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Plancton - classificazione del plancton, il fitoplancton, lo zooplancton, il meroplancton, ciclo stagionale del plancton




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Il termine PLANCTON, traslato dal greco, è stato usato per la prima volta nella letteratura scientifica nel 1887 dal fisiologo Hensen per definire le particelle sospese e gli organismi animali e vegetali che vivono in sospensione nell'acqua e che passivamente si fanno trasportare.

Attualmente il termine plancton si è soliti riferir­lo esclusivamente agli organismi viventi.

Le particelle non viventi (spoglie organismi morti, detrito organico e sospensioni minerali) sono indicate con il nome di TRIPTON.

L insieme del plancton e del tripton forma il cosid­detto SESTON.

Negli strati superficiali delle acque vi sono delle associazioni particolari di organismi planctonici: il co­siddetto PLEUSTON che è formato da quegli organismi anima­li che sporgono con parte del loro corpo dall'acqua, come ad esempio i Sifonofori; e il NEUSTON suddiviso in EPINELJ­STON, formato dagli organismi che vivono sulla pellicola di tensione superficiale, e IPONEUSTON, formato da quelli che vivono immediatamente sotto la superficie.

Si usa inoltre il termine LARVATON per definire l'insieme delle larve planctoniche.

Gli organismi planctonici per restare sospesi nella acqua o almeno per rallentare la loro caduta verso il fon­do, presentano degli adattamenti morfologici e fisiologici acquisiti nel corso della loro evoluzione.

La capacità di galleggiamento dei planctonti è dovu­ta a particolari adattamenti che diminuiscono il peso spe­cifico degli organismi: la riduzione di tutte le parti pe­santi, come nicchi e strutture di sostegno, l'altissima i­dratazione dei tessuti che avvicina moltissimo il peso specifico degli organismi a quello dell'acqua di mare, la presenza di vacuoli pieni d'aria e di gas che funzionano come veri e propri galleggianti.

La velocità di discesa viene rallentata anche dalla forma del corpo, spesso appiattita o addirittura nastriforme o foliacea.

Per aumentare la superficie portante è frequente la presenza di spine, appendici spinose, setole più o meno lunghe, lunghi tentacoli, ecc.

Infatti il rallentamento della velocità di caduta è tanto maggiore quanto più grande è la superficie totale del corpo rispetto al suo volume.

Una caratteristica comune a molti organismi è la trasparenza dovuta alla presenza di un elevato contenuto di acqua nei tessuti ed alla riduzione o scomparsa dei pigmenti colorati, che nel caso siano presenti, sono concentrati solo in alcune zone del corpo.

La trasparenza è stata interpretata come un meccani­smo di difesa nei confronti dei predatori

CLASSIFICAZIONE DEL PLANCTON

Esistono diversi criteri in base ai quali possono essere classificati gli organismi planctonici. Il primo di essi è quello che si basa sulla divisione degli esseri viventi in animali e vegetali e di conseguenza in plancton animale

o ZOOPLANCTON e plancton vegetale o FITOPLANCTON. Altri criteri di classificazione si basano sulle dimensioni, sulla distribuzione e su caratteristiche biologiche. In base alle dimensioni raggiunte dagli organismi

planctonici possono essere distinte le seguenti categorie:

MEGALOPLANCTON:    comprende gli organismi piu' grandi le cui dimensioni variano da circa 5 cm a qualche metro di lunghezza (es. grandi Meduse, cate ne di Salpe, Pirosomi)

MACROPLANCTON:       comprende organismi le cui dimensioni varia no da 5 mm a 5 cm (es. Crostacei, Meduse, Sifonofori, Chetognati, Tunicati,)

MESOPLANCTON: comprende gli organismi da 1 mm a 5 mm (es. Crostacei, Meduse, Appendicularie,)

MICROPLANCTON:        comprende organismi da SOym a 1 mm (es. Fo raminiferi, Diatomee medie e grandi, molti Copepodi e la maggior parte delle forme lar­vali degli invertebrati bentonici)

NANOPLANCTON:          organismi da 5 a 50 m (es. Fitoflagellati, Coccolitoforidi, Ciliati, Radiolari e le piu' piccole larve di invertebrati)

ULTRAPLANCTON:        formato da Batteri e Flagellati di dimensio­ni inferiori ai Sftm. Viene raccolto per mez­zo delle bottiglie di Nansen il cui contenu­to viene poi filtrato su filtri di cui sono note le dimensioni dei pori.

Viene proposta anche una classificazione dello zoo­plancton che tiene conto delle dimensioni delle maglie, anzi del vuoto di maglia, dei retini usati per la raccol­ta. Si individuano così le seguenti categorie:

MICROZOOPLANCTON:              dimensioni massime 200pm PICCOLO MESOZOOPLANCTON: dimensioni comprese tra 200pm e10 mm

GRANDE MESOZOOPLANCTON:         organismi raccolti con reti di 1 mm di maglia

MACROZOOPLANCTON:            organismi da 2 a 10 cm.

Sulla base delle caratteristiche del loro ciclo vi­tale si possono distinguere due categorie di organismi planctonici:

OLOPLANCTON  che comprende quegli organismi che trascorro­no tutta la loro vita in sospension

MEROPLANCTON           che comprende quegli organismi che solo per un certo periodo della loro esistenza, quel­la larvale, sono planctonici.

Il meroplancton è particolarmente abbondante vici­no alle coste specialmente se la platea continentale è e-stesa e popolata da ricche biocei~i bentoniche.

Le comunità pelagiche costiere e della platea con­tinentale formano il PLANCTON NERITICO nel quale, natural­mente, gli organismi meroplanctonici sono i più rappresen­tati.

Il PLANCTON OCEANICO o di ALTURA vive abitualmente ,al largo ed è costituito, per la maggior parte da specie oloplanctoniche.

