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Le cellule staminali




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Le cellule staminali


1. Le cellule staminali nello sviluppo  dell'organismo

Dopo circa quarant'anni di discussione scientifica non esiste ancora una definizione univoca delle cellule sta­minali. Si tratta infatti di un fenomeno complesso, co­me tutti i fenomeni di cui si occupa la biologia, che pre­senta caratteristiche differenti ai diversi stadi di svilup­po dell' essere umano e, inoltre, a seconda che le cellule staminali vengano osservate e descritte in vivo, e cioè nel loro funzionamento nell' organismo vivente, oppure in vitro e cioè tratte dal loro ambiente naturale e stu­diate in laboratorio. È preferibile quindi avvicinarsi al­la comprensione di cosa sono e come funzionano le cel­lule staminali per via di successivi approfondimenti a partire da una definizione generale, che verrà gradual­mente precisata con le varie proprietà che le cellule sta­minali presentano. Il modo migliore per cominciare è quello di osservare le cellule staminali al lavoro nel loro ambiente naturale: lo sviluppo dell' essere umano nei suoi primi stadi.

L'aggettivo «staminale» viene da «stame» che signi­fica «ceppo», «stipite», «origine». In prima approssi­mazione possiamo quindi dire che per cellula stamina­le s'intende una cellula capace, nel suo processo conti­nuo di replicazione, di dar luogo ad una progenie di cel­lule via via sempre più differenziate e specializzate. La teoria cellulare ci ha insegnato che ogni organismo vi­vente è composto di cellule e che l'accrescimento e lo sviluppo sono un continuo gioco di replicazioni cellu­lari a partire da un'unica cellula. Risulta quindi eviden­te che questa cellula è staminale per eccellenza, poiché è l'origine dell'intero organismo e quindi di qualsivoglia linea cellulare e tessuto. Questa cellula è l'uovo fecon­dato o zigote, risultato del processo di fecondazione. Il processo inizia nel momento in cui uno spermatozoo penetra in un uovo e termina a circa 22 ore dal primo contatto, con la fusione del nucleo dello spermatozoo col nucleo dell'uovo. In preparazione di quest'evento, lo spermatozoo e l'uovo subiscono una serie di proces­si, il più importante dei quali è il dimezzamento del nu­mero dei cromosomi. Nel momento della fusione il nu­mero dei cromosomi proprio della specie (per l'uomo è 46, salvo l'occorrenza di malformazioni) viene ristabili­to e, grazie a vari processi, l'uovo fecondato contiene un corredo genetico unico e irripetibile, tranne nel caso in cui si verifica, entro il quattordicesimo giorno dalla fe­condazione, una o più scissioni che danno luogo al fe­nomeno della formazione dei gemelli.

Appena formatosi, l'uovo fecondato inizia a seg­mentare, cioè a dividersi senza aumentare in grandezza, dapprima in due cellule perfettamente uguali e poi in quattro, in otto e così via. Ogni scissione è preceduta da una duplicazione dei cromosomi, cosicché tutte le cel­lule figlie contengono lo stesso corredo genetico della cellula originaria e ciò, come sappiamo, resterà costante per tutto lo sviluppo anche nella fase postnatale: tutte le cellule del nostro corpo contengono lo stesso identico corredo genetico della prima cellula.
















2. Cellule staminali totipotenti

Allo stadio di otto cellule l'uovo fecondato possiede una straordinaria proprietà, la totipotenza, che era stata già evidenziata dagli esperimenti di Driesch. Questa proprietà definisce lo zigote e le sue prime segmentazioni come cellule staminali totipotenti e cioè capaci, tutte insieme o a gruppi o ognuna separatamente dalle altre, di produrre tutto ciò che serve al successivo sviluppo dell'organismo. La prova scientifica è che se prendiamo una cellula da un uovo fecondato segmentato, questa cellula può dare inizio a una nuova segmentazione comportandosi come un nuovo zigote. È il processo che, in natura, dà luogo alla formazione dei gemelli e, in vitro, alla cosiddetta clonazione per scissione embrionale, effettuata nel 1993 da due ricercatori statunitensi. In ambito zootecnico questa proprietà è già sfruttata commercialmente: si prende un uovo fecondato in vitro con gameti di animali pregiati e, allo stadio di otto cellule, si ricavano otto nuovi zigoti i quali, impiantati in otto nutrici, daranno vita a otto animali pregiati invece che a uno. In ambito umano questa proprietà viene sfruttata dalla tecnologia della diagnosi preimpianto: se si preleva una cellula da un uovo fecondato in vitro per sottoporla a indagine genetica, le cellule restanti possono essere impiantate in utero e si svilupperà un embrione normale. La perdita della totipotenza inizia con la formazione della morula, così chiamata perché l'uovo fecondato assume la forma di una piccola mora, composta all'incirca da sedici cellule. Si è appurato, infatti, che queste cel­lule hanno già destini differenti, determinati dalla loro posizione, nella formazione del successivo stadio di svi­1uppo. Allo stadio di morula la segmentazione si accen­tua, le cellule cominciano a produrre un liquido che va a riempire gli spazi intercellulari e poi si raccoglie al centro della morula. Si passa così a un nuovo stadio, quello della formazione della blastocisti.


