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La storia della pittura romana




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Introduzione


La storia della pittura romana è essenzialmente una storia di pitture parietali eseguite su intonaco. Questa è in parte una condizione di ciò che è sopravvissuto, ma anche in parte un riflesso del vero stato dell'arte pittorica nel periodo romano.

Le pitture parietali, eseguite su pannelli di legno o simili, furono la principale forma d'arte nella Grecia classica ed ellenistica, specialmente dal tardo V secolo a.C. in poi; e quando i Romani conquistarono la Grecia durante l'ultimo paio di secoli prima di Cristo, si contesero avidamente capolavori famosi e non, vecchi e nuovi, per le loro gallerie private o pubbliche; Cesare ad esempio pagò una piccola fortuna per due pitture di Timomaco di Bisanzio da esibire nel suo tempio di Venere Genitrice a Roma. Ma durante il I a.C. e I d.C. le pitture su tavola sembrano perdere d'importanza. D'ora in poi i pittori famosi del periodo - artisti come Studius, Famulus (o Fabullus) e Attius Priscus - sono tutti pittori parietali e la linea di tendenza è registrata da Plinio il Vecchio che, scrivendo nel 79 d.C., lamenta la moda contemporanea per le pitture parietali e loda la sapienza dei primi tempi nello stimare le tavole, che rendevano un artista "la comune proprietà del mondo". Il vigore della pittura parietale è in questo periodo narrato dal materiale pervenutoci. Con l'evoluzione degli schemi decorativi conosciuti come Stili Pompeiani, che sfondano la parete con prospettive illusionistiche, o la ricamano con voli sontuosi di nastri e decorazioni policrome, i pittori che lavorano al servizio dei committenti romani introducono una novità nella storia dell'arte antica. Le pitture su tavola sono ora sostituite da un nuovo fenomeno: pitture permanenti come focus centrale nella decorazione parietale, eseguite con la tecnica dell'affresco su intonaco.

Queste pitture in molti casi sono repliche o pastiches di "antiche opere", ma nello stesso tempo sono la parte essenziale degli schemi decorativi in cui sono collocate, ai quali sono più o meno adattati nella composizione, nello stile e nei colori. Le pitture su legno o su altri materiali naturalmente continuano ad essere prodotte: vi sono alcuni esempi, come la serie di ritratti sui sarcofagi egiziani, che le particolari condizioni climatiche (clima secco) hanno favorito la loro conservazione. Ma tali pitture sono evidentemente di minore importanza; tutti gli indizi portano alla pittura parietale, più vitale e prestigiosa.

Per questo motivo il libro concerne solo la pittura parietale e, per essere più specifici, riguarda in gran parte la decorazione parietale degli interni di case, ville e palazzi. E' vero che le pitture erano utilizzate sia su superfici interne che esterne, ma queste ultime per ovvi motivi, sono raramente sopravvissute; e dove invece sono sopravvissute (come nelle case pompeiane) è chiaro che fu resa una minor cura nella loro realizzazione, forse a causa della loro vulnerabilità dovuta alle condizioni atmosferiche e ai vandalismi. Per la salvaguardia degli interni dipinti invece il proprietario investiva molto danaro per decorazioni di alta qualità.

I più eccellenti esempi di pittura parietale romana sono stati tutti eseguiti in spazi chiusi (di solito coperti ma anche talvolta non coperti) all'interno degli edifici. L'importanza di case, ville e palazzi ancora rispecchia la tendenza in uso. I tipi di edifici che hanno le pitture più antiche ripetono l'intera gamma dai templi o altri edifici pubblici fino a case e tombe. Ma la maggior parte degli edifici pubblici è spesso decorata anche con altri materiali costosi, specialmente il marmo venato, e se erano intonacati, il pittore li dipingeva in modo tale da simulare quelli in marmo o in muratura, come si addice alle strutture monumentali. Le tombe a camera erano talvolta dipinte in modo elaborato, specialmente nel II d.C.; ma di solito esse ricevevano un semplice trattamento, sin da quando non erano posti molto frequentati da i vivi, e inoltre le aperture nei muri per le nicchie funebri limitavano la libertà di azione del pittore; solo la volta offriva uno spazio per schemi più complessi. I principali edifici decorati erano di tipo residenziale - dimore dell'aristocrazia repubblicana, palazzi imperiali, case della borghesia. Il ruolo della pittura parietale nella decorazione degli interni domestici merita ulteriori commenti: vi sono quattro punti generali.

In primo luogo, l'estensione in cui le antiche case erano dipinte supera di molto quella della tarda società. Gli scavi di Pompei e Ercolano, città relativamente prospere ma in alcun modo eccezionali, danno una vivida illustrazione di ciò; nelle case di media ampiezza ogni stanza, grande o piccola era dipinta, mentre nelle case più piccole vi erano al massimo una o due stanze dipinte. Solo le cucine, le latrine e i magazzini in generale sono privi di pitture. Una situazione simile probabilmente doveva esistere per ogni altra città paragonabile a queste durante lo stesso periodo. Oggigiorno il concetto di commissionare degli affreschi per una casa ordinaria di città sembra per lo meno fuori luogo.

Inoltre, la qualità della decorazione variava da stanza a stanza. Gli ambienti principali della casa, l'atrio, il tablino, il peristilio, gli oeci e i triclinia, e i cubicola più importanti ricevevano un eccellente trattamento in termini di ricchezza dei colori, della complessità del disegno e per la presenza di pitture mitologiche. Gli ambienti minori progressivamente vedevano semplificata la loro decorazione, fino agli ergastula degli schiavi, dipinti al massimo con strisce che contengono delle vignette su sfondo bianco.

In terzo luogo dato che le pitture decorano le stanze, non bisogna considerarle isolatamente. Anzi bisogna metterle in relazione con l'architettura in cui sono collocate e come si voleva che fossero viste; in che modo fossero adattate all'ampiezza, alla funzione e alla forma dell'ambiente, rispetto alla fonte di luce ec. ec. Bisogna inoltre metterle in relazione con le altre forme di decorazione interna con le quali si combinavano; sono tutti degli aspetti complementari di singoli insiemi decorativi. Ciò significa guardare i pavimenti, normalmente in cocciopesto (con o senza inserimenti in mosaico o in opus sectile) e anche i soffitti e le volte, anch'essi decorati. Questi sono spesso decorati con pitture e devono essere considerati insieme alle pareti, sebbene la loro bassa percentuale di sopravvivenza impedisca approfondite analisi. Ma sono impiegati anche altri mezzi, come lo stucco, ed è interessante osservare come i diversi effetti di colore e le convenzioni decorative dell'affresco e dello stucco siano utilizzate insieme. Idealmente, in aggiunta alle decorazioni sulle superfici architettoniche, bisogna anche considerare le pitture in relazione all'arredamento perduto, alla statuaria e agli altri ornamenti della casa; ma questi sono componenti dell'insieme decorativo su cui siamo poco informati. La nostra valutazione circa gli altri elementi sarà allora confinata ai vari tipi di pavimenti, in particolare quelli musivi, e allo stucco.

In quarto luogo, come caratteristiche dell'ambiente domestico, le pitture possono essere viste come un riflesso dei gusti del proprietario che le commissionò. Ricordiamo che le pitture non esistono in un vacuum ma fanno parte di uno stile di vita. Sono un aspetto cruciale della cultura romana e una potenziale e invalutabile fonte di informazioni sulle attitudini sociali.

Considerando questi punti generali è importante mettere in evidenza i limiti e le condizioni del materiale archeologico giunto sino a noi. Sebbene più duraturo del legno e di altri materiali organici, l'intonaco dipinto può sbiadire e frantumarsi, e il fatto che sia una superficie decorativa su pareti e soffitti lo espone al rischio di rovinarsi. Molte delle pitture romane che studiamo sono sopravvissute solo come frammenti nei depositi archeologici, e spesso questi frammenti sono troppo pochi da fornire molto meno che piccoli brani di uno schema completo. Per contrasto i pavimenti musivi sono sproporzionatamente ben rappresentati nei contesti archeologici poiché sono stati protetti dagli altri elementi degli edifici crollati.

L'eccezione alla regola è rappresentata dalle rovine di Pompei, Ercolano, Stabia e le zone limitrofe, sepolte dall'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Qui abbiamo centinaia di decorazioni parietali complete o più o meno complete, senza menzionare le decorazioni dei soffitti, tutte databili tra gli ultimi due secoli a.C. e il I d.C. Ciò crea uno squilibrio nella diffusione cronologica e geografica del nostro materiale. Per la prima parte del periodo preso in esame e per una piccola zona dell'Italia, c'è un'abbondanza di evidenze che ha reso possibile lo studio dell'evoluzione stilistica della pittura. Dopo il 79 d.C. il materiale è scarso ed estremamente difficile da datare, cosicché diventa impossibile stabilire una sequenza cronologica. Inevitabilmente, bisogna concentrarsi sul periodo fino al 79 e sulle pitture pompeiane; le città sepolte danno delle opportunità uniche. Solamente qui vi è materiale sufficiente per fare uno studio effettivo non solo sullo sviluppo delle mode pittoriche ma anche per la collocazione architettonica e decorativa. Solo in questo caso possiamo farci un'idea chiara del cambiamento della natura e della funzione delle pitture parietali all'interno di schemi decorativi.

Allo stesso tempo bisogna ricordare che né Pompei né Ercolano erano centri importanti e che le loro pitture non sono di alto livello come a Roma; sono essenzialmente il prodotto di un artigianato locale. Per pitture di alta qualità dobbiamo arrivare alla decorazione delle residenze imperiali di Roma, come le proprietà di Augusto sul Palatino e la Domus Aurea di Nerone, in parte preservate a causa della loro incorporazione in edifici più tardi.

Il reale valore di Pompei è quello di essere un indice del gusto della classe media della società romana in uno dei periodi cruciali della civilizzazione antica: il periodo della transizione di Roma dalla repubblica all'impero. Nel II e nel I a.C. il potere di Roma si era esteso gradualmente fino a includere le zone costiere dell'intero Mediterraneo - rispetto all'inadeguatezza del sistema amministrativo di una città-stato e le potenzialmente disastrose rivalità tra i potentati militari. Sotto Augusto (31 a.C.- 14 d.C.), emerso come vincitore dopo una lunga serie di guerre civili, le conquiste vennero consolidate più o meno con frontiere fisse, e questo "impero" fornì una stabile ed effettiva forma di governo adatta ai suoi bisogni - un governo basato su una serie di unità regionali (le "provincie") con governatori di lunga durata, e ufficiali professionali responsabili dell'imperatore a Roma. Il risultato fu un lungo periodo di pace interrotto, durante la vita di Pompei, solo da un anno di guerre civili (68/69 d.C.) che determinò la fine della dinastia stabilita da Augusto e l'inizio di un'altra fondata da Vespasiano. Culturalmente questo periodo vide l'emergere di Roma dall'ombra della Grecia. Nel periodo repubblicano i Romani amavano le cose greche; gli scrittori adattavano o traducevano la letteratura greca, i pensatori modellavano le loro idee sulla filosofia greca, i ricchi nobili collezionavano capolavori greci o copie di questi. Nel periodo imperiale emerse una nuova identità culturale romana, per la maggior parte incorporando i contributi della letteratura e dell'arte greca, ma con elementi indigeni, che esprimeva una visione del mondo essenzialmente romana. Si pensi solo all'Eneide di Virgilio e all'Ara Pacis. Durante questa fase cruciale di transizione emerge la pittura romana discendente da quella greca ma con aspetti indipendenti; i questa fase vediamo anche i fruttuosi sviluppi espressivi del mezzo ma dopo il 79 notiamo un declino della creatività e una tendenza alla mancanza di ispirazione, con un reimpiego delle vecchie formule pompeiane.

Solo Pompei ci dà un'idea di cosa stava succedendo in quel periodo di capitale importanza nella storia dell'arte pittorica.

Il nucleo degli studi di pittura di questo periodo fu diviso in quattro stili dallo studioso tedesco A. Mau nel 1882. Le successioni cronologiche furono spesso cambiate, per esempio da A. Ippel (1910). L. Curtius (1929), ma le recenti ricerche, quelle di H.G. Beyen (1938 e 1960), F. L. Bastet e M. De Vos (1979) e W. Ehrhardt (1987) hanno confermato la validità degli studi di Mau e il suo sistema.


Gli antecedenti.


Il requisito fondamentale delle composizioni parietali romane era i risultati raggiunti dai Greci. Uno dei temi ricorrenti nella pittura romana era l'incorporazione di figure dipinte in stile greco, e molto realisticamente, di pannelli basati su famose pitture greche. Queste erano raramente delle repliche esatte, ma normalmente riproducevano le disposizioni generali della composizione o delle caratteristiche specifiche con figure ereditate dall'originale, e la loro invariabilità dipendeva dalla maestria greca nel naturalismo e nell'illusionismo; la cosa più importante è che si presentano come desiderate dai patroni romani che vogliono circondarsi dell'aura dell'arte greca.

Per universale consenso degli autori antichi, il grande periodo della pittura greca abbracciò il tardo V e il IV a. C. Durante quest'epoca gli artisti acquisirono gradualmente un completo arsenale di tecniche illusionistiche. I principi della prospettiva lineare furono esplorati per la rappresentazione degli edifici; il volume era suggerito dall'uso dell'ombra e delle lumeggiature; la collocazione di figure e oggetti nello spazio era indicato dall'ombra portata. Pittori come Zeusi, Parrasio, Nicia, Apelle e Protogene vennero celebrati per la loro abilità nel creare l'apparenza della realtà e della terza dimensione su superfici bidimensionali. La maggior parte delle loro opere eseguite su tavole e quindi trasportabili da città a città ( in questo modo aiutando la crescita del mercato d'arte e aumentando il valore e la reputazione dell'artista) acquisì lo status di capolavori mondiali. Fu in breve l'età d'oro della pittura. La maggior parte dei loro risultati è per noi perduta. Le tavole originali non sopravvissero a lungo e dobbiamo sforzarci a immaginare cosa fossero dalla loro influenza su opere minori, come le pitture su tombe o su stele, e dagli echi su altri mezzi espressivi, su vasi e mosaici, e dalle informazioni date da autori come Plinio il Vecchio, nel 35° libro della sua opera enciclopedica la "Naturalis Historia", scritta prima della sua morte avvenuta nel 79 d.C., contenente un compendio di informazioni sulla storia della pittura, raccolte principalmente da autori precedenti.

Una percezione di ciò che poteva essere un capolavoro la abbiamo dal cosiddetto "Mosaico di Alessandro", dalla Casa del Fauno a Pompei. Di quasi 6x3 m, questo è certamente una copia esatta della pittura commissionata da Alessandro o da uno dei suoi successori per commemorare le vittorie sui Persiani da parte del Gran Re; è uno straordinario tour de force che comunica il caos e la confusione della battaglia, con una massa di soldati che cadono o sono in lotta o cavalcano o sollevano i cavalli. I cavalli in particolare dimostrano la maestria nello scorcio e nel chiaroscuro. Il repertorio di soggetti fu largamente completato nel 300 a.C.: i più importanti erano quelli mitici e storici.

Ma durante il IV a.C. altri soggetti divennero preminenti, come le personificazioni o i ritratti. Sappiamo anche di pitture idilliache e festose, come l'opera di Zeusi su una famiglia di centauri o il dipinto di Timante raffigurante Ciclopi addormentati con dei satiri che misurano i loro pollici, in cui gli antichi mostri della mitologia sono calati a un livello umano e trattati in modo eccentrico. Tra i soggetti minori sono i dipinti di fiori di Pausia e quelli erotici di Parrasio.

Alcuni pittori si cimentano negli sfondi. Un fregio proveniente dalla facciata di una tomba della necropoli reale macedonica a Verghina ( antica Aigai) mostra una scena di caccia in cui l'azione si svolge in un bosco, i cui alberi sono più o meno correttamente rapportati in scala con i cacciatori e così posizionati in modo da apparire importanti almeno quanto questi; inoltre l'uso audace dello scorcio dà una reale impressione che le figure si muovano dentro e fuori gli alberi. La fortunata integrazione tra le figure e l'ambiente circostante qui segna l'inizio del processo che porterà eventualmente alla pittura romana degli sfondi.

Per quanto riguarda il III, II e I a.C. (il periodo ellenistico) la letteratura li ricorda a tratti ed è difficile sapere quali sviluppi, se ve ne sono, si verificano nella pittura figurativa. Da Plinio sembra che emergano pochi nuovi generi, come le caricature, la vita di ogni giorno e la natura morta; ma non vi sono sopravvivenze di questi prima del periodo romano.

Le pitture parietali di questo periodo raramente riconoscono l'ambito dell'arte rappresentativa; la moda corrente era per le decorazioni in stile strutturale, in cui il solo posto per le figure era uno stretto fregio alla metà della parete. Altre pitture con figure si trovano su stele, sebbene in gran parte nella forma di una o due figure semplici come soggetti commemorativi; solo la pietra di Hedisle da Demetriade in Tessaglia (III a.C.), in cui lo sfondo della scena funebre mostra un'apertura verso altri ambienti con l'idea di un'altra entrata contenente uno spettatore, offre un'indicazione del tipo degli elaborati interni architettonici che dovevano occorrere come fondali nell'arte maggiore, ad esempio come nella pittura di Aezione delle nozze di Alessandro con la principessa orientale Rossane.

In un altro modo la nostra conoscenza sulla pittura figurativa del periodo ellenistico è derivata dagli echi nei mosaici pavimentali: pitture musive come le scene della Commedia Nuova di Dioscuride di Samo dalla cosiddetta villa di Cicerone a Pompei, sono chiaramente repliche di dipinti su tavola, verso le quali raggiungono un grado di fedeltà notevole per una tecnica così difficile. Così anche con l'unica pittura musiva descritta dalla letteratura antica, uno studio di colombe su un recipiente su di un pavimento, opera di Soso di Pergamo; dettagli virtuosi come l'ombra del capo dei volatili sull'acqua sono menzionati da Plinio, e le lumeggiature che splendono sul corpo del cratere, rivelate dalle copie romane pervenuteci, possono essere state con difficoltà inventate da un mosaicista.

Due pitture musive molto grandi, poste nel tardo III nel santuario della Fortuna Primigenia a Praeneste (Palestrina), in Italia, forniscono la testimonianza dell'esistenza di altri generi di pittura. Il primo, purtroppo incompleto, mostra una specie di fondale marino in cui l'acqua è riempita con varie specie di pesci e di fauna marina, come in un acquario. La quantità enciclopedica dei soggetti suggerisce un prototipo pittorico creato in uno dei grandi centri ellenistici come Alessandria. Il secondo e più completo mosaico è una mappa pittorica del Nilo. Con la sorgente in alto e il delta in basso, il fiume serpeggia lungo il suo cammino attraverso numerose vignette che rappresentano i fondali e gli insediamenti lungo il suo corso i cui dettagli sono forniti da iscrizioni in greco. Il genere di pittura qui rappresentato, proveniente inequivocabilmente da Alessandria, era forse riferito a mappe, la cui esistenza è implicita da un passo della "Geografia" di Claudio Tolomeo (II a.C.).

E' stato suggerito che il motivo per cui il mosaico delle colombe di Soso, l'unico tra tutti i mosaicisti greci di cui fa menzione Plinio, è che fu preso dalla sua collocazione originaria, Pergamo, per decorare qualche edificio romano. Certamente molte delle pitture famose greche conosciute da Plinio erano da lui conosciute in primo luogo perché le vide a Roma; e possiamo ben sospettare che si tratta precisamente delle vecchie opere ce erano disponibili in Italia, le quali esercitavano una notevole influenza sui committenti e sugli artisti della pittura parietale prodotta durante il I a.C. e d.C. Per la capitale Plinio ci dà una lunga lista di pitture in mostra durante o prima del suo periodo. Queste includevano almeno 4 pitture di Apelle, 2 di Zeusi, 1 di Parrasio (senza contare altre 2 nella collezione privata dell'imperatore Tiberio), 3 di Aristide e 4 di Nicia. Antifilo, il primo artista ellenistico, era rappresentato da almeno 6 dipinti. Questi numeri naturalmente potevano aumentare dato molte delle pitture nella lista pliniana non sono collocate anche se le dice a Roma, e potevano esserci molti altri dipinti di cui non fa menzione.

Ci saranno state certamente opere antiche anche in altre città italiane. Dipinti a Napoli o a Puteoli (Pozzuoli) potrebbero essere stati la prima fonte iconografica per i pittori di Pompei ed Ercolano; e che queste collezioni di dipinti, sia pubbliche che private, esistevano nelle città durante il periodo imperiale, è un'ipotesi corroborata dalla "Cena Trimalchionis" contenuta nell'opera di Petronio, probabilmente ambientata a Puteoli, in cui si narra di una galleria di opere di artisti greci, mentre Filostrato il Vecchio descrive una galleria in una villa napoletana. Il dipinto di Zeusi con Eracle bambino che strangola i serpenti, che si riflette in una delle pitture della Casa dei Vettii a Pompei, ancora era esibito ad Agrigento in Sicilia, dove l'artista lo presentò. Non c'era una mancanza di pitture di artisti greci attraverso i quali i risultati tecnici e il repertorio dei grandi maestri è stato trasmesso ai decoratori dell'Italia romana.

Accanto alla linea principale della pittura c'era anche in Italia una tradizione pittorica che precedeva l'emergenza degli stili parietali romani della tarda repubblica e del primo impero. Qui le pitture murali sono altrettanto importanti. Il materiale pervenutoci proviene dai contesti funerari.

Tra i primi esempi i più notevoli sono quelli delle tombe a camera etrusche di Tarquinia e le lastre dipinte per il rivestimento delle tombe di Paestum il cui stile e il soggetto cono chiaramente debitori alla tradizione greca e che qui in rari casi supera la mediocrità nell'esecuzione. Solo verso la fine del IV e durante il periodo ellenistico si allude a una maggiore indipendenza, con l'emergere di nuovi soggetti basati su storie e cerimoniali locali. Tra queste le più importanti sono le pitture della Tombe François a Vulci e quelle della Tomba del Convegno a Tarquinia. Il significato biografico sottinteso di queste pitture e la rappresentazione di figure umane con tutti gli ornamenti di un ufficio secolare, mostra una visione differente da quella dell'arte greca e del Mediterraneo orientale, che rimase permeata delle antiche generalizzazioni del mito e dell'allegoria.

In Italia c'era un grande interesse nella documentazione di eventi e imprese, interesse che si estendeva fino alla fedele riproduzione dei più piccoli particolari. Fu questo che diede inizio alle altre branche della tradizione artistica romano - italica: statue - ritratto onorifiche e rilievi scolpiti di carattere storico. Senza dubbio i fregi processionali delle tombe tarquiniesi ebbero le loro copie a Roma; lo stile delle pitture in cui gli angoli delle teste sono deliberatamente variati e l'effetto di affollamento è suggerito dall'inclusione di figure sullo sfondo dietro a quelle in primo piano, presagisce chiaramente il grande rilievo processionale dell'Ara Pacis (13 - 9 a.C.), e l'ovvia conclusione che quest'ultima è stata influenzata da una preesistente tradizione repubblicana di processioni dipinte.

Da Roma abbiamo alcuni frammenti di pitture storiche della media repubblica e molte testimonianze letterarie. Il materiale pervenuto consiste di frammenti d'intonaco dipinto parietale provenienti dalle tombe della necropoli sull'Esquilino. Il più grosso di questi, forse databile al III alla prima metà del II a.C., mostra le parti di quattro fregi sovrapposti che rappresentano episodi storici, inclusa una battaglia di fronte alle mura cittadine e due scene di assemblea o di presentazione che coinvolgono un paio di figure con iscrizioni. Nella sezione meglio conservata M. Fanio, con schinieri, cintura gialla e mantello blu, riceve qualcosa dalle mani di Q. Fabio, che è in abito cerimoniale romano, toga e tunica, mentre una folla di spettatori guarda da destra. Al disopra di questa scena, una figura simile con schinieri, cintura e mantello blu, ma anche equipaggiata di un largo scudo ovale e di un elmo piumato, offre la sua mano a una figura togata che tiene una lancia; questa volta le iscrizioni sono meno complete ma le lettere .ANIO che si distinguono verso la figura sul lato destro, si riferirebbero nuovamente a M. Fanio. Dietro di lui è una città fortificata con dei cittadini che guardano al di sopra dei bastioni. Il soggetto preciso delle pitture è discusso, ma M. Fanio (Fannius) e Q. Fabio (Fabius) sono ottimi nomi romani, e l'ultimo appartiene a una famiglia patrizia che diede alcuni condottieri generali nel corso del III e del II a.C.; cosicché è affascinante concludere che M. Fannius, che potrebbe essere il proprietario della tomba da cui provengono le pitture, è mostrato mentre riceve onori dal suo comandante militare grazie al suo servizio prestato con valore. Il tipo di figura individuale e l'uso del chiaroscuro mostrano un chiaro influsso greco, ma il carattere documentario, dichiarato dalle iscrizioni, corrisponde ai requisiti romano - italici. Un altro aspetto distintivo della pittura, la variazione della scala gerarchica dove gli attori principali occupano la piena altezza del fregio mentre gli spettatori e gran parte delle figure delle scene di battaglia sono rese più piccole, è parallelo a quello dei rilievi dell'Italia centrale e a quelli della prima età imperiale; così anche questo rispecchia una tradizione artistica locale che si discosta da quella greca.

Da una tomba vicina provengono i frammenti di un'altra pittura storica: una scena di battaglia, seguita da una processione trionfale, e una figura che in apparenza sta per essere crocifissa, la punizione che di solito era utilizzata sugli schiavi ribelli. Ancora una volta non possiamo sapere quali precisi eventi siano stati dipinti, ma il carattere documentario delle scene è palese.

Le fonti letterarie inoltre descrivono pitture con soggetti storici, benché poste in luoghi pubblici piuttosto che nascoste all'interno di un sepolcro. In questo caso una classe importante di dipinti è formata da quelli nei templi romani. Varrone ad esempio racconta di aver visto dei cavalieri di un genere detto come ferentarii rappresentati nella decorazione del tempio di Esculapio, costruito all'inizio del III a.C., fino a che le figure erano apparentemente provviste di iscrizioni, come quelle di Fannius e Fabius nei frammenti dell'Esquilino, è possibile che il contesto fosse una scena di battaglia, quindi di argomento storico. Il lessicografo Festo fa accenno alle pitture dei generali romani che celebrano il trionfo (una processione rituale dopo una vittoria per le strade di Roma) in due templi dedicati probabilmente nel 272 e nel 264 a.C. Livio ci dice di una pittura sulla festa per una vittoria tra le strade di Benevento che il generale Tiberio Sempronio Gracco commissionò per il Tempio della Libertà per commemorare la sconfitta dei Cartaginesi ad opera sua nel 214 a.C.

Strettamente connesse a questi murali erano le pitture su pannelli che come i murali erano normalmente esibite dai generali vittoriosi per ostentare le loro conquiste. Plinio ricorda tre esempi che erano collocati in edifici pubblici. Il primo era un dipinto posto da M. Valerio Messalla nel 264 sul muro a lato della Curia Hostilia, per illustrare una battaglia in Sicilia in cui sconfisse i Cartaginesi e Ierone, tiranno di Siracusa. Il suo esempio fu seguito da L. Cornelio Scipione Asiatico nel 189, quando fece apporre una pittura illustrante la sua vittoria in Asia nel Capitolium; e dopo di lui L. Ostilio Mancino, che fu il primo ad aprire un varco all'interno di Cartagine nel 146, celebrò quest'evento facendo esibire nel Foro un dipinto con la presa della città (stando vicino alla pittura e descrivendone i particolari al pubblico, una sorta di autopromozione che gli fece vincere alle seguenti elezioni la carica di console). Simile a queste pitture doveva essere un pannello, descritto da Livio, con la conquista della Sardegna da parte di Sempronio Gracco che fu collocato nel tempio di Mater Matuta nel 174.

La tradizione di commissionare pitture sulle campagne militari era strettamente connessa alla celebrazione e al trionfo, perciò queste pitture erano evidentemente trasportate durante la processione. Il primo riferimento specifico a tale pratica lo abbiamo in connessione col trionfo di Scipione l'Africano nel 201, ma il suo esempio sarà copiato dai successivi vincitori. Alcuni pannelli già attribuiti, come quello di Asiatico, possono invece essere stati dipinti originariamente per il trionfo.

Nel caso delle pitture esibite durante il trionfo di Pompeo alla fine delle guerre contro Mitridate nel 62, abbiamo una descrizione dettagliata. "Immagini erano trasportate al posto di quelli che non erano presenti, Tigrane e Mitridate, che li mostrano mentre combattono, poi quando sono sconfitti e si danno alla fuga. Anche l'assedio di Mitridate e la notte della sua fuga e il silenzio (forse personificazioni) erano rappresentati. Infine era mostrata la sua morte, e le fanciulle che scelsero di morire con lui erano dipinte con la stessa pittura, e c'erano le figure dei figli e delle figlie che morirono prima di lui, e le figure degli dei barbari con i loro attributi tradizionali". Simili pitture della morte dei propri nemici furono esibite durante il trionfo di Cesare nel 46 a.C.

Tali soggetti storici non giocano alcun ruolo nella decorazione parietale della case private. Invece non è così per le leggende specificatamente romane; a parte i fregi della tarda età repubblicana o della prima età imperiale della tomba dell'Esquilino, in cui si pensa vi sia raccontata la storia della fondazione di Roma, e da una mezza dozzina di pannelli nelle decorazioni parietali di Pompei, la più notevole di questi è una del III stile in cui è, in uno sfondo mitologico, rappresentata la leggenda di Romolo e Remo, e un'altra pittura di IV stile in cui vi è Enea ferito, tratto da un passo dell'Eneide virgiliana, il contenuto dei soggetti delle pitture sopravvissute è in maniera schiacciante greco.

L'arte e la cultura greca esercitarono un'influenza dominante sul gusto dei privati dell'Italia romana, sia che fossero aristocratici o borghesi. Ma non è impossibile che le tradizioni indigene avessero qualche effetto sul modo in cui questi soggetti furono rappresentati. Due tipi di rappresentazione trovati nella pittura romana, per i quali non vi è alcun ovvio antecedente conosciuto nell'arte greca, sono i continui narrativi in solo pannello e la combinazione di diversi punti di vista per le varie parti della pittura. Sia che si tratti di composizioni con sfondi, sia che si tratti di un preciso desiderio di narrare una storia nel più completo e preciso dei modi, anche se ciò significa sacrificare la logica semantica e la considerazione della visuale.

