
Il credo dei kamikaze era influenzato dal 'Bushido', il codice di condotta del guerriero giapponese basato sullo spiritualismo proprio del buddismo che enfatizza il coraggio e la coscienza dell'uomo. I kamikaze ritenevano che la missione d'attacco non fosse un gesto straordinario ma solamente una parte del loro dovere: il loro patriottismo nasceva dalla convinzione che la nazione, la società e persino l'universo si identificavano nell'Imperatore e per questo motivo erano disposti a sacrificare la loro vita.



LA POLITICA DEL TERRORE

La lunga scia di sangue del terrorismo internazionale L'attacco avvenuto oggi alle due torri del World Trade Center che ne ha causato la distruzione, ha ottenuto un risultato che solo le peggiori previsioni potevano fare immaginare. Il terrorismo internazionale che si è spesso servito degli aeromobili per manifestare il proprio dissenso dirottando o prendendo passeggeri come ostaggi, ha cambiato strategia per colpire meglio il nemico nei suoi punti nevralgici.

Nel 1983 un camioncino riempito di esplosivo viene lanciato contro la postazione del quartier generale dei marines a Beyrut uccidendo 241 militari americani e 58 francesi.

Il 7 ottobre 1985 il terrore si sposta nei mari. Un commando di palestinesi sequestra la nave da crociera italiana Achille Lauro. L'americano di origine ebrea Leon Klinghoffer perde la vita.

Nel 1988, un Boeing 747 della Pan Am esplode nei cieli della Scozia, nei dintorni di Lockerbie. Il jumbo era diretto verso gli Stati Uniti. Una tragedia che lascia 270 vittime. L'attentato porta all'arresto di un cittadino libico.

Nel 1993, un altro salto di qualità. Per la prima volta il terrorismo internazionale colpisce in territorio americano. Il 26 febbraio alle ore 12,18 una bomba composta da prodotti chimici che normalmente vengono utilizzati nei fertilizzanti, esplode nel garage sotterraneo delle torre gemelle del World Trade Center. Sei i morti e più di mille feriti.

Nel 1994 ad Algeri, quattro fondamentalisti islamici del Gruppo islamico armato bloccano un Airbus 300 dell'Air France con 239 persone a bordo, uccidendo tre ostaggi. Dopo aver liberato 83 ostaggi, dirottano l'aereo su Marsiglia. L'epilogo termina in un bagno di sangue: i terroristi vengono uccisi dai corpi speciali della Gendarmeria francese ma nella sparatoria restano feriti 13 passeggeri.

Nel 1995 si arresta Ramzi Ahmed Yousuf, un integralista islamico sospettato per l'attentato del 1993 al World Trade Center. Gli investigatori trovano nel suo laptop un file contenente un piano per fare esplodere due aerei nel cielo di Hong Kong. Le analogie con i fatti di oggi sono preoccupanti.

Nel 1999, due studenti fanno una strage. Armati con fucili, pistole e bombe artigianali uccidono 13 studenti della Columbine High School, un sobborgo di Denver (Colorado). Il progetto originale dei due criminali prevedeva l'uccisione di 500 compagni di scuola, il dirottamento di un aereo per poi schiantarsi sulla città di New York.

Nel 2001 il governo di Israele decide di abbattere un aereo da turismo che proveniva dal Libano e aveva oltrepassato il limite dello spazio aereo nazionale, nonostante le varie segnalazioni dei caccia con la stella di David.

Le parole del presidente Bush parla alla nazione e al mondo Dopo la tragica mattinata di ieri, il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, ha lasciato il Nebraska per ritornare alla Casa Bianca. Un gesto simbolico, un messaggio rassicurante e un modo per mostrare a tutti che l'uomo più potente del mondo non ha bisogno di rifugiarsi in una base militare iperprotetta per sentirsi sicuro. Dalla sua scrivania Bush ha parlato alla nazione e al mondo.

