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Instabilita' genomica




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INSTABILITA' GENOMICA




DNA nucleare


Uno dei segni molecolari riconosciuti come elementi caratteristici e determinanti l'invecchiamento è l'accumulo di danno genetico con il passare degli anni (Moskalev et al., 2 12). Durante la vita il DNA è sottoposto all'azione di agenti di varia natura che ne possono determinare delle alterazioni. Agenti come sostanze chimiche,

radiazioni nell'ultravioletto o nell'infrarosso possono portare a lesioni del DNA intervenendo dall'esterno, ma possono anche avvenire errori durante il processo replicativo, reazioni idrolitiche spontanee o danneggiamenti da parte di sostanze prodotte all'interno dell'organismo. Un esempio di quest'ultimo caso è rappresentato dai cosiddetti "ROS" Reactive Oxygen Species) ossia specie altamente reattive che si formano a partire dall'O2 e che si ritengono coinvolti anche in un altro aspetto fondamentale dell'invecchiamento, l'alterata funzionalità mitocondriale (Hoeijmakers,

2009; Lòpez-Otin et al , 2013).


Il danno al DNA può avere varia natura (Fig. 2A; Fig. 2B). Esso può essere un'alterazione nella sequenza nucleotidica come l'eliminazione o l'inserzione non prevista di nucleotidi durante la replicazione, comportante, se non riparata, un'alterazione del messaggio codificato dal DNA e conseguentemente della sintesi proteica. Si può anche avere danneggiamento alle singole basi azotate dei nucleotidi,

riparato mediante l'escissione della base stessa e il successivo riposizionamento del nucleotide giusto al fine di garantire una corretta lettura del DNA. Il messaggio genetico può venire inoltre alterato da virus o elementi del DNA mobili che sono in grado rispettivamente di inserirsi o spostarsi all'interno della sequenza nucleotidica. Il danno può manifestarsi anche con una distorsione della struttura tridimensionale come


succede se si formano legami anomali all'interno dello stesso filamento, ad esempio nel caso della formazione di addotti, o tra i due filamenti costituenti la molecola. In aggiunta a questo, si possono verificare alterazioni a livello della struttura cromosomica quali spostamenti di tratti di DNA, ossia traslocazioni, all'interno dello stesso cromosoma o anche tra cromosomi diversi ( Lord e Ashworth, 2012; De Leo et al., 20 8).


























Fig. 2A: Mutazioni a livello di DNA Fig. 2B: Alterazioni cromosomiche




Le varie tipologie di lesione riportate sono risultate accumularsi con l'invecchiamento, sia nell'uomo che in modelli animali Moskalev et al., 2012). L ipotesi è che esse vadano a interessare e modificare geni e vie trascrizionali alterando la funzionalità delle cellule in cui ciò avviene. Tale disfunzione cellulare va ad impattare l'omeostasi dell'organismo nel momento in cui le cellule suddette, se non eliminate per apoptosi o senescenza, raggiungono un certo numero compromettendo la funzionalità del tessuto cui appartengono. Questo risulta avere un impatto ancora maggiore sull'organismo quando il danno interessa la corretta funzionalità delle cellule staminali, protagoniste del rinnovamento tissutale (Jones e Rando, 2 11; Rossi et al., 008).

Vari studi effettuati sia su topi che sull'uomo hanno dimostrato che meccanismi di


riparazione  non efficienti comportano un' accelerazione del processo d'invecchiamento e sono alla base di sindromi di invecchiamento precoce (Gregg et al., 2012; Hoeijmakers, 2009; Murga et al., 2009). Una situazione particolare che si

ritiene correlata all'invecchiamento è la variazione del numero dei cromosomi, l'aneuploidia (Faggioli et al., 20 2; Forsberg et al., 20 2). Questa anomalia è stata


limitata sperimentalmente in topi, andando a potenziare l'espressione del gene


codificante la protein-chinasi BubR1, componente del punto di controllo mitotico che


assicura la corretta separazione dei cromosomi. E' stato visto che tale iperespressione protegge anche dal cancro e complessivamente incrementa il periodo di vita in salute di questi topi (Baker et al., 2013). Le ultime scoperte hanno inoltre evidenziato che il potenziamento dei meccanismi di riparazione del DNA nucleare potrebbero ritardare l'invecchiamento, confermando l ipotesi iniziale e rappresentando una base per futuri studi (Lòpez-Otin et al , 2013).



