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Munch e l'espressionismo




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MUNCH E L'ESPRESSIONISMO



CARATTERI GENERALI

Corrente culturale d'avanguardia che, sorta in Germania all'inizio del Novecento come reazione all'impressionismo e al naturalismo, e affermatasi in origine nel campo delle arti figurative, si estese poi alla letteratura, alla musica e al cinema, proponendo una rivoluzione del linguaggio che contrapponeva all'oggettività dell'impressione la soggettività dell'espressione. Suo organo ufficiale fu la rivista Der Sturm, fondata e diretta da Herwarth Walden, pubblicata dal 1910 al 1932.




Il termine 'espressionismo' indica quelle opere che intendono 'esprimere' fortemente il sentimento individuale dell'artista, piuttosto che rappresentare oggettivamente la realtà, deformando coscientemente quest'ultima affinché risulti evidente che ciò che noi vediamo nella tela non è la riproduzione di un oggetto così come appare, ma come lo sente l'autore che proietta in esso la propria vita interiore. Gli artisti di questo movimento usano colori e forme per esprimere paure, angoscia, sensazioni dolorose che l'uomo prova durante la sua vita. E'una pittura che usa le immagini per esprimere il complesso mondo interiore dell'uomo. Questo movimento riflette la situazione sociale nel periodo della prima guerra mondiale. Al pari del termine «classico», che esprime sempre il concetto di misura ed armonia, o di «barocco», che caratterizza ogni manifestazione legata al fantasioso o all'irregolare, il termine «espressionismo» è sinonimo di deformazione.

Alla nascita dell'espressionismo contribuirono diversi artisti operanti negli ultimi decenni dell'Ottocento. In particolare possono essere considerati dei pre-espressionisti Van Gogh, Gauguin, Munch ed Ensor. In questi pittori sono già presenti molti degli elementi che costituiscono le caratteristiche più tipiche dell'espressionismo: l'accentuazione cromatica, il tratto forte ed inciso, la drammaticità dei contenuti.

Il primo movimento che può essere considerato espressionistico nacque in Francia nel 1905: i Fauves. Con questo termine vennero dispregiativamente indicati alcuni pittori che esposero presso il Salon d'Automne quadri dall'impatto cromatico molto violento. Fauves, in francese, significa «belve». Di questo gruppo facevano parte Matisse, Vlaminck, Derain, Marquet ed altri. La loro caratteristica era il colore steso in tonalità pure. Le immagini che loro ottenevano erano sempre autonome rispetto alla realtà. Il dato visibile veniva reinterpretato con molta libertà, traducendo il tutto in segni colorati che creavano una pittura molto decorativa. Alla definizione dello stile concorsero soprattutto la conoscenza della pittura di Van Gogh e Gauguin. Da questi due pittori i fauves presero la sensibilità per il colore acceso e la risoluzione dell'immagine solo sul piano bidimensionale.

Nello stesso 1905, anno in cui comparvero i Fauves, si costituì a Dresda, in Germania, un gruppo di artisti che si diede il nome «Die Brücke» (il Ponte). I principali protagonisti di questo gruppo furono Ernest Ludwig Kirchner e Emil Nolde. In essi sono presenti i tratti tipici dell'espressionismo: la violenza cromatica e la deformazione caricaturale, ma in più vi è una forte carica di drammaticità che, ad esempio, nei Fauves non era presente. Nell'espressionismo nordico, infatti, prevalgono sempre temi quali il disagio esistenziale, l'angoscia psicologica, la critica ad una società borghese ipocrita e ad uno stato militarista e violento.

Alla definizione dell'espressionismo nordico fu determinante il contributo di pittori quali Munch ed Ensor. E, proprio da Munch, i pittori espressionisti presero la suggestione del fare pittura come esplosione di un grido interiore. Un grido che portasse in superficie tutti i dolori e le sofferenze umane ed intellettuali degli artisti del tempo.

Un secondo gruppo espressionistico si costituì a Monaco nel 1911: «Der Blaue Reiter» (Il Cavaliere Azzurro). Principali ispiratori del movimento furono Wassilj Kandinskij e Franz Marc. Con questo movimento l'espressionismo prese una svolta decisiva. Nella pittura fauvista, o dei pittori del gruppo Die Brücke, la tecnica era di rendere «espressiva» la realtà esterna così da farla coincidere con le risonanze interiori dell'artista. Der Blaue Reiter propose invece un'arte dove la componente principale era l'espressione interiore dell'artista che, al limite, poteva anche ignorare totalmente la realtà esterna a se stesso. Da qui, ad una pittura totalmente astratta, il passo era breve. Ed infatti fu proprio Wassilj Kandiskij il primo pittore a scegliere la strada dell'astrattismo totale (vedi pag. 136).