Sulla base della distribuzione verticale del plan­cton in rapporto con la penetrazione della luce sono stati individuati i quattro livelli seguenti:

PHAOPLANCTON o FAOPLANCTON   plancton della zona illuminata (da O a 100 m)

KNEPHOPLANCTONOKNEFOPLANCTON: plancton della zona d'ombra (da 100 m a 400-500 m)

SQØI7OPLANCTON                            plancton della zona oscura (da 400 a 1.500 m)

NICTOPLANCTON:                            plancton della zona buia

Infine in riferimento ai piani in cui viene suddivi­sa la regione pelagica si distinguono ancora:

EPIPLANCTOW        da O a 50 m

MESOPLANCTON:   da 50 a 200 m

INFRAPLANCTON:  da 200 a 5-600 m

BATIPLANCTON:     da 500 a 2.500 m

ABISSOPLANCTON:       da 2.500 a 6-7.000 m

ADOPLANCTON                            > 7.000 m

Occorre precisare che i termini di questa ultima classificazione sono poco usati al contrario dei corrispondenti epipelagico, mesopelagico, e così via, che si ri­feriscono non solo al plancton ma anche al NECTON (comples­so degli organismi dotati di movimento attivo come ad es. moltissimi Pesci, Cetacei, certi Cefalopodi, Cheloni mari­ni).

RACCOLTA DEGLI ORGANISMI PLANCTONIC

Lo strumento tipico per la raccolta del plancton é

il    RETINO da PLANCTON.

Esso é costituito da una robusta tela a maglie fit­tissime, di forma conica e l'apertura è munita di un anello a cui sono legate tre corde che fanno capo ad un'unica corda con la quale esso viene rimorchiato dal natante

All'estremità inferiore del retino è posto un reci­piente di raccolta che è fatto in modo tale che l'acqua filtrata esca lateralmente senza schiacciare gli organi­smi più delicati, che possono essere raccolti in buone condizioni e poi osservati in laboratorio.

Per rendersi conto delle ragioni di eventuali variazioni qualitative e quantitative del plancton raccolto sarà necessario avere un quadro preciso delle condizioni ambientali dei vari strati ai quali è stato effettuato il prelievo.

Saranno pertanto registrate, oltre alla profondità delle varie pescate, il giorno, l'ora, le condizioni del mare e quelle atmosferiche e saranno raccolti campioni di acqua alle varie profondità con le bottiglie a rovescia­mento per valutare parametri come salinità, ossigeno di­sciolto,nitrati e fosfati.

I retini da plancton usati per la raccolta in acque profonde sono provvisti di un messaggero che determina la chiusura automatica del retino alla profondità voluta per

impedire che durante il sollevamento vengano raccolti an­che organismi dei livelli superiori.

Per avere un quadro della distribuzione del plancton in una data regione può essere utilizzato uno speciale ap­parecchio ideato nel 1939 da uno scienziato inglese, Ali­ster Hardy, che è detto "continuos plankton recorder" che raccoglie continuamente il plancton su lunghi percorsi.

Nell'apparecchio rimorchiato a forte velocità da qualsiasi imbarcazione, il flusso d'acqua, oltre alle eh che, aziona un sistema di rulli su cui scorre una fascia di garza che raccoglie i campioni.

La fascia viene poi avvolta in un serbatoio con so­stanza fissativa e fornisce la documentazione della qualità del plancton incontrato.


IL FITOPLANCTON

Il         fitoplancton è formato da organismi vegetali autotro­fi che possono cioè sintetizzare la sostanza organica parten­do da anidride carbonica, acqua e sali minerali.

Il         processo con cui vengono formati gli idrati di carbo­nio è la fotosintesi, caratteristica di tutti i vegetali provvisti di clorofilla.

Gli organismi del fitoplancton appartengono a tutti i phila nei quali vengono classificati i vegetali, presentano perciò un'organizzazione ed un grado di evoluzione molto di­versi.

Il         fitoplancton comprende la quasi totalità delle piante marine, compreso i funghi ed escluse le piante superiori.

La frazione più importante è però rappresentata da alcu­ni gruppi che, da soli rappresentano quasi il 100% del fito­plancton: le Diatomee, i Dinoflagellati, i Coccolitoforidi ed

i Silicoflagellati.

DIATOMEE

Queste alghe rappresentano uno dei più importanti compo­nenti del fitoplancton, specie nei mari freddi.

Sono algheunicellulari che vivono isolate, oppure riuni­te in colonie.

Si riproducono sia per scissione sia per via sessuata con produzione di isogameti.

La cellula è racchiusa in una specie di astuccio siliceo (Frustulo) formato da due valve che si incastrano perfettamente l'una nell'altra.

Quando le Diatomee muoiono, i loro involucri cadendo sul fondo formano depositi caratteristici, talvolta imponenti.

In base alla simmetria delle valve si possono distingue­re due categorie: le Diatomee Pennate a simmetria bilatera le doppia e le Diatomee Centriche a simmetria radiata.

DINOFICEE (dette anche Peridinee o Dinoflagellati) Altro gruppo particolarmente abbondante del fitoplancton è rappresentato dalle Dinoficee.

In tutte queste alghe sono resenti due flagelli orienta­ti in senso perpendicolare l'uno all'altro; il nucleo presen­ta una struttura particolare dovuta a minute granulazione cromatiche unite in filamenti (Dinocarion).

La moltiplicazione avviene a mezzo di spore biflagellate dette dinospore.

Esistono Dinoflagellati autotrofi, mixotrofi ed eterotro­fi. I Dinoflagellati possono essere provvisti di clorofilla (forme autotrofe) od esserne privi (eterotrofi). Esistono an­che specie mixutrofe provviste ancora di plastidi con cloro­filla ma con un metabolismo nutrizionale di tipo eterotrofo o saprofitico.

Alcuni Dinoflagellati (es. Gymnodinium, Goniaulax, Exu­viella, Pyrinidium) sono responsabili delle cosiddette fioritu re algali o maree rosse.

Tra le specie più comuni e note di Dinoflagellati vanno ricordate: Noctiluca miliaris che, come altre specie dei generi Goniaulax e Peridinium, è dotata di una intensa fosforescen za.

CRISOFICEE

Altro gruppo fondamentale del fitoplancton è rappresenta­to dalla classe dtlFe Crisoficee con i gruppi dei Coccolitofori di e dei Silicoflagellatì.

I Coccolitoforidi son provvisti di due flagelli ed hanno uno seletro calcareo di forma molto varia.

Nel Mediterraneo, a seconda della stagione e del luogo, possono rappresentare sino al 90% di tutte le alghe plancto­niche. Molto abbondanti nei mari caldi, prediligono acque limpide ricche di ossigeno e sono inoltre responsabili, come le Diatomee, della formazione di notevoli depositi marini.