2. DNA Mitocondriale


Vi sono evidenze che anche l'accumulo di mutazioni e delezioni del DNA contenuto nei mitocondri mtDNA) potrebbe contribuire all'invecchiamento (Park e Larsson,

2011). Tra l'altro si ritiene che il DNA mitocondriale sia di per se' più soggetto ad alterazioni che si possono perpetrare nel tempo sia in virtù del microambiente ossidativo in cui si trova, sia perché caratterizzato da meccanismi di riparazione non molto efficienti e dalla mancanza di proteine istoniche, responsabili a livello del DNA nucleare della sua compattazione e quindi anche della sua protezione contro possibili danni (Linnane et al., 989). L'implicazione delle mutazioni a questo livello è stato un argomento piuttosto controverso a causa della presenza in ciascuna cellula di molti mitocondri (cellule di lievito possono presentare da 1 a 30 di questi organuli), ciascuno contenente più molecole di mtDNA. In virtù di questo assetto è possibile che nella stessa cellula coesistano genomi mutati e non, un fenomeno che è chiamato

"eteroplasmia". Tuttavia da ulteriori analisi è stato visto che il carico di mutazioni nelle singole cellule in fase di invecchiamento è notevole e si ipotizza che ciò possa alla fine determinare una condizione di netta prevalenza del genoma mutato, quasi come se fosse l'unico tipo di genoma presente e quindi una condizione definibile di "omoplasmia" Khrapko et al , 1 99). Per lungo tempo è stato sospettato che l'origine di queste mutazioni risiedesse principalmente nel microambiente ossidativo prima citato. In realt , la maggior parte delle alterazioni genomiche a livello mitocondriale nell'adulto e nell anziano sembra essere causata da errori di replicazione occorsi nelle


fasi precoci di vita. La diffusione di questi errori in virtù della replicazione delle cellule originariamente presentanti la mutazione porterebbe, in ultima analisi , ad alterazioni della catena respiratoria in vari tessuti (Ameur et al., 2011). Questo concetto è supportato da studi di invecchiamento accelerato effettuati su pazienti HIV- positivi in trattamento con farmaci antiretrovirali interferenti con la replicazione del mtDNA Payne et al., 011).

Le prime prove significative dell'importanza che potrebbe avere il danno al mtDNA nel processo di invecchiamento derivano dalla osservazione di malattie multisistemiche umane causate da mutazioni del genoma mitocondriale e che si manifestano con caratteristiche simili all'invecchiamento stesso Wallace, 2005 . E' stato anche osservato che topi mutanti carenti di DNA polimerasi mitocondriali accumulano mutazioni puntiformi e delezioni casuali nell mtDNA, con segni di invecchiamento che appaiono prematuramente e riduzione della durata della vita

(Kujoth et al.,20 5; Trifunovic et al, 2 04; Vermulst et al., 2 08). L'alterazione della funzione mitocondriale in questi topi non è inoltre accompagnata da incremento dei livelli di specie reattive dell'ossigeno (Edgar et al., 2009; Hiona et al., 2010).

Inoltre si è visto che in questi topi mutanti vi sono cellule che risultano più predisposte


all'accumulo di mutazioni nel mtDNA, le cellule staminali (Ahlqvist et al., 2012 .




3. Architettura nucleare


L'instabilità genomica può essere anche causata da alterazioni nella maglia proteica che costituisce la membrana interna dell'involucro nucleare e che funge da sostegno per il nucleo e da ancoraggio per la cromatina (Fig. 3).



Fig. 3: Interazione tra cromatina e lamina nucleare


Queste proteine che vengono complessivamente denominate " lamina nucleare" sono dunque fondamentali per il mantenimento del genoma e vi si legano anche altri complessi proteici che regolano la stabilità genomica (Dechat et al., 2008; Gonzalez- Suarez et al , 2009; Liu et al., 2 05). L'importanza di tale struttura è stata sottolineata dagli studi su sindromi progeroidi quali la Hutchinson Gilford (HGPS) o la Nestor- Guillermo (NGPS). In pazienti affetti da queste patologie sono state trovate mutazioni di geni codificanti per proteine della lamina, o fattori che influiscono sulla maturazione e rimodellamento della stessa (Cabanillas et al., 2011; De Sandre- Giovannoli et al., 2 0 ; Eriksson et al., 003). Inoltre è stato osservato in topi utilizzati come modelli di HGPS che, somministrando sostanze come oligonucleotidi antisenso bloccanti la traduzione proteica o inibitori di enzimi, la riduzione di una isoforma

aberrante di una proteina della lamina, chiamata "progerina", ritarda la comparsa delle


caratteristiche di invecchiamento precoce e aumenta la durata della vita (Osorio et al.,


Varela et al., 008; Yang et al, 20 6). La progerina è stata trovata anche


nell'uomo durante l'invecchiamento fisiologico (Scaffidi e Misteli., 2006), ulteriore


evidenza a favore dell'ipotesi dell'implicazione di difetti della lamina nucleare in


questo fenomeno.


Alcuni studi hanno inoltre posto la sintesi di tale proteina in stretta connessione con la condizione dei telomeri: fibroblasti umani che mostrano in vitro una disfunzione delle estremità cromosomiche hanno un'aumentata produzione di progerina (Cao et al.,201 ).


La speranza è quella di poter intervenire anche a livello di struttura nucleare, allo scopo di rinforzarla, ritardando così l'invecchiamento fisiologico. Ad oggi è stata sviluppata una strategia basata sullo scambio di tratti di DNA tra due cromatidi fratelli per correggere mutazioni a livello della lamina A indotte in cellule staminali pluripotenti derivate da pazienti affetti da HGPS, ma molti ulteriori studi e approfondimenti saranno necessari (Liu et al., 2011b).


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