Nel primo caso, due o più episodi di una medesima storia, che hanno luogo in momenti diversi e spesso coinvolgono lo stesso numero di personaggi, sono posti in un grande spazio che fa da sfondo, come se fossero degli avvenimenti simultanei.

Nel secondo caso, mentre le figure sono rese con una prospettiva "normale", quella a livello dell'occhio dello spettatore, lo sfondo e alcuni edifici in particolare, imbarcazioni e via dicendo, sono resi con la prospettiva a volo d'uccello. Non è difficile vedere come il tipo di rappresentazioni dettate per le pitture delle campagne militari abbia favorito questa forma di trattamento. Infatti le descrizioni date dagli antichi presuppongono il loro uso. Il dipinto con la conquista della Sardegna di Sempronio Gracco aveva "la forma di un'isola (la Sardegna) e su di essa c'erano le rappresentazioni delle battaglie"; questo sembra simile alle mappe illustrate che hanno ispirato il mosaico di Palestrina, con la differenza che qui le illustrazioni vogliono essere narrative o storiche piuttosto che topografiche. In ogni modo è difficile capire come il soggetto poteva essere rappresentato senza una combinazione delle diverse prospettive, quella a volo d'uccello e quella lineare, e senza rientrare nella cronologia. Similmente la pittura di Mancino con la presa di Cartagine mostrava "la disposizione della città e la descrizione dell'attacco"; ancora una volta si immagina che la città sia rappresentata in una sorta di mappa, mentre le figure erano rese con la prospettiva convenzionale - piuttosto come le tarde scene nei rilievi scultorei delle città assediate come sulla Colonna Traiana o sull'arco di Settimio Severo.

E' significativo che una delle pitture di Pompei che può essere considerata come "storica", il dipinto della rivolta avvenuta nel 59 d.C. nell'anfiteatro cittadino, impieghi questa combinazione delle due diverse prospettive.


Il Primo Stile.


La storia della pittura parietale romana inizia col I stile pompeiano, che è la versione italica di uno stile pittorico diffusosi durante il periodo ellenistico e in tutte le aree di influenza greca.

Nella sua forma originaria esso consiste nella trasposizione pittorica dell'aspetto delle pietre monumentali squadrate per la decorazione d'interni; e per questo motivo può essere più appropriatamente indicato come "Masonry Style" o stile strutturale, specialmente in quelle aree del mondo greco dove è ritenuto una fedele riproduzione della sintassi di una reale muratura.

Gli inizi di questo stile sono avvolti nel mistero. Alcune delle sue caratteristiche essenziali appaiono in frammenti di stucco trovati nell'agorà di Atene, chiusi nelle fondamenta di una piattaforma di un edificio che evidentemente fu costruito durante l'ultimo quarto del IV a.C.; esempi dalla Grecia settentrionale (Olinto e Samotracia) sono stati attribuiti alla metà e alla seconda metà del secolo; ma alcuni dei materiali in questione sono estremamente frammentari e i contesti archeologici incerti. Tutto quello che si può dire è che questo stile è comparso alla fine del IV a.C. e fu utilizzato nell'area mediterranea tra il III e il II a.C. In Oriente vi è una serie di buoni esempi dai siti della Russia meridionale, dell'Asia Minore (in particolare Pergamo, Magnesia al Meandro, Sardi, Priene, Cnido), dall'Egeo (Delo e Thera) e dall'Egitto (Alessandria). In Sicilia è conosciuto ad Agrigento, Gela e Morgantina; in Italia a Salapia (in Apulia), Pompei, Ercolano, Terracina, Preneste, Roma e Cosa (sulla costa della Toscana). Altri esemplari sono stati trovati nel Sud della Francia, in Spagna (Azaila) e in nord Africa (Cartagine). I siti a occidente non sono lontani, se non del tutto, rispetto alle città dell'Oriente. Si pensa che la villa a Salapia appartenga alla seconda metà del III e che fu poi distrutta da Annibale nel 217 o poco dopo; e la Casa di Ganimede a Morgantina, di cui alcune pareti erano in I stile, fu probabilmente costruita nel 250 circa e poi distrutta quando la città fu conquistata dai Romani nel 211.

I Fenici del Nord Africa sembra che abbiano acquisito lo stile notevolmente prima. Frammenti dello stile strutturale sono stati ritrovati in un contesto archeologico del tardo IV durante gli scavi a Cartagine, mentre le fonti letterarie sembrano confermare che le case nella campagna circostante furono decorate in una maniera simile a partire dal 310 a.C.

La caratteristica essenziale dello stile strutturale è l'uso dello stucco come mezzo per imitare le lastre in muratura poste a filari e anche gli altri elementi architettonici; questi sono modellati a rilievo, i margini delle lastre sono scavati per rendere una muratura grezza o abbozzata (sebbene sia uno schema puramente decorativo) e i colori sono applicati in modo da suggerire l'uso di diversi tipi di pietra.

Nelle versioni egee, meglio conosciute dalle decorazioni di Delo del tardo II e del I a.C., lo schema chiaramente tradisce il suo debito all'architettura monumentale. Consiste, dal basso verso l'alto, di tre elementi principali: pannelli larghi detti ortostati, una o due strette strisce orizzontali delimitanti o fregi, una serie di lastre isodomiche regolari formanti un filare.

Questa disposizione rispecchia strettamente la struttura degli edifici monumentali come la Tholos di Epidauro (della metà del IV) e l'Arsinoieon a Samotracia (del primo quarto del III) che impiega uno stile decorativo come quello degli stucchi. Infine la sintassi generale può forse essere tracciata facendo riferimento agli stili dei primitivi edifici in cui la base del muro consiste, in sezione, di un paio di lastre in pietra verticali (gli ortostati) coronate da una fascia delimitante (il fregio orizzontale) che sopporta una sovrastruttura in mattoni crudi. In aggiunta a queste componenti basilari lo stucco dello stile strutturale normalmente poneva un basso plinto al di sotto degli ortostati, forse in corrispondenza a un sedile orizzontale di solito trovato in questa posizione nell'architettura reale; mentre in alto, sulla sommità del muro, c'era un fregio liscio sormontato da una cornice aggettante o, nella decorazione più elaborata, colonnati in stile miniaturistico di ordine dorico o ionico. Che quest'ultimo aspetto più tardo possa ancora una volta essere stato mutuato dall'architettura monumentale è suggerito dal fatto che una reale galleria ornava con colonne unite a un tramezzo, come elemento terminale i muri dell'Arsinoieon di Samotracia. Se la sintassi di queste decorazioni era quella della muratura monumentale, l'idea di impiegare un tema architettonico più familiare degli esterni come dispositivo ornamentale per delle superfici interne ovviamente aveva in sé un allontanamento dai principi puramente strutturali. Altri fattori enfatizzano l'indipendenza dello stucco; di particolare importanza è l'insolita elaborazione del fregio orizzontale, che era doppiato e anche triplicato, e nello stesso tempo distinto grazie a uno speciale trattamento pittorico; a Delo i fregi in questa posizione portavano non solo dei motivi convenzionali come i meandri illusionistici e una serie di mattoni dipinti con delle venature per suggerire marmi variegati, ma anche decorazioni floreali e figurate con degli amorini cacciatori o impegnati nelle attività di ogni giorno, scene teatrali e battaglie mitologiche. In molti casi i fregi erano messi più in evidenza con l'uso di modanature che li incorniciavano con motivi dipinti (cuori e dardi, ovoli e dardi). Non è una coincidenza che questa speciale enfasi decorativa, per la quale il resto della parete serviva meramente da sfondo, era approssimativamente situata a livello dell'occhio; si percepisce come questo schema strutturale in origine fu modificato per creare un'attrattiva posta visivamente al centro per l'osservatore.

Un altro fattore che accentua il distacco tra lo stucco e lo stile strutturale e i suoi prototipi è il ruolo della policromia. In aggiunta ai marmi variegati e agli altri motivi dai colori brillanti nei fregi orizzontali, le lastre erano rese in una ricca gamma di rossi, gialli e neri; e in alcuni casi i margini tracciati erano aggiunti in netto contrasto con la superficie principale della lastra, cui era stato dato un colore diverso. Rispetto all'uso occasionale di pietre dai diversi colori nell'architettura monumentale, il tipo di schema impiegato con colori squillanti durante il periodo maturo del I stile è estraneo a una muratura reale; infatti alcuni colori sono talmente sgargianti che nessuna pietra naturale potrebbe mai averli.

In Occidente i decoratori sembrano essersi abbastanza allontanati dalle regole della muratura monumentale. A Cosa, lontana dai centri greci, uno o due schemi restano curiosamente più vicini ai modelli greci che nelle altre zone della Campania. Qui è evidente in un caso l'uso dei motivi a rilievo (meandri e disegni floreali) sui fregi orizzontali, un disegno che aveva i suoi prototipi nell'architettura in pietra, e che è parallelo negli stucchi del I stile provenienti dal Sud della Russia, Priene e Atene, come anche nella villa apula di Salapia, ma sconosciuto a Pompei e a Ercolano.

Nella Casa dello Scheletro, datata all'85 a.C. circa, i decoratori in apparenza seguono la moda dell'Oriente mediterraneo nel collocare una zona riccamente dipinta al di sopra degli ortostati; ciò consiste in un fregio orizzontale che porta un meandro prospettico verde e bianco, e al di sopra un fregio di lastre variegate e completamente colorate, messe "di testa" e "di fianco", cioè in rettangoli regolari disposti orizzontalmente e verticalmente, alternati. Più in alto è un fregio con una decorazione continua di amorini che raccolgono fiori tra cerchi e ghirlande ondulate, dipinti (come nei fregi delle case di Delo) su fondo nero.

Accanto a queste caratteristiche dell'Oriente mediterraneo comunque ne appaiono altre che sono distintive: un alto zoccolo che qui è diviso da solchi in pannelli alternati in rosso e porpora; l'uso di cornici a rilievo per racchiudere gli ortostati e l'impiego di un costoso pigmento, il cinabro, al posto del rosso ocra che si trova normalmente nelle decorazioni orientali. L'uso delle lastre rettangolari disposte verticalmente e orizzontalmente in alternanza, inoltre, sebbene impiegato anche in Oriente, non è qui la norma. Le decorazioni di Pompei ed Ercolano, soprattutto del II e del I a.C., includono alcuni degli stessi elementi distintivi e aggiungono le loro variazioni. Quando il materiale proveniente da questi siti è abbondante e ben conservato, è possibile riassumere gli aspetti principali che collocano la versione pompeiana lontano da quella egea dello stile strutturale.

In primo luogo le proporzioni degli elementi sono diverse. Il basso plinto dell'Est è sostituito da un alto zoccolo che spinge gli ortostati in alto più vicino alla metà del muro; gli ortostati spesso sono ridotti in altezza, in modo corrispondente, prendendo la forma di larghi e bassi rettangoli piuttosto che gli alti quadrati o i rettangoli verticali orientali; e la zona del fregio perde d'importanza, essendo ridotta a una sola fila di lastre in un rilievo un po' più grande rispetto al resto o a una stretta fascia orizzontale, o in alcuni casi totalmente omessa. Al contrario un fregio orizzontale extra è talvolta aggiunto al di sotto degli ortostati. Il distacco dalla logica strutturale è manifesto. L'elemento di supporto tradizionale del disegno, gli ortostati, perde il suo significato, mentre esso rimane in rilievo, lo zoccolo al di sotto di solito è piatto, cosicché lo solleva come sospeso nel vuoto. Nello stesso tempo, nel muovere più in alto la parete, essi cominciano ad assumere più prominenza nel disegno; la maniera in cui è posta la triplice divisione del plinto, la zona mediana (ortostati) e quella superiore, è fondamentale per gli stili seguenti.

In secondo luogo vi sono delle differenze nel trattamento dei dettagli decorativi. Mentre i colonnati in miniatura in cima alle pareti sono del tutto rari, le cornici sono state trovate non solo in cima all'area decorata (lasciando una zona aperta tra questa e il soffitto, verso il quale può servire un'altra cornice), ma anche in altri punti della decorazione, in particolare al di sopra dei fregi orizzontali e degli ortostati. Caratteristica di queste cornici, specialmente quelle più in alto, è la loro decorazione con dentelli ionici, un motivo in apparenza meno popolare nelle versioni orientali del I stile.

La cornice degli ortostati con bordi a rilievo e lastre poste verticalmente e orizzontalmente, caratteristiche che abbiamo già osservato a Cosa, sono altri particolari che appaiono prima e dopo a Pompei, ma non sono caratteristiche orientali. A Pompei anche gli ortostati sono talvolta in alternanza larghi e stretti, pronosticando così un aspetto importante degli stili successivi. Infine e con un effetto simile, c'è una grande tendenza a smembrare le pareti dei peristili con una serie di pilastri o semicolonne inseriti nel disegno. Sebbene questo motivo abbia un'ovvia funzione architettonica, in questo caso i pilastri o semicolonne rispondono alle reali colonne del peristilio, e sembra che siano una risposta a un bisogno estetico sentito in modo più forte a Pompei che non a Delo per i forti accenti verticali nelle superfici decorate.

Lo stesso risultato è ottenuto nelle pareti laterali, dove una serie regolare di porte interrompe la decorazione. In ogni caso la discontinuità è enfatizzata dal trattamento di ogni tratto di muro come una unità a sé, indipendente; le parti terminali delle lastre sono fatte per coincidere il più possibile con le cesure strutturali e le cornici terminano bruscamente cosicché appaiono come piccole sporgenze che galleggiano a mezz'aria. L'articolazione della superficie della parete con una quinta di pilastri e colonne è un'importante idea decorativa attestata per il II stile. Complessivamente gli aspetti in discussione -moltiplicazione delle cornici, composizione degli ortostati, alternanza di elementi larghi e stretti, introduzione di divisioni verticali- hanno l'effetto di smembrare il modello iniziale in unità più piccole e di disperdere l'enfasi decorativa lontano dal fregio verso le altre parti del disegno.

In terzo luogo il colore è meno consistente e coerente che in Oriente. In Oriente per tutta la ricchezza dei colori, i sistemi sono di solito dipinti in modo tale da rinforzare la logica strutturale; cosicché gli ortostati sono tutti di uno stesso colore, mentre le lastre isodomiche tendono anch'esse a mostrare un'uniformità di colore, o al massimo un'alternanza ritmica di colori, uno per ogni filare. A Pompei ed Ercolano comunque le lastre di uno stesso filare possono essere dipinte in diversi colori, spesso con una sequenza abbastanza casuale, mentre gli effetti di colore variegati del marmo e dell'alabastro, nelle versioni orientali limitati alla zona del fregio e agli ortostati, sono diffusi in tutta la decorazione. Così nell'atrio, alae e tablino della Casa di Sallustio a Pompei lo zoccolo e gli ortostati sono colorati in modo consistente rispettivamente in giallo e nero (uno schema preferito) ma le lastre dei filari posti al di sopra mostrano una stupefacente varietà di sfumature; sulle pareti del tablino, ad esempio, la frequenza del primo filare è (da sinistra verso destra) viola, giallo, verde e rosso, nel secondo viola, verde, rosso, giallo e ancora viola, e nel terzo (al di sopra di una stretta fascia orizzontale e di una cornice) viola e tre successivi diversi tipi di marmorizzazione. Nelle fauces della Casa Sannitica a Ercolano, sopra la stessa combinazione di uno zoccolo giallo e ortostati neri, ci sono due serie di lastre, rispettivamente verde, bianco, rosso e viola, e rosso seguito da due diverse varietà di marmorizzazione.

Le sequenze di colore in tali decorazioni possono essere ripetute sulla parete opposta come immagine speculare, giallo con giallo, rosso con rosso, e così via, o alternativamente con un'immagine speculare invertita, cioè con una corrispondenza diagonale; in ogni caso la base logica sottintesa non è immediatamente percepibile e chi guarda ha un'impressione di disunità e disordine. Ancora una volta il decoratore occidentale ha sacrificato la semplicità della struttura per un effetto più libero ma anche più discontinuo.

In quarto luogo, anche se i modelli e i colori su di una parete sono chiaramente meno strutturati, il decoratore pompeiano normalmente cerca di unificare ogni muro con quello seguente. In Oriente, forse a causa del fatto che gli stuccatori erano ancora consci di prendere in prestito un modello dell'architettura esterna, ogni parete era trattata come un'entità separata; raramente a ogni elemento era concesso di superare l'angolo o di integrarsi con gli altri elementi della parete adiacente. A Pompei, comunque, dove gli stuccatori avevano conquistato un grado di emancipazione maggiore rispetto ai modelli architettonici, fu un passo naturale per riconoscere che la loro forma d'arte si era distinta dalle imitazioni delle facciate verso un genere di decorazione interna, con le sue proprie regole e la sua logica, per conferire un tipo di uniformità strutturale all'interno di un ambiente. Talvolta troviamo che le lastre isodomiche paiono unirsi agli angoli, come accadrebbe in una costruzione reale; un filare termina con una lastra completamente incisa e la successiva sembra penetrare all'interno della parete che si congiunge. Alternativamente le lastre sono mostrate come se girassero gli angoli, effetto che dà una chiusura più enfatica dello spazio.

Tutte queste caratteristiche indicano l'approccio più sperimentale dei decoratori occidentali, che erano pronti ad allontanarsi dai canoni della muratura reale e ad acquistare nuove sintesi dal repertorio dei motivi comuni. Ma nulla illustra la loro audacia meglio del modo in cui usarono i modelli dipinti e i soggetti rappresentativi. Dove questi motivi erano confinati in Oriente, con poche eccezioni, ai fregi al di sopra degli ortostati, essi appaiono a Pompei nelle varie zone dello schema decorativo e spesso in ruoli abbastanza illogici.

Tra caratteristiche puramente astratte quella che colpisce di più è il disegno a cubi prospettici riprodotto sugli zoccoli della Casa del Fauno e in altre due case; derivato da un motivo comune nei pavimenti del periodo, è formato da losanghe in tre colori disposte in modo da creare un effetto ottico in prospettiva. Sono anche attestate ghirlande dipinte e volute floreali, sia nella posizione convenzionale al di sopra degli ortostati (dove un particolare esempio, animato da una profusione di fiori, volatili e insetti è visibile nel triclinio della Casa del Fauno) e anche in uno stretto fregio al di sotto della cornice in cima alla decorazione (Casa di Sallustio). I più interessanti di tutti comunque sono i soggetti dipinti sugli ortostati e sulle lastre. Qui, in rispetto al carattere architettonico dello stile, i pittori disegnarono figure o oggetti tra le venature del marmo o alabastro dipinto; le macchie di un marmo giallo possono prendere la forma di un volatile, o quelle di un marmo color porpora simulare una figura alata; in un cubicolo della Casa di Quattro Stili un ben conservato ortostato di alabastro porta quello che sembra essere una sciarpa frangiata appesa a un piolo. Alternativamente una tecnica monocroma era usata per suggerire che le lastre erano scolpite in rilievo. Era quindi possibile introdurre scene figurate abbastanza complesse; gli esempi conosciuti da acquarelli del XIX secolo mostrano una donna in atto di libare e un giovane alato al suo fianco in un verde monocromo, una vittoria che trattiene un pavone con una corda, in giallo, e (nella Casa del Fauno) una riunione di Centauri in rosso con venature gialle. Alcune volte non c'è alcuna pretesa di un gioco naturale nelle venature o nella lavorazione del rilievo su pietra, e le figure spiccano in un colore diverso rispetto a quello dello sfondo. Le rappresentazioni più avventurose sembrano essere limitate nella fila di lastre immediatamente al di sopra degli ortostati, e ciò significa che esse occupano una posizione analoga alle pitture con figure nelle versioni orientali; ma l'idea di porle su lastre piuttosto che sul fregio e la finzione delle forme che emergono dalle venature del marmo non ha paralleli conosciuti nell'Egeo.

Ancora una volta abbiamo la conferma dello spirito d'indipendenza della regione. Nelle mani dei decoratori occidentali il I stile a poco a poco diventa essenzialmente un nuovo modo di decorazione d'interni. Bisogna sottolineare che non si tratta di uno stile inferiore o poco costoso. Sebbene sia in un certo senso un sostituto economico della muratura di ottima fattura, in questo dava una rifinitura pseudo - monumentale e di grande effetto a quello che erano in genere dei muri in mattoni, e di certo doveva appartenere al massimo livello di una lavoro artigianale decorativo; l'attenta preparazione degli strati d'intonaco, la fine lucidatura delle superfici, l'applicazione di colori intensi, la precisa incisione dei margini delle lastre, l'abile svolgimento dei particolari dipinti, il tutto rivela uno standard di bravura tecnica che deve aver richiesto una spesa considerevole di tempo e di denaro. Se un proprietario voleva una forma economica di decorazione interna, doveva preferire qualcosa di più semplice, come una superficie d'intonaco con le lastre indicate da incisioni e con un colore limitato.

Cosa dire dei soffitti e dei pavimenti che accompagnano il I stile? Sui soffitti abbiamo poche informazioni. Le tombe ellenistiche a volta in Macedonia e ad Alessandria presentano varie forme di sistemi decorativi: reticolati di esagoni, ottagoni, losanghe, scacchiere, imitazioni di cassettoni o di tappezzerie. Ma dalle case private di cui abbiamo citato i migliori esempi del I stile la sola diretta testimonianza sono alcuni frammenti d'intonaco da Priene che hanno la forma di cassettoni bianchi con una campitura blu e alcuni compartimenti in stucco a Salapia con un buco al centro per l'applicazione di rosette o simili decorazioni a rilievo. Tutto ciò suggerisce che l'imitazione della muratura sulle pareti talvolta può essere stata combinata con quella dei cassettoni sui soffitti -una cosa naturale dato che il soffitto a cassettoni in legno era di norma nella decorazione dei soffitti degli edifici monumentali. Alternativamente i muri stuccati avrebbero avuto dei soffitti con pannelli e cassettoni in legno; questo era certamente il caso della casa ellenistica ideale descritta da Vitruvio, dove i portici del peristilio sono " decorati con stucco, sia piano che a rilievo, e con coperture di eccellente falegnameria".

Per quanto riguarda i pavimenti, tra i più notevoli e costosi c'erano i mosaici e il cosiddetto opus sectile. Quest'ultimo era usato raramente se non per dare l'aspetto di cubi prospettici la cui versione pittorica abbiamo già ricordato; un esempio eccellente in calcare bianco e ardesia grigia e verde, è nel tablino della Casa del Fauno. Tra i mosaici, c'era un'ampia gamma di esempi e motivi, alcuni dei quali, come il meandro illusionistico e le volute floreali abitate, condivisi con le pitture parietali. La moda più popolare, sia nel Mediterraneo orientale che in Italia, era creare delle pitture - mosaico o emblemata, spesso repliche di pitture famose, da inserire come motivi centrali nel pavimento, attorniati da bande di decorazioni floreali o motivi geometrici o da superfici chiare sulle quali erano poi sistemati i letti e gli altri mobili. Questi emblemata erano evidentemente un lusso, limitati a pochi ambienti importanti nelle case ricche; la Casa del Fauno, con otto o nove esempi, incluso il mosaico di Alessandro, era ben lontana dalle residenze private molto più riccamente decorate del mondo ellenistico. Più comunemente le stanze in I stile erano pavimentate con della malta, che poteva contenere diversi aggregati, frammenti di ceramica o di tegole, calcare, e nelle zone vesuviane lava, che di solito era decorata con tessere di mosaico. un altro tipo di pavimentazione a metà strada tra il mosaico e l'opus sectile, consisteva in piccole scaglie di calcare bianco o colorato, poste in un motivo irregolare, molto simile ai moderni pavimenti in "mosaico irregolare". In forme variamente derivate, questo stile non geometrico e non rappresentativo di decorazione pavimentale era destinato ad avere più successo nel periodo seguente. Come una regola generale le pareti, i soffitti e i pavimenti di I stile formavano degli ensemble complementari; sembra che i soffitti, come le pareti, siano stati decorati con disegni basati su forme architettoniche e i pavimenti erano decorati il più delle volte con motivi semplici e discreti per non distogliere l'attenzione dalla policromia delle pareti. Solo gli emblemata nei pavimenti introducono una nota di disturbo. La rappresentazione di pitture su pavimento può essere stata in gran parte una risposta alle limitate opportunità di includere soggetti pittorici nelle decorazioni parietali di I stile; ma gli elementi contenuti creavano un effetto sgradevole di rientranza in quella superficie che al di sopra di ogni altra avrebbe dovuto apparire solida e stabile; inoltre, una pittura normalmente imponeva un punto di vista specifico da parte dello spettatore, creando così dei conflitti con gli altri elementi della decorazione, come le volute e i meandri prospettici o i dentelli nelle cornici, che erano rappresentati in modo da essere leggibili da ogni lato. Una ragione per l'uso di una pittura al centro del pavimento o per l'uso di ogni distinto ed enfatico motivo, figurativo o geometrico, in questa posizione, era il desiderio di fornire un focus decorativo per i commensali del triclinio; così la pittura è spesso orientata non verso l'entrata ma verso i letti in fondo. Simili relazioni tra la decorazione e la funzione dell'ambiente possono anche essere percepite dal trattamento della decorazione parietale di questo periodo. Le serie ritmiche dei pilastri o semicolonne erano, come già detto prima, una caratteristica dei peristili, in risposta alle reali colonne dei portici e per aumentare la grandiosità dell'ambiente. Molto più caratteristico è comunque il trattamento dei cubicoli. Qui l'alcova per il letto, architettonicamente distinta dal resto della stanza a causa del suo pavimento rialzato e del soffitto più basso e indipendente, spesso a volta, riceveva una decorazione separata in scala minore; e la divisione era enfatizzata dai pilastri ai lati dell'apertura. L'uso di pittura o mosaici per segnare la posizione del letto o della kline rimase una caratteristica anche durante il II stile. Già nel tardo III a.C. c'è la testimonianza che i pittori parietali talvolta proponevano elementi architettonici con significati illusionistici; in una tomba a Lefkadia in Macedonia che è stata datata a questo periodo i muri tra le nicchie funerarie sono articolati da pilastri dipinti in prospettiva su una superficie piana, e dipinti, come nel II stile, con un'ombra che cade lontano dall'entrata e convergente sul punto centrale della parte opposta. E ancora i pilastri sono posti su un dado in marmo, e sono legati da ghirlande appese tra l'uno e l'altro, e i pilastri d'angolo superano gli spigoli come se fossero divisi dal muro seguente -tutti elementi che ricorrono nel II stile. Ma l'effetto di profondità è rudimentale e non c'è il suggerimento che il dado sia un podio proiettato in avanti o che i pilastri vi stiano sopra; tuttavia è uno schema molto semplice, per il quale non ci sono paralleli noti tra le decorazioni delle case sopravvissute da Delo o da altri centri ellenistici; così è meglio pensare che sia un audace ma tardo esperimento che non ha alcuna relazione con l'emergere degli schemi architettonici pienamente illusionistici. Non di meno fornisce un interessante anticipo su cosa i pittori avrebbero in seguito acquisito quando per un motivo o per un altro, si sono messi in testa di riposizionare l'attuale proiezione o recessione del rilievo in stucco con la suggestione della tridimensionalità, con mezzi puramente pittorici. Molto significativi sono gli accenni di illusionismo all'interno di vere decorazioni in I stile. I colonnati nella zona superiore sono essi stessi un elemento illusionistico poiché implicano che gli spazi intermedi rappresentino delle aperture; ciò è chiaramente espresso nella Casa Sannitica a Ercolano dove il colonnato che appare su tre pareti dell'atrio formava una visuale continuazione della reale galleria che si apriva sulla quarta parete, fino ad arrivare alla riproduzione in stucco a rilievo della balaustra a graticcio; e in un cubicolo della Casa di Sallustio le semicolonne sono sovraimposte su dei fregi continui di lastre, che devono quindi essere immaginate come pertinenti a un altro piano. Uno o due esempi dell'Egeo attualmente combinano l'architettura in stucco con pitture illusionistiche. In una decorazione della Casa di Dioniso a Delo gli spazi intermedi tra un ordine di pilastri nella zona superiore contengono dei cassettoni pertinenti a un soffitto dipinti in prospettiva, implicando che l'osservatore guardando attraverso i pilastri vedesse un soffitto al di là di questi. Ancora più interessanti sono i frammenti d'intonaco di primo stile provenienti dal Pompeion ad Atene. Trovati in uno strato di crollo associato al sacco della città compiuto da Silla nell'86 a.C., essi includono resti di un fregio di lastre marmorizzate e con colori chiari in cui parte del disegno invece di essere portato a rilievo è simulato con ombre e chiaroscuri -una tipica caratteristica del II stile. Altri frammenti dello stesso contesto mostrano cassettoni illusionistici e una parte di una cornice dipinta in prospettiva. Qui poi non più tardi dei primi del I a.C. vediamo l'inizio di un chiaro movimento che si allontana dalla laboriosa tecnica dello stucco modellato a rilievo verso quella molto più libera della pittura in trompe l'oeil.


Il Secondo Stile.


Il secondo stile apparve all'inizio del I a.C.

Pompei che fino ad allora fu una città autonoma alleata di Roma, fu punita per la sua resistenza durante la Guerra Sociale con l'insediamento di una colonia romana nell'80 a.C.; e proprio negli edifici costruiti o restaurati dai coloni vi sono i primi esempi, datati con certezza, del nuovo stile. Allo stesso periodo o a poco prima, a giudicare dalla tecnica strutturale della ricostruzione con cui sono associati, bisogna datare le prime decorazioni in secondo stile nella cosiddetta Casa dei Grifi a Roma. Da questi inizi lo stile può essere tracciato attraverso i numerosi esempi a Roma, Pompei, Sicilia, il centro e nord Italia e il sud della Francia, fino alla piena età augustea (tardo I a.C.). Ci può essere un piccolo dubbio nel fatto che il ruolo guida nell'evoluzione della decorazione parietale ora passato all'Italia e qui rimasto almeno fino alla fine del periodo pompeiano, con la concentrazione di molta ricchezza e del patronato nelle mani dell'aristocrazia romana e della classe mercantile italiana, fu naturale che l'Italia dovesse attrarre gli artisti più abili, molti dei quali greci, e sarebbe quindi diventata il crogiolo di nuove idee artistiche. Recenti tentativi di far rivivere la vecchia visione che il secondo stile si evolse in Oriente e arrivò in Italia di seconda mano, mancano di convinzione. Tali esempi per come sono conosciuti dalla Grecia e dall'Oriente sono relativamente semplici, l'equivalente delle primissime fasi in Italia; e la loro datazione in nessun caso è precedente alla metà del I a.C.; piuttosto questi possono essere stati ispirati dall'Italia. Lo sviluppo tipologico interno del secondo stile è stato analizzato dettagliatamente dallo studioso tedesco H.G. Beyen, che lo divide in due fasi principali, la prima delle quali rappresenta una costante progressione da una parete "chiusa" a una "aperta", mentre la seconda fase segna un cambiamento di direzione di nuovo verso una parete chiusa ma con l'emergere di un nuovo focus, la pittura centrale, e di una nuova estetica, in cui aspetto e colore diventano più importanti rispetto all'apparenza della realtà. All'interno di queste due fasi principali Beyen distingue rispettivamente tre e due sub - fasi, ognuna delle quali è riassunta in un piccolo gruppo di monumenti principali. C'era chiaramente una tale quantità di sovrapposizioni tra le varie fasi che sarebbe stato imprudente stabilire una cronologia precisa per le decorazioni individuali; ma la classificazione di Beyen fornirà una base di lavoro utile per un riesame su come lo stile evolse. La prima fase può essere datata dal periodo di Silla fino a quello di Cesare (80 - 40 a.C. circa) e la seconda fase agli anni del secondo triumvirato e la prima parte del regno di Augusto (40 - 15 a.C. circa).


