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La scuola di Francoforte e Herbert Marcuse




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La scuola di Francoforte e Herbert Marcuse


Il nucleo originale della Scuola di Francoforte si forma a partire dal 1922 presso il celebre Istitutoper la ricerca sociale, fondato da Felix Weil e diretto dallo storico austriaco Karl Grunberg. Attorno all'Istituto gravitarono sociologi come Karl Wittfogel, Leo Lowenthal; economisti quali Henryk Grossmann, Friedrich Pollock; il pitologo Franz Neumann; lo psico-sociologo Erich Fromm; lo storico Franz Borkenau; i filosofi Max Horkheimer, Theodor Adorno, Walter Benjamin e Herbert Marcuse. Nel 1936 Horkheimer inaugura la Rivista per la ricerca sociale. Con l'avvento del nazismo il gruppo fu costretto a trasferirsi prima a Ginevra, poi a Parigi e in fine a New York.

Sul piano filosofico la Scuola di Francoforte è una teoria critica della società presente, alla luce dell'ideale rivoluzionario di un umanità libera e disalienata nel futuro, ossia un pensiero negativo impegnato a smascherare le contraddizioni dell'esistente. E ciò tramite un modello utopico che possa determinare un cambiamento radicale della società. La filosofia della Scuola di Francoforte è una originale sintesi fra marxismo e psicoanalisi freudiana.

Dalla tradizione marxista deriva la tendenza dialettica ad evidenziare la contraddizioni intrinseche nella società per metterla in discussione nella sua totalità, esprimendo ciò che dovrebbe essere. Da Freud derivano invece i metodi analitici per lo studio della personalità e i concetti di ricerca del piacere e libido, interpretati come istinti creativi che devono essere liberati dalle imposizioniderivanti dalla società di classe.



HERBERT MARCUSE

"La borghesia e il proletariato, nel mondo capitalista, sono ancora le classi fondamentali, tuttavia lo sviluppo capitalista ha alterato la struttura e la funzione di queste due classi rendendole inefficaci come agenti di trasformazione storica. Un interesse prepotente per la conservazione ed il miglioramento dello status quo istituzionale unisce gli antagonisti d'un tempo nelle aree più avanzate della società contemporanea

Herbert Marcuse


Nato a Berlino nel 1898, Marcuse studia a Berlino e a Frinburgo. Agli inizi degli anni '30 entra in contatto con la Scula di Francoforte. Con l'avvento del nazismo, emigra negli Stati Uniti. Dal 1954 insegna all'Università di San Diego in California. Nel 1966 è docente presso Berlino Ovest e nel '68 è uno degli ispiratori del movimento giovanile e operaio. Muore in Germania nel 1979. Fra le sue opere ricordiamo Eros e civiltà, L'uomo a una dimensione, la fine dell'utopia, Controrivoluzione e rivolta.

Uno dei capolavori di Herbert Marcuse è considerato Eros e Civiltà del 1955, opera rivoluzionaria, nella quale il pensatore tedesco formula l'idea di una società "liberata", non repressiva, confutando alcune tesi di Freud.

Per Freud la civiltà inizia quando gli uomini per convivere l'uomo reprimono i propri istinti, le proprie pulsioni, sublimandoli attraverso quelle attività comunemente considerate frutto della civiltà. La società impone, quindi, una modifica dell'essenza degli istinti, dirottandoli dalla sfera sessuale a quella del lavoro. Freud riteneva la repressione inevitabile. Marcuse invece sostiene che non sia la civiltà in quanto tale repressiva, bensì quella che deriva dalla società di classe. In altre parole per Maruse, Freud non avrebbe distinto la rimozione di base da un surplus di rimozione richiesto dalla particolare forma storica di civiltà delineatasi in occidente.

Egli sottolinea inoltre la presenza di un altro livello attraverso il quale la società opprime l'essere umano, e cioè il cosiddetto principio di prestazione : per prestazione si intende ciò che si deve fare a causa del proprio ruolo nella società, quindi la repressione attuata attraverso questo principio è strettamente legata alla stratificazione sociale e alla divisione del lavoro. In altre parole la prestazione è ciò che l'individuo deve fornire alla società, ed è ciò che la società si aspetta dall'individuo. La prestazione comporta inoltre la cosiddetta tirannide genitale, ossia la riduzione della sessualità a puro fatto genitale e procreativo. Il fine della vita non è più quello di godere con gli altri il nostro essere al mondo, ma è divenuto il lavoro che gli uomini hanno finito per accettare come qualcosa di naturale, come una giusta punizione. Tuttavia la civiltà non ha potuto far tacere completamente gli impulsi primordiali verso il piacere, che l'uomo esprime con l'arte. La dimensione estetica trova, per Marcuse, le figure caratteristiche in Orfeo e Narciso.