I Silicoflagellati sono caratterizzati dalla presenza di un unico flagello e da uno scheletro siliceo tipicamente tubulare. Abbondano nel Mar Mediterraneo, specie nei mesi autunnali.

Oltre alle Diatomee, ai Dinoflagellati ed alle Crisoficee fanno parte del fitoplancton altri gruppi minori come le Cia­noficee e le Xantoficee che possono talvolta assumere notevole rilevanza in determinati ambienti.

CIANOFICEE (dette anche Alghe Azzurre, Schizoficee o Mixoficee)

Sono molto simili ai Batteri; oltre alla Clorofilla A hanno un pigmento azzurro per cui vengono dette anche alghe azzurre.

Hanno un habitat molto vario, poco numerose risultano le specie marine ed in particolare quelle planctOniche. Tra queste ricordiamo i generi Trichodesmium e Richelia. Trichodesmium thiebautii abbonda nel plancton mediterraneo di superficie; questa specie è affine al T. erythraeum che talora si trova in e­normi quantità nel Mar Rosso.

La specie Richelia  intracellulare vive in simbiosi con Diatomee planctoniche.

XANTOFICEE (dette anche Alghe Dorate)

Queste alghe sono particolarmente ricche di carotenoidi, responsabili della colorazione gialla.

Sono provviste di due flagelli di diversa lunghezza e per questo venivano dette Hetrocontae.

Della classe delle Xantoficee il solo ordine delle Ete­roccocali è presente nel plancton.

La specie più importante e comune nel Mediterraneo, so­prattutto nella stagione fredda,è Halospaera viridis.

Esistono infine altri gruppi di alghe che entrano a far parte del fitoplancton, da considerarsi comunque poco impor­tanti, per la loro rarità, nei processi produttivi del mare.


LO ZOOPLANCTON

Lo zooplancton è costituito da una grande varietà di organismi marini che, come si è detto precedentemente, possono condurre vita pelagica per tutta la loro esistenza (OLOPLANC TON) oppure solamente per una parte di essa (MEROPLANCTON).

Tutta, o quasi, la fauna marina ha i suoi rappresentan­ti nel plancton sia che si tratti di organismi adulti che di stadi giovanili, larvali, uova, ecc In pratica, cioé, nel plancton marino sono presenti organismi appartenenti a tutti i "phyla" zoologici.

Partendo dall'esame dell'Oloplancton o plancton perma­nente, si può dire che, escluso i Poriferi, i Briozoi e i Foron-idei, tutti gli altri phyla sono rappresentati da specie più o meno numerose.


PROTOZOI

Tra i Protozoi sono presenti i Foraminiferi, i Radiola­ri e i Ciliati Tintinnidi.

I Foraminiferi appartengono alla classe dei Sarcodini e hanno un guscio esterno calcareo perforato da pori attraver­so i quali la cellula emette gli pseudopodi.

Vi appartengono i generi Globigerina, Globigerinoides e Orbul ma.

I Radiolari preseùtano scheletro siliceo formato da spi cole variamente orientate.

Gli Acantari, simili ai Radiolari ai quali una volta e­rano riuniti, hanno uno scheletro fatto di solfato di stron­zio (celestina) e le specie più comuni appartengono ai gene­ri Acanthometra e Acantholithium.

I Ciliati ed in particolare i Tinitinnidi sono caratte­rizzati dalla presenza di una capsula gelatinosa e rappre­sentano una considerevole frazione del microplancton che èvalutata intorno al 50-80% di tutti gli organismi di dimensioni inferiori ai 35-4Ogm.

Generi più comuni sono Tintinnopsis, Codonella, Fa­vella, ecc.


CELENTERATI

I Celenterati o Cnidari sono caratterizzati da una cavità interna (il "celenteron") per la digestione che pre­senta una sola apertura esterna, la bocca, circondata da un anello di tentacoli.

Questa forma è tipica sia dell 'individuo bentonico, il "polipo", che dell'individuo planctonico, cioè la "medusa

Nella forma a medusa si ha però un adattamento al galleggiamento attraverso lo sviluppo della mesoglea gela­tinosa e un rovesciamento della posizione, con la bocca si tuata inferiormente, per assicurare l'alimentazione.

I Celenterati comprendono tre classi: Idrozoi, Scifo zoi e Antozoi.

Celenterati che conducono tutto il loro ciclo in am­biente pelagico sono i Sifonofori e le Trachiline apparte­nenti alla classe degli Idrozoi e la classe degli Scifozoi.

I Sifonofori sono largamente distribuiti e costitui­scono delle colonie galleggianti caratterizzati da indivi­dui con spiccato polimorfismo.

Il galleggiamento è assicurato dalla "pneumatofora" che è una vescica piena di gas al di sotto della quale sono disposti in vario modo, secondo la specie, gli individui che compongono la colonia: i gastrozoidi specializzati per la nutrizione, i gonozoidi specializzati per la riproduzione, i dattilozoidi che presentano le "nematOcisti" per la cattura della preda.

Generi molto noti sono Physalia, Velella, Physophora e Forskalia.

La Fisalia (Physalia caravella) che è la specie di maggiori dimensioni, potendo raggiungere i suoi tentacoli la lunghezza di alcuni metri, possiede filamenti urticanti che possono causare gravi lesioni.

La Velella (Velella velella) presenta una lamina triangolare a forma di vela, da cui deriva il nome, che sor ge sul disco che ha funzione di galleggiante.

Alla base del disco vi è un gastrozoide centrale cir­condato dai vari individui della colonia.

Dell'ordine dei Trachilini (Liriope, Geryonia, Cuni­na) fanno parte individui provvisti della sola forma medu­soide.

La larva ciliata che schiude dall'uovo si metamorfosa in medusa senza passare per la forma polipoide.

Alla classe degli Scifozoi appartengono le grandi meduse comuni nei nostri mari: l'Aurelia aurita è una delle specie più comuni; la Pelagia noctiluca, che di notte emana u­na viva fosforescenza, manca di generazione polipoide, cioè le "efire" (piccole meduse con il bordo a otto lobi) nasco­no direttamente dalle meduse; la Cothilorliiza tuberculata ha un diametro di circa 30 cm, manca di tentacoli marginali e quelli boccali sono ramificati ed hanno le estremità blua­stre.