Prima fase.

La caratteristica essenziale del secondo stile è quella di ottenere l'imitazione di forme architettoniche esclusivamente attraverso mezzi pittorici; al posto dello stucco a rilievo del primo stile si usa una superficie uniforme d'intonaco sulla quale gli effetti di proiezione e recessione sono suggeriti dall'ombra e dalla prospettiva. All'inizio (fase IA) gli effetti perseguiti sono relativamente semplici. Un buon esempio è dato da una decorazione parietale del Capitolium di Pompei, nota attraverso un dipinto del XIX secolo, che mostra una palese trascrizione dello schema del primo stile in una pittura bidimensionale. Alti ortostati rossi con strette strisce di marmo nella zona principale, e al di sopra un fregio basso contenente un meandro dipinto, una fila di lastre poste di testa e di fianco a colori alternati, e infine un fregio più largo sormontato da una cornice a modiglioni in prospettiva. In questo caso tutti gli elementi sono su un piano e ogni illusione di proiezione, a parte la cornice, molto limitata. In due ambienti della Casa dei Grifi a Roma è introdotto un secondo piano. L'imitazione del muro è spinta verso lo sfondo con uno schermo di colonne stanti in un caso su un podio continuo, nell'altro su singoli piedistalli, e portanti una trabeazione che si imbatte nei pilastri agli angoli. L'illusione spaziale nella decorazione col podio (ambiente IV) è meno pronunciata poiché sia il podio che l'architrave sembrano molto poco profondi; in aggiunta la cornice tra le colonne è divisa da brevi strisce indipendenti che sono rappresentate come proiettate in avanti; quella più avanzata deve essere immaginata come unita alla parete come l e simili semicolonne o i pilastri del primo stile. Nell'ambiente II d'altra parte le colonne con i loro piedistalli, chiaramente proiettate in avanti sono mostrate stanti e lontane dalla parete, mentre file in prospettiva dei cassettoni del soffitto indicano la profondità del soffitto dietro la trabeazione. In ogni ambiente le luci sono per la maggior parte fatte coincidere con la reale fonte di luce, e le linee principali della prospettiva sono simmetriche rispetto all'asse centrale. L'intero schema è arricchito da una policromia abbagliante che comprende imitazioni di breccia, marmo venato, alabastro, colorati sia in rosso che in giallo, verde e porpora; in aggiunta il familiare disegno cubico mutuato dai pavimenti in opus sectile, appare sia sul dado che sugli ortostati, dipinto in rosso, nero e bianco; e il dado dell'ambiente IV mutua un altro motivo dai pavimenti: il disegno a squame (sovrapposizione). Nella composizione il principio della divisione tripartita in zoccolo, zona principale e zona superiore è adesso stabilito chiaramente, mentre ci sono chiari segni anche di una preferenza per una divisione tripartita nel senso della lunghezza, con un ortostato centrale che porta un colore o un disegno diverso rispetto a quelli posti ai lati. Il primo passo è dunque preso verso schemi centralizzati in cui resta il principio dominante di composizione in ambienti di grandezza limitata.

Nello stadio successivo (fase IB) il principio centralizzato è espresso molto più esplicitamente; nello stesso tempo il gioco di forme proiettate in avanti o in recessione diventa molto complesso e le zone superiori della parete sono aperte suggerendo una rapida visione del mondo esterno. L'esempio più rappresentativo in questo momento nello sviluppo del secondo stile è la Villa dei Misteri a Pompei, dove almeno una dozzina di ambienti, incluso l'atrio e il peristilio, sono stati decorati nello stesso periodo, forse databile ai tardi anni 60 o ai primi anni 50 del I a.C. Accanto a semplici schemi di imitazione delle lastre, alcuni dei quali introducono l'interessante manierismo di un singolo colore dominante che si diffonde in ogni livello( cosicché possiamo parlare di una "stanza blu" o di una "alcova gialla") troviamo un certo numero di decorazioni in cui la zona principale, ancora posta dietro a un colonnato e coronato da uno o due filari di lastre variopinte e da una cornice illusionistica, è ripiegata verso un muro - quinta, al di sopra del quale è visibile un altro piano architettonico. Nella sua forma più semplice quest'altro piano è una "stanza oltre una stanza", con pareti in muratura e soffitto a cassettoni. Nella forma più complessa ci è concesso una vista di una corte colonnata, con un cielo blu su di essa. La recessione spaziale di questi altri piani è indicata da un sistema di prospettiva lineare che, per i muri di fondo almeno, è basata essenzialmente su di un unico punto di fuga centrale; sui muri laterali talvolta c'è una prospettiva "asimmetrica". La suggestione dello spazio è aumentata dall'uso della luce. "L'architettura esterna" è resa con colori più luminosi, meno enfatici rispetto ai piani più vicini, suggerendo la luminosità del mondo posto al di là della quinta muraria. Schemi particolarmente più complessi sono presenti nelle due alcove del cubicolo 16. In ognuna di queste la struttura complessiva della parete è formata da una trabeazione sorretta da singoli pilastri agli angoli; ma ciò rappresenta meramente il primo piano, dietro al quale vi sono due o molti altri piani architettonici. Sul muro di fondo dell'alcova A quattro colonne egualmente distanziate e il muro di quinta dietro di loro dividono il carico di una trabeazione che si proietta in avanti e si ritrae formando delle nicchie coperte da volte. Riguardo all'alcova B appaiono di nuovo le quattro colonne, ma in questo caso gli intercolumni sono coperti da trabeazioni orizzontali, mentre quello centrale più ampio è coperto da un arco; dietro di questi vediamo non meno di tre piani architettonici - un paio di colonne che si gettano in avanti, il basico muro - quinta, e sullo sfondo una tholos posta in un cortile aperto. Le pareti laterali della prima alcova mostrano ancora un'altra formula: un portico colonnato che incornicia un'entrata. Ancora una volta un cortile è visibile sullo sfondo. Questi schemi riflettono un uovo senso di liberazione presso i pittori parietali, che sembrano quasi essersi dilettati con la loro abilità nell'abbattere le barriere degli spazi chiusi. Il loro virtuosismo nel trattamento della prospettiva è accompagnato da una prodigalità nell'uso del colore; l'architettura fittizia è reso con un impiego abbagliante, talvolta anche opprimente, di una gamma di colori quali il vermiglio, il porpora, il verde, il giallo e il nero. In un'altra zona della casa vediamo la prima comparsa di figure dipinte in una decorazione parietale romana. L'esempio più famoso è il fregio dionisiaco nel grande oecus nell'angolo sud ovest della villa: in questo caso lo schema architettonico è ridotto a un basso podio continuo e a una serie di pannelli che ornano la parete con ortostati di un rosso brillante contro i quali stanno una serie di gruppi di figure, un po' più piccole della grandezza naturale. In alto nella parte conservata della parete, corre uno stretto fregio di Cupidi che cacciano fra tralci di vite, reminiscenza dello stile strutturale di Delo. Un cubicolo in prossimità dell'oecus è decorato in modo molto simile, fuorché per le figure che sono ridotte e isolate o individuali (un satiro danzante, una sacerdotessa, delle baccanti) o a gruppi di due (Sileno che sorregge Dioniso ubriaco, Sileno e satiro) poste come statue su basi, mentre la parte superiore della parete è aperta illusionisticamente per mostrare la familiare colonnata.

Gli sviluppi delle fasi IA e IB giunsero al culmine nella fase IC, rappresentata dalle pitture della villa di P. Fannius Synistor a Boscoreale e da quelle della sontuosa villa dei Poppei a Oplontis, rispettivamente a nord e a ovest di Pompei ed in entrambe i casi databili agli anni 40 del I a.C. Qui l'intera parete si dissolve in un elaborato impiego dell'architettura illusionistica. Sono inclusi molti dei motivi distintivi già visti per la Villa dei misteri: gli intercolumni coperti da archi o volte, coppie di colonne proiettate in avanti che sorreggono trabeazioni indipendenti e prive di funzionalità perpendicolari all'ordine principale, apparizioni nella zona superiore di una tholos posta in una corte colonnata, frontoni la cui parte più bassa è stata tagliata via, e in particolare porte racchiuse tra colonne, adesso spesso punto focale dello schema. Nello stesso tempo vi è un utilizzo più ricco di elementi e dettagli ornamentali; le colonne ad esempio sono spesso dipinte, come le lastre, per richiamare materiali esotici come l'alabastro o il granito rosso, talvolta arricchite da viticci dorati e gemme colorate. Talora l'effetto comincia a perdersi nel regno della fantasia. Figure di sfingi, grifi e simili sono poste sulle trabeazioni per imitare gli acroteria, ma sono rese con una vivacità che rende il loro significato ambiguo: sono semplici sculture o sono vive? La medesima ambiguità riguarda le cariatidi che sopportano i modiglioni della cornice nella parete ovest del triclinio di Boscoreale, specialmente la figura alata posata su un grande disco nell'apertura fittizia al centro della stessa parete; la varietà e il movimento del primo, che appare sospeso a mezz'aria senza alcuna funzione architettonica, suggeriscono un confine labile tra il reale e il surreale. La struttura architettonica è anche animata da accessori indipendenti; scudi, maschere e ghirlande appesi alle architravi; recipienti in bronzo, cesti di frutta e maschere teatrali sono posti sul ripiano in alto del muro - quinta o sulle trabeazioni; i cesti di frutta, le torce, le casse cilindriche, i bruciaprofumi stanti sul podio davanti al muro - quinta. Questi oggetti possono essere interpretati come offerte votive, ornamenti della casa o simili, ma tra questi vi sono appollaiati uccelli vivi, una chiara indicazione del libero regno in cui risiede l'immaginazione del pittore. La villa di Oplontis contiene cinque ambienti con estesi resti di pitture in secondo stile. Queste variano dalla relativa semplicità e intimità del cubicolo 11 e del piccolo triclinio (23), fino alla maestosità dell'atrio (5) e del grande oecus (15). Il cubicolo 11 con le due alcove per i letti decorate in modi diversi, richiamano più strettamente le pitture della Villa dei Misteri, ma le aperture immaginarie sono molto più estese, essendo il muro - quinta sostituito da un basso parapetto o parete divisoria che permette una vista ininterrotta della corte colonnata sullo sfondo. La decorazione dell'ambiente 23 è notevole per la sua audace alternanza di colori diversi (giallo, rosso, porpora, turchese) e per la bellissima qualità dei dettagli accessori, inclusi un cesto di frutta coperto da un telo trasparente e un recipiente di vetro contenente dei melograni dorati e delle prugne purpuree. Sulle pareti laterali, dove le normali colonne sono sostituite da sottili pilastri, le aperture sono ridotte a piccole "finestre" nella parte centrale dello schema, e un solido muro in muratura porpora è sopra di queste. Sulla parete di fondo gran parte della decorazione superiore sia sopra che sotto la trabeazione della struttura principale formata da colonne, è aperta per rivelare un colonnato di una grande corte; solo il padiglione centrale è paradossalmente completato da una muratura che forma uno sfondo per una maschera teatrale poggiata su un ripiano. Un dettaglio interessante di quest'ambiente è la pittura monocroma di paesaggi sugli ortostati. Nell'atrio solo la parte più bassa della decorazione si è conservata. Presenta un'architettura "chiusa" con superfici che avanzano e rientrano e con una panoplia di grandi colonne che incorniciano porte fittizie, accessibili per mezzo di rampe di scale. Nell'oecus 15 d'altro canto, gran parte delle pareti sono "aperte" ancora di più. La grande altezza della decorazione consente di elevare l'architettura, con portici a due piani sullo sfondo visti attraverso due file di "finestre" in primo piano. Al centro un portale con le porte spalancate e un'apertura ad arco al di sopra rivela un tripode dorato su base cilindrica posto in un bosco sacro; e su entrambe termina con una parete dipinta in prospettiva proiettata in avanti, che prolunga la linea del portico sullo sfondo; da questo è sospesa una fila di scudi. In mezzo a tutta questa architettura grandiosa le maschere teatrali e le pitture strutturate sono esibite ai lati delle aperture. Pavoni e piccoli uccelli sono appollaiati sui ripiani. La villa a Boscoreale aveva pitture di secondo stile in almeno nove ambienti, incluse le fauci e il peristilio. I frammenti di queste sono oggi conservati nei vari musei europei e americani. Accanto a schemi semplici e "paratattici", con o senza quinte di colonne illusionistiche e festoni appesi di frutta e fiori, c'erano tre decorazioni di un genere più elaborato. Delle prime due non tratteremo in questa sede. Il triclinio (G) di cui abbiamo già parlato, conteneva architetture dipinte simili a quelle degli ambienti di Oplontis, con una prospettiva centralizzata che converge su un'apertura o una porta. Il grande oecus (H) aveva una pittura figurata in grande scala dello stesso tipo di quella dionisiaca della Villa dei Misteri, ma con la continuità dei primi fregi sostituita da gruppi separati da colonne e con uno sfondo rosso sostituito in almeno un caso da un intercolumnio o con l'illusione di una vista esterna. La terza decorazione, quella del cubicolo M, ora ricostruita al Metropolitan Museum di New York, merita una descrizione completa. Eccetto la parete all'entrata, che consiste solo in un paio di brevi colonnine, l'interesse decorativo è focalizzato sulle tre pareti restanti. Qui la parete di fondo della stanza, contenente il letto, è differenziata dall'altra zona della stanza, o procoeton, che è tre volte profonda. Ogni sezione riceve un trattamento indipendente, sebbene il muro a sinistra rispecchia quello di destra. Più convenzionale in termini decorativi già presi in considerazione sono le strette unità a entrambi i lati del letto, che mostrano una vista in una corte con una tholos. Qui l'apertura è ancora ristretta, con un parapetto che ostruisce la parte più bassa, e lo spazio al di sopra del frontone è chiuso da blocchi in muratura. Nel procoeton, virtualmente tutta la parete al di sopra del podio è spalancata sul mondo esterno. La superficie è divisa da colonne decorate da viticci dorati in tre pannelli; in quello centrale, dietro a una corte esterna vediamo un santuario che contiene una statua di una divinità posta in un monumento sacro con due colonne; e ai lati ci sono dei gruppi di piccoli edifici con balconi, torri, portici ammassati in una confusione apparente su una collina. I pannelli sono simmetrici e unificati da una comune prospettiva centrale, sebbene molti dei piccoli edifici mostrano delle inconsistenze nel dettaglio. Sulla parete di fondo della stanza appare un tema differente. Come le pareti laterali del procoeton, la superficie è divisa dalle colonne in tre pannelli che formano delle aperture verso l'esterno; questa volta l'importanza è data a un ambiente rustico o campestre piuttosto che a quello architettonico. Più completi sono i pannelli laterali, in ognuno dei quali la caratteristica dominante è una grotta scavata nella roccia ricoperta di edera e popolata da uccelli; i soli segni dell'intervento umano sono una fontana di marmo all'interno della grotta e una pergola ricoperta di viti sulla collina al di sopra. Nel pannello centrale una larga finestra lascia poco spazio per la pittura e tutto quello che resta è parte di un'arcata di un giardino, vista al di sopra di un basso parapetto che sopporta una cesta di frutta. Il cubicolo di Boscoreale rappresenta il culmine dell'evoluzione verso una "parete aperta"; in mezzo secolo il secondo stile progredisce dalla riproduzione di una semplice muratura o del marmo venato fino a un pieno illusionismo pittorico con edifici collocati nello spazio. Questa notevole rivoluzione ha stimolato varie teorie circa le possibili fonti di ispirazione. Quella più largamente diffusa, sostenuta dal Beyen, mette in evidenza che l'influenza determinante provenisse dalle pitture degli allestimenti scenografici teatrali, un'idea che trova sostegno grazie a un passo di Vitruvio, che effettivamente fa riferimento a "spazi aperti come esedre" essendo dipinti con "scenaefrons nella maniera tragica, comica, satirica" e in un'altra parte descrive i tre tipi di scenari che ci ricordano Boscoreale. Altri studiosi, in particolare K. Shefold, danno importanza all'influsso dell'architettura monumentale ellenistica, specialmente quella dell'Egitto tolemaico, al quale attribuiscono molti dei motivi "barocchi" trovati nelle pitture di secondo stile. Una terza scuola di pensiero, con caposcuola in J. Engemann, è dell'opinione che l'influsso maggiore provenga dalla contemporanea architettura italica. Ognuna di queste teorie è stata sostenuta con argomenti particolareggiati e d'effetto, è ognuna di queste è in una certa misura valida. Le pitture teatrali, l'architettura ellenistica è quella della Roma repubblicana possono tutte aver contribuito con qualcosa per il crogiolo da cui sono emerse le decorazioni di Boscoreale. Il notevole merito del lavoro di Engemann è stato quello di aver dimostrato come i vari elementi architettonici del secondo stile sono evoluti in modo organico, passo dopo passo, dalla semplice imitazione del muro nella Casa dei Grifi al complesso illusionismo prospettico di Oplontis e Boscoreale; per ogni sviluppo c'è un precursore logico nello stadio precedente. In tale continua evoluzione è ovviamente irragionevole attendersi l'imitazione in massa di ogni singola fonte esterna. Il secondo stile stabilisce le sue regole e una sua estetica, cogliendo gli spunti dalle varie fonti in modo da sviluppare un vocabolario decorativo che è basato su forme architettoniche ma che mai dichiara di trascrivere un'architettura reale; prende in prestito elementi dal repertorio italico (ad esempio i capitelli tuscanici nella corte della tholos a Boscoreale), dai palazzi ellenistici (materiali esotici, le colonne intrecciate di edera e così via) e dalle decorazioni dei palcoscenici (che possono essere state anche un mezzo di trasmissione per i particolari architettonici ellenistici); ma lega questi elementi essenzialmente in un nuovo e indipendente modo di espressione. Questa nuova forma di decorazione, come il primo stile, è solo superficialmente realistica. Le forme sono certamente architettoniche e l'architettura potrebbe aver funzionato nella realtà. Le grandi proporzioni, i materiali sontuosi, i particolari scolpiti, i soprammobili religiosi e anche i volatili diffusi tra le strutture dipinte hanno l'effetto di esagerare l'ambientazione, di trasportare il proprietario in un mondo di lusso quasi magico. Quello che evoca tutto ciò al proprietario può essere facilmente immaginato. Probabilmente è conforme a quella mezz'idea che poteva avere dei palazzi della mitologia greca e dello splendore delle regali corti ellenistiche o delle favolose dimore dei potenti della Roma contemporanea - notizie che avrebbe appreso dalla poesia o dalla letteratura, come anche grazie alle pitture delle scene teatrali. Questo ruolo della pittura parietale che richiama un tipo di mistica romantica tra le classi acculturate è qualcosa che ritroveremo nei periodi successivi. Quali che fossero i gusti e le aspirazioni alle quali facevano riferimento, l'importanza di questo nuovo stile architettonico in termini puramente artistici può essere appena esagerata. Mentre molte singole componenti, inclusi i fregi figurati, hanno precedenti ellenistici, l'idea di spalancare l'intera parete attraverso una più o meno sistematica illusione ottica è senza precedenti nella storia della decorazione parietale. Come autori di questo "sfondamento" gli anonimi pittori greco - romani della tarda repubblica anticiparono le conquiste di Masaccio e dei suoi imitatori cinquanta secoli prima.


Seconda fase.


Dopo Boscoreale, a parte uno o due speciali varietà di decorazioni, il II stile preferì concentrarsi sui disegni con una composizione architettonica principale e gradualmente il principio della parete "chiusa" (che non è mai scomparso in luoghi dove la nuova maniera di decorare non era necessariamente stimata o non era adatta) cominciò a imporsi. Nella fase 2A (fine anni 40- 30 a.C.) il cambiamento di direzione è ormai evidente. Questo cambiamento può essere illustrato dalle pitture della Casa del Criptoportico a Pompei. L'ambiente più importante (in una zona della casa poi divisa per creare la Casa del Sacello Iliaco) aveva una megalografia su fondo rosso alla maniera del fregio della villa dei misteri e dell'oecus di Boscoreale, qui dominata da figure sedute (poeti e Muse?) e da una coppia di maestosi elefanti con degli amorini che li conducono (altrimenti detti "mahaut"). Per il resto sono presenti altri due tipi di decorazione. Il primo riprende la tradizione dei semplici schemi paratattici ornati da ghirlande già visti a Boscoreale. Nel criptoportico, che dà il nome alla casa, nell'oecus posto all'estremità SE, uno schema di questo genere è articolato non con delle colonne ma con delle erme; la zona principale è in ogni caso ordinaria con ortostati purpurei nel criptoportico e una continua superficie gialla nell'oecus, ma la zona inferiore mostra una nuova audacia decorativa, con un meandro prospettico nel criptoportico, che in un caso corre tra le basi delle erme, le quali male stanno all'interno di fasce nere al centro della parete, e legate da una continua ghirlanda vegetale nell'oecus; nell'altro caso il meandro prospettico adorna la superficie nera del podio che sopporta le erme. L'elemento figurativo è confinato in un fregio o pannelli al di sopra della zona principale, nella posizione in cui ci si sarebbe potuti aspettare un'apertura illusionistica con una veduta oltre il muro. Il secondo genere di decorazione sviluppa gli schemi prospettici del tipo utilizzato a Oplontis e nel triclinio di Boscoreale. Buoni esempi possono essere ricostruiti dai resti delle pitture dell'anticamera e del frigidario di un piccolo complesso termale che si apre oltre il criptoportico. Come nella fase precedente, la struttura di queste decorazioni è basata sulla prospettiva centralizzata con forme che avanzano e rientrano, che producono delle ali che si proiettano e apparizioni di colonnati sullo sfondo, e decori "barocchi" come frontoni spezzati e trabeazioni aggettanti che non sorreggono nulla sa non una scultura che corona il tutto. Quello che è fondamentalmente nuovo è l'uso di questo tipo di architettura come cornice per pitture figurate e specialmente per una singola figura dominante. Il padiglione centrale della canonica struttura tripartita, era occupato da un alto pannello, sormontato da un timpano, contenente una scena figurata in un ambiente esterno. Sebbene presentata come se si guardasse attraverso una finestra questa scena era probabilmente concepita in precedenza come una grande pittura sistemata all'interno dell'architettura. Le ali ai lati contenevano figure isolate. Quelle dell'anticamera ripetevano più esplicitamente la metafora pittorica del pannello centrale, essendo rappresentate su uno sfondo bianco circondato da una cornice ornamentale. Quelle del frigidario erano presentate come statue all'interno di nicchie. In entrambi i casi la formula di base di una pittura focale con delle figure subordinate ai lati era una formula destinata a divenire molto comune negli schemi centralizzati del periodo successivo. Un risultato dell'uso di forme architettoniche come cornici per figure dipinte è che l'acuto illusionismo della parete diviene meno importante. Le sole aperture restanti sono sopra e in mezzo ai padiglioni e alle estremità esterne del disegno; al massimo sono non più di strette aperture. Accanto alla ridotta enfasi sullo spazio e la distanza c'è un aumento della decorazione e una tendenza a trattare le forme architettoniche con maggiore fantasia. Le colonne diventano più alte e sottili; le cariatidi talvolta prendono il loro posto; coppie di colonne sono ricoperte come delle piante da una serie di calici; e i fregi sono decorati con ornamenti floreali o con grottesche (creature i cui corpi terminano con volute). Altre decorazioni pompeiane che appartengono alla fase 2A sono presenti in una mezza dozzina di case. Una parete proveniente da una casa all'estremità occidentale della città (ora al museo di Napoli) mostra una pittura centrale in cui la tholos della precedente prospettiva di sfondamento è divenuta il soggetto di un pannello contenente piccole figure di fedeli; le ali sono decorate da selvaggina appesa a dei chiodi. Un'originalità trovata qui e nelle terme della Casa di Menandro è la destinazione del podio illusionistico a un trattamento pittorico con soggetti fluviali incluse anatre e canneti. Sebbene queste possono essere interpretate come una decorazione di superficie applicata alla faccia del podio, tuttavia l'uso di una composizione spaziale su quello che è in teoria il fondamento dell'architettura fittizia colpisce; è un segnale in più del disfacimento della sintassi strutturale su cui il II stile si era inizialmente basato. Altre decorazioni pompeiane introducono altre anomalie in questa posizione: mostri mitici e recipienti di bronzo, oppure prue di navi viste attraverso archi. Fuori da Pompei le uniche pitture che sono state attribuite a questa fase sono i paesaggi odissiaci, scoperti nel 1848 in un edificio dell'Esquilino a Roma e in seguito trasferiti nei Musei Vaticani. Sebbene la maggior parte della decorazione di cui facevano parte no sia stata salvata, la loro collocazione generale è nota. I paesaggi formavano un fregio nella zona superiore di uno schema di II stile; divisi in pannelli separati da pilastri rossi visti in prospettiva e sormontati da cassettoni illusionistici del soffitto, essi furono evidentemente concepiti come appartenenti a un mondo esterno visibile altre le pareti; differiscono dai paragonabili fregi o pannelli della Casa del Criptoportico, che devono essere immaginati come pitture illusionistiche applicate in una imitazione architettonica. Il loro contenuto e il loro significato artistico sarà esaminato in un altro capitolo. La fase finale del II stile (2B: fine anni 30-20 a.C.) vede la dissoluzione dell'illusionismo architettonico. Colonne e simili elementi architettonici diventano meno reali e concreti; un interesse crescente è posto sulle superfici piane e sui disegni ornamentali, specialmente quelli che sono basati su forme vegetali o floreali; una grande pittura centrale tende a dominare il disegno. Un certo numero di eccellenti esempi sono stati trovati nelle proprietà di Augusto sul lato meridionale dal Palatino. Di fondamentale importanza è un complesso di ambienti adiacenti o allineati sopra, al tempio di Apollo che l'imperatore dedicò nel 36 a.C., in una parte della sua casa che è stata riportata alla luce; il tempio fu completato nel 28 a.C. e le stanze devono essere datate allo stesso periodo o immediatamente dopo. Queste sono oggi note col nome "Casa di Augusto". La decorazione della cosiddetta Stanza delle Maschere mostra la sua parentela con l'architettura in prospettiva del II stile, con strutture tripartite basate su padiglioni proiettati in avanti e muri - quinta che sorreggono delle maschere negli intervalli; ma le colonne e i pilastri che sorreggono la struttura sono diventate fragili in modo anormale; le aperture al di sopra delle quinte rivelano solo alcove e non vedute di un mondo esterno; i colori di pilastri, colonne, sovrastrutture sono improbabilmente lividi (giallo brillante e vermiglio); gli acroteria, inconsistenti creature col corpo terminante in volute dipinte in un marrone rossiccio, hanno poca pretesa di essere sculture plausibili; e l'intera composizione è focalizzata su un'altra pittura di santuari rustici, che mentre sembrano visti oltre la parete, come attraverso una finestra, sono dipinti su uno sfondo bianco che va contro ogni senso reale di un ambiente spaziale. Altri ambienti hanno colonne più solide, dipinte con colori più sobri e talvolta inserite in strutture che ricordano quelle di Oplontis e Boscoreale; ma la grande pittura centrale è ora una caratteristica regolare; le vedute oltre il muro sono ridotte al minimo, e ghirlande di fiori e boccioli finemente dipinte adornano sia i fregi che i pilastri. Quattro ambienti in un'altra parte del complesso palatino, a lungo noti come la "Casa di Livia" e probabilmente davvero gli alloggi della consorte di Augusto, hanno pitture in un simile stadio di sviluppo. La più elaborata, quella del cosiddetto tablino, appartiene allo schema architettonico con grandi pitture centrali di cui ne sopravvivono due: Polifemo e Galatea sulla parete di fondo e Io e Argo su quella di destra. Le strutture in cui sono collocate sono in maniera predominante chiuse, con la superficie delle pareti in rosso, ma con strette aperture alla fine della parete lunga e sulla zona superiore dello schema che rivelano vedute su altri edifici, ora popolati da piccole figure. Per il resto le tipiche caratteristiche del tardo II stile sono presenti: colonne allungate, spesso con rivestimenti vegetali intorno al loro fusto; cariatidi alate; creature grottesche rannicchiate nelle trabeazioni; ghirlande di decorazioni floreali stilizzate; e voli di fantasia come frontoni a forma di testa con ali spiegate o con maschere di Medusa fiancheggiate da una coppia di leoni - grifi con la coda a volute. Un secondo ambiente contiene una semplice versione di un simile schema architettonico, con pitture di santuari rustici come quella della Stanza delle Maschere nella zona centrale. In un terzo ambiente c'è uno schema ripetitivo con uno schermo di colonne legate da ghirlande con frutta davanti agli ortostati, la stessa formula - base usata nelle fauci e nel peristilio della villa di Boscoreale; qui gli ortostati sono bianchi con bordi porpora e l'interesse principale è dato dal fregio in alto, con paesaggi egittizzanti in un giallo monocromo. Il quarto ambiente è decorato in un modo fondamentalmente simile, eccetto il fatto che le ghirlande sono annesse, i colori sono più ricchi (gli ortostati sono di un rosso porpora con i bordi verdi e rossi), le colonne sono completamente vegetalizzate e i paesaggi monocromi sostituiti da coppie di figure fantastiche disposte araldicamente. I pannelli il alto presentano delle Vittorie sedute su volute ai lati di candelabri. Il tradizionalista Vitruvio era contro tali fantasie e scrivendo durante quel periodo enunciò una vera e propria invettiva: " sugli intonaci si dipingono ora cose insensate piuttosto che immagini normali di oggetti definiti: invece di colonne, calami striati; in luogo di frontoni, di foglie e viticci; e parimenti candelabri che sostengono figure di tempietti, sui frontoncini dei quali sorgono, come da radici, in mezzo a volute, teneri fiori che presentano, senza alcun senso, statuine sedute su di loro; nonché steli con mezze statuine, alcune a testa umana, altre animalesca. Tali cose non sono, non possono essere, non sono mai state." E' ironico che i protettori di Vitruvio evidentemente furono all'avanguardia del movimento, lontani dal "realismo" architettonico. Particolarmente istruttivo è un cubicolo superiore della Casa di Augusto: qui in uno schema decorativo, ricomposto con numerosi frammenti, gli elementi proiettati in avanti sono ridotti a un padiglione colonnato poco profondo al centro e con una sola colonna a entrambe i lati, mentre gli effetti spaziali sono limitati a superficiali recessi con i cassettoni del soffitto in alto a destra e a sinistra. Per il resto l'importanza è focalizzata sui colori e sul disegno della pittura centrale, per cui il padiglione è nient'altro che una semplice cornice. Il carattere ornamentale dello schema è rafforzato da calici ricchi di foglie, che crescono a intervalli intorno alle colonne o le avvolgono completamente presso la trabeazione, dalla conversione della zona superiore della decorazione in una serie di comparti con lo sfondo in colori differenti, con vari e fantastici ornamenti - vasi rivestiti da fogliame e da volute ; grandi piante inventate rese plasticamente che incorporano gli uraei (serpenti egiziani sacri), corone egiziane e simili; fregi composti da copie di grifi disposti araldicamente con corone egiziane o cesti rituali tra di loro, o coppie di cigni alternati a fiori di loto che contengono piccoli orci di vino; e frontoni formati da volute intrecciate. Questa particolare decorazione che può forse essere un po' più tarda delle pitture degli ambienti del piano terra, più contenute, in effetti si è allontanata alla formula strutturale per andare verso un mondo di pura invenzione. Il gusto fortemente egittizzante riflette una moda divenuta molto popolare nelle arti decorative dopo l'annessione dell'Egitto nel 31/30 a.C. Piuttosto simile nel trascurare le convenzioni architettoniche e nella scelta degli ornamenti è la decorazione del grande ambiente denominato Aula Isiaca, distante appena cento metri dalla Casa di Augusto e probabilmente facente parte dello stesso complesso imperiale. Qui le colonne dell'architettura sono ancora più allungate e vegetalizzate, e alcune sono trasformate in candelabri. Fregi ornamentali e pannelli proliferano, con piante e ghirlande di fiori di loto stilizzati e volute prominenti, tutti resi in modo squisito nei toni del lilla, verde chiaro e giallo; l'influenza egiziana è più palese in un fregio formato da uraei, corone egiziane e anfore a becco, in cima alla parete, ma è anche riconoscibile in altre zone della decorazione, ad esempio su alcune delle colonne, dove compare la doppia corona di Iside. Colpisce di più non tanto la tendenza anti - architettonica ma l'uso di un uniforme fondo bianco: questo crea un senso spaziale ambivalente, poiché il bianco tende a suggerire un mondo oltre l'immediato colonnato, ma inoltre appare non solo sulla zona superiore dove ci si aspetterebbe un'apertura, ma anche nella zona principale dove nessuno può essere designato. Per aumentare l'ambivalenza questa zona principale un tempo aveva delle pitture di paesaggi mitologici (ora in gran parte svaniti), resi come se stessero dietro le colonne, ma galleggiando sul fondo bianco in modo tale da annullare l'effetto di un reale paesaggio visto oltre al parete. I padiglioni centrali contenevano pitture indipendenti, che riempiono apparentemente il loro campo; solo quella absidata alla fine della parete mostra qualche resto leggibile del suo contenuto - un paesaggio di rocce e acqua con fiaccole, un altare, un pedum e altri oggetti. Il podio di questa parete absidata era decorato con paesaggi rivieraschi con un particolare riferimento al Nilo, includendo figure di pigmei e di un ippopotamo. Gli sviluppi decorativi visti per le pitture delle proprietà imperiali sono presenti anche in Campania e ciò è testimoniato da una pittura proveniente da una villa presso Ercolano, che contiene delle colonne vegetalizzate e altre simili decorazioni come quelle della Casa di Livia e dell'Aula Isiaca, insieme a pitture su fondo blu monocromo discendenti dai prototipi di Oplontis. A Pompei la pittura di un oecus della Casa di Obellius Firmus unisce colonne riccamente decorate con una piattezza del podio in cui è scomparsa la base strutturale degli elementi che si proiettano al di sopra.

