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La mostra Nuovi materiali, nuove tecniche (1969)




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La mostra Nuovi materiali, nuove tecniche (1969)




Nello stesso 1969, ma in estate, Regina partecipa inoltre alla mostra Nuovi materiali, nuove tecni- che, allestita a Caorle presso diverse sedi collegate da un apposito itinerario Curata ufficialmen- te da Franco Passoni, che ne assume la direzione artistica ma che di fatto condivide il suo compito con tutti gli altri membri della «commissione per gli inviti» (Andrea Emiliani, Luigi Mallè, Garibaldo Marussi e Lorenza Trucchi), la mostra si pone l obiettivo di attestare e rendere visibili le nuove ri- cerche stimolate dall'applicazione in ambito artistico dei materiali più innovativi e proprio per questo suo carattere oggettivamente sperimentale e di scottante attualit ottiene un notevole ri- scontro da parte della critica.

Due parole, però, vanno certamente dette su Passoni , non solo per il suo ruolo preminente nel contesto dell'esposizione, ma anche perché a questa data poteva vantare un rapporto già piuttosto solido con Regina, e perché in seguito sarebbe tornato più volte ad occuparsi della sua opera. Na- to a Milano nel 1925, studia nella sua città e già a partire dal 1945 comincia a collaborare come pubblicista a varie testate di indirizzo artistico, divenendo in particolare - tra il 1952 e il 1954 - se- gretario di redazione di «Spazio», rivista di architettura diretta da Luigi Moretti. Nel 1954 diviene segretario del MAC e direttore responsabile della collegata rivista «Arte Concreta»; in seguito, do- po aver collaborato con la Galleria Schettini (con il titolare della quale è l'ideatore delle norme che regolano il mercato d'arte italiano e del punteggio di valorizzazione dei quadri ), lavora per l U- SIS - United States Information Service, organizzazione statunitense (tra culturale e propagandisti- ca) che nel dopoguerra fornisce a moltissime città italiane gli strumenti - libri, riviste, giornali - per un aggiornamento soprattutto tecnico e scientifico. Nel 1962 fonda e dirige la Galleria Levi di Mila- no (che però abbandona nel 1963), e nel 1964 diviene il critico dell'«Avanti!», occupandosi poi ne- gli anni seguenti di curare e organizzare numerose mostre, le più importanti delle quali sono forse proprio quelle - a cavallo tra anni Sessanta e Settanta - di cui si parla in questa sede.

Gli artisti presenti nel catalogo di Nuovi materiali, nuove tecniche sono sessantotto anche se per la verità capire esattamente quanti siano stati gli effettivi partecipanti è piuttosto difficile, poiché le recensioni alla mostra - di cui si parlerà fra poco - riportano numeri sempre diversi. Tra quelli sicu- ramente attestati, oltre a Regina, per quel che più ci riguarda vale soprattutto la pena di segnalare la presenza di altri ex-futuristi come Prampolini, Munari, Monachesi e Korompay, nonché quella di astrattisti anni Trenta come Melotti, Fontana e Veronesi; tra tutti, però, solo Regina, Prampolini, Melotti e Veronesi compaiono anche con opere degli anni Trenta, mentre Munari, Monachesi, Ko- rompay e Fontana espongono solo opere del dopoguerra. In catalogo, ciascun artista è presentato da una «nota critica, da lui stesso scelta e inviata agli organizzatori, scritta da una persona di sua fiducia, allo scopo di mettere in luce lo scopo, le ragioni e il valore della sua ricerca

Nello specifico, Regina è presente con tre opere, ovvero Paese del cieco, Torre (riprodotta fotogra- ficamente) e Terra-luna, mentre la nota critica che le accompagna - che secondo regolamento, come detto, doveva essere selezionata e inviata direttamente dall'artista - è del curatore Franco Passoni (e peraltro, dal momento che non risulta essere mai stata pubblicata in precedenza, è molto probabile che sia stata redatta appositamente per l'occasione). D'altra parte, il critico milane- se conosceva molto bene Regina: essendo stato, in gioventù, segretario del MAC, doveva aver in- trattenuto con lei dei rapporti abbastanza stretti, tanto è vero che in occasione di una mostra po- stuma - di cui l'Archivio Fermani conserva fotocopie del 'libro delle firme' - le avrebbe anche de- dicato un pensiero di grande dolcezza . È dunque assai probabile, se non addirittura certo, che l'invito a partecipare alla rassegna sia giunto proprio da Passoni, ed è altresì plausibile che sia stata Regina stessa a chiedere all'amico di redigere per l'esposizione una presentazione apposita . Esaminiamo dunque i brani più interessanti della presentazione di Passoni, escludendo natural- mente la lunga citazione persichiana (che comunque sottolineava la novità dei materiali da lei uti- lizzati già all'epoca, e che dunque è effettivamente pertinente e perfettamente calzante all'imposta- zione della mostra):