L'ombrello è di colore bruno per la presenza di alghe unicellulari (zooxantelle) nei canali gastrovascolari.

E' frequente lungo le coste nei mesi autunnali.

La più grande medusa del Mediterraneo è la Rhizostoma pulmo che raggiunge le dimensioni di mezzo metro di diame­tro e quasi un metro di altezza.

E' una specie costiera che si può trovare in sciami numerosi.

Le meduse sono munite di particolari cellule urtican­ti dette "cnidoblasti", inserite lungo i tentacoli, che normalmente servono per paralizzare le prede di cui si nu­trono.

Di solito le lesioni provocate dalle meduse diffuse nei nostri mari sono lievi e si risolvono con gonfiori e bruciori sulla parte colpita che si attenuano in breve tem po.

Nei mari tropicali ci sono invece delle specie, appartenenti alle Cubomeduse, capaci di provocare gravissime conseguenze, anche letali, nell'individuo colpito

CTENOFORI

Gli Ctenofori sono organismi quasi tutti planctonici

(solo i Platictenoidi, non presenti in Mediterraneo, sono bentonici)

Hanno in genere forma globosa, sono trasparenti e nuo­tano grazie al movimento di otto file di pettini detti cte­ni fatti di ciglia agglutinate.

Non possiedono cnidoblasti e catturano le prede per mezzo di tentacoli provvisti di cellule adesive dette "col ]oblasti

Specie più comuni sono Cestus veneris, noto come Cintu­rà di Venere, che ha forma di un nastro trasparente che può raggiungere la lunghezza di oltre un metro; Beroe cucumis che è sprovvista di tentacoli e, al buio, è luminescente; Pleurobrachia pileus che presenta tentacoli lunghi anche dieci volte più del corpo.

ROTIFERI

Sono i più piccoli Metazoi ; caratterizzati da una bocca rotonda fornita di ciglia il cui movimento ondulatorio con­sente lo spostamento dell'animale.

Costituiscono uno dei componenti fondamentali del plancton delle acque dolci; in mare sono presenti i Seisonidei, frequenti lungo le coste, soprattutto durante l'estate, dove possono formare dense popolazioni.

TURBELLARI

Questa classe di Platelminti (Vermi piatti) è scarsa­mente rappresentata nel plancton.

Specie oloplanctonica è il rabdocelo MicTostoma che vi ve nel plancton neritico, ha aspetto foliaceo e si muove per la presenza di ciglia che ricoprono la superficie del corpo.


NEMERTINL

Sono vermi allungati, in prevalenza marini e bentoni­ci. Le poche forme planctoniche vivono in acque molto profonde fra i 200 e i 3.000 metri. Pelagonemertes, Plankonemertes e Nectonemertes sono i generi più diffusi. Più frequenti, nel plancton, le tipiche larve "PilidiumV


AN E L L ID I

Gli Anellidi planctonici appartengono alla classe dei Policheti erranti caratterizzati da un corpo segmentato provvisto di organi locomotori muniti di setole (parapodi) gene­ralmente espansi in modo molto vistoso.

Sono rappresentati dalle famiglie degli Alciopidi, dei Tifloscoleci e dei Tomopteridi.

Alcune specie planctoniche sono presenti anche nelle famiglie dei Sillidi e Fillodocidì.

Frequenti nel plancton le numerose forme di "trocofora", larva ciliata di tutti i Policheti sia planctonici che bento nici.

CROSTACEI

Gli organismi della classe dei Crostacei (Phylum Artro­podi) sono i più abbondanti nel plancton, sia come numero di specie che come numero di individui.

Sono rappresentati da Cladoceri, Ostracodi, Copepodi, Misidiacei, Cumacei, Anfipodi, Isopodi, Eufajsiacei e Decapo­di.

I Cladoceri sono un componente importante del plancton marino, specie nei mesi caldi e nella regione litorale.

Grazie alla riproduzione partenogenetica, attraverso la quale si ha in breve tempo un gran numero di individui, i Cladoceri sopportano senza danno l'attiva predazione di cui sono oggetto da parte di molti altri organismi marini.

Sono rappresentati dalla specie Podon polyphemoides e Penilia avirostris.

Gli Ostracodi sono Crostacei per la maggior parte bentonici. Il genere più noto tra quelli planctonici è Conchoecia con numerose specie.

Sono in genere lunghi meno di 3 mm, mentre la specie a­bissale Cigantocypris supera abbondantemente il centimetro.

I Copepodi rappresentano i principali costituenti dello zooplancton: ad esempio in una pescata di plancton i Copepodi sono spesso il 90% del numero totale di individui.

Sono in genere di piccole dimensioni, con un capo o ce­falosoma fuso con il primo segmento toracico e a volte anche con il secondo.

Il torace o metasoma comprende cinque segmenti ai quali segue l'addome o urosoma costituito anch'esso da cinque seg­menti seguiti da una biforcazione detta "furca" munita di setole.

Le femmine di molte specie portano le uova lateralmente e inferiormente in "sacchi ovigeri".

Specie piuttosto nota è Calanus finmarchicus ad ampia di­stribuzione sia batimetrica che latitudinale.

I Copepodi si nutrono soprattutto di fitoplancton, alcune specie però sono predatrici.

Essi vengono a loro volta predati da altri animali come Celenterati, Ctenofori, Chetognati, Pesci pelagici sia adulti che negli stadi giovanili e persino dalle balene.

Rappresentano quindi uno dei più importanti anelli delle catene alimentari.

I Misidacei hanno corpo trasparente, occhi peduncolati e presentano delle tasche incubatrici in cui si sviluppano le uova, situate in posizione ventrale alla base delle zampe toraci che.

Non presentano complicate metamorfosi come altri Crostacei.

Certe specie vivono nel plancton neritico, soprattutto lungo le coste sabbiosé, altre vivono in acque profonde.

I Cumacei sono affini ai Misidacei; si riconoscono per l'ampio carapace che termina con una specie di spina frontale e che si estende su due lati del corpo.

Raggiungono la lunghezza massima di due centimetri; vivono sul fondo ma di notte si trovano nel plancton.

Gli Isopodi planctonici sono pochi; più nel planc­ton le loro larve.