Per Marcuse il fine ultimo della storia è quello di trasformare l'esistenza in libero gioco e questo è possibile in quanto il principio di prestazione ha creato da se le basi per l'autodistruzione.

Ne L'uomo a una dimensione del '64, Marcuse radicalizza i vari motivi di critica della società tecnologica avanzata. L'uomo a una sola dimensione è l'individuo alienato, colui per il quale non vi è più un distacco fra ciò che è e ciò che deve essere; per lui non vi sono altri mondi possibili al di fuori di quello in cui vive. Infatti il sistema ha la capacità di stordire l'uomo facendogli apparire razionale ciò che è irrazionale. Il sistema appare come democratico e pluralistico. Tutto ciò è puramente illusorio in quanto le decisioni sono sempre nella mani di pochi. La stessa tolleranza è una tolleranza repressiva, poiché il permissivismo funziona solo a patto di non mettere in discussione il sistema stesso. Afferma, infatti, Marcuse all'inizio di quest'opera: " Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà prevale nella civiltà industriale avanzata, segno del progresso tecnico". Anche la libertà sessuale è una desublimazione repressiva. Ci sembra che la società sia priva di tabù, ma in realtà si serve della mercificazione del sesso per dare un apparenza di libertà e far in modo che l'individuo si adatti al sistema.

La società tecnologica non riesce, però, a imbavagliare tutti i problemi, come ad esempio l'incapacità di soddisfare, a causa della scarsità dei mezzi, i beni primari di taluni gruppi mentre stordisce il resto della popolazione con l'esaudimento di bisogni fittizi. Tale situazione fa si che ad operare la rivoluzione non sia più il lavoratore salariato, come lo era per il marxismo, ma un individuo escluso dalla società opulenta, ovvero "il sostrato dei reietti e degli stranieri, degli sfruttati e dei perseguitati di altre razze e di altri colori, dei disoccupati e degli inabili. Essi permangono al di fuori del processo democratico, la loro presenza prova quanto sia immediato e reale il bisogno di porre fine a condizioni e istituzioni intollerabili. Perciò la loro opposizione è rivoluzionaria anche se non lo è la loro coscienza. Perciò la loro opposizione colpisce il sistema dal di fuori e quindi non è sviata dal sistema; è una forza elementare che viola la regola del gioco e così facendo mostra che è un gioco truccato'. Questi gruppi possono imporre il Grande Rifiuto ossia la totale opposizione al sistema. Marcuse esalta l'utopia poiché vede in essa la protesta del presente e l'ansia del futuro. In uno scritto del '67 afferma però la Fine dell'utopia, intendendo dire che oggi esistono le condizioni, ossia i luoghi, per abbandonare i non luoghi dell'astrazione e concretizzarsi nella realtà.

Negli anni successivi Marcuse ha continuato a riflettere sui possibili soggetti in grado di abbattere il sistema, mettendo in luce un gruppo di cui fanno parte sia i dissenzienti dei paesi avanzati, sia i dannati del terzo mondo, sia il proletariato occidentale. Fiducioso sulla loro cooperazione appare invece scettico sulla loro azione isolata e spontaneista. Nello stesso tempo è andato sempre più insistendo sul momento dell'organizzazione. In Controrivoluzione e rivolta, criticando lo spontaneismo giovanile, ha cercato di evidenziare la strategia di una Nuova Sinistra capace di far leva, non solo sulle minoranze, ma anche sulle aspirazioni verso un salto qualitativo dell'esistenza presente in vari strati della popolazione dei paesi ricchi. L'ultimo Marcuse non ha quindi perso la speranza in "una rivoluzione finora soffocata in tutte le precedenti rivoluzioni storiche". Speranza di cui l'arte rappresenterebbe l'invincibile utopistico anelito. 






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