Forse le ultime pitture che possono essere riferite al II stile sono quelle della villa scoperta nei terreni della Villa Farnesina a Roma sulla riva destra del Tevere. Da questo stadio il principio dello schema bidimensionale e monotono in cui colori e decorazioni sono importantissimi, ha solo virtualmente riportato una vittoria. Le decorazioni più elaborate, di cui due sono nei cubicoli (B e C), sono solo apparentemente architettoniche, ma la prospettiva è così ridotta che i padiglioni con il loro podio e la loro trabeazione sembrano a mala pena al di fuori del resto della parete e servono solo come cornici per le pitture figurate - grandi pitture mitologiche in posizione focale, statue di Iside all'interno di candelabri vegetali, pannelli con scene erotiche o teatrali al di sopra. L'enfasi è su una ricca gamma di colori in cui domina il vermiglio ma i pannelli in giallo, nero, bianco e blu cielo (qui trovato per la prima volta nella pittura romana) formano ritmici blocchi all'interno di tutto il disegno. Questi pannelli invariabilmente hanno cornici in colori contrastanti e gran parte di queste contengono delicate decorazioni dipinte di rosette, palmette, fiori di loto, volute. Una delle decorazioni preferite, suscettibile di innumerevoli variazioni, consiste nell'alternare gli elementi irradiati a raggio da una rosetta centrale lungo le diagonali di un quadrato. In altri ambienti si preferiscono schemi monocromi. Nel cubicolo E il colore dominante è il bianco, con un disegno centrale molto semplice focalizzato su un padiglione contenente un dipinto di un santuario rustico; la proiezione del podio è ancora una volta ridotta e con elementi di supporto come candelabri e grottesche del tipo che scandalizzava Vitruvio. Nel grande triclinio (C) incontriamo una delle prime decorazioni a fondo nero della pittura romana. In questo caso ogni illusione di profondità è soppressa; il podio diventa un dado uniforme decorato da un meandro lineare e sormontato da fasce gialle e turchesi; le colonne diventano dei sottili candelabri coronati da figure statuarie; la trabeazione è ridotta a strette fasce blu, rosse e gialle. Lo schema è paratattico con festoni di edera sospesi tra i candelabri e un fregio figurato corre immediatamente sotto la trabeazione; e in mezzo alla parete sul fondo nero vi sono delicati paesaggi con esili figure. L'intera decorazione è unificata dal nero che pervade il tutto, su cui le figure e gli ornamenti sono resi con una precisione di altissima qualità nei colori del giallo brillante, marrone, bianco e blu. Un simile schema paratattico, però su fondo bianco, è nel corridoio F-G. In questo caso la parte principale della parete è vuota, e i paesaggi sono posti sul fregio superiore, col supporto di figure che sorreggono le solite ghirlande tra gli intervalli. Nel dado vi sono pannelli contenenti motivi vegetali stilizzati. L'effetto totale di questa decorazione è naturalmente abbastanza diverso dalla stanza nera, ma i mezzi d'espressione, come le fasce che dividono in colori brillanti, gli ornamenti floreali, le figure miniaturistiche e le ampie zone con fondo uniforme, che accentuano la solidità della parete, sono identici. Lo stile architettonico si sta eclissando e stiamo entrando in una nuova fase della storia della pittura parietale romana.


Decorazione del soffitto.


In un periodo in cui le pitture parietali dipendono dalle forme architettoniche è naturale che la decorazione dei soffitti, come nel periodo precedente, sia stata influenzata dall'architettura monumentale. I resti pervenuti sono esigui, ma tali evidenze ci hanno rivelato che il tema predominante fu l'imitazione di pannelli e cassettoni. Come il passare del tempo confermò, la formula generale si indebolì fino ad ammettere una grande varietà di forme e un ampia gamma di figure e di rappresentazioni ornamentali all'interno dei cassettoni, cosicché la dissoluzione della forma architettonica in parete fu accompagnata da una simile perdita dei limiti nella decorazione del soffitto. Un fattore importante in questa equazione può essere stato l'applicazione dei cassettoni alle volte, una forma strutturale che divenne molto comune nell'architettura domestica durante il tardo II e il I a.C. L'anomalia nasce dall'impiegare un tipo di decorazione, assegnata a delle superfici piane, per delle superfici curve deve in sé aver esercitato un effetto liberatorio sull'immaginazione degli artisti. Dei resti sopravvissuti delle decorazioni dei soffitti di II stile, una larga proporzione non è dipinta ma è in rilievo a stucco. Questo mezzo che in gran parte non ricorreva all'uso del colore ma all'effetto ottenuto dai giochi di luce e ombra sulla superficie bianca dell'intonaco, dava un'approssimazione più reale, in termini fisici, dei cassettoni in pietra o in legno dell'architettura monumentale rispetto al mezzo pittorico. Già nella Casa dei Grifi le volte in cemento erano decorate con pannelli e cassettoni in stucco, il cui debito ai soffitti in legno è dichiarato dalle linee diagonali incise agli angoli che imitano le giunture delle travi. Come inoltre sembra dai frammenti ritrovati di essere stati poco meno che abbellimenti all'interno della struttura dei pannelli e dei cassettoni, ma dalla metà del I a.C. divenne normale per i cassettoni in stucco essere incorniciati da ovoli e dardi e contenere rilievi di armi o di piante. Nella Casa del Criptoportico, dove si sono parzialmente conservate una mezza dozzine di decorazioni di volte, il forte rilievo che caratterizzava i primi cassettoni è stato sostituito da cornici più lievi e le forme decorative sono divenute straordinariamente ricche e variate, con cassettoni dalle forme numerose (larghi e piccoli quadrati oblunghi, losanghe, mezzi rombi concavi, medaglioni ed esagoni) e con una gamma di rilievi inseriti (rosette, ghirlande, foglie a spiga, doppie foglie di quercia, saette, delfini, e una serie di oggetti inanimati, inclusi scudi e armi, strumenti di culto, attributi di divinità, attrezzi per gli atleti). Nella decorazione più bella, quella del tepidario, una serie di stretti riquadri rettangolari contengono tracce di figure a rilievo, inclusi un paio di mostri disposti araldicamente ai lati di un'anfora. Tali schemi dei cassettoni sono resi anche pittoricamente, con una flessibilità aggiunta prodotta dall'uso del colore e dalle illusionistiche possibilità del mezzo. Frammenti di cassettoni dipinti sopravvivono nelle volte di due alcove della villa di Oplontis, e in un arco del soffitto della Casa di Popidius Priscus a Pompei, in entrambi i casi con ombreggiatura per suggerire il volume della cornice e con i modiglioni dipinti e motivi floreali nei riquadri. I cassettoni consistono esclusivamente di quadrati o rettangoli lunghi. Vale lo stesso per le volte dipinte di una tomba a camera sotterranea scavata a Montefiore, a N di Roma nel 1960. Sebbene le pitture siano state abbandonate alla rovina, le foto a colori fatte subito dopo lo scavo mostrano come lo schema base delle cornici dei cassettoni in giallo e porpora, arricchiti da modiglioni in trompe l'oeil, era completato da un'ampia gamma di colori (blu, rosso, verde, nero e giallo) per la superficie interna dei riquadri e per i decori dipinti al loro interno. Nella Casa di Augusto ci sono i resti sia di schemi di cassettoni in stucco molto simili a quelli della Casa del Criptoportico che cassettoni dipinti illusionisticamente. La volta della rampa che conduce dalla casa al tempio di Apollo era decorata con cassettoni a rombi e quadrati, il cui rilievo era suggerito non solo dall'uso dell'ombreggiatura ma anche dalla prospettiva, essendo i modiglioni più interni sistemati in alcuni casi in modo da apparire nascosti dalle cornici principali. Questo illusionismo era comunque accompagnato da una policromia che lo pone lontano dalle simili decorazioni a rilievo in stucco; le cornici erano rese in rosso, giallo e bianco, i modiglioni più interni in arancione, giallo, blu e verde chiaro, i riquadri e gli ornamenti dei cassettoni in porpora, nero, bianco e giallo. Se tale ricchezza e varietà di colori rifletteva il trattamento dei contemporanei soffitti in legno è impossibile saperlo con certezza; ma le rappresentazioni di murali con soffitti cassettonati del II stile non ne mostrano alcuna traccia. Possiamo sospettare che l'inventiva del pittore lo abbia allontanato dalle convenzioni dei mezzi espressivi che lo avevano in origine ispirato. La decorazione della volta del cubicolo superiore della Casa di Augusto, come anche le sue pitture parietali, appare più progredita rispetto a quelle del piano terra. Qui per la prima volta incontriamo una composizione che integra pienamente pitture e rilievi in stucco. Le cornici principali sono in stucco a rilievo, molto simili nella forma a quelle della Casa del Criptoportico, mentre i riquadri sono decorati o con rilievi in stucco, inclusi reticolati di losanghe ed esagoni, che ricordano ancora la decorazione pompeiana, o con motivi floreali e arabeschi dipinti. Questi ultimi, dipinti sia su fondo bianco che colorato, sono resi delicatamente e con precisione in rosso, rosa, giallo e verde chiaro, con lumeggiature in bianco. Sebbene difficile da valutare per la sua attuale condizione frammentaria, questo soffitto era evidentemente un capolavoro nel suo genere, che con attenzione bilanciava l'importanza del biancore e della policromia unendo la ricchezza dei particolari per creare una composizione senza precedenti in termini di ricchezza ed eleganza. La sua disposizione inoltre iniziò un nuovo corso. Nell'area centrale un sistema rettilineo basato su una griglia di quadrati era coperto da una coppia di pannelli circolari concentrici, in modo da creare un complicato collegamento tra quadrati, riquadri oblunghi e curvilinei focalizzati su un cerchio centrale (che conteneva qualche figura dipinta). I motivi centrali erano destinati ad essere molto popolari nell'età imperiale. Un'altra decorazione di volta che unisce il rilievo a stucco e l'uso del colore è quella dell'ambiente della Casa di Livia a Primaporta (20 a.C. circa) che ha restituito la famosa pittura di giardino. Solo la parte più bassa dello schema , con una serie di panelli rettangolari o quadrati, alternativamente bianchi e colorati, si è conservata e non è chiaro cosa ci fosse nella zona superiore. Nei pannelli rimasti comunque il colore è usato no per i particolari dipinti ma per il fondo del rilievo a stucco, in questo caso una serie di Vittorie posate su basi candelabri. Altre decorazioni di volte degli anni finali del II stile sono eseguite o totalmente con lo stucco e senza l'aiuto del colore, oppure totalmente dipinte. Ci mostrano come ogni mezzo espressivo aveva acquistato un suo proprio linguaggio. Dalla villa della Farnesina provengono i resti di alcune decorazioni eseguite a rilevo in stucco tutte in bianco, un capolavoro di questo genere; le vecchie griglie dei cassettoni forniscono la base del disegno, ma le profonde cornici sono state sostituite da leggere scanalature, che danno un grande risalto agli ovoli e agli altri ornamenti dei modiglioni, mentre i quadrati sono stati mutati per formare sistemi di riquadri così complessi che la griglia sottostante è appena discernibile. Al di sopra di tutto ciò le figure e i rilievi ornamentali (paesaggi, scene dionisiache, Vittorie con candelabri, grottesche e motivi floreali) sono diventati l'elemento dominante della composizione.

La volta dell'Aula Isiaca per il resto mostra le possibilità del mezzo pittorico. Qui tutti i resti dei cassettoni sono scomparsi, ma abbiamo i resti di una straordinaria libera decorazione dominata da forme organiche e da un grande nastro che serpeggia dipinto in blu, oro e rosa. Il nastro corre intorno ai lati delle superfici e delinea un fregio o una serie di pannelli a ogni lato, in cui sono motivi di piante e animali; altre fantasie barocche, come calici di loto, viticci in movimento, parti anteriori di uccelli e cervi, sono disposti diagonalmente dagli angoli dell'area centrale verso uno sconosciuto elemento focale. Tutto ciò era reso con forme piene e ampie, modellate con lumeggiature e ombre, contro uno sfondo bianco. L'esuberante immaginazione di queste pitture è in contrasto con i resti delle volte decorate di II stile; ma una grande decorazione floreale del periodo ellenistico proveniente dalla Macedonia, serve a ricordarci quanto imperfetti siano i nostri documenti. Tali pitture floreali, forse ispirate da tele appese intessute o ricamate, potevano essere continuate come una tradizione a parte, separata dai cassettoni e dagli schemi derivati, possibilmente (come nelle tombe della Macedonia) in associazione a pareti uniformi o decorate semplicemente; inoltre avrebbero potuto ispirare i decoratori dell'Aula Isiaca in un tempo in cui i canoni della pittura parietale architettonica, per i quali i cassettoni erano particolarmente indicati, cominciano a cedere. Una conseguenza dell'uso della volta è la creazione di lunette, riquadri semicircolari al termine delle pareti. Poiché queste lunette sono poste fuori dallo schema continuo delle pareti e possono essere concepite come appartenenti, in un certo senso, alla struttura del soffitto, erano spesso decorate a rilievo in stucco o dipinte, comunque trattate in maniera separata. Nella Casa dei Grifi, due di queste sono occupate da un grande gruppo araldico, una coppia di pavoni e di grifi (che danno il nome alla casa); e una terza lunetta contiene una pianta d'acanto con viticci e abitata da uccelli. Questi disegni simmetrici, adatti alla forma del riquadro, sono eseguiti a rilievo bianco su fondo rosso. Nella Casa del Criptoportico le lunette del tepidario mostrano i resti di scene figurate in grande scala eseguite a rilievo in stucco su fondo bianco; in quella meglio conservata sono rappresentati degli amorini in lotta per sollevare la gigantesca faretra di Ercole. Nella Casa di Menandro c'era un'altra scena figurata, questa volta dipinta: il soggetto era il salvataggio di Deianira da parte di Ercole dalle grinfie del centauro Nesso. Nella tomba di Montefiore c'era almeno un gruppo araldico dipinto (due pavoni e una coppa di vino), ma le altre lunette mostravano una serie di volatili appollaiati tra rocce e fiori e una natura morta con uccelli legati e frutta. Tutti questi temi mostrano un notevole contrasto col repertorio architettonico delle pareti e delle volte. Anche se i grifi e le piante nella Casa dei Grifi possono essere spiegati rispettivamente come stanti sopra l'imitazione della muratura della parete sottostante, una tale interpretazione non può essere data per le scene figurate e i gruppi di volatili nei paesaggi che sono chiaramente delle composizioni indipendenti collocate senza una pretesa di razionalità. Ancora una volta bisogna essere cauti nel credere che il II stile sia una trascrizione letterale e consistente della realtà architettonica; innanzitutto resta uno stile di una decorazione parietale dipinta, soggetto alle sue convenzioni e alla sua logica interna.


Contesto.


Siccome la pittura parietale acquisì un sempre maggiore interesse visivo e artistico, vi furono dei cambiamenti anche per la natura dei pavimenti. In generale i temi figurativi, e in particolare gli emblemata, diventarono meno comuni, e la decorazione pavimentale più uniforme e senza rappresentazioni li soppiantò completamente. Il cocciopesto con disegni di tesserae inseriti rimasero popolari e la gamma dei motivi impiegati divenne più ampia, essendovi inserite delle pietre colorate. Altre decorazioni pavimentali preferite includono il mosaico con frammenti di pietre colorate poste su un fondo di pietre o tesserae irregolari (generalmente nere) e disegni di tesserae oblunghe disposte in modo da comporre un effetto a canestro intrecciato. Per controbilanciare la policromia delle pareti i disegni in bianco e nero erano particolarmente adatti. Questi erano in genere creati con un mosaico tessellato convenzionale - di un bianco uniforme, con un bordo nero e un puntinato nero, o nella forma di motivi lineari neri (reticolati esagonali, losanghe inserite in rettangoli, losanghe a stella inserite in archi, motivi di triangoli e scacchiere e così via) su fondo bianco. Dove occorrevano, i soggetti figurati erano spesso semplici soggetti nel contesto dello stile bianconero, semplici silhouettes nere o con pochi colori, come il rosso e il grigio; buoni esempi sono offerti da la fauna marina e dai pescatori nel pavimento del caldario della Casa di Menandro e gli inservienti con le fiaschette di essenze e gli strigili nell'entrata/passaggio dello stesso ambiente. Proprio come la rinuncia generale all'illusionismo e alla policromia nei pavimenti di II stile fu una risposta all'aumentata elaborazione delle pareti dipinte, così anche la popolarità delle uniformi superfici bianche a rilievo in stucco delle volte possono essere dovute allo stesso fattore. Sia i pavimenti che i soffitti giocavano un ruolo nel rendere piacevole e bilanciato il colore in tutto lo schema decorativo. In altri aspetti gli sforzi erano anche fatti talvolta per armonizzare le decorazioni di pareti, soffitti e pavimenti. Questo poteva essere compiuto attraverso diretti collegamenti visuali come ad esempio nell'ambiente II della Casa dei Grifi, dove il motivo a cubi prospettici usato sul podio dipinto delle pareti è ripetuto per l'emblema del pavimento. Alternativamente poteva essere compiuto facendo corrispondere gli elementi di supporto di una pittura parietale con l'enfasi decorativa della volta, come avviene nell'oecus a SE del criptoportico pompeiano; qui le erme sorreggono delle trabeazioni sulle loro teste che erano dipinte direttamente sotto, e così sembrano sorreggere una serie di costolature della volta. Più in generale sembra esserci stato un cero grado di scambi di motivi e idee tra le diverse superfici e i diversi mezzi espressivi. Un certo numero di mosaici pavimentali del I a.C. riproducono più o meno esattamente il sistema a cassettoni dei soffitti, in legno i n stucco e dipinti, inclusi i tipici ornamenti dei riquadri - rosette, scudi e saette. In accordo con la tendenza generale dei pavimenti in II stile, questo tipo di decorazione si allontana da un trattamento illusionistico e policromo della prima metà del secolo e va invece verso una tecnica bidimensionale in bianco e nero nella seconda metà; e le imitazioni delle cornici di cassettoni tendono, nelle versioni più tarde, a un riduzione dei motivi convenzionali. La seconda metà del secolo vede anche la comparsa nei mosaici di alcuni latri motivi che prima erano inseriti nelle decorazioni delle volte: reticolati di esagoni, losanghe che firmano stelle a otto punte inserite in cerchi, quadrati posti sulla punta con i lati concavi. Tutti questi motivi, trovati nelle volte stuccate della Casa del Criptoportico, possono essere paralleli ai pavimenti contemporanei della stessa casa, in particolare nella sequenza contenuta nella Sala degli Elefanti. Le versioni in mosaico sono più sobrie rispetto alle loro controparti in stucco o dipinte, essendo principalmente in bianco e nero e mancando degli arricchimenti e ornamenti interni dei soffitti, ma non è difficile credere che i mosaicisti abbiano preso il disegno generale e le forme dai loro colleghi operanti con altri mezzi decorativi. Tra le pitture parietali e le decorazioni pavimentali e dei soffitti c'era una minore fertilizzazione incrociata; le strutture architettoniche mostrate sulle superfici verticali non erano esse stese soggetti adatti per la loro rappresentazione su altre superfici. Ovviamente i soggetti decorativi che facevano parte del repertorio generale delle arti nel I a.C., trovavano il loro compimento in tutti i mezzi: le armi erano rappresentate sia sulle volte in stucco che sui pavimenti a mosaico, ad esempio, appaiono in un fregio dipinto sulle pareti dell'atrio della Villa dei Misteri; mentre i decori vegetali e floreali incluse ghirlande di frutta e fiori, ricorrono sia sulle volte in stucco della Casa del Criptoportico e su numerose pitture parietali. Ma questi temi erano molto comuni in questo periodo; numerosi paralleli possono essere fatti con altre arti decorative, come ad esempio i rilievi scultorei. Un prestito più specifico può essere scorto nella rappresentazione delle prue di navi attraverso degli archi su uno o due mosaici pavimentali; questo motivo, trovato sullo zoccolo di un paio di decorazioni parietali, potrebbe essere stato preso dai mosaicisti da prototipi dipinti. E come il II stile divenne a mano a mano a divorziare dalla sua raison d'etre architettonica e ammise un gran numero di elementi puramente ornamentali, i collegamenti tra le decorazioni parietali e dei soffitti diventano più numerosi. Nell'Aula Isiaca e negli ambienti superiori della Casa di Augusto ci sono rassomiglianze molto familiari tra alcune delle pitture floreali e vegetali sulle pareti e sulle volte. Nella villa della Farnesina avviene lo stesso per la differenza dei mezzi: i paesaggi in stucco, le grottesche e gli elementi floreali sono chiaramente progettati dalla stessa intelligenza direttrice se non dallo stesso artista, come i paragonabili motivi dipinti delle pareti. Come i decoratori in molti casi cercarono di adattare insieme le diverse componenti di una decorazione in modo da produrre un insieme armonioso, così fecero anche attenzione nell'adattare queste decorazioni al contesto architettonico. La grande caratteristica di questo adattamento fu l'uso di pitture e pavimenti che insistono sulle divisioni funzionali dei cubicoli, triclini ed oeci. La disposizione del cubicolo al tempo del I stile è stata già descritta. Durante il II stile il pavimento dell'alcova non era rialzato ma continuava ad essere diviso dal resto della stanza grazie al suo basso soffitto a volta e la distinzione era adesso più chiaramente espressa dalla decorazione parietale e pavimentale. Pilastri illusionistici e dipinti sulle pareti e un cambiamento del disegno nel pavimento, spesso accentuato da una soglia ornamentale, segnava il passaggio dall'anticamera all'alcova, e le pitture all'interno dell'alcova adottavano uno schema decorativo in scala minore e poco elaborato, rispetto a quello esterno. Il cubicolo di Boscoreale è un esempio calzante: il trittico schema della pareti laterali dell'anticamera era separato dalla corte con tholos e dalla grotta con fontana dell'alcova da un pilastro che arrivava fino al pavimento (in opposizione alle colonne che restavano sul podio); il cambiamento del soggetto era accompagnato da variazioni nella decorazione del podio, per non menzionare l'uso di un sistema prospettico indipendente per gli edifici dipinti; per il pavimento in mosaico, per il resto totalmente bianco, a parte un bordo nero, nell'anticamera era incrociato da una soglia con un motivo a scacchiera policromo. Simili relazioni funzionali possono essere osservate nei cubicoli della Villa dei Misteri e di quella di Oplontis, dove ognuno di questi conteneva un paio di alcove con le pareti adiacenti. Qui le pareti delle alcove ricevevano complessi schemi architettonici mentre l'anticamera era distinta non solo per la scala maggiore e per la grande semplicità della decorazione, ma anche per gli straordinari cambiamenti di colore; nell'ambiente 16 della Villa dei misteri ad esempio gli ortostati vermigli e la prospettiva molteplice dell'alcova B, contrastano chiaramente col giallo degli ortostati e con la semplice "parete chiusa" della zona principale dell'ambiente. Negli oeci e nei triclini c'erano simili divisioni in parte esterna e interna, l'ultima delle quali era di frequente ricoperta da una volta. In relazione ai cubicoli il rapporto spaziale era naturalmente invertito, poiché l'anticamera funzionava appena come un passaggio o un'area di servizio, mentre la zona di fondo doveva ospitare le klinai dei convitati; così dove un'alcova aveva bisogno solo di un terzo o di un quarto dell'area totale, la parte interna di un oecus o di un triclinio aveva bisogno di più della metà dello spazio disponibile. Per il resto lo spazio era diviso con gli stessi espedienti usati per l'alcova del cubicolo - con un cambiamento della decorazione parietale segnata da pilastri dipinti e da una soglia mosaicata sul pavimento. Un buon esempio conservato appare nel triclinio 14 della villa di Oplontis, dove le pareti della parte esterna sono decorate con un semplice sistema di ortostati, mentre quelle nell'area riservata ai convitati hanno elaborati schemi architettonici, con una porta centrale e dei recessi in prospettiva; il punto di demarcazione è segnato da una fascia a meandro nel pavimento. Ancora più lampante è l'articolazione della Sala degli elefanti nella Casa del Criptoportico a Pompei: questo oecus in origine aveva l'ingresso a S, poi girò quando la casa fu divisa e fu creato un nuovo accesso con una nuova porta nella parete N del muro O; ma il formato originale con l'anticamera a S e la zona per i convitati a N rimase conservato grazie alle pitture parietali e al mosaico. L'anticamera aveva un pavimento di un bianco uniforme e le pareti decorate con un semplice schema di ortostati; la zona principale segnata da una soglia a mosaico contenente delle volute vegetali, era decorata con una megalografia e con un pavimento elaborato con vari motivi geometrici. Esempi come questi possono essere numerosi. In alcuni oeci la differenza funzionale è enfatizzata dall'introduzione di colonne reali che sorreggono la volta della zona principale; qui la divisione decorativa diviene ancora più importante perché i pilastri dipinti sulle pareti corrispondono a quelli reali dello spazio gerarchicamente enfatizzato, mentre la decorazione del pavimento era inevitabilmente adattata per rendere conto di questi supporti e per effettuare una unità visiva tra questi. In un aspetto più generale anche le decorazioni di II stile rendono conto del loro contesto strutturale. Ad esempio gli schemi paratattici erano preferiti per i passaggi e i peristili, dove enfatizzavano la continuità della parete e (almeno nei peristili) corrispondevano ritmicamente ai colonnati, con la colonne dipinte che si opponevano a quelle reali. Dove tali schemi ricorrono in altri ambienti, era probabilmente perché l'altezza del muro era così grande da sfavorire uno schema centralizzato (come nella stanza nera della Farnesina) o perché la stanza in questione era un oecus o un'esedra aperta sul peristilio, e si sentiva il bisogno di armonizzare la sua decorazione con quella delle pareti a destra e a sinistra dell'entrata. In ambienti piccoli e chiusi erano preferiti gli schemi centralizzati, solo perché l'altezza limitata dava meno problemi per la resa di una prospettiva lineare che richiedeva la moda; le pareti più alte avrebbero inevitabilmente appiattito le linee di recessione e creato una prospettiva meno riuscita. Talvolta l'organizzazione della prospettiva sembra essersi adattata al contesto. Una caratteristica peculiare dell'inizio del II stile, trovata specialmente nei cubicoli e negli oeci, è una "prospettiva asimmetrica", che è il trattamento delle pareti laterali con le linee di recessione che svaniscono e il l'asse non è al centro ma ai lati di fondo. Tali schemi favoriscono il punto di vista di un osservatore che guarda dall'esterno dell'alcova o dal fondo dell'ambiente. Poiché di solito c'è un'apertura che provvede a una vista nell'open air, la prospettiva è coscientemente riferita allo sguardo dell'osservatore del panorama. Sul muro di fondo comunque, la prospettiva è centralizzata, per riguardo del punto di vista di chi per primo entra nella stanza. Infine l'importanza della luce. Abbiamo già notato come le ombre nella pittura parietale architettonica tendono a scomparire dalla reale fonte di luce in un ambiente; in molti casi questa è l'entrata, ma nel cubicolo di Boscoreale c'è una finestra sul muro di fondo. Anche le decorazioni in qualche modo dovevano rendere conto dell'importo di luce disponibile. Così ambienti bui come i criptoportici erano spesso illuminati dall'uso di pitture su fondo bianco o al massimo con rilievi a stucco nelle volte. L'uso del nero, d'altra parte, era raccomandato da Vitruvio per i triclini invernali, in parte per evitare lo scolorimento causato dal fumo di lampade e bracieri, in parte forse perché si pensava che il nero trattenesse il calore. Tali ambienti inoltre affacciavano a S, per avere il vantaggio del basso sole invernale; così la disponibilità di illuminazione naturale e diretta avrebbe dovuto compensare la sobrietà dello schema decorativo e dei colori. E' significativo che almeno tre delle decorazioni sopravvissute di questo periodo, in cui il nero giocava un ruolo prominente, erano nella zona della casa che si affaccia o a S o ad O degli oeci o dei triclini. Nella Villa dei Misteri (oecus 6) e nella Casa degli Epigrammi (ambiente 14) c'erano ortostati neri, rispettivamente nella parte davanti e in quella di fondo, mentre il triclinio della Farnesina ricevette una decorazione completamente nera - un precursore di altri schemi decorativi simili al periodo successivo.