Tra gli Anfipodi le specie tipicamente planctoniche sono quelle appartenenti agli Iberidi (Scinia, Vibilia, PhrQnima, llyberia e Themisto).

Numerose specie si sono adattate a vivere nelle salpe, vi­rosopìi e Doiioli come ad esempio il noto Phronima sedentaria.

Gli Anfipodi sono voraci carnivori e a loro volta sono predati da Pesci, Sifonofori, Ctenofori, Chetognati e Policheti. Themisto libellula è rappresentata da un gran numero di individui nei mari artici e costituisce una delle principali fonti di nutrimento dei merluzzi.

Gli EufaìAsiacei rappresentano uno dei gruppi più importanti di Crostacei pelagici.

Hanno un carapace molto sviluppato e organi luminosi (fotofori) alla base di alcune zampe toraciche e sui primi seg­menti addominali.

Sono organismi frequenti in acque profonde capaci di migrare in superficie spesso in sciami densi che producono netti e-chi se rilevati dalle ecosonde.


Meganyctiphanes norvegica e Euphasia pacifica son tra lespecie più note.

Gli Eufasiacei si nutrono di fitoplancton o di detrito or­ganico ed hanno notevole importanza nelle catene alimentari in quanto costituiscono l'alimento principale di pesci di grande valore economico come aringhe e merluzzi.

Sono anche fonte di cibo per foche e balene (Euphasia superba è il cosidetto "Krill" delle balene).

I Decapodi sono generalmente animali bentonici o nectonici.

Alcune forme conducono vita totalmente pelagica come la Pasiphaea nel plancton neritico e Eryoneicus puritani del plancton profondo.

MOLLUSCHI

Sono perla maggior parte bentonici; oltre alle larve di numerose specie bentoniche nel plancton si trovano due gruppi planctonici: gli Eteropodi (Molluschi Gasteropodi Prosobranchi) e gli Pteropodi (Molluschi Gasteropodi Opistobranchi).

Dato il tipo di vita, inconsueto per i Gasteropodi, presentano particolari adattamenti e modificazioni.


Gli Eteropodi hanno il piede grande e trasformato in pinna e nuotano capovolti, con il piede rivolto verso l'alto.

La conchiglia, quando è presente, è molto trasparente ed ha piccole dimensioni.

La specie Atlanta ha, ad es., una piccola conchiglia av­volta a spirale, mentre Carinaria presenta una conchiglia co­nica rudimentale di dimensioni molto inferiori all'animale.

In Pterotrachea la conchiglia è assente ed è presente u­na grande pinna a metà del corpo.

Questo organismo, noto anche come Firola, può raggiunge­re la lunghezza di 10-20 cm.

Gli Eteropodi sono carnivori e nuotano lentamente con la pinna rivolta verso l'alto talvolta formando banchi numerosi.

Gli Pteropodi hanno il piede trasformato in due sottili lamine, fornite di robusti muscoli, tra le quali si apre la bocca posta alla estremità anteriore.

Gli Pteropodi Tecosomi hanno una conchiglia calcarea ben sviluppata di forma variabile, ad esempio conica in Cavolina e Creseis e spiralata in Limacina.

I Tecosomi si nutrono di microplancton, in particolare di fitoplancton; sono lunghi al massimo un paio di centimetri e le loro conchiglie formano un caratteristico sedimento sul fondo degli oceani (fango a Pteropodi).

Gli Pteropodi Gimnosomi sono privi di conchiglia e di mantello; hanno forma ovoidale.

Sono voracissimi carnivori e catturano le loro prede per mezzo di tentacoli, muniti di ventose e uncini, che in condi­zioni di riposo tengono invaginati nella cavità boccale.

Sono animali di piccole dimensioni che spesso vivono in sciami densi, come del resto gli Pteropodi.

Un altro Mollusco Gasteropode che ha sviluppato curiosi adattamenti alla vita pelagica è Janthina: è provvisto di u­na conchiglia spiralata sottile di colore blu e il piede, corto, produce un secreto mucoso che forma delle bolle piene d'aria; quando il muco si indurisce le bolle, saldate tra di loro, formano un galleggiante, sotto il quale l'animale vive sospeso

CHETOGNATI

Hanno il corpo trasparente, allungato, di forma simile ad una freccia, lungo da 10 mm a 2 cm, con l'apertura boccale circondata da setole incurvate a uncino e funzionanti da ma­scelle.

Il movimento è a scatti, piegando il corpo ad arco.

Sono provvisti di pinne laterali orizzontali e di una pinna caudale, sempre orizzontale.

Sono voraci predatori.

Il     genere più comune è la Sagitta. distribuita in tutti

i mari; solo il genere Sjndtillia non è planctonico. Si trovano anche a notevole profondità e sono importan­ti indicatori dei movimenti delle correnti.

ECHINODERMI

Gli Echinodermi, animali tipicamente bentonici, sono rappresentati nel plancton da un gruppo di Oloturoidi, i Pe­lagoturoidì.

La Pelagoturia natatrix presenta un particolare adatta­mento alla vita planctonica: dei lunghissimi tentacoli bocca li che formano una corona che sovrasta il corpo e ne consen­te il galleggiamento.

TUNICATI

Sono Tunicati planctonici le specie appartenenti alle classi delle Appendicolarie e dei Taliacei.

Le Appendicolarie hanno aspetto molto simile alla lar­va delle Ascidie.

Non presentano la tunica di rivestimento tipica, ma con il secreto di particolari ghiandole fabbricano una bigetta, entro la quale vivono, detta nicchio che è munita di aperture conformate a griglia attraverso le quali passa l'acqua.

Sono comuni nei saggi di plancton ed in Mediterraneo sono diffusi i generi Oikopleura e Fritillaria.

Ai Taliacei appartengono le specie dei Pirosomidi, dei Dolioli e dei Salpidi.

I Pirosomi sono organismi coloniali che possono raggiungere anche lunghezze tra 40 e 60 cm.

L'acqua entra dai sifoni inalanti dei singoli indivi­dui e viene espulsa attraverso l'unica apertura di quella specie di manicotto che sostiene la colonia.

Si nutrono dimìcro e nanoplancton. Sono luminescenti per la presenza di batteri simbionti. In primavera le colo­nie sono più abbondanti tra i SO e 200 m di profondità.