Il gruppo Der Blaue Reiter si disciolse in breve tempo. La loro ultima mostra avvenne nel 1914. In quell'anno scoppiò la guerra e Franz Marc, partito per il fronte, morì nel 1916. Alle attività del gruppo partecipò anche il pittore svizzero Paul Klee, che si sarebbe reincontrato con Wassilj Kandiskij nell'ambito della Bauhaus, la scuola d'arte applicata fondata nel 1919 dall'architetto Walter Gropius. All'interno di questa scuola, l'attività didattica di Kandiskij e Klee contribuì in maniera determinante a fondare i principi di una estetica moderna, trasformando l'espressionismo e l'astrattismo da un movimento di intonazione lirica ad un metodo di progettazione razionale di una nuova sensibilità estetica.

DIFFERENZE CON L'IMPRESSIONISMO

Il termine espressionismo nacque come alternativa alla definizione di impressionismo. Le differenze tra i due movimenti sono sostanziali e profonde. L'impressionismo rimase sempre legato alla realtà esteriore. L'artista impressionista limitava la sua sfera di azione all'interazione che c'è tra la luce e l'occhio. In tal modo cercava di rappresentare la realtà con una nuova sensibilità, cogliendo solo quegli effetti luministici e coloristici che rendono piacevole ed interessante uno sguardo sul mondo esterno.

L'espressionismo, invece, rifiutava il concetto di una pittura sensuale (ossia di una pittura tesa al piacere del senso della vista), spostando la visione dall'occhio all'interiorità più profonda dell'animo umano. L'occhio, secondo l'espressionismo, è solo un mezzo per giungere all'interno, dove la visione interagisce con la nostra sensibilità psicologica. E la pittura che nasce in questo modo, non deve fermarsi all'occhio dell'osservatore, ma deve giungere al suo interno.

Un'altra profonda differenza divide i due movimenti. L'impressionismo è stato sempre connotato da un atteggiamento positivo nei confronti della vita. Era alla ricerca del bello, e proponeva immagini di indubbia gradevolezza. I soggetti erano scelti con l'intento di illustrare la gioia di vivere. Di una vita connotata da ritmi piacevoli e vissuta quasi con spensieratezza.

Totalmente opposto è l'atteggiamento dell'espressionismo. La sua matrice di fondo rimane sempre profondamente drammatica. Quando l'artista espressionista vuol guardare dentro di sé, o dentro gli altri, trova sempre toni foschi e cupi. Al suo interno trova l'angoscia, dentro gli altri trova la bruttura mascherata dall'ipocrisia borghese. E per rappresentare tutto ciò, l'artista espressionista non esita a ricorre ad immagini «brutte» e sgradevoli. Anzi, con l'espressionismo il «brutto» diviene una vera e propria categoria estetica, cosa mai prima avvenuta con tanta enfasi nella storia dell'arte occidentale.Da un punto di vista stilistico la pittura espressionista muove soprattutto da Van Gogh e da Gauguin. Dal primo prende il segno profondo e gestuale, dal secondo il colore come simbolo interiore. La pittura espressionistica risulta quindi totalmente antinaturalistica, lì dove l'aderenza alla realtà dell'impressionismo collocava quest'ultimo movimento ancora nei limiti di un naturalismo seppure inteso solo come percezione della realtà.