«Oggi i nostri connazionali, il nostro stile di vita, la nostra stessa libertà sono stati attaccati da una serie di atti terroristici deliberati e mortali. Le vittime erano sugli aerei o nei loro uffici: segretarie, donne manager e business men, militari e federali, mamme e papà, amici e vicini di casa. Migliaia di vite sono state improvvisamente stroncate dal male, da orribili atti di terrore. Le immagini degli aerei che volano dritti verso le torri, gli incendi, quelle gigantesche strutture che collassato e crollano ci hanno riempiti di sfiducia, di una terribile tristezza e di una calma, inflessibile rabbia. Questi omicidi di massa avevano lo scopo di terrorizzare la nazione gettandoci nel caos e facendoci battere in ritirata. Ma hanno fallito. Il nostro Paese è forte. Molta gente è stata mobilitata per difendere la nostra grande nazione. Gli attacchi terroristici possono scuotere le fondamenta dei nostri più grandi palazzi, ma non possono intaccare le fondamenta dell'America. Queste azioni mandano in frantumi l'acciaio, ma non possono ammaccare la determinazione d'acciaio dell'America. L'America è stata l'obiettivo di questi attacchi perché siamo il faro più brillante per libertà e opportunità in tutto il mondo. Oggi la nostra nazione ha visto il male, il peggio della natura umana, e noi abbiamo risposto con il meglio dell'America, con il coraggio dei nostri soccorritori, con le premure di estranei e vicini di casa che si sono prestati a donare il sangue e ad aiutare in ogni modo possibile. Subito dopo il primo attacco ho implementato i piani di emergenza del nostro governo. Il nostro esercito è potente e preparato. Le nostre squadre d'emergenza sono al lavoro a New York e a Washington per aiutare le locali squadre di soccorso. La nostra priorità è aiutare chi è stato ferito e prendere tutte le precauzioni possibili per proteggere i nostri cittadini a casa e in giro per il mondo da altri attacchi. Il lavoro del nostro governo continua senza interruzioni. Le Agenzie federali di Washington che sono state evacuate riapriranno immediatamente per il personale essenziale e a partire da domani, perché tutti possano tornare al lavoro. Le nostre istituzioni finanziarie rimangono forti e l'economia americana sarà aperta per business. La ricerca di coloro che stanno dietro queste orribili azioni è già partita. Ho dato direttive a tutte le nostre risorse dell'intelligence e alle forze dell'ordine perché trovino i responsabili e venga fatta giustizia. Non faremo distinzione tra i terroristi che hanno commesso l'atto e coloro che li hanno spalleggiati. Apprezzo moltissimo il contributo dei membri del Congresso che si sono uniti a me nel condannare duramente questi attacchi. In nome del popolo americano, ringrazio i molti leader mondiali che hanno chiamato per offrirci le loro condoglianze e la loro assistenza. L'America, i nostri amici e i nostri alleati si uniscono a tutti coloro che vogliono la pace e la sicurezza nel mondo, ci schieriamo insieme per vincere la guerra contro il terrorismo. Questa notte vi chiedo di pregare per tutti coloro che stanno soffrendo, per i bambini il cui mondo è stato scosso alle fondamenta, per tutti coloro che sentono che il loro senso di sicurezza e tranquillità è stato minacciato. E io pregherò perché vengano confortati da un potere più grande di quanto si possa dire, come nel Salmo 23: "Anche se cammino per la valle delle ombre e della morte, non ho paura del male poiché tu cammini con me". Questo è un giorno in cui gli americani si uniscono nella loro determinata voglia di giustizia e pace. L'America ha già fronteggiato dei nemici e lo rifarà ora. Nessuno di noi dimenticherà mai questo giorno, eppure andremo avanti nella nostra difesa della libertà e di tutto ciò che è buono e giusto nel nostro mondo. Grazie, buona notte e che Dio benedica l'America».
E proprio in queste ore arriva l'appello del ministro per la Giustizia John Ashcroft, che ha annunciato l'imminente creazione di un sito web, attraverso il quale si raccoglieranno tutte le informazioni e le segnalazioni utili all'individuazione dei responsabili della tragedia.


Afghanistan


Repubblica (Da Afghanestan Jomhuriyat) dell'Asia centroccidentale.

Superfice: 652.225 km

Popolazione: 19.092.000 ab.

Capitale: Kabul.

Lingua: dari e pashto.

Religione: musulmana.

Unità monetaria: afghani, diviso in 100 puls.

Confini: confina a nord con Turkmenistan, Uzbekistan e Tagikistan, a ovest con l'Iran, a sud e a est col Pakistan, a nord-est con la Cina.

Ordinamento: Repubblica presidenziale con Parlamento bicamerale. La guerriglia islamica ha costituito un governo provvisorio in esilio. Amministrativamente, il Paese è diviso in 31 province.


GEOGRAFIA

Il territorio si estende sul settore orientale dell'altopiano iranico, steppico, arido, interessato dalle catene del Paropamisus (Band-i Baba) e dell'Hindukush, con cime oltre i 7000 m. I fiumi appartengono per lo più al bacino dell'Indo (Kabul), dell'Amudarja e dell'Helmand, preziosi per l'irrigazione in un Paese a clima secco, continentale, con estati calde e piogge soltanto durante la rigida stagione invernale. La popolazione, in parte nomade, è formata da genti afghane e pathane e annovera gruppi consistenti di Tagichi oltre a Hazari, Uzbechi e Turcomanni. I centri più importanti, oltre a Kabul, sono: Kandahar, Herat, Mazar-i-Sharif. L'economia si basa sull'allevamento ovino (pecore karakul) e caprino, su una povera attività agricola (cereali, frutta), sull'industria di trasformazione (tessuti, prodotti alimentari) e sull'artigianato (tappeti). Il sottosuolo fornisce oro, piombo, carbone, ferro, lapislazzuli; notevoli giacimenti di gas naturale e di petrolio.


STORIA

Sede dell'antico regno greco di Battriana (II sec. a. C.) e di quello turco dei Kushan (I sec.), l'Afghanistan fu invaso dagli Arabi e completamente islamizzato (secc. VII-IX). Tra le dinastie musulmane, particolare splendore al Paese diede quella dei Ghaznavidi (secc. X-XII). Nel XV sec. vi dominarono i Timuridi, Turchi iranizzati. Col XVI sec. iniziò la penetrazione degli Afghani che dettero il nome al Paese, che divenne un regno unitario nel 1747. Nel XIX sec. l'Inghilterra riuscì a imporre sull'Afghanistan un semiprotettorato solo a prezzo di due guerre (1832-1842 e 1878-1879), ma con una terza guerra (1919) l'Afghanistan recuperò la piena indipendenza (1921). Nel 1973 fu deposta la monarchia e proclamata una repubblica presidenziale, rovesciata nel 1978 da un colpo di Stato militare che impose un regime marxista filosovietico, contro cui si accese una guerriglia islamica. Dal 1979 al 1989 l'Afghanistan fu occupato da truppe sovietiche nel vano tentativo di schiacciare la resistenza dei mujaheddin islamici. La guerra civile è proseguita anche nel 1990-1991, dopo il ritiro dei Sovietici, e i diversi raggruppamenti della resistenza islamica hanno dato vita a un governo provvisorio in esilio. Nel 1992 i mujaheddin hanno rovesciato il governo filosovietico di M. Najibullah ed è stato eletto presidente Burhanuddin Rabbani; sono continuati tuttavia gli scontri armati tra le diverse fazioni di mujaheddin in un clima di profonda instabilità.




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