I Dolioli sono comuni nel plancton superficiale duran­te la stagione fredda. In primavera invece sono diffusi nel plancton profondo (da 100 a 400 m) le loro larve.

Anche le Salpe sono oloplanctoniche e si trovano, nel Mediterraneo, durante tutto l'anno in superficie o a debole profondità

Come gli altri Tunicati pelagici si nutrono di micro­plancton e nanoplancton.

Pirosomi, Salpe e Dolioli hanno una caratteristica ri­produzione alternante detta metagenesi.


IL MEROPLANCTON

Il          meroplancton o plancton temporaneo comprende uova e larve di molti animali: alcune di queste appartengono a ani mali oboplanctonici e molte altre rappresentano stadi giovanili di animali che invece, albo stadio adulto, sono bento­nici o nectonici.

Le larve planctoniche presentano una grandissima varietà di forme (uno stesso organismo può avere anche più stadi barvabi diversi fra loro), pertanto risulta abbastanza com­plessa la descrizione di tutte o della maggior parte dei es se. Ci limiteremo pertanto a una brevissima descrizione di quelle considerate le forme più note.

I Poriferi, organismi tipicamente bentonici, hanno larve dette "anfiblastula" e "parenchinwilla" che, prima di fissarsi sul fondo, conducono una breve vita pelagica.

La larva degli Scifozoi è 1' "efira".

Caratteristica è la "larva di Mùller" dei Turbellari Policladi che è provvista di otto lobi ciliati, di un tubo digerente privo di apertura anale e di occhi.

La larva dei Nemertini è il "pilidìum" che ha la forma di un casco con alla sommità un gruppo di ciglia agglutina­te a guisa di flagello, due lobi ciliati inferiori ed una corona di ciglia attorno alla bocca

E' molto vorace, si nutre di fitoplancton ed a sua volta è fonte di cibo per altre larve pelagiche e avannotti di pesci.

E' "uctinotrochea" è la larva dei Foronidei. E' munita di ciglia ed è prevalentemente fitofaga, non disdegnando la

- cattura di altre larve specialmente di Molluschi. Molti Anellidi hanno una larva pelagica detta "trocofora" provvista di corone trasversali di ciglia per il movi­mento e priva di segmentazione.

La larva degli Enteropneusti è detta "tornaria" ed ha forma ovoidale a simmetria bilaterale con un ciuffo di ci­glia nella regione apicale e due ocelli ravvicinati ed inol tre una banda ciliata che circonda la bocca.

Ha una lunga vita pelagica ed in Mediterraneo, prima di metamorfosare nell'individuo adulto bentonico, raggiun­ge la lunghezza di 5 mm.

Molti Briozoi hanno larve pelagiche dette "cifonauta" di forma quasi conica e racchiuse in una La maggior parte degli Echinodermi presenta larve planctoniche inizialmente a simmetria bilaterale che si mo difica, in seguito, in una simmetria raggiata secondaria

La larva che origina dalla gastrula è la "dipleurula" dalla quale si hanno le caratteristiche forme larvali del­le varie classi: la "doliolaria" nei Crinoidi (a forma di bariletto), la "bipinnaria" e la "brachiolaria" negli Aste­roidi, l'"auricolaria" e "doliolaria" negli Oboturoidi, 1' "echinopluteo" negli Echinoidi e 1' "ofiopluteo" negli 0-fiuroidi.


Le larve degli Echinodermi costieri sono presenti nel plancton durante tutto l'anno e presentano due massimi sta­gionali (febbraio-marzo e ottobre-novembre); si nutrono di nanoplancton e sono a loro volta fonte di nutrimento per molte altre larve.

I Crostacei presentano numerosissime fasi larvali che sono molto abbondanti e caratteristiche del plancton marino

La tipica larva dei Crostacei Entomostraci è il "nau­plius" caratterizzato dal corpo ovoidale con tre paia di ap­pendici ed un unico occhio mediano anteriore.

Attraverso varie mute il nauplius si trasforma in "me tanauplius" con cinque paia di appendici e parte posterio­re del corpo segmentata.

Il naupiius dei Cirripedi si trasforma in "Cypris" ca ratterizzato dalla presenza di carapace formato da due valve.

Nei Malacostraci il metanauplius è in genere uno sta­dio intraovulare.

Dall'uovo si sviluppa la "protozoea" che ha la regio­ne toracica metamerizzata e i 'addome allungato non segmen­tato e due grandi occhi laterali.

La tipica larva di tutti i Maiacostraci è però la "Zoea" che presenta addome segmentato e uno scudo toracico provvisto di spine.
 
Dopo una serie di mute le zoee si trasformano in my­sis" con addome provvisto di appendici natatorie bifide. Nei granchi dalla zoea si forma la "megalope" che a

differenza dell'adulto presenta ancora addome allungato. Gli Stomatopodi hanno larve molto particolari e di­verse da quelle degli altri Malacostraci.

Le più note sono "erichtus" e "alima".

Le Aragoste hanno una larva detta "phyilosoma" con corpo a forma di foglia con lunghissime appendici e occhi peduncolati.

La maggior parte dei molluschi ha come stadio larvale, che in certe specie può rimanere all'interno dell'uovo, u­na tipica "trocofora" di aspetto quindi simile alle larve dei Policheti.

I Gasteropodi schiudono ad uno stadio larvale, più a­vanzato, di "veliger" caratterizzato da un "velum" fatto da due grandi lobi ciliati che funziona da organo locomotore.

Anche in molti Lamellibranchi è presente il veliger provvisto di una conchiglia bivalve.

Gli Ascidiacei (Tunicati) hanno larve con una grossa te sta e coda munita di corda dorsale; le larve hanno una bre­vissima vita pelagica, in quanto dopo poche ore si fissano al substrato, perdono la coda e si trasformano in piccole A scidie.

Piuttosto rare nel plancton sono le larve dell'Anfiosso (Branchiostoma lanceolatum).s planctoniche molte uova, larve e stadi gio­vanili di pesci che formano quel complesso di organismi no­to come ITTIOPLANcT0N.


LA PRODUZIONE PRIMARIA

Il fitoplancton è costituito, come abbiamo visto, da una moltitudine di piccole piante, la maggior parte unicellulari che sono alla base di tutti i processi biologici del mare.