Il Terzo Stile.


Le decorazioni come quelle della Farnesina appartengono già a un periodo di transizione dal II al III stile, poiché gli schemi di alcuni ambienti (il triclinio nero e il corridoio bianco F-G) avevano più o meno rinunciato alla tradizione dell'illusione architettonica. In un breve periodo il III stile divenne la moda dominante delle decorazioni parietali romano - italiche, un primato che conservò almeno fino alla metà del I d.C. Durante questo periodo ottenne una popolarità assai diffusa come il suo predecessore. Versioni di decorazioni di III stile sono state ritrovate in ogni parte d'Italia e nelle province settentrionali. Ma la maggior parte del materiale proviene da Pompei e dalle sue vicinanze, ed è su questa evidenza archeologica che bisogna basare ogni tipo di studio. La cronologia dettagliata del III stile è stata a lungo oggetto di controversie. Le date assolute sono poche e in gran parte appartenenti ai primi anni. La semplice decorazione della camera funeraria della piramide di G. Cestio Epulo, fuori Porta Ostiense a Roma, deve essere datata non più tardi del 12 a.C., poiché un'iscrizione ai piedi della piramide nomina il ministro di Augusto, Agrippa, che morì in quell'anno, come uno degli eredi di Cestio. Le eccellenti pitture del primo periodo del III stile provenienti dalla villa attribuita al figlio di Agrippa, Agrippa Postumo, a Boscotrecase, a 3 km di distanza da Pompei, possono essere datate dopo l'11 a.C., in base a un bollo laterizio trovato lì che indica il console di quell'anno (e che fu probabilmente fabbricato nelle proprietà di Postumo). Un identico bollo laterizio è stato trovato bella cosiddetta Caserma dei Gladiatori a Pompei, ed è possibile che anche in questo caso, sebbene la Caserma esistesse probabilmente in precedenza, ci furono degli edifici dopo l'11 a.C. ai quali le pitture dell'inizio del III stile in un triclinio all'angolo NE del peristilio possono essere associate. Per il successivo sviluppo dello stile difficilmente esistono dei criteri di datazione esterna e le cronologie che sono state proposte dipendono da ipotesi come i simili aspetti dell'evoluzione e della datazione del IV stile. E' stato dimostrato che, oltre un ragionevole dubbio, il III stile è giunto a Pompei prima del terremoto che danneggiò seriamente molti edifici cittadini nel 62 d.C.; probabilmente era già la moda principale durante gli anni '50 quanto il suo predecessore fu effettivamente prossimo alla fine negli anni '40. Le due analisi più complete ed aggiornate del III stile sono quelle di F. L. Bastet e di W. Ehrhardt. La prima propone un'evoluzione dello stile in 5 fasi strutturata in modo simile a quella del Beyen a proposito del II stile; nelle prime tre fasi lo stile evolve verso la maturità e nelle due successive "declina". Le fasi IA (circa 20-10 a.C.) e IB (10-1 a.C.) segnano la progressiva disintegrazione degli elementi architettonici e la loro sostituzione con ornamenti funzionali; la fase IC (circa 1-25 d.C.) vede il culmine di questo processo di uno stile armoniosamente e pienamente bidimensionale; e le fasi 2A (25-35 d.C.) e 2B (35-45 d.C.) sono caratterizzate dal graduale disfacimento dello stile, col ritorno degli elementi architettonici e con una grande complessità di colori e costruzioni. Lo studio di Ehrhardt differisce in alcuni aspetti, in particolare nell'aggiunta di maggiori sovrapposizioni col II stile all'inizio e del IV alla fine, e nell'ammettere una certa ripresa dei precedenti schemi e motivi negli ultimi anni dello stile. Diversamente da Bastet ha diviso la verosimiglianza strutturale dello schema decorativo secondo materiali come legno, avorio, oro e vetro; solo le proporzioni sono esagerate nella loro esilità e quindi con irreali proporzioni statiche. Sarà per noi sufficiente identificare le caratteristiche generali dello stile con l'aiuto di pochi esempi selezionati. Questi sono raggruppati in due fasi principali, divise grosso modo dalla morte di Augusto.


Prima fase.


La principale caratteristica del III stile è la rinuncia all'illusionismo preferendo effetti di superficie e ornamenti pignoli. Mentre il podio proiettato in avanti del II stile lascia il posto a un uniforme zoccolo nero con una decorazione lineare, le strutture architettoniche che vi erano al di sopra di questo sono sostituite da bande di delicati motivi policromi; solo il padiglione centrale resta con la sua forma architettonica, ma con colonne così alte e sottili da non essere credibili come supporti, e con ogni effetto di profondità e volume ridotti al minimo, e con una pittura centrale all'interno del padiglione, rappresentata molto più esplicitamente come un pannello incorniciato. Le illusioni prospettiche sono presenti nella zona superiore, generalmente su fondo bianco, ma le forme sono adesso di una esilità e funzionalità irreali. Per quanto riguarda la sintassi decorativa le zone (zoccolo, zona mediana e superiore) sono molto più chiaramente distinguibili, rispetto allo stile precedente, spesso grazie a schemi con colori contrastanti; e ci sono frequentemente dei fregi indipendenti, ancora distinti dai colori, sopra e sotto la zona mediana.

L'effetto complessivo, specialmente nella prima fase, è elegante e controllato, con interrotte zone in cui predominano il rosso, il nero e il bianco; mentre la meravigliosa ricchezza dei particolari decorativi, resi con precisione miniaturistica, è subordinata con cura al disegno generale. Gli spazi vuoti non preoccupano a lungo i pittori; le parti più esterne della zona mediana sono lasciate per la maggior parte disabitate, mentre le figure statuarie o i pannelli incorniciati che avevano occupato questa posizione nel tardo II stile sono ridotte a piccole figure volanti nel mezzo del pannello, o totalmente omesse.

Le pitture dipinte di questo periodo sono ugualmente controllate. Uno degli schemi preferiti è quello di inserire una scena mitologica in un paesaggio con i protagonisti rimpiccioliti, dove gli effetti di spazio e di distanza sono attenuati con la grazia classica delle figure e dalla loro tendenza ad essere confinate in un palcoscenico poco profondo, all'interno del riquadro dipinto, con alberi e rocce che occultano l'orizzonte.

Un genere di decorazione particolarmente popolare nei primi anni del III stile è il cosiddetto "stile a candelabri" il cui nome indica decorazioni semplici o complesse articolate con dei candelabri. Questa decorazione è già comparsa alla fine del II stile, ad esempio nella villa della Farnesina, le cui pareti del triclinio nero e del corridoio bianco hanno una decorazione simile per intenzione e significato a quelle dello stile a candelabri; a Pompei questa decorazione compare molto vicino a quelle del tardo II stile negli ambienti adiacenti della Casa di Paquius Proculus, probabilmente ridecorati negli anni intorno al 20 a.C. o poco dopo. Qui la decorazione a candelabri è sulla parete E del tablino; presenta un pannello centrale incorniciato da candelabri, mentre altri candelabri isolati, ai lati, sono sormontati da figure alate, su fondo bianco. Lo zoccolo, nero e completamente uniforme, è decorato da un pannello contenente una grottesca femminile tra due centauri e con un paio di telamoni. Un altro schema a candelabri è la prima decorazione del III stile datata esternamente, quella della piramide di Cestio (poco prima del 12 a.C.). Ancora su fondo bianco, presenta uno schema con ortostati e stretti pannelli verticali decorati da candelabri; all'interno degli ortostati vi sono delle piccole figure femminili e vasi. Un eccellente esempio di decorazione a candelabri, molto originale nella sua composizione, è quello del triclinio all'angolo NE della Caserma dei Gladiatori (11 a.C.?): le pareti sono divise, da pilastri scanalati in stucco, in anticamera, dipinta in nero, e l'area per i convitati, in bianco. Nell'anticamera il principale soggetto figurato, opposto all'entrata, è un'erma femminile che sorregge una ghirlanda, mentre la zona superiore presenta un paio di teste femminili, terminanti in volute; l'area per i convitati ha invece le pareti laterali divise da due sottili candelabri verdi che si innalzano verso la zona superiore e sono coronati da grottesche femminili alate, mentre negli intervalli vi sono delle figure isolate -menadi, una donna seduta su una base a volute, e altre figure femminili su piedistalli con strumenti a corda tra le mani. Il muro di fondo, anch'esso a fondo bianco, è decorato da un paesaggio sacro a forma di vignetta al centro, con una ghirlanda appesa da ogni lato, e da varie e fantasiose figure che trattengono viticci nella zona superiore. Potremmo aggiungere altre decorazioni di questo genere, ma le caratteristiche fondamentali sono ormai chiare. Il pittore evita ogni suggestione di profondità e virtualmente ogni somiglianza con la realtà; al loro posto divide la solidità e l'impenetrabilità della parete attraverso grandi zone dipinte con l'uso di un solo colore, e usa figure e motivi ornamentali, per la maggior parte fantasiosi, come semplici decorazioni superficiali. Lo stile a candelabri può probabilmente essere visto come la prosecuzione delle semplici decorazioni paratattiche del II stile; le ghirlande sospese tra i candelabri del triclinio della Caserma dei Gladiatori richiamano direttamente l'identico motivo degli schemi precedenti. Al contrario le numerose decorazioni con un padiglione colonnato centrale, o edicola, affiancato da zone uniformi ai lati, discendono dagli schemi centralizzati del II stile. Una pittura dell'inizio del III stile nella Regio V a Pompei, ora completamente svanita, ma nota da un dipinto del XIX secolo, presenta una stretta relazione con le pitture della fase precedente. Sebbene lo zoccolo ha acquistato la nuova forma standard, con fondo nero e motivi ornamentali lineari in bianco, la zona mediana ha ancora una certa profondità rudimentale, nel sorreggere le colonne e i candelabri, e l'edicola centrale ha un soffitto a cassettoni in prospettiva. Altre reminescenze del tardo II stile sono i pannelli e i fregi con motivi floreali stilizzati sia su fondo bianco che colorato, e un timpano formato da grottesche alate una testa centrale, motivo trovato nel tablino della Casa di Livia. Nella zona superiore sebbene la prospettiva sia più sviluppata e l'eredità architettonica più chiaramente affermata, tuttavia l'irrealtà e l'esiguità delle strutture, in cui la funzione di supporto è compiuta da candelabri sottili come aghi, abbelliti da calici e volute, ci porta in un mondo di fantasia. L'architettura ha perso molto del suo senso; è ancora logica nella sua disposizione, ma l'accumulazione dei vari motivi architettonici e la loro unione ai blocchi di colore (rosso, blu, verde, bianco) usati in modo incongruo, ha solo l'effetto di creare un disegno interessante. La fedeltà del pittore al realismo strutturale è del tutto abbandonata.

I risultati più eccellenti ottenuti nei primi tempi del III stile sono le decorazioni della villa di Agrippa Postumo a Boscotrecase, probabilmente da datare poco dopo l'11 a.C. Questa villa fu distrutta nel 1906, ma le pitture furono recuperate durante gli scavi tra il 1903 e il 1905 e oggi sono conservate sia al Museo di Napoli che al Metropolitan di New York, ed è possibile ricostruire gli schemi decorativi dei tre ambienti, più o meno nella loro interezza.

La prima decorazione è su fondo nero; solo lo zoccolo, di un rosso scuro tendente al violaceo, con sopra dei motivi lineari in bianco, diverge dal colore dominante. Le divisioni sono effettuate da colonne sottili come bastoncini e candelabri; le prime sorreggono una edicola rudimentale, contenente i principali soggetti rappresentati -squisiti paesaggi in rosso, giallo, blu e verde. Un ruolo minore è giocato da un paio di scene di culto egittizzanti all'interno di piccoli pannelli a fondo giallo.

La seconda decorazione è nei toni del rosso, tranne che per lo zoccolo nero e la pittura centrale, un paesaggio bucolico nei toni del verde, marrone e giallo su fondo bianco; le colonne dell'edicola centrale e le varie bande verticali e orizzontali di divisione, all'interno dello schema, presentano i caratteristici ornamenti del III stile, con intricati motivi di fasce e altri decori a forma di cuore, di campana, e così via, in rosso, giallo, viola e verde su fondo bianco. Nella zona superiore vi sono pali sottili avviluppati da viticci; alcuni di questi sorreggono piccoli pannelli decorati con maschere teatrali o grifi.

La terza decorazione, di cui si è conservato poco, era dominata da due grandi paesaggi mitologici dipinti, l'amore di Polifemo per Galatea e il ratto di Andromeda da parte di Perseo; queste pitture erano evidentemente circondate dal bianco, ma c'erano riquadri rossi ai lati, divisi in due da candelabri, con delle ghirlande appese. Un fregio giallo correva sopra e conteneva una serie di piccoli pannelli neri con maschere, coppie di grifi e figure egittizzanti. Questa semplice descrizione dà scarsa giustizia alla delicatezza e alla bellezza delle pitture.

Figure e ornamenti sono resi con una sicurezza e una cura meticolosa per i particolari (sono tutte caratteristiche del III stile); in particolare le forme vegetali e le fasce di divisione sono disegnate con linee che spesso sono sottili pennellate, e ogni elemento è collocato e raggruppato con precisione secondo la grandezza della forma. Tutto ciò è inserito nel rilevo dal libero uso dello spazio vuoto; ampie aree della parete sono lasciate nel nero o rosso del colore di fondo, totalmente priva di elementi decorativi.

Un'altra serie di pitture che devono essere attribuite all'inizio del III stile sono quelle della prima fase della cosiddetta Villa imperiale a Pompei, una dimora di età augustea terrazzata sulle mura cittadine presso Porta Marina. La più completa ed importante decorazione è quella dell'oecus centrale. Sebbene la zona superiore delle pareti e la volta appartengano a una ridecorazione in IV stile, lo zoccolo e la zona mediana presentano lo schema originale (restaurato sulla parete N e in parte di quella E) in cui tre grandi dipinti mitologici con tema cretese sono collocati in un chiaro sistema diviso a zone. In contrasto con Boscotrecase la zona mediana, in vermiglio, è provvista di uno stretto fregio lungo la base (la predella) e si differenzia per il colore dal fregio al di sopra, che ha un fondo bianco che richiama le aperture illusionistiche del II stile sebbene ora usato come uno sfondo neutrale. La predella, forse in parte un relitto della parte superiore del podio del II stile, è decorata con foglie d'acanto e piccole scene figurate, tutte su fondo nero. Il fregio contiene poche strutture architettoniche indipendenti, una serie di sei pitture su pannelli e piccole cariatidi che sorreggono ghirlande, un'idea prefigurata nella villa della Farnesina. Per il resto virtualmente i soli ornamenti dell'intero schema sono il meandro con rosette simili a stelle nello zoccolo e le delicate fasce policrome che corrono sopra e sotto la zona mediana e lungo la trabeazione del padiglione centrale. Questi padiglioni, come quelli di Boscotrecase, si proiettano in alto dentro il fregio, mentre le cariatidi stanno su colonne che superano la zona mediana, dando così un'integrazione visiva alle due zone colorate in modo diverso. Una decorazione molto simile è quella del triclinio della stessa casa, con la differenza che la zona mediana è in rosso ocra e non vermiglio, lo zoccolo nero e non viola, e i pannelli centrali hanno l'aspetto di paesaggi mitologici piuttosto che scene con grandi figure; come fosse decorato il fregio non è sicuro, poiché fu sostituito al tempo del IV stile insieme alla zona superiore. Un altro ambiente della casa, un cubicolo, fu fornito di uno schema a candelabri su fondo bianco, relativamente modesto; la zona mediana è uniforme a parte le ghirlande nell'alcova e le piccole figure, in gran parte rimosse in antico, nell'anticamera; l'interesse decorativo è invece focalizzato su un fregio che porta delle pitture, e sulla zona superiore, con fantastiche architetture. Caratteristico di tutte le pitture di III stile negli ambienti della Villa Imperiale è il fatto che le sezioni della zona mediana a destra e a sinistra dell'edicola centrale sono invariabilmente girati in grandi campi divisi dall'aggiunta di bordi lineari. Questi campi disadorni salvo piccoli emblemi al centro, rappresentano una chiara esposizione del primato della decorazione superficiale: la parete è chiusa con solide "lastre", proprio come accadeva all'inizio del III stile, la chiusura è adesso ancora più completa rispetto al III stile, in cui gli ortostati passavano dietro a uno schermo di colonne, mentre i nuovi campi divisi attualmente alternati con colonne leggere e candelabri del disegno, apparendo così più o meno sullo stesso piano. Un'altra decorazione che probabilmente potrebbe essere attribuita al periodo augusteo è una parete della Casa di Spurios Mesor a Pompei, riprodotta in una litografia a colori pubblicata dal Mau; questa decorazione ha un effetto leggermente più affollato rispetto agli esempi prima considerati. In aggiunta alla policromia della trabeazione del padiglione centrale, con piccoli quadrati e rosette in rosa, verde, giallo e bianco, i bordi lineari dei pannelli ai lati sono interrotti da altri quadrati e piccoli medaglioni contenenti motivi floreali in giallo e bianco su fondo verde, mentre la predella cambia colore dal giallo al viola sotto la pittura centrale. La zona superiore, di nuovo bianca, ora chiaramente separata da quella mediana attraverso una divisione orizzontale, porta delle forme architettoniche esageratamente sottili e dei candelabri, legati a dei bastoncini orizzontali ornati da ramoscelli vegetali, vasi e parrocchetti; l'architettura è resa in prospettiva ma l'irrealtà delle proporzioni e l'ampia distesa di bianco attenuano ogni effetto di profondità. Nella predella vi sono nature morte e volatili con frutta, nei pannelli laterali amorini fluttuanti e nel fregio nero e stretto tra la zona mediana e quella superiore ancora nature morte e uccelli. La pittura centrale, oggi al Museo Archeologico di Napoli, presenta scene dipinte in modo maldestro con un sacrificio espiatorio e con un greco che spinge un'amazzone da cavallo. Le pitture del primo periodo del III stile, contemporanee alla metà e agli ultimi anni del regno di Augusto, sono l'equivalente pittorico del classicismo augusteo tradotto sia in scultura che nelle altre arti. Le caratteristiche di questo stile sono la predilezione per le forme della Grecia classica ed ellenistica (in particolare nella rappresentazione delle figure), la sua armonia e controllo, la sua ricchezza nei dettagli decorativi ma con una generale severità. Nella pittura si manifesta principalmente in una reazione contro gli effetti di volume, spazio e atmosfera; testimonianza del trattamento dell'architettura fantastica nel fregio della zona superiore con le sue forme rese fragili ma ferme, e una totale mancanza di prospettiva aerea. Le pitture figurate evitano anche gli effetti di volume e di spazio. Questo è vero non solo per le composizioni della zona mediana, ma anche per le figure usate nelle altre parti della decorazione. I piccoli amorini, vignette con paesaggi, figure egittizzanti, grifi e via dicendo, che appaiono nel mezzo dei pannelli, sono ridotte, a causa del loro isolamento e per l'irrealtà dello sfondo, virtualmente al ruolo di ornamenti astratti; e le figure e gli oggetti rappresentati sulla predella e i fregi sono dipinti in piccola scala, in sequenze ampiamente spaziate, con una singola linea di terra, cosicché appaiono anche essere poco meno che ornamenti applicati alla superficie, anche quando (come nell'oecus della Villa Imperiale) sono uniti in scene integrate di azione. In tutto ciò sono resi con uno stile ce subordina la forma plastica alla precisione e alla chiarezza del profilo. Il risultato è una qualità del disegno che unisce la classica tranquillità all'eleganza, cosa che non fu mai eguagliata nella pittura romana.


Seconda fase.


Negli stadi intermedi e finali del III stile coincidenti con i regni di Tiberio, Caligola e Claudio, ci fu una reazione graduale contro l'eleganza e la disciplina della fase precedente. Una grande varietà di sfondi variopinti (inclusi occasionalmente il verde e il blu, raramente utilizzati negli altri periodi) fu utilizzata e questi colori erano alternati più liberamente nelle zone, sempre sulla base di una disposizione simmetrica, ma producendo inevitabilmente degli effetti molto più frammentari e meno semplici. L'uso del giallo, fuori moda all'inizio del III stile, divenne a mano a mano sempre più popolare. Nello stesso tempo i dettagli decorativi diventano più complessi, con una marcata tendenza alla proliferazione di viticci frondosi e simili motivi vegetali, e con accenni di prospettiva all'interno della parete. Il pannello centrale dipinto rimane, ma la sua forma e contenuto cominciano a cambiare: quella verticale oblunga del periodo augusteo cede il posto a un formato più tarchiato, mentre le poco profonde composizioni bidimensionali dei primi tempi sono aperte, con figure a diversi livelli e con l'introduzione di costruzioni oblique e di scorcio, con forti contrasti di luci e ombre, usati per dare volume alle figure. Un primo esempio di questo processo di dissoluzione può essere riconosciuto nel triclinio della cosiddetta Casa di Epidius Sabinus a Pompei, che può essere studiato grazie agli acquerelli di Sikkard. Qui appaiono segni d'inquietudine nelle varie zone della decorazione: una sequenza di piante lussureggianti, rese liberamente e di specie diverse, affollano lo zoccolo; una sequenza apparentemente casuale di motivi disparati, inclusi scene con uccelli, piante stilizzate, motivi geometrici e un piccolo giardino con le recinzioni viste in prospettiva, occupano le zone della predella; e muri - quinta in prospettiva con finestre, sono poste nelle ali laterali di uno dei padiglioni centrali. I pannelli laterali neri sono decorati con motivi vegetali, inclusi bastoncini diagonali avviluppati da viticci -il primo elemento obliquo che rompe il supremo motivo delle fasce verticali e orizzontali. Nell'anticamera c'è un nuovo motivo, destinato a incontrare una grande popolarità nel tardo III stile, una coppia di busti (Bacco e Arianna) inseriti in un piccolo pannello quadrangolare. L'aumentata complessità e il sovraccarico dei particolari caratterizzano un certo numero di altre decorazioni pompeiane che bisogna datare ai tardi anni '30 e '40. Nella Casa di Sulpicio Rufo, mentre lo zoccolo rimane piuttosto semplice, con dei motivi geometrici, il resto della parete presenta ritmiche alternanze di colore che ci allontanano dalla tranquillità delle prime fasi dello stile; la zona superiore in particolare adesso incorpora blocchi di colore al posto del precedente sfondo bianco uniforme, e il risultato è una nuova pesantezza d'effetto e di una nuova tensione tra prospettiva e superficie decorativa. Nella zona superiore del cubicolo h ad esempio, c'è una struttura di padiglioni in una delicata prospettiva, ma la divisione dello sfondo in aree di rosso, giallo e bianco, da alcune delle quali sono appesi festoni o sono decorate con nature morte, lascia l'osservatore in una totale confusione per quanto alcune parti sono concepite come aperture ed altre come solide barriere. Nel triclinio e la zona superiore è dominata dal rosa, come i pannelli laterali della zona mediana, ma in due di questi al centro presentano sconcertanti vedute di colonnati e interni in prospettiva su uno sfondo blu; sono delle reali strutture oltre una finestra oppure semplici pitture inserite sullo sfondo rosso? Altre rappresentazioni di edifici colonnati ai lati sono più chiaramente classificate come pannelli indipendenti per la loro scala più piccola e per la loro cornice ornamentale; sulla parete S ogni pannello ha la sua prospettiva centralizzata e gli edifici contengono piccole figure, così il significato non è messo in dubbio. Nella Casa del Sacerdote Amandus un ben conservato triclinio contiene tre grandi paesaggi mitologici, due dei quali per composizione vicini alle pitture di Boscotrecase; ma che l'insieme sia considerevolmente più tardo rispetto a quello di Boscotrecase è indicato dalla natura della quarta pittura dell'ambiente, una grande composizione figurata con chiaroscuro e senza paesaggio. Una datazione post - augustea è rafforzata dal ricco uso del colore. Le stesse pitture paesaggistiche sono dipinte con sfumature più forti e calde rispetto ai loro prototipi di Boscotrecase e lo schema decorativo nella sua totalità è più acceso, essendo le pitture centrali fornite di ampie cornici rosse all'interno dei padiglioni, i pannelli rossi ai lati ricevono cornici nere, e le trabeazioni dei padiglioni sono divise da una serie di piccoli riquadri in giallo e viola, blu e rosso, bianco e blu. Più significativo è l'uso del giallo come fondo uniforme nella zona superiore. Raramente usato al di fuori dei particolari sussidiari all'inizio del III stile, questo colore è destinato a diventare uno degli sfondi preferiti nel IV stile. Una decorazione molto più eccellente, ma ugualmente sintomatica del cambiamento del gusto che spianò la strada al IV stile, è quella del tablino della Casa di L. Caecilius Iocundus. I colori predominanti dello sfondo sono rosso e nero, usati in eguale misura, sebbene con una predominanza del nero nella predella e del rosso della zona mediana; ma questi sfondi sono subordinati alla ricca profusione degli ornamenti. In aggiunta alle colonne del padiglione centrale, che hanno dettagli policromi e delicate fasciature, ci sono altre due colonne più larghe, i cui fusti sono come i tronchi delle palme (un motivo che forse si rifà alle colonne ornamentali a forma di palma dei padiglioni delle feste dell'Egitto tolemaico), e questi sono accompagnati su ogni lato da fasce ornamentali contenenti piccoli gorgoneia, animali, lire e così via, su uno sfondo verde, oro, viola e bianco; in un'altra parte, raggruppati con le colonne, sparsi sotto il pannello centrale, e sopra e sotto quelli laterali, ci sono innumerevoli piccoli motivi vegetali e animali, spesso messi insieme in un fantasioso miscuglio, invariabilmente decorato con colori brillanti (principalmente rosso, verde e viola). L'intera composizione è un tour de force d'inventiva. Accanto all'abbondanza dei dettagli decorativi, una nuova elasticità è apportata dal curvarsi degli spigoli superiori e inferiori dei pannelli laterali per dare l'effetto di un tappeto o di una tenda attaccata agli angoli a gonfiata dal vento; caratteristicamente al natura dei pannelli segmentati così creati è lasciata poco chiara, poiché da un lato il loro fondo bianco suggerisce lo spazio, dall'altro sono occupati da ornamenti convenzionali -una conchiglia in alto, due paia di animali e un pannello contenente una testa alata al centro. L'effetto decorativo è rafforzato dalle file di piume di pavone con cui sono ornati i lati curvi. Meno esplicita è la "finestra" sopra l'edicola, che rivela la vista interna di una cupola sorretta da colonne -un chiaro segno del risvegliato interesse per le aperture illusionistiche della parete. Le tipiche pitture di III stile al centro dei pannelli sono ridotte in altezza e presentano scene mitologiche. I pannelli laterali ripetono il tema dei busti all'interno di quadrati già visti nella Casa di Epidio Sabino. Il locus classicus del tardo III stile è la Casa di M. Lucretius Fronto, dove alcuni ambienti sono decorati in questo modo, presumibilmente dal 35 al 45 d.C. circa. La complessità delle decorazioni varia da ambiente a ambiente. L'atrio con un'alternanza di larghi pannelli neri e fasce gialle verticali contenenti ornamenti policromi, è uno delle decorazioni più semplici; solo la zona superiore è arricchita dalla solita architettura insostanziale, sebbene ancora su fondo nero. L'interesse figurativo, a parte i cigni e le aquile nella zona superiore e le maschere di gorgone e pantera e le lire nelle fasce policrome, è confinato nei piccoli uccelli e animali nel mezzo dei pannelli neri. Molto più complesse sono le decorazioni del cubicolo g e del tablino. In entrambe gli ambienti la pittura centrale è stata ridotta a un piccolo riquadro, simile a un quadrato, collocata nel mezzo del pannello dal colore uniforme; e in entrambi lo schema dipende da una ritmica alternanza di colori che è tutt'altra cosa dagli omogenei sistemi dell'inizio del III stile. Il cubicolo ha questo contrasto di colori (giallo, nero e rosso) nella zona superiore, che è integrata con quella mediana grazie alla sovrapposizione fisica di alcuni elementi -in particolare l'edicola centrale che è sormontata da una sovrastruttura sostenuta da cariatidi. Il tablino ha la decorazione più elaborata della casa, con un utilizzo abbagliante di pannelli rossi e neri divisi da fasce policrome di ornamenti floreali e astratti, tra i quali un motivo di margherite e frutti gialli su uno sfondo di foglie, colpisce in modo particolare. Ci sono adesso chiari segni di un cambiamento dello spirito della decorazione parietale. Lo zoccolo nero, che prende un motivo di solito usato nella predella, è aperto sopra per mostrare un giardino in prospettiva, la cui recinzione rientra in una nicchia contenente una vasca in marmo; altra prospettiva è aggiunta nelle aperture a destra e a sinistra del padiglione centrale, dove vi sono vedute di colonnati che sembrano curvarsi indietro in un grande semicerchio al di là del muro; e l'intera zona superiore è unita dall'impiego molto consistente dal punto di vista visivo, di architetture che si proiettano in avanti e rientrano, che sono state prodotte sin dal periodo del II stile. Riconoscendo che le strutture restano troppo esili e bizzarre per passare come edifici reali, e l'effetto della rientranza è annullato dall'uso di blocchi di rosso, giallo e nero per lo sfondo; ma il disincantamento crescente dell'artista per gli impedimenti di una semplice superficie è apparente. Nello stesso tempo non è preparato a un ritorno in massa all'illusionismo prospettico del II stile. La tendenza, almeno nella zona mediana, è verso un'alternanza di ampi pannelli che portano quadri o vignette, e strette aperture che contengono un'architettura rudimentale. In questi schemi il ruolo della pittura è decisivo, sin da quando era un desiderio conservare un tipo di schermo o tenda (Vorhang tedesca) sopra o davanti al quale potevano essere appesi riquadri, che limitavano la capacità del decoratore nell'introdurre l'illusione dei piani in rientranza. Un'ultima casa con pitture della fine del III stile è quella del Frutteto o dei Cubicoli Floreali. Come i due cubicoli decorati con pitture di giardino, questa modesta dimora nella zona est di Pompei vantava ance un eccellente triclinio nero contenente paesaggi mitologici. Il fondo nero, qui usato in ogni parte (zoccolo, zona mediana e superiore) è una convenzione che ha origine nel tardo II stile ed è riapparsa a Boscotrecase e in altre decorazioni di III stile, incluso un ambiente egittizzante nella Villa dei Misteri; il presente esempio riproduce in modo letterale lo schema e alcuni dei motivi ornamentali usati in una decorazione augustea nella Casa del Bell'Impluvio. Ma lo svolgimento è meno fine e delicato rispetto alla decorazione precedente: il dettaglio strutturale è più pieno e pesante, le figure ornamentali sono più grandi e catturano di più lo sguardo, e i colori, in cui predominano il rosso e il giallo, sono più forti e caldi. Tipico è l'amorino volante nell'anticamera che ha un senso del movimento più accentuato rispetto ai precedenti. La limitazione del III stile ha ceduto il posto a una nuova esuberanza, destinata a trovare il suo compimento nel IV stile.