3. Cellule staminali pluripotenti

Prima di descrivere questo stadio dello sviluppo è ne­cessaria una spiegazione terminologica. Il termine «bla­sto» significa «germe» o «origine» e, in biologia, quan­do lo si trova in parole composte serve ad avvertirci che l'entità indicata dalla parola composta è il «germe» da cui deriva l'entità indicata dalla prima o dalla seconda parte della stessa parola. Nel nostro caso, quindi, blasto cisti è l'origine della cisti o vescica e, in effetti, in que­sto stadio l'uovo fecondato assume la forma di una ve­scica, che consta mediamente di poco più di un centi­naio di cellule, in genere tra 100 e 140. La blastocisti è il risultato di un complesso movimento di migrazione e trasformazione delle cellule. Gran parte di esse, deriva­te dalla segmentazione delle cellule esterne della morula, si appiattisce e va a tappezzare la parete della vesci­ca, formando il trofoblasto, termine che significa «ger­me di ciò che nutre o sostiene». Infatti, il trofoblasto darà luogo alla placenta e agli altri sistemi di sostegno

destinati a proteggere e nutrire l'embrione, ma non partecipa alla formazione dell' embrione vero e proprio. Un piccolo numero di cellule, derivate dalla parte interna della morula, si raccoglie in un punto della parete della vescica formando la massa cellulare interna o embrio­blasto e cioè il «germe dell'embrione». Siamo a circa quattro giorni o quattro giorni e mezzo dalla feconda­zione e, per avere un'idea delle proporzioni, diciamo che è stata osservata una blastocisti di 107 cellule, 99 delle quali formavano il trofoblasto e 8 l'embrioblasto. Come si nota, gran parte del lavoro che si è sviluppato fino a questo punto serve soprattutto a formare l'am­biente in cui si svilupperà l'embrione, che deriva da cir­ca l'l per cento dell'intero ammasso di cellule prodotto dalla segmentazione dell'uovo fecondato.

Una nota embriologa inglese, Anne McLaren, ha os­servato che sarebbe bene che la comunità scientifica si mettesse d'accordo per distinguere con due nomi di­versi, da un lato, l'entità biologica che si sviluppa dalla cellula uovo in un ammasso organizzato di cellule fino al termine dell'impianto in utero e, dall'altro, l'entità che si sviluppa dal centro di questo ammasso e darà luo­go al vero e proprio embrione e poi al feto. Natural­mente dal modo di chiamare le cose non deriva nulla in ordine ai problemi morali connessi a questa fase dello sviluppo dell' essere umano. C'è solo la necessità di te­ner conto dei fatti scientifici, poiché è quanto meno strano usare il termine «embrione» per indicare una fa­se .dello sviluppo al termine della quale si forma l'em­brioblasto e cioè il germe dell' embrione. Ma torniamo al nostro tema.

I meccanismi e i fattori che determinano i movimen­ti di migrazione e di localizzazione delle cellule non so­no noti, ma è noto che al termine di questa fase le cel­lula hanno potenzialità ben distinte: né le cellule del trofoblasto né quelle dell' embrioblasto possono separatamente dar luogo allo sviluppo. Devono lavorare insieme e per questa ragione si è convenuto ­di definire «pluripotenti», e non più «totipotenti», le cellule del­l'embrioblasto, anche se, come s'è detto, un piccolo nu­mero di queste cellule darà origine all' embrione vero e proprio e quindi all' organismo adulto. Con cellule sta­minali pluripotenti si intendono quindi le cellule capa­ci di dare origine a tutti i tessuti che comporranno l'or­ganismo adulto, ma da sole non sarebbero in grado di produrre questo organismo perché non sono più in gra­do di dar luogo al trofoblasto, che è essenziale per lo svi­luppo. La controprova scientifica è che se le cellule del­l'embrioblasto vengono isolate e trasferite in utero non si sviluppano in un embrione. La differenza fra totipo­tenza (capacità di produrre l'organismo) e pluripoten­za (capacità di produrre tutti i tessuti dell'organismo, ma non l'organismo stesso) è importante per compren­dere alcuni aspetti del dibattito etico in corso. Nello svi­luppo in vivo il periodo di pluripotenza è limitatissimo, perché già nell' embrioblasto è possibile individuare una «mappa presuntiva» del destino delle cellule: attra­verso un complesso processo i cui dettagli non sono an­cora del tutto noti, le cellule acquisiscono una differen­te fisionomia che si stabilizza nella formazione dei fo­glietti germinativi.