Il fitoplancton è il primo produttore di sostanza orga­nica e rappresenta perciò la base delle catene alimentari ma­rine.

Grazie al processo della produzione primaria le sostanze inorganiche contenute nell'acqua di mare vengono trasformate in sostanza organica.

Tale trasformazione è effettuata quasi interamente da].­l'attività fotosintetica dei vegetali, solo in piccola parte sostanza organica può essere prodotta dall'attività chemiosintetica di alcuni batteri.

Il materiale grezzo da trasformare è dato dall'acqua, dall'anidride carbonica e da varie altre sostanze (nutrienti) fra i quali i più importanti sono i nitrati ed i fosfati.

L'equazione generale della fotosintesi, molto semplifi­cata può essere scritta:

CO +HD luce 'CHO~ +HO+ 2D
2 2 > ~ 2

dove H2D è un donatore di idrogeno. In alcuni batteri H2D può essere 2 nei vegetali H D è sempre H~O, perciò possiamo

11 S~ 2

scrivere:

CO + HO luce              (CH O) + 1-IO + ~

2 2 2

e per meglio evidenziare i prodotti finali:

òCO + 611 ~ luce

2 2 > C H O + 60

2


i prodotti finali sono pertanto zucchero ed ossigeno che si i i bera nell'ambiente.

I nutrienti, come fosfati e si trovano di­sciolti nell'acqua vengono assorbiti dal fitoplancton attraverso tutta la superficie esterna.

Attraverso la combinazione dei carboidrati con i nutrienti è possibile la formazione dei costituenti che svolgono funzioni vitali per le piante (come le proteine della clorofilla e gli enzimi)

L'ANIDRIDE CARBONICA presente in mare proviene per la maggior parte dalla aria, essa si trova disciolta nell'acqua di mare generalmente in quantità superiore a quella utilizzata dai vegetali.

Per la fotosintesi è necessaria la LUCE del sole, pertanto tale processo avviene solo nella strato cosidetto eufotico dove la luce è in quantità sufficiente.

Tale strato ha in media uno spessore di circa 100 metri; la sua ampiezza varia a seconda della posizione del sole, dello stato del cielo, della trasparenza delle acque ed anche dello stato del mare.

I vari organismi fotosintetici hanno diverse esigenze di luce. In ciò hanno importanza i vari pigmenti accessori che ac­compagnano spesso la clorofilla e che conferiscono diversi colo ri alle alghe.

Questi pigmenti accessori aumentano l'utilizzo della luce, riescono infatti ad assorbire radiazioni che sarebbero altrimen­ti inutilizzabili in quanto la clorofilla non riesce ad assorbi­re gran parte delle radiazioni solari.

Va comunque precisato che il pigmento attivo è solo la dorofilla; l'energia assorbita dai pigmenti accessori viene infat­ti sempre trasferita alla clorofilla.

I NUTRIENTI (in particolare nitrati e fosfati) costitui­scono un fattore di primaria importanza per lo sviluppo del fi­toplancton. Combinandosi con i carboidrati permettono la forma­zione di costituenti vitali.


L'AZOTO è presente nell'acqua marina soprattutto sotto forma di nitrati (come ioni NO3) ma anche di nitriti (come ioni NO ) e di ammoniaca prodotti da attività biologiche soprattutto negli strati più superficiali e vicino al fondo.

Il FOSFORO è presente soprattutto sottoforma di ioni ortofoforici (H PO e HPO:) ed in gran parte come fosforo orga­nico.

Azoto e fosforo sono da considerarsi elementi limitanti in quanto la loro quantità nell'acqua di mare regola la pro­duttività primaria.

La quantità dei nitrati in superficie si aggira tra 1-120 mg/l, quella dei fosfati, sempre in superficie6 tra 0-20 mg/l. Tali quantità aumentano notevolmente con la profondità; per questo motivo la risalita di acque profonde può determina re un afflusso di nutrienti in superficie e quindi un impor­tante aumento della produttività marina.

Le zone litorali sono generalmente più ricche di plancton, dalle vicine terre circostanti arriva infatti una grande quantità di sostanza organica che viene mineralizzata dalla flora microbica arricchendo così il mare di sali nutritivi.

Le acque poco profonde sono inoltre molto ricche di vita grazie alla presenza delle alghe e delle fanerogame bentoni­che che ospitano una grande varietà di animali.

I resti di tutti questi organismi, quando muoiono costituiscono una massa cii sostanza organica che viene prontamente mineral i z z ata.

Altre sostanze importanti per la crescita dei vegetali so no da considerarsi il Silicio (elemento indispensabile per le Diatomee) ed oligoelementi che, in piccole dosi sembrano essere indispensabili per l'accrescimento di diverse popolazioni alga­

li. Altri fattori di accrescimento delle alghe sono infine da considerare le vitamine, ed in particolare la B , la 11, la B 12


L'azoto che è entrato a far parte delle proteine che formano il proto plasma degli organismi viventi viene minieralizzato ad opera dei batteri fino alla formazione dei nitrati;

i nitrati vengono assorbiti dal fitoplancton che può così combinarli per la formazione di proteine vegetali;

il fitoplancton è fonte di cibo per lo zooplancton che a sua volta è fonte di cibo per i carnivori. La sostanza organica di tutti gli or­ganismi, una volta morti, potrà essere nuovamente mineralizzata ad opera dei batteri.

FOSFORO

A differenza dell'azoto il fosforo non subisce a livello delle pian­te alcun tipo di riduzione; entra nei vegetali sottoforma della massima ossidazione e tale rimane in tutti composti organici di cui en­tra a far parte.

Azione Batterica

LE FIORITURE ALCALI

Il fenomeno delle fioriture alcali o delle acque rosse è noto fin dall'antichità; esso consiste in una massiccia proliferazione di organismi generalmente unicellulari, la cui pigmentazione provoca una modificazione del colore del le acque.

La fioritura alcale è un fenomeno locale, spesso stagionale, sporadico che si può verificare in mare o nelle acque dolci di tutte le regioni del mondo.

Lo spessore dello strato interessato varia da meno di un metro a pochi metri, ma l'area può essere molto vasta fino ad interessare intere baie.

Si verifica generalmente in acque poco profonde e può esse re la causa di morie di pesci ed invertebrati bentonici.