Decorazione dei soffitti.


La crescente libertà decorativa discernibile nelle decorazioni di volte e soffitti del tardo II stile fu portata avanti durante il III stile.

Nello stesso tempo la spaccatura tra le convenzioni del rilievo a stucco da un lato e la pittura dall'altro divenne più ampia -anche se i particolari dipinti erano talvolta usati, come nella Casa di Augusto, in aggiunta agli schemi in stucco. Il rilievo in stucco rimase fedele agli schemi dei pannelli rettangolari con cornici a bassorilievo, di solito ornate con modiglioni di ovoli e dardi, e contenenti figure ornamentali. Paragonati agli stucchi della Farnesina, gli sviluppi successivi, come finora la nostra documentazione archeologica ci permette di giudicare, sono nel segno di una maggiore semplicità. Le volte della cosiddetta Basilica Sotterranea a Porta Maggiore (Roma), probabilmente un grande monumento funerario della tarda età tiberiana, mostra la generale tendenza, essendo evitati gli effetti di rientranza e i motivi isolati in spazi vuoti. Gruppi di figure diventano file spaziate; la composizione dello sfondo è ridotta all'essenziale; gli arabeschi sono convertiti in sottili e stilizzati ornamenti di palmette, fiori di loto e volute. I medaglioni o i riquadri a forma di losanga sono inseriti per varietà o per un'enfasi speciale, e i riquadri più ampi e importanti cominciano ad essere posti nel mezzo della volta, con problemi di orientamento e si oppongono all'uso di figure volanti e altri soggetti che non impongono all'osservatore un punto di vista flessibile. Nell'area principale della Basilica, che non aveva una fonte di luce diretta, il rilievo in stucco era interamente in bianco; ma nell'anticamera e nella volta della vicina tomba della famiglia di L. Arruntius, console nel 6 d.C. era accompagnato da pitture. Era presente l'intera gamma di possibilità -rilievi su sfondi colorati, su fondo bianco, ornamenti dipinti su fondi colorati e su fondo bianco; ma il colore era usato come un accessorio discreto, generalmente su pannelli alternati; e spesso solo nelle cornici di questi ultimi. Il risultato, unito a rilievi delicati e ben spaziati, era una caratteristica della limitazione del III stile. I soffitti dipinti nel frattempo andavano per la loro strada. Ora che le limitazioni dell'illusionismo del II stile non erano più applicate, i pittori cominciavano a esplorare un'intera nuova gamma di trattamenti decorativi. Il III stile tuttavia rappresenta un importante momento nella storia della decorazione dei soffitti; da adesso il vecchio principio del trompe l'oeil, molto evidente nella pittura dei cassettoni, è finalmente soppiantato da semplici disposizioni ornamentali nel motivo e nei colori. La nuova libertà è stata annunciata nella volta dell'Aula Isiaca, ma qui la surrealistica vegetazione ha avuto una forma tridimensionale dall'uso di luci e ombre, mentre la sua larga scala e fluidità hanno ridotto lo sfondo fino a farlo diventare insignificante. Nel III stile invece il rispetto per la superficie è supremo; come sulle pareti, tutte la figure e gli altri motivi decorativi sono piccoli e discreti, ed a nessun elemento è permesso di produrre un effetto di profondità sufficiente a perforare la barriera visuale imposta da un continuo sfondo neutrale, generalmente bianco o nero. I differenti tipi di decorazione del soffitto possono essere riassunti in tre linee principali: disposizioni centralizzate di figure e decorazioni, motivi messi dappertutto, e composizioni organiche. Gli schemi centralizzati, i più importanti per lo sviluppo delle pitture su soffitto, consistono di bordi concentrici o di gruppi simmetrici di figure o pannelli, distribuiti sui quattro lati di un riquadro centrale, sia quadrato che a medaglione; a questo stadio, se possiamo credere alla nostra limitata documentazione, lo sfondo è di solito bianco, ma nel periodo di transizione verso il IV stile cominciano ad essere usati altri colori. Già nella camera funeraria della piramide di Cestio sembra che ci sia stata una semplice versione di questo tipo. Tutto ciò che rimane sono figure di Vittorie poste sulle diagonali della volta, e tracce di cornici rettangolari, sopra le loro teste; in un vecchio rapporto è detto che al centro vi fosse la rappresentazione dello stesso Cestio, ma questa informazione non può essere confermata. Da quello che resta è chiaro che il bianco dello sfondo dominava il tutto. Similmente per gli altri esempi di decorazioni centralizzate, tutti provenienti da Pompei ed Ercolano. A Pompei la volta segmentata del cubicolo II nella Casa di Giulio Polibio, presenta una disposizione molto semplice di lunghi pannelli rettangolari e piccoli riquadri intorno agli spigoli di una superficie che per il resto non è decorata salvo che nel riquadro centrale e per gli ornamenti lungo gli assi. Le cornici consistono di strisce viola, con linee interne per i pannelli agli spigoli. L'effetto è di una stupefacente luce rispetto ai soffitti in II stile, e le figure e gli ornamenti (paia di uccelli con piante nei rettangoli, motivi floreali nei piccoli riquadri, un cigno volante nel riquadro centrale) sono dipinti con delicatezza di sfumature. Uno dei motivi preferiti del III stile è il cesto contenente un alto e frondoso cono che appare sui brevi assi della volta. Un soffitto simile, ma che richiama nel suo uso del colore le volte in stucco dipinto sopra citate, adorna un cubicolo nella Casa del Tramezzo di Legno ad Ercolano. Come un certo numero di soffitti in questa città, questo ha un trattamento distinto dell'alcova, che è coperta da una volta segmentata tra margini uniformi a ogni lato, mentre l'anticamera ha un soffitto uniforme a un livello più alto. Ogni superficie è trattata in maniera indipendente, ma il formato generale è simile, con un medaglione in posizione centrale ed altri più piccoli insieme ad esagoni che lo circondano. Il bianco dello sfondo è dominante, ma le piccole forme sono piene di colore (verde chiaro, viola, blu chiaro) per creare accenti discreti nel disegno. Gli intervalli sono riempiti da piccoli animali, piume di pavone e delicati viticci intrecciati, alcuni dei cerchi sono riempiti anche dal colore. Il secondo tipo di decorazione dei soffitti, con motivi sparsi ovunque, può essere in qualche modo legata alla tradizione dei cassettoni del II stile; infatti in alcuni esempi le linee del disegno sono colorate in modo diverso come per suggerire ombre e luci. Ma i motivi usati sono in gran parte troppo serrati e complessi per essere una trasposizione letterale dello schema a cassettoni e l'uso irreale del colore - in generale giallo, viola e bianco su fondo nero - è certamente un'invenzione del pittore. Ogni ombra tuttavia sarebbe una convenzione pittorica per dare vivacità a un disegno puramente astratto. Tra i motivi che sopravvivono c'è il reticolato di losanghe, quadrati e triangoli; lo stesso, ma con i medaglioni che sostituiscono i quadrati; un sistema con ottagoni contigui su tutta la superficie; e un reticolato con ottagoni sovrapposti. I riquadri, comunque piccoli, contengono rosette o palline bianche. L'ultimo grande genere di decorazione dei soffitti, la composizione organica, è basato su forme vegetali e floreali disposte non in un disegno regolare ma nel disordine naturale. Un precedente è noto nel rilievo a stucco di tardo II stile: due soffitti del complesso termale della Casa del Menandro a Pompei, che sono decorati con rilievi di tralci di vite sparsi. Ma il primo soffitto di questo tipo appartiene alla tomba di Pomponio Ila sulla via Latina, proprio dentro le tarde mura di Roma. La decorazione della volta principale consiste di tralci di vite sparsi popolati da amorini e volatili; mentre altre volute simili, in questo caso contenenti una coppia di Vittorie e una figura femminile senza ali, occupano la semicupola di un'abside. Lo stile delicato delle pitture e la spaziosità dello schema, che non permette violazioni dello sfondo bianco neutrale, sono caratteristiche del III stile, e cui la tomba deve essere attribuito, anche in base a un'epigrafe (il primo epitaffio è datato tra il 19 e il 37 d.C.). Molto più folti e lussureggianti sono i rampicanti sulla volta di uno dei cubicoli con pitture di giardino nella Casa del Frutteto a Pompei, ma ancora una volta si rispetta l'inviolabilità della superficie, qui acquisita grazie all'uso di un impenetrabile sfondo nero. I rampicanti ospitano uccelli, amorini e accessori dionisiaci, quali maschere teatrali, strumenti musicali, vasi, corni per bere, ceste mistiche; nella posizione centrale c'è un riquadro con Dioniso seduto su una pantera. L'effetto generale di questo soffitto richiama i recessi o grotte bacchiche note nella letteratura antica. Un'altra decorazione dei soffitti che può essere menzionata unisce le caratteristiche sia del tipo centralizzato che di quello organico. E' in un cubicolo della Casa dei Pannelli Teatrali (o di Casca Longus) a Pompei; come altri tardi soffitti pompeiani unisce un bordo uniforme e una parte centrale a nicchia, qui coperta da una volta poco profonda. Nella parte centrale è dipinto un folto intreccio di foglie e fiori sparsi, nel cui mezzo si possono distinguere le impronte dei rilievi in stucco che rappresentavano Venere e una copia di amorini (il primo esempio a noi noto dell'uso dello stucco all'interno di una composizione pittorica); la qualità ornamentale di questo "tappeto floreale" è data dalla mancanza di rami di connessione o di steli e dal convenzionale fondo viola. Il bordo uniforme è diviso in due forme geometriche, con losanghe ai lati e quadrati agli angoli, resi con uno schema in cui dominano i toni del rosso, viola e giallo, col bianco negli intervalli. I riquadri colorati sono adornati da motivi floreali. La finezza dei particolari decorativi è tipica del III stile, ma la ricchezza della tavolozza e in particolare la combinazione di rosso viola e giallo ci portano dritto verso il IV stile.


Contesto.


Mentre le decorazioni dei soffitti diventavano sempre più diverse e innovative, i pavimenti restavano conservatori, con i motivi geometrici, i preferiti, eseguiti sia in mosaico bianconero o con file di tessere inserite nel cocciopesto. L'emblema pittorico è finalmente scomparso, reso ridondante dal trionfo della pittura dipinta delle decorazioni parietali. La decorazione pavimentale del periodo era inequivocabilmente bidimensionale e predominantemente monocroma. Non di meno l'influsso degli alabastri e dei marmi variopinti in Italia, una caratteristica della prima età imperiale, aveva un certo effetto sul pavimento. L'opus sectile sembra sia divenuto più comune rispetto all'epoca precedente, ed è probabile che venne impiegata un'ampia gamma di materiali. Sfortunatamente il valore di questi materiali indusse a riutilizzarli in antico e così spesso sono giunte fino a noi solo le impronte delle lastre nel cocciopesto sottostante; ma chele più costose pietre colorate cominciassero ad avere un ruolo nei pavimenti di III stile è confermato dalla comparsa a Pompei di piccoli pannelli ritagliati e posti in altri tipi di pavimenti. Alcuni emblemata di marmi colorati, trovati innanzitutto negli oeci e nei triclini, possono essere datati a questo periodo, e scaglie sparse sono incorporate in pavimenti di cocciopesto, specialmente nei riquadri con disegni geometrici formati da tessere inserite. Uno o due pavimenti completi in marmi colorati, ad esempio in VII 12,26 a Pompei e nel complesso termale della villa "Pisanella" a Boscoreale, possono essere riferiti al III stile, sebbene la maggioranza appartenga al IV stile. Un certo grado di policromia era comunque ammesso nelle decorazioni pavimentali, almeno nei grandi ambienti (ed essenzialmente nella fase tarda dello stile), ma la regola generale era la semplicità sia nel disegno che nel colore. Similmente con la maggior parte delle decorazioni dei soffitti. Qui l'accento dominante sia se la tecnica era la pittura o il rilievo in stucco, era di solito fornito dal bianco dell'intonaco, che riprendeva il bianco della zona superiore della decorazione parietale. Dove prevaleva un altro colore, come nei soffitti a sfondo nero di cui abbiamo già parlato, questo avveniva perché era lo stesso colore che stava alla base delle pitture parietali; ad esempio il soffitto nero con tralci di vite nella Casa del Frutteto rimanda allo sfondo nero dietro agli alberi da frutto dipinti sulle pareti, e una volta nera con un reticolato di ottagoni sovrapposti nella villa a Minori (Sorrento) fa parte di una generale decorazione in nero. Sembra quindi che ci ciano stati dei tentativi nel rendere il biancore dei soffitti in contrapposizione con la policromia delle pareti o di ripetere in essi lo schema dei colori utilizzato per la decorazione parietale. L'armonia dei toni poteva essere anche accompagnata da collegamenti in tema, come è dimostrato molo vigorosamente dai tralci di vite e dagli alberi da frutto nel cubicolo pompeiano. E' possibile che alcuni dei motivi ripetuti nelle pitture dei soffitti fossero ispirati dai simili reticolati dei pavimenti decorati, sebbene le versioni in mosaico o con altre tecniche di pavimentazione erano più semplici e con un effetto di colore totalmente diverso. Certamente ispirati da un mosaico sono i meandri dipinti dappertutto in rosso su un fondo giallo nella Casa VIII 2, 30 a Pompei, e un paio di esempi di un motivo a stella formato da losanghe, alternato a quadrati, entrambi su fondo nero, nella Casa di Giulio Polibio e in quella dello Stipettaio. Il meandro da ogni parte aveva già, nelle sue varie forme, una lunga storia nella decorazione pavimentale, sin dal I stile; e il motivo della stella a otto punte chiusa tra quadrati fu trovato per al prima volta nei pavimenti del periodo augusteo, destinato a diventare molto popolare in ogni mosaico. La presenza isolata di questi motivi in pochi soffitti del III stile suggerisce che la decorazione pavimentale, che durante il precedente periodo aveva apparentemente preso spunto dai soffitti, stava ora esercitando un'influenza nella direzione opposta. Rispetto alle differenze generali del disegno c'è molta affinità tra il rilievo in stucco in questo periodo - in particolare nella divisione delle figure e degli ornamenti. Colpisce molto il modo in cui queste due tecniche decorative collaborano nei loro ruoli funzionali. Non solo il rilievo in stucco appare in congiunzione con lo sfondo dipinto e con gli ornamenti pittorici del soffitto, ma cominciano a muoversi verso la parete. Nella Basilica Sotterranea a Porta Maggiore le decorazioni parietali dell'anticamera sono in parte dipinte, in parte a rilievo, mentre quelle dell'ambiente principale sono completamente decorate in rilievo di stucco bianco, con motivi che includono paesaggi in vignette, busti-ritratto e tavolette con xenia. L'uso del rilievo in stucco su pareti, qui pienamente bilanciato dagli ampi spazi vuoti, dà un senso di movimento che, quando è unito al colore, può facilmente conferire alla composizione una ricchezza eccessiva. Come tale fu destinato a incontrare un favore particolare nel periodo seguente. Sembra che sia stata una conseguenza della vittoria degli ornamenti sull'illusionismo nelle decorazioni parietali di III stile, il fatto che i pittori cominciavano a dare un riguardo minore al contesto architettonico rispetto al periodo precedente. Ammettendo che ci furono casi occasionali dove le pitture furono create in modo appropriato alla loro collocazione, come per le nicchie del cd. Auditorium di Mecenate a Roma, che erano dipinte come delle finestre aperte su un giardino. Ammettendo anche che era ancora normale, come lo fu nel II stile, riservare schemi paratattici, almeno con una ridotta enfasi simmetrica, per gli ambienti di "passaggio" (fauces, alae, peristili, corridoi)mentre i sistemi simmetrici erano confinati negli ambienti chiusi. La tarda linea di condotta politica fu in parte una questione di convenienza decorativa e in parte una questione di senso comune; era molto più semplice espandere uno schema per coprire una grande superficie attraverso la ripetizione o l'alternanza dei motivi rispetto alla composizione di un sistema elaborato con elementi di bilanciamento rispetto a un focus centrale; viceversa era logico usare decorazioni simmetriche in ambienti in cui le persone si sarebbero fermate e avrebbero apprezzato l'intera parete con uno sguardo circolare, piuttosto che inserirli in ambienti in generale visti di sfuggita (o che erano interrotti da numerose aperture). Adesso certamente non c'era alcun motivo per collocare elementi architettonici fittizi in corrispondenza delle reali colonne del peristilio o delle costolature del soffitto e della volta come nel caso delle erme e delle colonne dipinte del II stile: il III stile era dispensato dall'architettura realistica e sebbene i suoi schemi paratattici erano articolati con regolari accenti verticali in forma di pannelli contenenti candelabri o decorazioni policrome, che in un erto senso avevano un ruolo simile a quello delle precedenti colonne o pilastri, questi rimangono puramente convenzionali e, quando appaiono in un peristilio (come nella Casa del Citarista a Pompei)sono disposti senza alcuna relazione con le colonne reali. Per altri aspetti le decorazioni parietali diventano sempre più indipendenti dal loro contesto. Ad esempio nel II stile il nero era preferito per i triclini posti a S o a SO, e non era ritenuto opportuno in altri ambienti. A Pompei ci sono esempi di pitture in III stile in cui il nero è usato per uno speciale effetto decorativo ricercato per ogni tipo di ambiente, incluso il peristilio nella Casa dei Bronzi, il tablino di I 2, 24, l'atrio della Casa di M. Lucrezio Fronto e un triclinio nella Casa del Centauro. Questo è solo uno degli aspetti del modo decorativo più immaginoso e semplice del nuovo stile: gli schemi dei colori passano da ambiente ad ambiente molto più liberamente che nello stile precedente, semplicemente per amore della varietà. Testimoni sono le stanze rossa e nera a Boscotrecase: sebbene situate fianco a fianco, virtualmente identiche nella forma e nella proporzioni, e aperte con identiche aperture sul medesimo portico a S, hanno schemi i cui colori sono più o meno diametralmente opposti. Cosa dire della relazione tra le pitture e la funzione dello spazio nei cubicoli, triclini e oeci? Nei cubicoli la demarcazione dell'alcova attraverso l'architettura e la decorazione continuò anche nel III stile, ma diventando meno universale e applicata meno sistematicamente. Possibilmente i proprietari desideravano di "mantenere le loro scelte aperte", con un riguardo per la posizione del letto o per l'uso della stanza non come un cubicolo. Degli ambienti che conservavano ancora un'alcova specifica quello che colpisce maggiormente è l'ambiente II nella Casa di Giulio Polibio, dove la posizione del letto sul fondo della stanza è chiaramente segnata da recessi poco profondi su ognuna delle pareti laterali; la sezione corrispondente del pavimento a mosaico è lasciata uniforme, in contrasto con quello dell'anticamera, che ha un motivo geometrico; e le pareti alla testa e ai piedi del letto sono illusionisticamente aperte su un giardino, in contrasto col giallo delle pareti dell'anticamera. Rispetto a queste distinzioni l'intera stanza inclusa l'alcova è coperta da una sola volta continua. Nel cubicolo bianco della Villa Imperiale non c'è una distinzione in base al colore tra l'alcova e il resto della stanza, ma l'alcova ha il soffitto più basso cosicché il fregio e la zona superiore della decorazione parietale sono posti più in basso rispetto all'anticamera; e nella sua zona mediana mancano emblemi essendo le figure concentrate nei pannelli del fregio, non c'è dubbio nel fare assegnamento della presenza del letto. Nel cubicolo con alcova e dalla volta segmentata nella Casa del Tramezzo di Legno a Ercolano, la distinzione tra lo spazio per il letto e l'anticamera espressa nel trattamento del soffitto è ripetuta nel cambiamento della sintassi della decorazione parietale; il pavimento d'altra parte presenta un solo reticolato di motivi sull'intera stanza. Al contrario in un cubicolo di I 11, 12 lo spazio del letto con la volta è segnato da sottili pilastri sulle pareti e da una zona uniforme nel pavimento decorato; ma la sintassi della decorazione parietale non cambia, con plinto, zona mediana e fregio, tutti alla stessa altezza; solo alcune piccole distinzioni di colore e la presenza di un paesaggio dipinto nel fregio dell'anticamera rafforza le differenze funzionali. Nella Casa del Frutteto la posizione del letto nei due cubicoli con pitture di giardino è indicata solo dalle zone del pavimento senza decorazioni; i soffitti sono continui e le decorazioni parietali hanno schemi tripartiti simmetricamente, che non fanno riferimento alla distinzione gerarchica degli spazi all'interno. Similmente il cubicolo policromo (g) nella Casa di M. Lucrezio Fronto: lo schema dipinto è centralizzato in relazione all'intera parete, non all'area di circolazione davanti al letto. Naturalmente più piccolo è il cubicolo meno attenzione c'è per differenziare l'alcova; parecchi cubicoli sono meno di tre mq e ciò significa che l'anticamera è appena più profonda dell'alcova, era naturale perciò decorare tutte le pareti in modo simile piuttosto che dare un'enfasi particolare solo a una parte della stanza. Una simile perdita della relazione tra l'organizzazione funzionale e gli schemi decorativi avviene negli oeci e nei triclini; in alcune pitture (come anche nei pavimenti) troviamo ancora un'anticamera trattata in modo distinto dal resto dell'ambiente, come nella Caserma dei Gladiatori dove la distinzione è enfatizzata da un brusco cambiamento del colore, dal nero al bianco. Ma non c'è una chiara evidenza che le due zone di tali ambienti siano spesso differenziate in termini di struttura, ciò per la loro altezza relativa o per i cambiamenti nella forma del soffitto; e un fattore importante nella natura bipartita della decorazione parietale era in alcuni casi la posizione e la grandezza dell'entrata che occupava un lato dell'anticamera e perciò essa stessa dava una cesura al punto appropriato. In alcuni triclini più tardi, come quelli della Casa del Sacerdote Amandus e Dello Stipettaio a Pompei e della villa "Pisanella" a Boscoreale, l'intera altezza delle pareti è occupata da uno schema centralizzato, di solito diviso in 5 parti - questo rispetto alla decorazione asimmetrica del pavimento, che chiaramente segna la posizione dell'area del convito nella zona di fondo della stanza. Come per i cubicoli questa mancanza di legami tra la pittura parietale e al collocazione dello spazio funzionale diverrà un fatto normale durante il IV stile.


Il Quarto Stile.


Il IV stile essendo l'ultima delle mode decorative a giungere a Pompei ed Ercolano è il meglio rappresentato dalle testimonianze archeologiche; molte decorazioni negli stili più vecchi furono sostituite prima del 79 d.C. sia perché logorate dal tempo o in conseguenza di qualche alterazione strutturale; e sebbene non siano sconosciute imitazioni di I, II e III stile la maggior parte dei proprietari preferì seguire l'ultima tendenza. Forse è a causa dell'abbondanza di materiale sopravvissuto che siamo capaci di apprezzare la diversità degli schemi decorativi di questo periodo meglio di ogni altro; ma c'è un buon motivo per credere che il IV stile fosse meno omogeneo dei suoi predecessori. Se il II stile è dominato dal principio dell'illusionismo architettonico e il III stile invece dal miniaturismo e dall'impenetrabilità della superficie, il IV stile è eclettico, prende elementi da quello che c'è stato prima mettendoli insieme in modi nuovi e spesso inaspettati; allo stesso tempo, precedenti idee intentate, come l'estensione dei reticolati geometrici dal soffitto verso le pareti per creare il motivo a "carta da parati", giocano un ruolo. Nelle forme più elaborate il IV stile riprende il tema della parete sfondata del II stile, mentre conserva l'esile e fantasiosa architettura del III. Un piccolo numero di decorazioni, probabilmente non tra le prime, presentano l'intera parete dissolta ancora una volta per creare una disposizione architettonica monumentale in cui le figure sono poste liberamente, come in una reale ambientazione. Molto più comune è il sistema in cui l'architettura è intravista attraverso strette aperture ("Durchblicke") alternate ad ampi pannelli simili a tappeti ("Vorhange") contenenti quadri pittorici o figure volanti; qui la zona superiore riacquista il tema architettonico, sebbene non necessariamente in relazione strutturale con la zona mediana e senza una grande pretesa di coerenza prospettica; lo zoccolo d'altra parte resta uniforme e puramente decorativo. Questo secondo tipo di decorazione si sviluppa all'infuori del III stile, in cui era stato presagito da pitture come quelle del tablino della Casa di M. Lucrezio Fronto. Ma qui ci sono un numero di cambiamenti più o meno importanti. Nella sintassi degli schemi simmetrici (che continuano ad essere usati per gli ambienti chiusi) mostrano una meno enfatica centralizzazione rispetto a prima: la pittura centrale è di solito più piccola che nel III e spesso appena dominante rispetto ai motivi dei pannelli laterali. Gli effetti di colore raggiunti sono più caldi e con un maggiore impiego del giallo e del bianco accanto al rosso e al nero preferiti nel II stile; la brillante decorazione policroma del III, con la sua giustapposizione di blu, rossi, verdi e viola è sostituita da una tavolozza più limitata; le forme architettoniche in particolare, in precedenza bianche con motivi colorati, tende a divenire di un giallo dorato uniforme. Cambia anche la natura degli ornamenti. Motivi vegetali o semivegetali, incluse le ghirlande e le sempre popolari grottesche, diventano più lussureggianti e fluide; le figure decorative, di cui c'è ora una grande abbondanza, posate sulle trabeazioni o fluttuanti nei pannelli, diventano più grandi e animate, con i volumi indicati da veloci tratti di luci e ombre. I più caratteristici di tutti sono i "bordi di tappeto", bordi con motivi ripetitivi che appaiono come se fossero stampati sulla parete. Di solito sono disegnati con l'uso di un solo colore e servono sia come cornici in ogni zona della parete, sia come elementi che collegano i pannelli e le edicole allo zoccolo e alla zona superiore. Il loro ruolo più importante comunque è quello di bordi per la Vorhange della zona mediana, dove sostituiscono le cornici lineari o vegetali usate nel III stile. In generale il nuovo stile è meno disciplinato e più capriccioso rispetto a quello precedente, è stato definito come una reazione barocca al manierismo del III stile; gli esempi migliori sono delicati a abbaglianti, i peggiori opprimenti e sfarzosi. Accanto a pitture di eccellente qualità ce ne sono anche altre di qualità scadente con scarsa attenzione per la decorazione. Il desiderio per gli effetti impressionanti e audaci, forse unito alle pressioni di una crescente richiesta, condussero a un declino dell'alto standard mantenuto nel periodo precedente. Per la datazione del IV stile abbiamo un certo numero di punti di riferimento chiaramente definiti. A Roma ci sono le decorazioni dei palazzi di Nerone. La Domus Transitoria (così chiamata perché univa il Palatino all'Esquilino) fu distrutta da un grande incendio tra il 50 e il 60 d.C. quando si rivelò la megalomania dell'imperatore. La Domus Aurea fu iniziata dopo l'incendio e sembra che Nerone vi abbia vissuto, anche se era incompleta, fino alla sua morte nel 68 d.C. Sebbene sia stata utilizzata fino al 104 d.C. e alcuni ambienti mostrino una seconda fase di decorazione, la maggior parte dell'opera è omogenea, cosicché bisogna considerarla neroniana. A Pompei, Ercolano e Stabia l'eruzione del 79 fornisce un terminus ante quem mentre il terremoto del 62 aggiunge un'altra cesura: le decorazioni che presentano i segni dei danni provocati dal sisma e le successive restaurazioni o abbandoni sono databili a prima del 5 febbraio del 62, e viceversa ogni decorazione applicata sopra questa sorta di riparazioni di fortuna possono essere identificate come risultanti dai danni di un terremoto e sono presumibilmente più tarde. Ancora una maggiore precisione è possibile se le pitture possono essere viste in progressione al tempo sia dell'eruzione (come in I 3, 25) o del terremoto (Casa del Sacello Iliaco e I 11, 17). Il IV stile non terminò nel 79 ma continuò almeno fino agli ultimi anni del secolo, come dimostrano i resti delle decorazioni parietali fuori dalla Campania, ad esempio sul Palatino a Roma e nella villa di Domiziano presso Castelgandolfo, costruita tra l'81 e il 90 d.C. A causa della natura eterogenea dello stile e della brevità della sua vita nelle città distrutte, è difficile stabilire la sua evoluzione. Non di meno il peso notevole delle testimonianze in favore di un inizio tra gli anni '40 e '50 del I d.C. ha aiutato a chiarire la situazione ed è ora possibile cercare di distinguere le prime fasi dello stile dal suo periodo maturo.