Cellule staminali embrionali di topo


4. Cellule staminali multi potenti

Riprendiamo la nostra descrizione, lasciando da parte il trofoblasto, per concentrarci sull'embrioblasto che, a partire dall' ottavo giorno, va soggetto a un processo che si chiama gastrulazione. Gastrula significa «piccola coppa» e il termine si spiega col fatto che quando que­sto processo venne osservato in alcuni animali l'am­masso cellulare assumeva più o meno la forma di un va­so o di una coppa. Il termine è rimasto, anche se in am­bito umano, dopo una serie di migrazioni e di cambia­menti di forma delle cellule, l'embrioblasto assume l'a­spetto di un disco, dove si notano due strati di cellule già differenti: quello interno viene chiamato endoderma e quello esterno ectoderma. Verso il quattordicesimo giorno sull' ectoderma compare una specie di solco, chiamato linea primitiva, che determina ulteriori movi­menti delle cellule che formano un terzo strato, chia­mato mesoderma. Questi tre strati, ben determinati già nella terza settimana, sono chiamati foglietti germinati­vi e sono importantissimi perché dalle cellule presenti in ognuno di essi si svilupperanno gradatamente i vari tessuti e organi del corpo umano. Le cellule dell' ecto­derma danno origine al sistema nervoso centrale e peri­ferico, alla pelle e ai tessuti epiteliali che rivestono gli or­gani di senso e altri organi interni del corpo. Dalle cel­lule del mesoderma derivano le cellule del sangue, i tes­suti dei vasi sanguigni, del cuore, i tessuti ossei, i mu­scoli, il rene e la milza. Infine, dall' endoderma derivano i rivestimenti dell'intestino e del sistema respiratorio, il fegato, il pancreas e vari altri organi. Una particolare importanza riveste un fenomeno che si verifica verso il ventunesimo giorno in una regione del mesoderma: al­cune cellule iniziano una migrazione che le porta a rag­giungere una posizione nella quale parteciperanno in modo determinante alla formazione delle gonadi (ovaio e testicolo). Queste cellule si chiamano cellule germina­li primordiali e il loro destino è nettamente distinto da quello di tutte le altre cellule che formeranno i tessuti

del, corpo (chiamate perciò cellule somatiche): quello cioè di formare le cellule altamente specializzate (gli spermatozoi e le uova) dalla cui unione deriveranno al­tri esseri viventi.

Come ha osservato uno scienziato, potrebbero a buon diritto rivendicare il titolo di cellule

staminali per eccellenza, dal momento che saranno esse a formare lo zigote quando entreranno

in un nuovo processo fecondativo.

Le cellule localizzate in ognuno dei tre foglietti sono ancora staminali, ma (con l'eccezione delle cellule germinali) vengono chiamate multipotenti per indicare che sono già destinate a formare molti tipi di tessuti, quelli del foglietto germinale di appartenenza, ma non più tutti i tessuti. La differenza tra pluripotenza e multipotenza non è tuttavia così netta come la precedente: gli esperimenti hanno mostrato come una cellula appartenente a un foglietto, se collocata altrove, può mutare la sua direzione di specializzazione, probabilmente rispondendo a segnali chimici e istruzioni contenuti nel nuovo ambiente.

Possiamo fermarci a questo punto nella descrizione dello sviluppo dell' essere umano, che da questo momento in poi è un progressivo accrescimento per proliferazione dei vari tipi cellulari, accompagnato da una sempre più marcata differenziazione delle cellule che si specializzano in maniera irreversibile per formare i tessuti dei vari sistemi e organi che compongono l'organismo adulto. Ma le cellule staminali non esauriscono la loro funzione una volta che l'organismo è pervenuto allo stadio di piena maturazione. Se è vero, come ci hanno insegnato la teoria cellulare, che ogni cellula deriva da una cellula, allora cellule di tipo staminale (o almeno non

del tutto differenziate: si chiamano progenitrici) devono esistere anche nell' organismo adulto per sopperire alle perdite fisiologiche: se così non fosse, l'organismo andrebbe soggetto a un rapidissimo deterioramento.