Gli organismi che determinano il fenomeno sono soprattutto Dinoflagellati (Gymnodinium, Goniaulax, Exuviella, yridinium) ma anche Diatomee e Batteri.


Le fioriture alcali sono dovute a cause naturali, anche se la frequenza e l'intensità con cui si manifestano possono aumentare in seguito all'azione di sostanze inquinanti come fo sfati e nitrati versati in eccesso nelle acque.

Le cause di questo fenomeno sono ancora poco chiare, po­trebbe dipendere da un arricchimento locale ed improvviso di sostanze nutritizie a sua volta determinato da fenomeni di risalita (upwelling) delle acque più profonde o da forti ap­porti terrigeni conseguenti ad intense piogge.

Anche l'abbassamento della salinità può agire come fatto re selettivo favorendo lo sviluppo di determinate specie fi­toplanctoniche.

Il fenomeno delle acque rosse ha un'importanza considerevole per l'uomo in quanto può causare gravi danni alla pesca ed al turismo.

Si possono avere anche fenomeni di intossicazione nel­l'uomo dovuti all'ingestione di specie ittiche (soprattutto molluschi) contaminate dalle sostanze tossiche prodotte da­gli organismi fitoplanctonici responsabili delle fioriture.


LA PRODUZIONE SECONDARIA

La produzione secondaria è la produzione di sostanza organica dovuta a quegli organismi il cui fabbisogno energetico è soddisfatto dalla produzione primaria.

In realtà non si tratta di produzione di nuova so­stanza organica, ma del rimaneggiamento di quella già esistente nei vegetali.

La sostanza organica formata da parte del fitoplanc­ton viene utilizzata dagli erbivori, quindi da gran parte dello zooplancton, per la formazione di tessuto animale.

Fitoplancton e zooplancton risultano quindi in stretta relazione.

Se ad esempio si verificano in una determinata area condizioni sfavorevoli allo sviluppo del fitoplancton, anche lo zooplancton ne risentirà immediatamente.

La densità del fitoplancton è anche in relazione al­l'azione predatrice del plancton fitofago: un rapido au­mento di una determinata specie divoratrice di fitoplanc­ton può essere la causa dell'impoverimento di vaste aree marine.

La conseguente riduzione dello zooplancton può determinare una forte diminuzione delle specie ittiche plancto faghe.

Al contrario una povertà di zooplancton erbivoro può essere la causa del fenomeno di fioriture algali anche di eccezionali intensità.


CICLO STAGIONALE DEL PLANCTON


Lo sviluppo del fitoplancton dipende, come abbiamo vi­sto, da un complesso di fattori tra i quali soprattutto H illuminazione e la quantità di nutrienti disciolti nell'ac­qua di mare.

Quando gli organismi planctonici e nectonici muoiono cadono negli strati più bassi e la sostanza organica di cui sono composti viene mineralizzata dall'azione batterica; le acque profonde si arricchiscono così continuamente di sali minerali.

Grazie all'azione delle correnti ascensionali è quindi poi possibile una fertilizzazione degli strati più superfi­ciali.

Negli strati più superficiali è possibile, grazie alla presenza della luce, l'attività fotosintetica del fitoplanc ton che potrà così proliferare; conseguentemente si avrà u­no sviluppo dello zooplancton erbivoro e successivamente il moltiplicarsi delle specie carnivore.

Il consumo di nitrati e fosfati da parte del fitoplanc ton riduce ad un certo punto le sue stesse possibilità di sviluppo e di conseguenza diminuiscono anche gli animali.

La pioggia dei nuovi organismi morti che cadono sul fondo permetterà la nuova fertilizzazione dello strato eufotico e quindi il ripetersi di tutti i processi.

Nelle zone ove il fitoplancton è attivo si ha quindi un costante arricchimento di sali nutritivi nelle acque profonde ed una tendenza all'impoverimento nelle acque più su­perficiali.

Questo fenomeno si evidenzia particolarmente durante il ciclo stagionale.

Nei mari temperati, d'inverno la temperatura risulta pressochè costante dalla superficie al fondo.

Con la primavera l'aumento della temperatura e della durata della luce favoriscono le attività fotosintetiche del fitoplancton presente negli strati superficiali i qua­li riscaldandosi si stratificano sopra le acque sottostan­ti più fredde.

Il fitoplancton e quindi lo zooplancton si moltiplica no in rapporto alla quantità dei nurienti disponibili.

A fine estate la quantità di nutrienti nelle acque superficiali risulta ridotta ed il fitoplancton non può svi­lupparsi.

Le acque sottostanti risultano invece ricche di sali minerali, grazie alla pioggia di organismi morti.

Con l'inizio dell'autunno le acque superficiali si raffreddano e le acque più profonde ricche di nutrienti possono venire in superficie rendendo possibile una nuova proliferazione del fitoplancton.


Con l'inverno i]. maltempo rimescola ancora le acque e si avrà pertanto una uguale concentrazione dei nutrienti alle diverse profondità.

DISTRIBUZIONE VERTICALE DEL PLANCTON

Il fitoplancton si localizza nello strato eufotico dal la superficie sino a circa 200 m di profondità in rapporto alle esigenze di illuminazione.

Lo zooplancton può invece distribuirsi in tutto lo spessore delle acque sino al fondo; la sua composizione va­ria al variare della profondità.

Gran parte degli organismi dello zooplancton compiono ogni giorno delle ampie migrazioni in senso verticale: di notte si portano in superficie mentre di giorno si portano in profondità.

Le cause di questo comportamento sono molto probabil­mente diverse; la luce ha senza dubbio un ruolo di prima­ria importanza.

Gli organismi zooplanctonici scendono in profondità durante il girono per difendersi dalla luce eccessiva e dalla temperatura troppo elevata.

Secondo vari Autori inoltre le migrazioni verticali danno allo zooplancton la possibilità di spostarsi anche in senso orizzontale, durante i movimenti verticali infatti un organismo ha più probabilità di incontrare una corrente ca­pace di trasportarlo anche in zone molto distanti da quelle dove si trovava.









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Appunti su: meroplancton oloplancton, https:wwwappuntimaniacomsuperioribiologiaplancton-classificazione-del-p73php, Organismo planctonico luminescente, suddivisione del plancton, dove si raccoglie il fitoplancton,



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