Decorazioni di transizione e delle prime fasi.


Le opere di transizione, grosso modo databili ai primi degli anni '40, uniscono alle decorazioni del III stile nuovi motivi e una nuova irrequietezza. Alcune decorazioni ad esempio quelle del triclinio di I 8, 8-9 a Pompei e di una bottega presso la Casa del Colonnato Tuscanico a Ercolano, mostrano lo sviluppo della Durchblick e degli effetti nella zona superiore simili a finestre; l'uso di un fondo bianco con all'interno i colonnati in prospettiva al posto dello sfondo nero nella Casa di M. Lucretius Fronto, aumenta la sensibilità per i recessi spaziali. Altre decorazioni introducono schemi più complicati; in un triclinio della Casa dello Specchio a Pompei la zona mediana e quella superiore sono divise in aree di rosso, giallo e nero in eguale misura, e alcuni pannelli della zona mediana hanno per metà un colore e per metà un altro, la linea di divisione è semplicemente segnata da un sottile candelabro. Le linee curve e diagonali diventano più frequenti, specialmente in corrispondenza dello zoccolo e della zona superiore, e sono spesso create con motivi floreali, quali ghirlande o tirsi oppure con bacchette avvolte da viticci. Soprattutto le cornici e i bordi iniziano a cambiare. Mentre le caratteristiche colonne del III, sottili e bianche con decorazioni policrome, sono mantenute, i loro particolari diventano meno curati e con una frequente mancanza di trabeazione, cosicché servono appena a separare un pannello dall'altro. Le divisioni orizzontali tra lo zoccolo e la zona mediana e sopra e sotto il fregio, sono effettuate da strette fasce bianche o color crema decorate con fiori di loto stilizzati e altri motivi floreali in rosso, viola e verde. Una maggiore elaborazione è riservata per i bordi dei pannelli mediani, che sono resi sia nella forma di viticci vegetali, talvolta curvati all'interno in modo da creare delle forme dai lati concavi, o da volute e palmette di un brillante giallo dorato dipinto con precisione metallica, evidentemente per imitare il bronzo dorato. Eccellenti esempi di questi ultimi ricorrono nell'atrio della Villa "Varano" a Stabia dove sono messi insieme piccole cornucopie, coppe di vino, coppie di cigni bianchi e parzialmente riempiti di colore (rosso, verde e nero); stanno a metà strada tra l'esuberante decorazione policroma con piante e animali della Casa di Cecilio Giocondo e le monocrome grottesche e i bordi di tappeto del periodo successivo. Più sobri sono i bordi del triclinio della Casa dello Specchio, con piccoli fiori stilizzati e palmette che spuntano da una linea dritta, un altro tema destinato ad essere ripreso e alterato nelle pitture seguenti. Un esempio particolarmente eccellente della fase di transizione è l'oecus verde nella Casa del Menandro. A parte lo zoccolo viola e un fregio su fondo rosso che porta delle imitazioni di rilievi in stucco, questa stanza è decorata quasi interamente in verde, uno dei pochi esempi dell'uso di tale colore pervenutoci; solo le fasce verticali che dividono i pannelli della zona mediana sono nere, con ornamenti miniaturistici alla maniera del III stile, inclusi (sulla parete di fondo) amorini tra spirali di tralci di vite e (sulle pareti laterali) busti visti di profilo all'interno di cornici ovali, sfingi frontali e uccelli e animali appesi ai viticci. Al centro dei pannelli mediani vi sono pinakes quadrangolari in quelle centrali e rettangolari in quelle laterali. Sebbene manchi la Durchblicke e la zona superiore sia in gran parte priva di effetti di prospettiva, ci sono chiari segni dell'avvento del IV stile; l'uso di ghirlande arcuate sullo zoccolo; lo stile abbozzato, impressionistico dei paesaggi e delle scene di genere nelle pinakes, le figure piuttosto grandi e il piccolo formato dei pannelli centrali, la scala relativamente grande e le forme animate delle figure isolate nella zona superiore, il vigoroso movimento e lo scorcio del fregio a imitazione dei rilievi in stucco, che rappresenta il ratto delle donne lapite da parte dei centauri alle nozze di Piritoo. I bordi della zona mediana e di quella superiore prefigurano i motivi della fase successiva, ma sono più sottili e particolareggiati e sono eseguiti con una finezza metallica caratteristica dell'età claudia e dei primi anni del regno di Nerone. Alla fine della fase di transizione possiamo attribuire le pitture del peristilio superiore della Villa San Marco a Stabia, da datare in base a un bollo laterizio probabilmente non più tardi del 54 d.C. Queste pitture hanno un sistema di Vorhang e di Durchblick. La Durchblick presenta dei padiglioni a due piani in prospettiva, chiusi al centro da un basso parapetto e ornati in alto da una ghirlanda sospesa - entrambi motivi preferiti nelle pitture di IV stile. Le forme architettoniche mancano della complessità e della fantasia barocca degli esempi più tardi e gran parte degli ornamenti sussidiari richiama la tradizione della fase precedente. Durante tutto il periodo neroniano il IV stile resta dipinto con cura, essendo la delicatezza e la leggerezza i suoi principi guida. I bordi sono semplificati in catene di grottesche o motivi ricamati, ma sono ancora dipinti con cura e precisione; buoni esempi possono essere visti nella zona superiore della decorazione della Casa di Nettuno a Pompei, dove le grottesche prendono la forma di uccelli che si fronteggiano e di anfore dipinte con lumeggiature che ricordano la superficie del bronzo dorato, mentre i bordi di tappeto consistono di una serie di quadrati con rosette inserite e di triangoli con palmette all'interno. La zona superiore in generale diventa più luminosa e trasparente, con unioni di strutture architettoniche e cornici bidimensionali animate da motivi di ghirlande appese, capre impennate, cigni volanti, scudi sospesi e corni per bere, grifi posti agli angoli e così via. IL risultato è una vivacità ambivalente, in cui lo spazio è suggerito ma la parete non è realmente aperta. Quest'effetto è spesso rotto dalla Durchblicke in modo tale da suggerire che la Vorhange si realizza in vere tende sospese su cornici davanti a un altro mondo di fantasia architettonica. Questo è chiaramente illustrato dalle alae della famosa Casa dei Vettii: in questo caso la decorazione è datata sicuramente prima del terremoto del 62 poiché vi sono delle alterazioni strutturali e restauri delle pitture precedenti a quelli degli altri ambienti. Si tratta di una serie di grandi tappeti con lacci simili a bordi e orli rossi, che appaiono collocati davanti a un basso parapetto, con vedute tra e sopra di questi. Inoltre i tappeti, in alternanza, si curvano in alto e in basso come se fossero gonfiati da un vento misterioso. Al centro del tappeto sono collocate pinakes rettangolari contenenti gruppi di galli combattenti e premi su fondo viola, e medaglioni con gorgoneia e altre maschere. Lo stesso principio generale della decorazione è ripetuto nel triclinio della Casa del Principe di Napoli a Pompei, ma una qualità totalemnte diversa è conferita dall'uso di cornici più grosse e da colori più vivaci su uno sfondo bianco uniforme; non c'è quasi prospettiva ed il risultato è molto più di una decorazione ornamentale a intaglio. Sono inserite nei pannelli centrali delle scene mitologiche, una delle quali rimanda al tema di un dipinto nell'oecus verde della Casa del Menandro, Perseo seduto con Andromeda e con la Gorgone appesa in alto. Nei pannelli laterali ci sono amorini volanti con vari attributi, un motivo già popolare nel III stile in questa posizione e ancora tale nel IV; lo zoccolo è viola con cornici rettangolari contenenti piante sotto la Durchblicke e composizioni di ghirlande e bordi di tappeto tra queste. Le pitture dei palazzi di Nerone a Roma, naturalmente di una qualità più alta rispetto a quelle pompeiane, riecheggiano molte delle stesse formule di composizione e utilizzano un simile repertorio decorativo. Le differenze principali sono l'uso esuberante e dilagante delle grottesche e degli arabeschi e l'impiego di altri materiali all'interno delle pitture, come i vetri colorati, cammei in stucco e modiglioni in stucco dorato. Gran parte della nostra documentazione archeologica è relativa alle volte, ma per quanto riguarda almeno la Domus Aurea, possiamo fare alcune ipotesi circa le originarie decorazioni parietali grazie a vecchie incisioni e ai resti pervenuti fino a noi. Queste pitture includono virtualmente tutto il repertorio degli schemi decorativi utilizzati nel IV stile e possono essere considerate come punto di partenza della fase matura dello stile.


Periodo maturo.


Una caratteristica di questa fase (la maggior parte delle decorazioni sono datate dopo il 62) sono le decorazioni "scenografiche" di IV stile; in questo tipo di decorazioni la parete è sfondata illusionisticamente attraverso architetture prospettiche dove le figure sono inserite in una reale ambientazione. Esempi di questo tipo sono nella Domus Aurea, sia su fondo bianco che colorato. Nel corridoio 55, al si sopra di un rivestimento marmoreo alto 4 m, l'architettura fittizia prende la dorma di aperture continue su due piani, separate da pilastri; le serie più basse contengono porte con figure stanti all'interno, mentre altre figure appaiono sulle terrazze superiori. In questo caso, come avviene spesso durante questo periodo, le divisioni strutturali sono enfatizzate dall'uso dello stucco; davanti ai pilastri ci sono delicate colonne eseguite a rilievo. In un corridoio nelle vicinanze (50) c'era un'altra struttura a due piani, di nuovo sopra a un rivestimento marmoreo e decorata da stucchi in rilievo, ma questa volta più riccamente ornata e con una complicata disposizione di padiglioni proiettati o meno in avanti, con figure stanti tra le porte e sparse qua e là all'interno di alte finestre simili ad aperture che rivelano successive architetture alle spalle. A Pompei l'esempio più famoso di questo genere di decorazione è in un cubicolo della Casa di Pinario Ceriale, dove grandi strutture colonnate di un grigio - verde e giallo dorato, su uno sfondo rosso, formano l'ambientazione di alcuni episodi tratti dal mito greco: Oreste e Pilade in Tauride, l'amore di Attis per la ninfa Sagaritide, e un'altra scena troppo danneggiata per essere identificata. Nella Casa di Apollo una decorazione piuttosto simile di un cubicolo presenta la storia di Marsia e della disputa tra Venere ed Espero, la stella della sera. La presenza delle figure differenzia queste composizioni architettoniche di IV da quelle del II stile, che di solito lasciavano le architetture disabitate, fuorché per gli uccelli; e la posizione delle figure, spesso stanti sulle porte come attori su un palcoscenico, o che guardano dalle balaustre come spettatori, ha indotto gli studiosi a teorizzare che queste pitture fossero ispirate dai palcoscenici teatrali. Ma qualsiasi legame col teatro è inesatto. Le forme architettoniche derivano dalle tradizioni pittoriche del II e III stile, non dalle colonne di una scenae frons di un teatro romano; sono troppo alte e fragili per essere reali. Le loro cornici e timpani inoltre sono decorate con forme animali e vegetali ugualmente irreali. Nella Domus Aurea le figure inserite nei padiglioni o nelle porte sono utilizzate come un motivo ripetitivo per coprire le lunghe pareti ed è più probabile che siano state inserite per animare l'architettura piuttosto che tutto la decorazione si riferisca a un coerente schema teatrale. L'isolamento di tali figure infatti va contro una loro funzione drammatica. Anche quando sono unite da una storia comune, come nelle pitture della Casa di Apollo con Marsia e Venere contro Espero, i protagonisti individuali sono normalmente diradati, uno per ogni padiglione o apertura, con le figure divise in tre gruppi, uno in una porta centrale, e gli altri su sfondi simili a palcoscenici teatrali ai lati. Ma anche qui almeno nella scena di Oreste, le componenti sono state riprese da una ben nota pittura - come infatti sono le singole figure usate in altri schemi, come quelli della Casa di Apollo. In altre parole la genesi di queste decorazioni è pittorica, non teatrale; come nel II stile ogni riflesso del teatro è infatti secondario, un sottoprodotto della combinazione di elementi diversi presi dal repertorio della pittura parietale; vengono prima le strutture architettoniche, le figure sono aggiunte per variare lo schema e gli effetti teatrali sono una conseguenza fortuita. Accanto a tali decorazioni "sceniche" il sistema dei pannelli simili a tappeti e con brevi intervalli, con o senza architettura in prospettiva, resta il più popolare nella pittura parietale. Gli esempi della Domus Aurea sono semplici schemi a fondo bianco negli ambienti minori, come quello "degli Uccelli". Molto più elaborate sono le decorazioni degli ambienti principali nella Casa dei Vettii. Lo splendido oecus a N del peristilio è decorato da grandi pannelli scarlatti che portano pinakes (ora perdute) e coppie di amorini fluttuanti, con gli intervalli neri decorati da candelabri; verso il centro corre una predella nera contenente la famosa scena degli amorini impegnati in varie attività e lavori, mentre le piccole pitture mitologiche e i gruppi con le anime che raccolgono fiori occupano la zona al di sotto dei candelabri. Lo zoccolo è di nuovo nero con una decorazione che include figure e motivi convenzionali; la zona superiore, come molte altre in questo periodo, incluse le stanze rimanenti della Casa dei Vettii, adotta la formula "scenica" delle figure distribuite tra le strutture architettoniche dipinte su fondo bianco. L'intero schema è decorato da squisiti dettagli ornamentali; il lavoro a rilievo sulla base del candelabro dorate e sui viticci sono particolarmente eccellenti. La delicatezza delle pitture si unisce ai migliori dipinti di III stile, ma li supera anche; la fluidità e la plasticità degli elementi decorativi, il loro predominante colore giallo, al posto della precedente policromia, e la vigorosa qualità delle figure ben tornite sono di gran lunga lontane dalle composizioni di III stile. La decorazione dell'atrio presenta un utilizzo simile del nero e del vermiglio e una simile ricchezza ornamentale. E' da notare che qui, come in generale nel IV stile, le vignette che appaiono nella predella e in altre posizioni hanno perduto la precisione e gli ampi spazi del periodo precedente; oggetti e figure sono raggruppati irregolarmente e in modo più compatto, con un certo grado di sovrapposizione; gli oggetti cubici sono mostrati in prospettiva e al posto di una precisa linea di terra troviamo una specie di piattaforma vista leggermente dall'alto. Altri due grandi ambienti della Casa dei Vettii sono i triclini n e p che si aprono entrambi sul lato E del peristilio. In ogni caso il principale focus d'interesse è il trio delle pitture mitologiche, probabilmente basate su antichi capolavori greci, che danno all'ambiente qualcosa delle sembianze di una galleria d'arte; ma queste pitture sono appena il pezzo centrale di decorazioni altamente ornate ancora una volta piene di dettagli ornamentali. L'ambiente p o "Stanza di Issione" ha uno schema di pannelli rossi e bianchi, quelli rossi con scene mitologiche, quelli bianchi decorati da duetti fluttuanti (Satiri e personificazioni delle Stagioni) simili a quelle dell'oecus. Gli intervalli sono occupati da "finestre" aperte sopra parapetti blu chiaro coronate da pitture con battaglie navali e nature morte. Lo zoccolo è dipinto imitando i marmi colorati. Nella "Stanza di Penteo" (n), al posto di un'alternanza tra Vorhange e Durchblicke poco profondi, l'effetto è quello di una continua parete gialla con finestre; queste finestre occupano l'intera ampiezza dei pannelli laterali e sulle pareti sinistra e destra sono prominenti come la pittura centrale, la cui importanza è appena indicata dall'uso di una stretta edicola che la incornicia. Schemi più convenzionali di Vorhang e Durchblick appaiono nel peristilio della Casa dei Vettii, dove i pannelli sono neri con cornici rosse, e le prospettive negli intervalli hanno parapetti gialli tra queste; l'illusione di spazio nelle aperture è rinforzata, come nelle alae, dalla continuazione del loro fondo bianco sulla sommità della zona mediana. I pannelli contengono figure dionisiache e di altro genere, nature morte, attributi di divinità, e i parapetti gialli sono decorati da maschere monocrome di Medusa e di Oceano per imitare il rilievo. Tali schemi ritmici, capaci di essere ripetuti senza fine, anche quando, come in questo caso, mostrano una tendenza a una simmetria assiale nella loro prospettiva e nella distribuzione dei soggetti, si prestano alle decorazioni dei peristili. Una decorazione molto simile è applicata al peristilio della Casa dei Dioscuri a Pompei, con la differenza che la Vorhange sono gialle e sono smerlate in alto, aumentando la somiglianza con le tappezzerie, mentre la Durchblicke contiene nature morte, rappresentate con pannelli muniti di imposte sulla cima dei parapetti. La gamma delle variazioni nelle formule di Vorhang e Durchblick è notevole. L'architettura nella Durchblick è ora relativamente sobria e robusta, ora fantastica e intricata; appare con o senza i parapetti, con o senza le pinakes e altri ornamenti. La Vorhang sembra ora solida e impenetrabile, ora leggera ed elastica; porta pannelli mitologici, piccoli paesaggi o nature morte, figure isolate di ogni genere, tondi contenenti busti, vignette e volatili o altri animali isolati; e i suoi bordi formano figure rettangolari o dai lati concavi, o losanghe con piccoli archi tagliati negli angoli. La zona superiore e lo zoccolo sono similmente variati. Nella prima possono esserci architetture prospettiche relativamente convincenti, o strutture puramente convenzionali, o sconcertanti compromessi tra le due, sempre animati dai soliti motivi di volatili, animali, delfini, mostri marini, amorini, scudi, ghirlande e via dicendo. Nello zoccolo in aggiunta all'imitazione del marmo, troviamo pannelli legati da ghirlande e da bordi di tappeto, arbusti con animali o uccelli e combinazioni dei due. Le predelle e i fregi sono rari nel II stile, ma ci sono comunque alcuni esempi: colpiscono in modo particolare i fregi con ricche e continue volute che dividono la zona mediana da quella superiore in alcune decorazioni parietali pompeiane, incluse quelle del portico del tempio di Iside. Gli schemi dei colori utilizzati sono pure variati senza fine. Mentre lo sfondo dello zoccolo è di solito viola o nero, in parte per camuffare lo sporco, in parte per fornire una forte base visiva alla decorazione, nella zona mediana e in quella superiore è possibile qualsiasi combinazione di colori. La Durchblick e la zona superiore spesso hanno un fondo bianco, specialmente quando era ricercato un effetto di architetture in prospettiva; ma la Vorhange può essere rossa, viola, nera, gialla, blu o bianca, e spesso con due di questi colori in alternanza, mentre ogni parapetto davanti l'apertura è di un colore contrastante. Se la Vorhang è bianca può essere distinta dalla Durchblick con l'aggiunta di una cornice dai colori brillanti; ma come nella Casa del Principe di Napoli e nell'ambiente e della Casa dei Vettii il fondo bianco è spesso continuo, rendendo a prima vista difficile la differenza tra i vari elementi. In una minoranza di decorazioni la Durchblick è colorata, in generale in nero, mentre la Vorhang è lasciata in bianco, producendo l'effetto di un'immagine in negativo; l'esempio più notevole di questo tipo di decorazione è nella Casa di Octavius Quartio (detta anche di Loreius Tiburtinus) dove i delicati padiglioni a due piani visti in prospettiva hanno una strana ambivalenza dovuta alla superficie nera: rientrano nel muro o si proiettano in avanti? Il convenzionale zoccolo nero, senza profondità, lascia la cosa nel dubbio. La zona superiore può anche avere uno sfondo colorato, talvolta in contrasto con quello in basso, ma più spesso riprende il colore dominante nei pannelli della zona mediana. Una formula non infrequente è quella con una parete di un solo colore in genere rosso o nero, ma talvolta anche giallo o blu. Tali schemi conservano i bei padiglioni in prospettiva della Durchblicke, ma i continui colori dello sfondo creano un conflitto tra la loro tridimensionalità e il carattere non spaziale della superficie. Nelle decorazioni con schema nero come quella dell'oecus absidato della Casa di M. Fabius Rufus a Pompei e quella dell'ambiente b nella Casa delle Pareti Rosse , questa tensione si unisce alle forme architettoniche esageratamente alte e sottili, che finisce per creare un effetto curiosamente simile a un sogno. Il dilagante colore di fondo inoltre rende le pitture centrali fortemente in rilievo. Tali schemi monocromi sono talvolta rappresentati con divisioni puramente ornamentali al posto delle strutture architettoniche. Un ottimo esempio, paragonabile all'oecus della Casa dei Vettii per la delicatezza dei motivi vegetali, è la decorazione bianca del triclinio della Casa del Centenario a Pompei, in cui i pannelli (qui privi di pitture) sono divisi da steli verticali avvolti da viticci mentre gli intervalli sono occupati da candelabri con foglie incrostate. Ancora un'altra variazione sul tema monocromo può essere vista nella Casa dei Cervi a Ercolano. Lo sfondo di tutte e tre le zone della decorazione è nero, ma i pannelli mediani sono distinti da ampi bordi rossi. Se l'intento di questi bordi era di enfatizzare l'impenetrabilità della Vorhange in contrasto con lo spazio illusionistico della Durchblicke, che contiene la solita architettura prospettica, è incerto; ma se lo fu, l'uniforme oscurità annulla il proposito. I bordi rossi sembra che stanno fuori in isolamento all'interno di uno schema per il resto omogeneo. Se c'è uno sviluppo distinguibile nel corso del IV stile, è verso una resa degli ornamenti meno curata ed elaborata. Ora ciò è più evidente nel trattamento dei bordi. Nei primi anni dello stile questi erano delicati e ornati, anche nella forma di grottesche metalliche o, come nella Casa dei Vettii, basati su motivi vegetali: viticci, calici, ghirlande in serie uno dopo l'altro. Dove sono usati i bordi di tappeto è per un disegno invariabilmente e relativamente complesso, dipinto con cura e chiarezza. Durante l'età flavia (69-79 d.C.) c'è la tendenza ad eseguire bordi di tappeto più grossi e in modo meccanico, più velocemente e negligentemente. Le grottesche e i bordi vegetali diventano meno comuni e i bordi di tappeto, spesso i motivi più semplici e meno ambiziosi, sono de riguer. Questo cambiamento sarebbe stato favorito dalla crescente domanda di restauri dopo il sisma del 62; queste richieste condussero i bordi di tappeto verso una produzione di massa, con l'impiego di un solo colore e facili da ripetere. Ma i bordi di tappeto ricorrono anche nel Nord Italia e nelle province; e che la semplificazione facesse parte di una generale tendenza stilistica è indicato dalle decorazioni del periodo di Domiziano (81-96 d.C.) a Roma, che conservano i bordi floreali e le grottesche resi però in forme più semplici e stilizzate rispetto a quelle precedenti del periodo neroniano. Accanto alle decorazioni "scenografiche" e quelle a spazi intervallati vi sono altri due tipi di decorazione di cui bisogna trattare brevemente: i motivi a "carta da parati" e quelli con soggetti dappertutto. Le decorazioni a "carta da parati" ("Tapetenmuster" in tedesco) sono una trasposizione su parete degli schemi ripetitivi già familiari sui soffitti. Talvolta questo schema entra solo nella zona superiore della parete, per il resto decorata in modo convenzionale; un triclinio nella Casa di Pinario Ceriale ha la zona mediana decorata con pannelli, semplici bordi di tappeto e candelabri, ma sopra, al posto della zona superiore vi sono file di pannelli rettangolari. Questi pannelli sono chiaramente ispirati dai soffitti a cassettoni e ognuno di essi contiene un motivo decorativo (girandole floreali, protomi, mostri mitologici e via dicendo). In altre decorazioni il motivo si diffonde sull'intera parete eccetto lo zoccolo e richiede forme più variate. In un piccolo ambiente nella Villa Varano a Stabia, sopra a uno zoccolo rosso con un tipico motivo di IV stile, la decorazione consiste interamente di un reticolato di losanghe creato da viticci lineari su fondo bianco, e i riquadri sono animati da fiori, volatili e piccoli medaglioni viola. Nella Casa degli Amorini Dorati un cubicolo è decorato su tutta la superficie delle pareti da un motivo di esagoni allungati circondati da quadrati, losanghe e triangoli, tutti tracciati con linee marroni su fondo giallo; gli esagoni contengono rosette a otto petali, i quadrati quadrifogli e le losanghe foglie d'edera. Questo disegno relativamente complicato ispirato forse dai simili schemi dei pavimenti a mosaico, ha messo a dura prova la pazienza del pittore, perché è stato eseguito in modo sbrigativo, mancando di regolarità. Alcuni schemi a "carta da Parati" passano da una struttura lineare a un motivo puramente floreale. E' il caso della decorazione di un ambiente nella Casa dei Capitelli Colorati, con un sistema di rosette e steli con volute diagonali, reso nei toni del blu, giallo e verde su uno sfondo violetto; questa decorazione è ovviamente basata su una griglia lineare, ma la base geometrica è nascosta dai ricchi ornamenti floreali. Entrambi gli ultimi schemi menzionati sono accompagnati da zoccoli marmorizzati, ed entrambi sono interrotti da soggetti figurati al centro della parete - nella Casa dei Capitelli Colorati da una serie di pitture mitologiche mentre in quella degli Amorini Dorati da dischi di vetro che contengono le figure che danno il nome all'abitazione. Sembra che le decorazioni con motivi su tutta la superficie delle pareti abbiano acquistato una maggiore popolarità durante il periodo del IV stile, specialmente per le pareti dei giardini e delle corti. I temi preferiti includono paesaggi, sia egittizzanti che contemporanei, e composizioni con animali esotici e selvaggi, ispirati dalle riserve di caccia dei principi ellenistici e dei loro imitatori romani, o dalle cacce di animali feroci negli anfiteatri. In ogni caso l'ambientazione spaziale è disegnata in modo tale da armonizzarsi e allargare il giardino reale - un ruolo compiuto dalle pitture che imitano alberi e arbusti da giardino. Talvolta i paesaggi o le composizioni con animali hanno un'ambientazione mitologica: il paesaggio è impiegato come sfondo per il mito di Diana e Atteone, oppure gli animali diventano gli ascoltatori ammaliati dalla lira di Orfeo. Spesso questi scenari esterni sono circondati da ampie cornici che sono a loro volta inserite dietro giardini e arbusti dipinti; in questo caso l'intenzione di suggerire un grande pannello pittorico o una finestra sullo sfondo di un giardino ornamentale, è lampante. Tra gli esempi meglio conservati ci sono quelli del giardino della Casa dei Ceii, dove le scene, animate da predatori e da un panorama nilotico, appaiono al di sopra di bassi arbusti di mirto ed edera con bacini e fontane ornamentali, e sono divise da pareti gialle e rosse ornate da scudi e patere. La natura equivoca delle pitture è illustrata dalla disparità tra le cornici e le zone superiori, curvilinee e bordate da ghirlande, e quelle nelle zone inferiori, che hanno la forma di parapetti illusionistici ricoperti da fronde. Le prime suggeriscono pitture parietali, le seconde indicano un'apertura diretta su un mondo esotico oltre la parete.


Decorazioni dei soffitti.