VITA

Munch nasce il 12 dicembre 1863 a Löten, in Norvegia, figlio del dottor Christian Munch, medico dell'esercito. L'infanzia del pittore norvegese Edvard Munch è segnata da tragici avvenimenti familiari quali la morte della madre e della sorella, che lasciano una impronta tragica nella sua coscienza e si riflettono nella sua arte. La sua formazione artistica avviene alla scuola Reale di Disegno a Oslo e l'ampliamento dei suoi orizzonti culturali si svolge attraverso frequenti viaggi a Parigi e a Berlino, ai quali il pittori alternerà lunghi soggiorni in Norvegia. Nel 1964 la famiglia si trasferisce a Christiania (la futura Oslo). Dopo la tragica morte della madre (1868), la zia materna Karen si prende cura della famiglia. Iscritto all'istituto tecnico nel 1879, lo abbandona l'anno seguente per intraprendere la carriera di pittore. Nel 1881 entra in una scuola di disegno, dove frequenta corsi di scultura, sotto la guida di Julius Middelthun. La prima apparizione in pubblico avviene nel 1883, quando partecipa alla collettiva del Salone delle arti decorative di Christiania. In autunno, a Modum, dipinge "en plein air" sotto la guida di Frits Thaulow. A Christiania entra in contatto con l'ambiente bohémien, conosce l'avanguardia norvegese dei pittori naturalisti e degli scrittori. Nel maggio del 1885, grazie a una borsa di studio, si reca a Parigi, dove visita il Salon e il Louvre, rimanendo affascinato dalla pittura di Manet. Ritornato in patria, esegue alcuni importanti dipinti: Bambina malata, Il giorno dopo e Pubertà. Nonostante le molte critiche che gli vengono rivolte dopo l'esposizione della prima versione della Bambina malata, nel 1889 Munch allestisce la prima mostra personale. In ottobre si reca nuovamente a Parigi, dove si trattiene, tranne alcune pause nel paese natale, fino al 1892, quando fa rientro in Norvegia per organizzare una sua mostra. In ottobre viene invitato a esporre a Berlino, ma le sue opere suscitano così violente polemiche che la mostra si chiude dopo una settimana. Fra il 1893 e il 1908 vive per la maggior parte del tempo in Germania, fa qualche viaggio a Parigi, in Italia e trascorre le estati in Norvegia. Intensa è la sua attività espositiva in questi anni in Germania, a Parigi e in Scandinavia. A partire dal 1894 realizza le prime acqueforti e litografie. Nel 1896 illustra I fiori del male di Baudelaire. Nello stesso periodo ha inizio la collaborazione con il drammaturgo Ibsen, che proseguirà fino al 1906. Nel 1902 incontra il dottor Max Linde, che diventa il suo mecenate e per il quale esegue quattordici acqueforti e due litografie che hanno per tema la famiglia del committente e il loro giardino. Nell'ultimo decennio del XX secolo, l'artista norvegese espone le sue opere a Parigi, sia al Salon des Indépendants (1896, 1897 e 1903) sia alla galleria L'Art Nouveau (1896). Nel 1902 partecipa alla Secessione di Berlino, della quale diventa membro nel 1904, con le opere del Fregio della vita. Un'altra importante mostra viene organizzata, nel 1905, alla galleria Mánes di Praga. L'anno seguente incontra il banchiere svedese Ernest Thiel, che gli commissiona il ritratto di Nietzsche. Nel 1908, durante uno dei suoi viaggi, ha un collasso nervoso e viene ricoverato in ospedale. Nella clinica di Copenaghen, nella quale si trova da alcuni mesi, scrive Alfa e omega che illustra con diciotto litografie. Rientrato in Norvegia, prepara i disegni per il concorso dell'Aula magna dell'università di Christiania, che vince nel 1914. Nel 1912 prende parte al Sonderbund di Colonia e alla mostra collettiva di arte scandinava patrocinata dall'American Scandinavian Society di New York. In occasione della sua terza esposizione americana, nel 1915, viene premiato con una medaglia d'oro per l'opera grafica. Terminati i pannelli per l'università di Christiania, li vede collocati solo nel 1916, dopo molte discussioni e polemiche. In questo stesso anno acquista la tenuta di Ekely a Sköyen, dove risiede per il resto della sua vita. In occasione di una mostra da Blomqvist, a Christiania, scrive un opuscolo sul Fregio della vita (1918). Dopo un periodo d'inattività, a causa della febbre spagnola, dipinge i pannelli per la mensa della fabbrica Freja di Christiania (1922). Nel corso del terzo decennio l'artista riceve varie onorificenze e inviti a mostre, che culminano nella grande retrospettiva alla Nationalgalerie di Berlino (1927), poi trasferita alla Nasjonalgalleriet di Christiania, ribattezzata Oslo nel 1925. Dopo aver iniziato il progetto per la decorazione di una sala del municipio di Oslo, l'artista, colpito da una grave malattia agli occhi, è costretto a un lungo periodo di riposo (1930). Anche se l'avvento del nazismo in Germania segna il declino dell'opera di Munch, che nel 1937 viene bollata come "arte degenerata", questi continua a dipingere e a creare opere grafiche. Edvard Munch muore a Ekely il 23 gennaio 1944. Tutte le sue opere vengono donate alla città di Oslo ed esposte, nel 1963, nel Museo Munch.