5. Le cellule staminali nei tessuti adulti

In termini scientifici, nell' organismo adulto si distinguono tre tipi di popolazioni cellulari: a) popolazioni cellulari in espansione, presenti nei tessuti che continuano a crescere per lungo tempo; b) popolazioni cellulari stabili, che compongono i tessuti non soggetti a crescita; c) popolazioni cellulari di rinnovo, presenti nei tessuti il cui normale funzionamento richiede la continua reintegrazione delle cellule via via perdute. Quest'ultimo è un processo biologico che tutti conosciamo perché si svolge quotidianamente sotto i nostri occhi. La nostra pelle perde continuamente cellule e, specie in estate, addirittura dei lembi: in poco tempo l'aspetto originario viene recuperato. Le unghie e i capelli crescono continuamente e noi dobbiamo tagliarli per mantenerli nella misura desiderata. In alcuni organi, ad esempio l'intestino, i tessuti che rivestono le pareti (tessuti epiteliali) vanno soggetti giornalmente a un elevatissimo ricambio di cellule. Il più efficiente ed importante meccanismo di rigenerazione cellulare è il midollo osseo, che produce continuamente le varie cellule che compongono un tipo particolare di tessuto, il sangue (sistema ematopoietico). Noi sappiamo che se perdiamo un po' di sangue per una ferita non abbiamo di che preoccuparci: in condizioni fisiologiche normali il midollo osseo procede al reintegro. Questo meccanismo rende possibile la donazione di sangue a chi ne ha bisogno, che può essere effettuata senza alcun danno all'incirca ogni quattro mesi, che è il periodo in cui il sangue viene interamente rinnovato: anzi, ne riceviamo un beneficio, perché il midollo osseo viene stimolato a produrre cellule fresche. Conviene anche ricordare che è possibile donare direttamente il midollo osseo per trapianti, che rappresentano da anni un fondamentale strumento terapeutico nella lotta contro i tumori del sangue (leucemie e linfomi), nella cura della talassemia, una malattia di origine genetica molto diffusa in alcune aree del Mediterraneo; e infine, come ormai sappiamo tutti dopo il disastro nucleare di Cernobyl, nella cura delle persone sottoposte a dosi letali di radiazioni.

È come se, al termine del loro sviluppo fino alle di­mensioni adulte, i nostri organi (non tutti, in realtà) conservassero una specie di magazzino-officina che contiene la materia prima con la quale, quando è ne­cessario, vengono prodotte le cellule di ricambio per mantenere in condizioni fisiologiche normali il sistema. È però facile arguire che se il magazzino si svuotasse ra­pidamente l'officina non potrebbe più produrre nuove cellule. Questo non accade perché la replicazione delle cellule staminali avviene con un processo chiamato di­visione asimmetrica: la cellula staminale origina due cel­lule le quali, per ragioni che non conosciamo, hanno due destini differenti. Una è esattamente uguale alla madre e resta a reintegrare il magazzino, l'altra migra verso il luogo in cui c'è bisogno e diventa cellula adulta e dif­ferenziata.

Questo straordinario meccanismo spiega, ad esem­pio, la capacità del sistema ematopoietico di rinnovare interamente il sangue all'incirca ogni quattro mesi. È da sottolineare che la prima caratterizzazione delle cellule staminali è avvenuta proprio con lo studio del sistema ematopoietico, soprattutto a partire dal 1945, sotto lo stimolo delle possibilità applicative del trapianto di mi­dollo osseo in persone esposte a dosi letali di radiazio­ni. Il meccanismo rigenerativo faceva certo supporre che nel midollo osseo risiedessero cellule indifferenzia­te progenitrici, ma nella ricerca scientifica una supposi­zione diventa fatto scientifico solo quando può essere dimostrata. Questo avvenne nel 1961, quando due scienziati statunitensi identificarono nel midollo osseo le cellule progenitrici dalla cui replicazione e differen­ziazione derivano i vari tipi di cellule adulte che forma­no il sangue. Il modello rappresentato dal sistema ema­topoietico resterà il punto di riferimento per tutte le successive ricerche dirette a identificare cellule di tipo staminale (e cioè capaci di replicarsi per divisione asim­metrica e di differenziare in più linee cellulari) in altri tessuti.

Passiamo ora ad esaminare le novità che sono emer­se nel campo delle cellule staminali grazie alle ricerche in vitro effettuate dapprima su animali e poi anche in ambito umano.



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