Riguardo a questo periodo c'è una notevole abbondanza di evidenze archeologiche circa la decorazione dei soffitti, provenienti in parte dalle abitazioni pompeiane ed ercolanesi, in parte dai palazzi di Nerone a Roma. Questi documenti rivelano una gamma di disegni e ornamenti più ampia rispetto alla fase precedente; tra le caratteristiche salienti c'è la tendenza a una maggiore fantasia e ricchezza, consone agli sviluppi delle decorazioni parietali; una stretta integrazione tra le pitture e i rilievi in stucco, in quelle decorazioni in cui le due tecniche sono impiegate insieme; e per quanto riguarda il disegno c'è il trionfo degli schemi centralizzati, di solito basati su un sistema sottostante di zone concentriche, ma con una enfasi sulle diagonali. Nelle decorazioni con semplici rilievi in stucco senza l'utilizzo del colore il tema dominante è un ritorno ai motivi ritmici basati sui cassettoni. Le volte di Roma e di Ercolano presentano una consapevole imitazione dei cassettoni in pietra, distinti dai primi esempi di II stile innanzitutto a causa della poca profondità del rilievo e dalla ricchezza delle cornici, che di solito portano coppie di modiglioni decorati, rappresentati come dei gradini in recessione, uno dentro l'altro. I motivi includono no solo griglie di quadrati, di cui due o più di due uniti per formare riquadri più larghi, ma anche reticolati di esagoni e di ottagoni alternati a piccoli quadrati. I rilievi all'interno dei cassettoni (piccole figure, animali, armi, rosette) sono in generali motivi ordinari disposti in serie alternate; solo i riquadri più larghi hanno spazio sufficiente per contenere figure più grandi o gruppi di figure. Il contenuto è ancora una volta subordinato al disegno, come nel tardo periodo repubblicano. Dove lo stucco è usato insieme alla pittura il suo ruolo principale è quello di creare la cornice della decorazione, e questa cornice è spesso ancora una volta un reticolato. Una manifestazione molto semplice è la decorazione della volta segmentata di un cubicolo della Casa degli Amorini Dorati, dove una griglia di modiglioni in stucco forma dei quadrati che a loro volta racchiudono dei quadrati più piccoli, medaglioni e poligoni che sono decorati con animali dipinti, nature morte e paesaggi. Più complessi sono i sistemi curvilinei che appaiono per la prima volta sui soffitti romani; il dinamismo ritmico che introducono evidentemente è affidato loro dal gusto "barocco" del IV stile. Abbiamo i resti di tali decorazioni eseguite con le pitture subordinate agli stucchi, con i ruoli invertiti. Abbiamo i resti di tali decorazioni eseguite con pitture subordinate agli stucchi, con i ruoli invertiti. Qui le volte e le lunette erano decorate con un motivo di piccoli medaglioni e losanghe dai lati concavi (in gran parte asportati nel XIX secolo) disposti in alternanza all'interno di un delicato tracciato di arabeschi d'oro. I medaglioni e le losanghe erano incorniciati a rilievo e riempiti con colori vivaci, giallo per i primi, e giallo con tondi blu per le seconde; l'effetto generale era luminoso, grazie al bianco dello sfondo. La collocazione di piccoli riquadri colorati contro uno sfondo bianco decorato da viticci richiama alcuni soffitti di III stile, ma l'esuberanza della vegetazione e la sua disposizione nel formare uno stretto reticolato su tutti gli spazi disponibili mostrano lo spirito meno limitato del IV stile. Altra caratteristica del IV erano le coppie di figure in stucco poste sui medaglioni colorati in modo da dare, con il loro naturale biancore, la sembianza di piccoli cammei. Le losanghe, molte delle quali sono state trasferite al Museo di Napoli, portano singole figure volanti, qui dipinte in giallo oro al centro dei tondi. Le volte vicine degli ambienti A3 e A4 dispiegano una simile attenzione per gli arabeschi e i cammei in stucco, ma uniti a scene figurate adattate al nuovo sistema decorativo. La superficie era ancora bianca, ma divisa da fasce blu e rosse in larghi quadrati e rettangoli. Le fasce colorate erano incorniciate da modiglioni in stucco e portano piccoli motivi in stucco bianco, con grandi rosette in stucco con petali dorati. I riquadri contenevano pitture con episodi omerici, rappresentate come vignette contro lo sfondo bianco neutrale, in mezzo a una profusione di grottesche rosso oro e arabeschi. Quest'ultima decorazione, lussureggiante ma ancora formalizzata e accuratamente dipinta, è quella che colpisce di più tra i materiali sopravvissuti; include gocce di vetro blu al centro dei fiori - un'innovazione che insieme alla doratura dello stucco, richiama l'autore Svetonio e la sua descrizione della Domus Aurea che era "tutta coperta d'oro e ravvivata da gemme e madreperle". Simili decorazioni, con rettangoli incorniciati da bande colorate aumentate dai rilievi in stucco, sono attestate per la stessa Domus Aurea dalle pitture del XVIII secolo. Altre decorazioni delle volte in IV stile uniscono lo stucco e le pitture adottando il principio dello schema centralizzato. Un esempio a Pompei è la volta del grande oecus della Villa Imperiale dove la zona superiore dello schema in III stile sembra sia stata sostituita dalla nuova moda decorativa durante gli anni '50. A parte una zona disegnata su ogni lato per ridurre la superficie in un quadrato, il disegno è simmetrico su tutti e quattro i lati; un ottagono centrale contenente una coppia di figure fluttuanti è posta all'interno di un quadrato circondato da tre ampi bordi, ognuno dei quali racchiude piccoli riquadri dalle forme più variate (medaglioni, poligoni dai lati concavi, ecc.). Molte delle zone intorno sono occupate da rilievi in stucco su fondi colorati, ma alcuni hanno figure dipinte e paesaggi. Rispetto alla ricchezza dei colori (il nero che domina sul rosso, arancio, viola e blu chiaro) l'effetto generale è luminoso e delicato, grazie alla piccola dimensione dei rilievi. Abbastanza più ricche sono le tre volte che usano una simile tecnica ibrida nella Domus Aurea. Nella c.d. Volta Dorata, un complicato sistema di forme rettangolari e curvilinee focalizzate intorno a un medaglione centrale sono incorniciate da modiglioni in stucco dorato spesso con dettagli inseriti e ravvivati dal rosso, blu, viola e verde. Le grottesche egli arabeschi che sono per il resto onnipresenti nelle volte della Domus Aurea sono scomparsi, ma tutti i riquadri originariamente contenevano figure dipinte o rilievi in stucco su sfondi colorati, principalmente in rosso e nero. Il medaglione centrale era decorato con un tema mitologico, Giove Ganimede su di un'aquila, intravisti come attraverso un lucernario. Nelle volte gemelle degli ambienti 129 e 119 uno schema di zone concentriche, chiuse in pannelli rettangolari centrali, è eseguito principalmente con pitture su fondo bianco, ma con modiglioni in stucco supportati da scanalature colorate per le cornici. Sono anche utilizzate delicate catene di grottesche simili a quelle della Domus Transitoria. Le pitture figurate che ci sono pervenute o ci sono note attraverso vecchi dipinti, che mostrano alcuni episodi del ciclo troiano, incluso l'incontro tra Paride e Elena e l'addio tra Ettore ed Andromaca, e nei due riquadri centrali Achille a Sciro e una figura femminile sorretta dalle onde marine (forse Teti che porta le armi al figlio). Sulle volte e i soffitti in cui la pittura è l'unica o è dominante gli schemi centralizzati sono per la maggior parte obbligatori. La struttura è normalmente basata su bordi concentrici rettangolari, ma vi sono degli accenti secondari sulle diagonali e sulle assi della superficie, mentre giocano talvolta un ruolo i campi ottagonali e circolari. Per le prime fasi possiamo citare il soffitto del peristilio superiore della Villa San Marco a Stabia: diviso in sezioni rettangolari separate e centralizzate su grandi pannelli quadrati contenenti soggetti figurati mitologici (il carro del Sole, le Quattro Stagioni raggruppate in un astrolabio), questi presentano una grande ricchezza di decorazioni all'interno delle divisioni, con bordi di volute a doppia S, grottesche con capre e amorini in opposizione araldica con anfore, delfini, palmette, bucrani, grappoli d'uva e ghirlande di frutti. Una caratteristica particolare è l'uso di figure che sorreggono che suggeriscono il fatto che le parti più interne del disegno sono unite a quelle più esterne in una specie di struttura architettonica. Le più eccellenti e delicate decorazioni centralizzate sono quelle della Domus Aurea. Versioni relativamente semplici su fondo bianco con luminose cornici di grottesche e motivi vegetali in giallo, rosso e verde, in generale collocate sopra linee in uno degli ultimi due colori, appaiono nella parte E del corridoio 92. Ma più decorate e accuratamente eseguite sono le pitture, in gran parte su sfondi colorati, scoperte nel XVIII secolo nei vari ambienti dell'ala ovest dell'edificio. Le incisioni pubblicate subito dopo la scoperta mostrano superfici divise da fasce con squisite decorazioni ornamentali vegetali o animate da uccelli e grifi, gli intervalli invece occupati da pitture su pannelli, figure decorative, drappi e ghirlande sospese; e in punti strategici del disegno ci sono piccoli cammei in stucco su fondo rosso o blu. La "Volta delle Civette" ha cammei tondi o a forma di pelta che enfatizzano le assi, lungo le quali vi sono paesaggi dipinti come pinakes con imposte; intorno vi sono cammei a forma di cipolla o a forma di foglia che segnano le diagonali. Al centro, il punto focale delle diagonali e delle assi, c'è una pittura mitologica, già perduta nel XVIII (nell'incisione c'è al suo posto un'altra pittura proveniente da qualche altra parte). La volta rossa dell'ambiente 33 è meno fortemente centralizzata, essendo divisa in un certo numero di quadrati e rettangoli indipendenti; ma il trattamento di queste zone è esattamente simmetrico su tutti e quattro i lati, e una certa importanza è ancora posta sulle assi, con cammei a forma di pelta e con la disposizione dei motivi ornamentali simili a colonne, convergenti verso la pittura centrale. A Pompei ed Ercolano le pitture delle volte naturalmente mancano della qualità di quelle della Domus Aurea, ma parecchie sono state eseguite in modo eccellente. I bordi sono normalmente del tipo a tappeto o solide fasce di colore piuttosto che grottesche o arabeschi; e i disegni fanno un grande uso degli elementi circolari, poligonali e obliqui rispetto alle volte della Domus Aurea. Una delle caratteristiche preferite è l'uso di un medaglione o di un poligono in posizione centrale; ciò annulla anche un orientamento specifico del soggetto rappresentato all'interno e aiuta a rafforzare la natura radiale del disegno. Talvolta, come nell'ambiente 8 della Casa degli Amanti a Pompei il campo centrale è un ottagono dai lati concavi, che dà l'affetto di un baldacchino fissato lungo un'apertura circolare. In altri casi forma differenti sono poste una dentro l'altra; la c.d. Taberna Attiorum a Pompei ha un ottagono centrale posto in un quadrato che è collocato obliquamente all'interno di un altro quadrato più grande i cui angoli sono segnati da piccoli semicerchi. Il risultato è un complesso, roteante gioco di forme. Molto spesso troviamo piccoli medaglioni presso gli angoli di uno schema, forse ancora una risposta ai problemi di orientamento; nella Casa degli Amanti, essi sorreggono strutture ornamentali che servono come diagonali contrafforti per uno dei bordi interni di un sistema di quadri concentrici. Ancora più spesso la posizione assiale ad ogni lato è occupata da un piccolo padiglione il cui tetto è formato da una conchiglia o da una corona vista in prospettiva dal basso. Tutti questi schemi variati infinitamente sono decorati dalla solita gamma di motivi di IV stile: delfini, mostri marini, gorgoneia, anfore, scudi appesi, ceste, corni ecc. Il colore è di solito unificato da uno sfondo unico con una sola sfumatura, sebbene sia sfondi bianchi e alcuni pannelli strategicamente tendono ad avere colori contrastanti. I soffitti a sfondo bianco essendo i più facili da eseguire sono i più diffusi; ma le città distrutte, come la Domus Aurea, contengono anche alcuni esempi di soffitti con sfondo nero o rosso. Uno splendido esempio di uno schema a sfondo nero è stato trovato nell'ambiente HH della Casa di Giulio Polibio, dove un medaglione centrale contenente un'aquila è posto in una cornice a baldacchino, e i successivi bordi a forma di quadrato sono decorati da meandri, fregi con grifi posti araldicamente e lire, e un grande nastro serpeggiante, blu su di un lato e violetto sull'altro, che guida verso l'esterno un bordo contenente cigni e sfingi appollaiati su mensole. Tra tutte le varietà delle decorazioni dei soffitti che ricorrono in questo periodo, due sono piuttosto rare e altamente specializzate. La prima consiste in stelle dipinte ovunque, sia in giallo, rosso e altri colori su uno sfondo bianco, come all'entrata delle Terme del Foro a Pompei e nel vestibolo della Palestra a Ercolano, oppure in oro su fondo blu chiaro come nella cupola del frigidarium delle Terme Stabiane a Pompei. Nell'ultimo caso ci può essere un piccolo dubbio che l'invenzione fosse destinata a fornire una versione stilizzata del firmamento. Il secondo tipo di decorazione è rappresentato da una cupola dipinta con fauna marina (anguille, polipi e triglie che lottano con una murena) su uno sfondo blu mare nel frigidarium delle c.d. Terme del Foro a Ercolano: il riflesso della cupola nella piscina avrebbe dato l'impressione a chi faceva il bagno di essere immersi in un acquario reale. Tali immagini incontreranno un grande favore negli edifici termali del periodo successivo. Un'altra decorazione trovata sulle volte è quella dei motivi dipinti ovunque; usata già nel III stile per schemi lineari molto chiusi e fitti, ora soccombe alla dilagante vegetalizzazione del IV stile. La griglia sottostante è camuffata da rosette, fronde e motivi a volute. L'effetto è paragonabile ad alcune decorazioni a "carta da parati" pompeiane, ma sulle volte gli unici esempi ancora esistenti del periodo sono a Roma e principalmente nei palazzi neroniani. Le decorazioni degli ambienti A2 e A5 del ninfeo della Domus Transitoria, già descritte, appartengono a questo genere, sebbene con l'inclusione di rilievi in stucco e con un'enfasi dinamica sulle strutture circolari. Più tipici dei motivi a "carta da parati" nella loro dipendenza sulle griglie di quadrati sono cinque sezioni contigue di una volta nel corridoio 92 della Domus Aurea: su uno sfondo bianco e separate da bastoncini dipinti con volute emotivi a treccia, mostrano delle variazioni sul tema delle rosette con ornamenti vegetali che nascono da queste. Un tipico esempio ha i motivi messi in parallelo con le assi della superficie e gli intervalli sono occupati da piccoli uccelli, animali e creature mitiche, alcuni dipinti in bianco su fondo rosso; in altri è posto diagonalmente in un tracciato di viticci serpeggianti. Questi motivi che qui occupano solo la parte centrale della volta, mentre le parti più basse sono adornate da padiglioni e candelabri, come la zona superiore di una decorazione parietale, sono ben posti per le esigenze dei soffitti con volta a botte o uniforme, poiché danno un'enfasi gerarchica su ogni area specifica della superficie e l'orientamento delle figure può essere facilmente adattato al punto di vista dello spettatore.


Contesto.


Tra le varietà delle decorazioni pavimentali con cui sono unite le pitture di IV stile, le più comuni restano i mosaici bianconeri su fondo di cocciopesto, decorati da inserti di tersserae - e di un genere molto semplice adatto nel fare da contraltare alla policromia delle pareti e dei soffitti. Ma questo periodo vede anche più esempi di opus sectile in marmi colorati, usati sia per gli emblemata che nelle grandi dimore per interi pavimenti. Tali pavimenti si accordavano col lato più appariscente del gusto del IV stile ed erano chiaramente apprezzati come uno status symbol. I materiali impiegati includevano il giallo antico della Tunisia, il rosso antico del Sud della Grecia (Taenarum), il verde venato del cipollino da Caristo in Eubea (Grecia), il bianco venato di viola del pavonazzetto della Frigia, il nero e rosso africano da Teo in Asia Minore, i marmi grigi del Proconnesio (Mar di Marmara). Nei palazzi di Nerone, rinomati per il loro sfarzo, c'erano anche il porfido rosso egiziano e il porfido verde (serpentino) da Sparta. Come nei periodi precedenti, così anche gli insiemi decorativi di IV stile mostrano attenzione per armonizzare il trattamento delle diverse superfici all'interno di un ambiente. Il gesto che colpisce di più in questa direzione è l'impiego crescente di schemi con un solo colore. Già prefigurati nel tardo III stile, questi sono preferiti nel IV per gli ambienti più importanti dell'abitazione, in particolare per le stanze d'apparato.

Nell'ambiente HH della Casa di Giulio Polibio la volta nera è accompagnata da pareti nere; nell'ambiente 48 della Casa di Fabio Rufo le pareti e il soffitto erano rosse e in altre stanze della stessa casa lo schema era in giallo. Sembra che l'oecus 11 della Casa del Menandro, in cui il colore dominante delle pitture parietali è il verde, avesse la volta decorata nello stesso colore. Decorazioni con un solo colore ricorrono anche nella Domus Aurea; il rosso della volta è ripetuto sullo sfondo "scenografico" delle pareti; e nell'ambiente 32 il colore unificante è il nero. Ancora più comuni sia nella Domus Aurea che nelle città campane, sono gli ambienti in cui soffitti e pareti sono unificati dall'uso del bianco. In tutti questi casi l'unità è rafforzata da somiglianze nello stile degli ornamenti dipinti e nella gamma dei motivi decorativi impiegati.

I pavimenti, d'altra parte, talvolta subivano deliberatamente una relazione inversa colo colore delle altre superfici; nell'ambiente 49 della Casa di Fabio Rufo le pitture bianche sono in contrasto col mosaico pavimentale nero. Nell'ambiente 58 tutte e tre le superfici sono predominantemente nere. Sembra, con poche eccezioni, che i soffitti colorati siano stati riservati ad ambienti in cui si riprendeva il colore dominante delle pareti, o almeno quello della zona superiore. La maggior parte dei soffitti comunque è stata eseguita su fondo bianco, senza curarsi dei colori dominanti sulle pareti. Il primo scopo, come nei primi tempi, era di annullare l'eccesso di policromia; così nell'ambiente della Casa degli Amanti il bianco del soffitto si contrappone al ricco schema delle pareti in blu e giallo, e nell'ambiente 9 della Villa Varano risponde alle pareti rosse e nere. In ogni caso la zona superiore è bianca e forma una transazione verso il soffitto e nella Casa degli Amanti ci sono anche Durchblicke bianche, cosicché la decorazione acquista una certa luminosità e spaziosità che getta i panelli colorati in una grande evidenza. Tali effetti sono senza dubbio molto comuni nel IV stile, ma non tanto quanto i resti ci possono permettere di giudicarli. IL periodo dl IV stile è particolarmente fruttuoso per lo studio dell'interazione tra le diverse tecniche artistiche. Troviamo la pittura in stretta relazione col mosaico o lo stucco con lo scopo di fornire l'effetto di una vistosa decorazione che era in quel tempo molto ricercata, e non è sorprendente che questa stretta relazione dà come risultato una grande quantità di influssi mutuati. Il mosaico ad esempio comincia ad apparire sempre più sulle decorazioni delle volte e delle pareti, specialmente nei contesti delle terme e delle fontane. La sua impermeabilità e i suoi colori durevoli raccomandavano il suo impiego negli interni umidi o pieni di vapore, mentre le inclusioni si tesserae si vetro colorato, relativamente rare nei mosaici pavimentali, producono un riflesso scintillante dell'acqua. Per il loro repertorio e il loro colore i mosaici parietali si rifacevano alle pitture parietali; una recente scoperta al Quirinale presenta una completa decorazione in IV stile con architetture fantastiche e figure nelle nicchie. Dove i due mezzi sono strettamente impiegati, ad esempio nella corte con fontana nella Casa di Nettuno e Anfitrite a Ercolano, dove un boschetto dipinto corre sopra i lati delle sezioni in mosaico. Solo nella solidità e brillantezza dei colori e in particolare nella prominenza data al blu e all'oro, rende i mosaicisti una categoria a parte rispetto ai pittori. Nel creare figure non si fermano ad ogni ostacolo per riprodurre le tecniche pittoriche come il chiaroscuro. Anche l'opus sectile crea occasionali apparenze come un mezzo per le figure sulle pareti, ma la vera natura della tecnica preclude le sottili gradazioni di luci e ombre. I mosaici pavimentali continuano ad essere un po' influenzati dalle pitture ma è possibile che., come nel periodo precedente, i motivi usati dai mosaicisti possano aver esercitato una certa influenza sul disegno delle volte. La comparsa di motivi curvilinei su tuta la volta, sia in stucco che dipinti, può essere stata ispirata dai pavimenti, che avevano una lunga tradizione di motivi contigui e di cerchi secanti. Nel ninfeo della Domus Transitoria ci sono sistemi curvilinei sia sul pavimento che sulla volta, i primi resi in opus sectile, i secondi con rilievi in stucco e pitture; ma non erano combinati nello stesso ambiente. In generale i motivi ritmici e disegnati ovunque preferiti per i pavimenti hanno promosso lo sviluppo della Tapetenmuster sulle pareti e sui soffitti. Un esempio molto chiaro di pitture influenzate da un'altra tecnica decorativa è fornito dall'imitazione dei marmi nei palazzi imperiali e nelle dimore di ricchezza paragonabile. I marmo colorati compaiono non solo sui pavimenti ma anche sulle parti più basse delle pareti; e da qui la pratica è trasmessa nelle case. Gli zoccoli marmorizzati con composizioni e medaglioni, forme e cornici dai lati concavi, hanno cominciato a comparire a Pompei al tempo del sisma, in particolare negli ambienti pubblici come tablini, triclini e oeci. Dove il proprietario non poteva ottenere la cosa reale, commissionava ai decoratori l'incarico di riprodurla con la pittura; così le imitazioni del marmo compaiono in alcuni ambienti della Casa dei Vettii, degli Amorini Dorati e anche ai piedi delle decorazioni scenografiche della Casa di Apollo o di Pinario Ceriale. Qui vediamo una diretta traduzione della tecnica in un'altra per adattare i bisogni sociali del patrono. I rilievi in stucco, come abbiamo già visto, si uniscono a una decorazione particolarmente stretta con le pitture. Sulle volte troviamo decorazioni in cui la superficie è divisa da modiglioni e dai pannelli risultanti, contenenti sia rilievi su fondo colorato o soggetti dipinti; le decorazioni che consistono di pitture chiuse tra cornici in stucco; e decorazioni che sono interamente dipinte a parte qualche cammeo in stucco. Sulle pareti lo stucco è talvolta impiegato per dare una piccola reale profondità all'illusione di profondità che i pittori cercavano di ottenere con l'aiuto della prospettiva; un buon esempio è la grande parete sul lato O della palestra delle Terme Stabiane, dove le intere cornici architettoniche a due o a tre piani sono eseguite con rilievi in stucco mentre negli intervalli gli spazi erano riempiti da figure in stucco o da ornamenti su fondi colorati o da scene dipinte. Ancora più eloquente circa l'integrazione delle due tecniche è l'uso occasionale della pittura per suggerire uno sfondo ai dettagli lavorati in stucco a rilievo, come nel piccolo fregio iliaco nella Casa del Sacello Iliaco. Data l'unione tra la pittura e il rilievo a stucco, non è sorprendente vedere che una tecnica copi l'altra. Così sulle pareti dove le decorazioni in stucco bianche sono apparentemente meno rare rispetto alla fase precedente (sono preferite per decorare ambienti umidi e privi di luce come quelli termali) gli stuccatori riproducevano interi schemi e molti dettagli per il resto esclusivi dell'arte pittorica. Nel caldarium delle Terme Suburbane a Ercolano, decorate poco prima del 79, l'intera parete al di sopra di un plinto marmorizzato era coperta da rilievi in stucco con la tipica prospettiva architettonica del IV stile, con colonne affusolate, ora scanalate verticalmente ora a spirale, oppure ricoperte da elementi vegetali e decorate dai soliti motivi riempitivi (ghirlande, scudi, corni ecc.) posti sotto la trabeazione; all'interno dei padiglioni vi sono fiori di loto, volute e palmette ma anche paesaggi sacro - idilliaci. Un'altra decorazione parietale in stucco bianco, datata al 79, proviene dal complesso termale di una piccola villa presso Stabia; copia un tema familiare e semplice di uno schema dipinto: larghi pannelli rettangolari contenenti "tappeti" dai lati concavi, "attaccati" agli angoli e alla metà dei lati, con motivi centrali (Narciso, Dedalo e Pasifae) che si basano strettamente su pitture parietali. Ancora una volta una composizione pittorica è stata tradotta in un rilievo, senza l'impiego del colore. Un ultimo esempio di una decorazione parietale in stucco che deve molto alla pittura è quella dell'ambiente E delle Terme Suburbane che presenta guerrieri in alto rilievo stanti su mensole nel mezzo di larghi pannelli, circondati da viticci e separati da fasce verticali contenenti candelabri vegetali. Sebbene in teoria i guerrieri potrebbero simulare delle statuette stanti su basi, questo motivo è uno dei preferiti nella contemporanea pittura parietale, e la disposizione decorativa mostra chiaramente che questa fu la fonte d'ispirazione per gli stuccatori. Anche per i disegni delle volte gli stuccatori possono aver ricevuto qualche ispirazione dai pittori. Le decorazioni in stucco di tre tombe a camera presso Pozzuoli, che devono essere datate all'età flavia (68-69 d.C.) richiamano gli schemi centralizzati preferiti dai pittori, e due in particolare (Fondo Caiazzo) impiegano disposizioni decorative simili a quelle dei soffitti dipinti pompeiani - combinazioni di forme rettilinee e curvilinee focalizzate su un medaglione centrale.; un'enfasi più o meno pronunciata sulle assi della superficie; e un'enfasi embrionale sulle diagonali. Disegni talmente sofisticati e complicati che sono stati trovati anche nella decorazione in parte dipinta e in parte a rilievo della Volta Dorata, sono senza precedenti nei semplici lavori in stucco e possono essere state solamente stimolate dai paragonabili schemi pittorici. Un altro aspetto pittorico impiegato è l'illusione che i campi dei bordi passino dietro e davanti ognuno, suggerendo che la composizione sia su più piani. Proprio come lo stucco copiò le pitture, a sua volta la pittura occasionalmente copiò lo stucco. Colpisce molto il fregio di centauri nella stanza verde della Casa del Menandro, con figure dipinte in bianco su uno sfondo rosso, con delle ombreggiature per suggerire il rilievo: sembra che ci sia stata l'intenzione di riprodurre un fregio in stucco. Così troviamo anche pittori che imitano i piccoli cammei in stucco come quelli delle volte della Domus Aurea (a loro volta ispirati dalle incisioni su onice o su vetri colorati; pensiamo di nuovo a Svetonio). Esempi di "falsi stucchi" e "piccole figure create in modo da sembrare simili a cammei in stucco" sono ricordate per la stessa Domus Aurea nel XVIII secolo; e una volta della Casa degli Amorini Dorati contiene medaglioni con piccole figure di cigni, amorini e grifi dipinti in bianco su uno sfondo rosso, producendo esattamente lo stesso effetto. Qui l'imitazione del pittore dei motivi di un'altra tecnica è deliberata quanto quella degli zoccoli marmorizzati. C'è un esempio della condivisione di un'idea tra stucco e pittura, dove la priorità dell'ispirazione è meno chiara. Uno schema di cerchi secanti e ghirlande diritte impiegato per una volta dipinta della Domus Aurea riappare in una forma virtualmente identica in una volta, grosso modo contemporanea, in stucco di un ambiente termale a Baia; le differenze principali , a parte la mancanza di colore, sono il rafforzamento dei cerchi con l'aggiunta di modiglioni e l'uso di motivi differenti all'interno dei riquadri. Un'altra volta in stucco di questo periodo, in un complesso termale a Bolsena (Roma) usa lo stesso motivo, ma con cornici più piene per i cerchi e apparentemente senza figure ornamentali. E' stato ipotizzato che il motivo fu creato per la pittura e poi passò allo stucco, semplicemente perché l'esempio pittorico è in importante edificio urbano, mentre le versioni in stucco sono presenti in centri regionali; ma per un tale motivo è difficile stabilire una priorità e tre esempi non possono costituire una documentazione sicura per arrivare a delle conclusioni. Quello che è certo è che in questo caso abbiamo già un motivo decorativo che era intercambiabile tra la pittura e lo stucco. Ritornando alla relazione tra la pittura e il contesto architettonico; come già ricordato le vecchie regole che governavano la relazione tra gli schemi decorativi e la funzione dello spazio non furono più osservate dalla metà del I d.C. Ammettendo che gli ambienti in IV stile GG e HH della Casa di Giulio Polibio incorporano forti divisioni nella pittura parietale al punto di unione tra un alto soffitto nell'anticamera dell'ambiente e una bassa volta segmentata sul fondo, e nell'ambiente GG la divisione è rafforzata da un cambiamento nella decorazione pavimentale; ma questo pavimento è probabilmente del periodo precedente (III stile) e la divisione della decorazione parietale corrisponde a un non pronunciato cambio di forma e colore. La gerarchia dello spazio evidentemente ora interferisce di meno sulla coscienza del pittore. La decorazione del soffitto però continuò ad essere condizionata dalle disposizioni strutturali; così dove una parte di un ambiente aveva un soffitto uniforme, e un'altra parte una basa volta, ogni sezione avrebbe ricevuto un trattamento a sé, l'uno indipendente dall'altro, anche se stilisticamente uniti. Durante il IV stile sembra anche che ci sia stata una predilezione per l'uso di aree nei soffitti non funzionali (nicchie e scalini) e ancora una volta la decorazione si adatta a queste preferenze. Se le aree infossate formavano una serie di pannelli separati, a ognuno era stata naturalmente data una decorazione a sé, che si armonizzava con le altre all'interno dello schema, mentre le costolature che li separavano ricevevano una decorazione continua. Se la parte centrale del soffitto aveva una nicchia allora aveva uno schema simmetrico o centralizzato, mentre le superfici circostanti erano decorate con bordi continui. Talvolta, come nell'ambiente 48 della Casa di Fabio Rufo, l'intera parte centrale è occupata da larghi pannelli a nicchie l'uno dentro l'altro, un medaglione dentro un ottagono, e un ottagono dentro un quadrato, con ogni passaggio segnato da un modiglione in stucco; tali disposizioni naturalmente incoraggiarono, o viceversa, la popolarità delle decorazioni delle volte basate su bordi concentrici chiusi tra pannelli focali. Uno schema preferito durante gli ultimi anni delle città distrutte è quello della volta segmentata con una nicchia al centro e per il resto un soffitto uniforme. L'influenza di questa formula sulle pitture è indicata dall'uso frequente di bordi incurvati per simulare una volta con nicchia dove in effetti non esisteva. Dato che questi tentativi normalmente erano fatti per armonizzare i colori degli schemi e i trattamenti decorativi delle diverse superfici di una stanza, è sorprendente che i pittori spesso non riuscivano a mettere in relazione la scala dei loro ambienti. La decorazione delle volte, in particolare, era spesso troppo piccola. Quando, come è spesso capitato, un ambiente era particolarmente alto, i decoratori sembrano non essere riusciti a creare un'adeguata relazione tra questo e i motivi che potevano aver fatto nell'ambiente metà dell'altezza. Già nel III stile notiamo tale irrelazione di scala nell'anticamera della Basilica Sotterranea; ma nella Domus Aurea il fallimento è molto più palese. Nelle volte dell'ambiente 119 e 129 molti dei dettagli si perdono agli occhi di guarda dal basso. Il problema afflisse i decoratori di Pompei in misura minore, data la natura più intima dell'architettura domestica; ma le volte , come quella del grande oecus della Villa Imperiale, su di un'altezza di oltre 5 m , decorata con piccole figure in scala ridotta, dimostra che non erano sempre immuni da ciò.

Infine un'ultima parola sui principi del disegno nella decorazione di volte e soffitti. I motivi ripetitivi hanno il vantaggio di espandersi senza limiti, ma spesso sembrano no soddisfacenti ai lati delle superfici, specialmente se l'ambiente non è molto rettangolare; il motivo appare al massimo per continuare oltre il soffitto visibile. Gli schemi centralizzati specialmente quelli basati su fregi rettangolari concentrici, erano in questo caso più adattabili ai bisogni della superficie. Da una parte i fregi potevano essere ampliati o meno nel modo più appropriato; dall'altra fregi extra potevano essere aggiunti su ogni lato per adattare lo schema a un ambiente di forma allungata. Era anche possibile accomodare le irregolarità nella forma dei soffitti con l'aggiunta di bordi stretti a forma di cunei lungo i lati. Lo schema centralizzato era in questo modo sia contenuto che flessibile. La sua debolezza era il fatto di dare un'enfasi eccessiva al punto centrale, una circostanza che non trovava alcuna giustificazione architettonica sui soffitti uniformi o sulle volte a botte. Si adattava meglio sulle volte a padiglione, dove ognuna delle quattro facce simmetricamente correva verso il punto centrale. E' possibile che tali volte fornirono uno stimolo importante allo sviluppo degli schemi concentrici. Gli angoli tra le quattro superfici spiegherebbero la crescente importanza delle diagonali nel IV stile nelle decorazioni dei soffitti; e l'introduzione di volte a crociera e lunette, in cui gli angoli rientranti erano sostituiti da sporgenze, avrebbe stimolato il processo. Le prime volte a crociera note in Italia sono quelle della Domus Aurea, ma il genere divenne molto popolare durante il II d.C. Come vedremo, quello fu il periodo d'oro delle decorazioni centralizzate, in cui vi era un'enfasi più o meno accentuata per le diagonali.

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