Munch dipinge con un linguaggio espressionista: i colori hanno un significato simbolico, sono usati puri, netti e contrapposti tra di loro; hanno tonalità accese anche quando la presenza della morte è incombente. Mentre la sua opera trova subito dei sinceri estimatori negli ambienti parigini, ad Oslo, le sue esposizioni destano profondo scalpore suscitando furiose proteste. Per questo motivo egli si stabilisce in Germania e durante questo periodo Munch ottiene i più alti esiti della sua pittura.



Le sue tele compongono, una specie di allegoria figurativa con al centro tematiche fondamentali quali l'amore e la morte. In termini stilistici, l'artista norvegese introduce sorprendenti novità: da una parte un colore acido e violento, dall'altra una sinuosità lineare che conferisce al segno una valenza allucinata.


La nuova arte nasce dal distacco dell'artista dalla vita sociale e dai suoi costumi, sempre più vacui, estetizzanti ed incapaci di dare all'esistenza un significato pregnante. Dice lo stesso Munch:

"La mia arte ha le sue radici nelle riflessioni sul perché non sono uguale agli altri, sul

perché ci fu una maledizione sulla mia culla, sul perché sono stato gettato nel mondo

senza poter scegliere. Ho dovuto seguire un sentiero lungo un precipizio, una

voragine senza fondo. Ho dovuto saltare da una pietra all'altra. Qualche volta ho

lasciato il sentiero per buttarmi nel vortice della vita. Ma ho sempre dovuto ritornare

su questo sentiero sul ciglio di un precipizio"


E' il senso di instabilità, di incertezza e di paura il nuovo protagonista dell'arte di

Munch. L'uomo, il dramma del suo esistere, del suo essere solo di fronte a tutto ciò che lo circonda, i suoi conflitti psichici e le sue paure diventano centro dell'interesse del pittore. Egli, allontanatosi dalla vita esterna, rivolge tutta la sua attenzione all'interiorità ed alla psiche umana, ma rischia di essere risucchiato dal vortice dell'Essere al cospetto del quale è giunto. Solo con se stesso l'uomo sente l'angoscia del vivere, quella forza capace secondo Kierkegaard di paralizzare la volontà umana e di gettare chiunque nello sconforto esistenziale. Oltre a questo senso di angoscia

stagnante, di soffocamento, Munch si trova di fronte ai suoi demoni privati, al senso di colpa latente nella sua personalità alle frustrazioni accumulate lungo tutta una vita. Il modo migliore per comprendere la complessa psicologia e di conseguenza tutta la produzione artistica del pittore norvegese risiede nell'analisi dei suoi innumerevoli autoritratti, compiuti a distanza di anni e presenti lungo tutta la sua vita. Egli stesso infatti dichiara che 'i miei quadri sono i miei diari' e tra questi particolare rilievo assumono gli autoritratti. Lo scopo primario dell'arte di Munch è quello di

rappresentare e in tal modo di dar sfogo alla propria interiorità e ritraendo se stesso egli riesce a dare una forma alle pieghe più profonde del proprio essere.


Autoritratto All'Inferno (1895 circa olio su tela; 81,5 x 65,5 Oslo, Munch Museet)


Tra gli autoritratti risulta particolarmente interessante 'Autoritratto all'inferno' del 1895. Prima di compiere un'analisi concernente il significato di questa opera, essa ci consente di esaminare da vicino le nuove scelte stilistiche operate da Munch e destinate a diventare caratteristiche fondamentali del nascente espressionismo. Innanzitutto il paesaggio è scomparso, abbandonando a se stesse le tre figure dipinte: l'uomo, l'ombra nera e il fuoco. Non c'è volontà da parte dell'artista di rendere la scena in un qualsiasi modo realistica; la stessa fiamma appare come una macchia di colore, mentre i lineamenti dell'uomo sono appena abbozzati con pennellate rapide e nervose. In secondo luogo l'uso dei colori è completamente funzionale alla psicologia del pittore e quindi la scena perde definitivamente ogni connotazione realistica, fino a sembrare un sogno od il frutto amaro dell'interiorità dell'autore. Passando all'analisi del significato del quadro, la prima considerazione che risulta evidente è la centralità della testa dell'uomo; essa appare addirittura separata dal resto del corpo da una pennellata di rosso lungo il collo. La protagonista del quadro è

dunque la mente dell'uomo ed i suoi recessi che per la prima volta in quegli anni venivano studiati dalla neonata psicoanalisi freudiana. L'uomo inoltre viene ritratto nudo, ossia privato da quella maschera protettiva costituita dagli abiti; egli non è raffigurato nella sua vita sociale, ma al contrario appare solo con la sua interiorità. Dietro alla figura umana le due macchie di colore vengono a rappresentare i demoni della ragione: da una parte l'ombra nera, probabilmente simbolo dell'angoscia, del senso di colpa che rende impossibile la vita, mentre dall'altra si staglia la fiamma,



simbolo di violenza e di irrazionalità, cui l'uomo non può sfuggire. I due colori sono ben distinti lungo tutta la parte superiore del quadro, mentre si fondono e si uniscono nella testa dell'uomo. Munch vuole far capire tramite questa sapiente alternanza di colori che tutte le ansie nascono dalla psiche dell'uomo e dal suo subconscio, unico ente in grado di comprendere il nichilismo della società e della cultura a lui contemporanea. La crisi interiore dell'artista si aggrava e negli anni successivi Munch incorre in numerose crolli nervosi, che lo porteranno al ricovero nel 1909.


Il Grido (1893 tempera su tavola; 83,5 x 66)


"Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto sul fiordo nerazzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura


Il quadro presentato, il più celebre di Munch ed uno dei più drammatici di tutta l'arte moderna, di chiara lettura figurativa seppure assolutamente antinaturalistico, si presta ad una interpretazione psicologica che coincide con il contenuto rappresentato, un uomo fisicamente stravolto nelle sembianze da un terrore cieco che lo sconvolge interiormente,  ed esprime, attraverso chiari riferimenti simbolici, la solitudine individuale (la figura isolata in primo piano), la difficoltà di vivere e la paura del futuro (il ponte da attraversare), la vanità e la superficialità dei rapporti umani (le due figure sullo sfondo, amici incuranti che continuano a camminare), dilatando l'esperienza individuale fino a compenetrarla nel dramma collettivo dell'umanità e cosmico della natura. Infatti il dramma, seppure indicato dal titolo, non si esaurisce in esso. Nasce piuttosto dalla prospettiva, tesa e obliqua, che dà al ponte una lunghezza allucinante; nasce dagli urti cromatici, nasce dall'ondeggiare delle linee curve, che partendo dalla forma della testa e dalla posizione di mani e braccia dell'uomo, si propagano intorno, come ondate, all'acqua, alla terra, al cielo, con andamenti non concentrici (e quindi coordinati e razionali), ma eccentrici. La particolare conformazione del paesaggio, che suggerisce un turbinoso movimento, è stata spesso intesa come visualizzazione delle onde sonore, così che questo, superando la dimensione del singolo individuo, diventa grido universale: "Ho sentito questo grido venire da tutta la natura", dice Munch.

Nulla di esterno suggerisce l'orrore che induce la strana figura in primo piano a gridare, immagine che materializza e personifica l'angoscia cosmica. Del tutto estranea rispetto al contesto, al paesaggio e all'ambiente circostante, la vittima è sopraffatta dalla consapevolezza di un terrore indicibile che viene dall'interno. Le tinte sono scure: un intenso rosso sangue si libra in modo sinistro sull'orizzonte e urta con le ombre violette del mare in lontananza. Lo stesso violetto si ripete nell'abito della vittima, mentre le mani e la testa sono di un pallido grigio-bruno.


Con quel grido Munch vuol dare voce alla disperazione del suo animo e del suo tempo, raffigurando con gelida spietatezza la condizione esistenziale del '900 in uno stile pittorico crudo e inquietante.
La rappresentazione pone in primo piano l'uomo che urla, l'artista stesso, un corpo lontano da ogni naturalismo, con la testa completamente calva come un teschio, gli occhi-orbite dallo sguardo allucinato e terrorizzato, il naso appena accennato nelle narici, la cavità della bocca aperta, vero centro compositivo dell'opera, dalla quale si dipartono le onde sonore del grido, che contagiano la natura circostante, il paesaggio, il cielo, trascinandoli in un gorgo di irresistibile potenza dove tutto si annichilisce.
La spinta dinamica del movimento ad onda domina l'insieme, incombendo sulla figura, sulla natura, definendo con tratti concitati la tipica deformazione espressionista che, premendo sulla forma, vuol farne  sgorgare e liberare l'angoscia interiore, facendola esplodere con un grido liberatorio.

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