Benché le cronache artistiche ne abbiano parlato in rare occasioni, anche a motivo del suo carattere molto riservato, timido e schivo d'ogni esteriorità, Regina aderì al «futurismo» in giovanissima età e già nel 1930 esegle sue prime sculture d avanguardia ch erano fabbri- cate con lastre di latta e d'alluminio. Pur restando nel «movimento futurista» sino al 19 , Regina si distinse nettamente per la chiara impostazione astratta della sua opera che la può accomunare, nello spirito di ricerca e d'innovazione, ai precursori che pervennero allo svilup- po dell'arte non-figurativa in Italia: Fontana, Melotti, Soldati, Veronesi, Reggiani, Munari, oltre ai «gruppi» dei «comaschi».



Regina dal 951 al 958 partecipò al movimento arte concreta» e si distinse per l'importan- za plastica e architettonica delle sue opere che già nel 19 1 la videro esperimentare con successo il plexiglas, bianco trasparente e colorato, per creare sculture trasparenti e scandite in estensione spaziale



Al di là di qualche imprecisione sulle date (soprattutto quella dell'adesione al Futurismo, su cui si tornerà nel quarto capitolo), quanto dice il critico milanese è certamente interessante. In particola- re, evidentemente, non solo è molto importante che Passoni registri la precoce sperimentazione materica di Regina (che d'altra parte non poteva essere sottaciuta da un critico in buona fede), ma soprattutto mi pare molto interessante il fatto che anche Passoni sposi la linea precisata da Belloli nella presentazione della mostra alla Galleria Minima, che tendeva a vedere in Regina un'astratti- sta della prima ora, «pur restando nel 'movimento futurista' sino al 194 ». Sulla questione del vero o presunto astrattismo di Regina negli anni Trenta, come già detto, si tornerà più avanti; per il momento mi preme solo sottolineare che per sostenere questa ipotesi - che era comprensibilmente accettata e ritenuta valida da un critico molto legato al MAC, e dunque in qualche modo tendente a valutare la parabola di Regina in termini di avvicinamento progressivo al concretismo - Passoni decide non a caso di esporre Il paese del cieco e la Torre (ovvero le due opere più 'astratte' di Regina) piuttosto che altri lavori degli anni Trenta che - pur essendo altrettanto sperimentali in quanto a novità di materiali e di tecniche - erano però ancora 'figurative'



La mostra viene recensita abbondantemente, e i primi articoli vengono pubblicati gdiverso tempo prima della sua inaugurazione. Il primo riscontro compare infatti su «L Avanti!» del 25 maggio a firma dello stesso Passoni , che tuttavia si limita semplicemente ad anticipare i nomi degli artisti; non molto diverso è anche l'articolo che compare l'8 luglio su «La tribuna politica», che però all elenco degli espositori aggiunge quanto meno una breve illustrazione del senso ultimo della mostra . Appena più dettagliata è anche l'anonima recensione de «Il Popolo», che ne sottolinea in particolare la sicura attualità



Una recensione più interessante - che tuttavia non ci dice nulla del rapporto tra Regina e il Futuri- smo, che più ci interessa - proviene dalla penna di Lorenza Trucchi , che come detto era coinvol- ta in prima persona nell'organizzazione della mostra in qualità di membro della commissione per gli inviti. La Trucchi evidenzia in primo luogo come la mostra sia dimostrazione dello stretto rappor- to intercorrente tra l'arte da un lato e la scienza e la tecnologia dall'altro, utilizzando peraltro le

«scoperte più straordinarie» evidenziate dalla mostra come grimaldello per addentrarsi in una più generale polemica con quanti in quegli anni sostengono la «morte dell'arte» e la riduzione del ruolo dell'artista a quello del designer (dal quale invece - secondo la Trucchi - lo differenzia «la funzione attiva, tavolta anche contestativa, atta a condizionare una situazione di imperante tecnocrazia ). Infine, il contributo passa rapidamente in rassegna alcune delle opere esposte, dedicando qualche riga ai lavori inseriti nella «sezione storica» della mostra



Se gli ambienti costituiscono il lato più spettacolare della rassegna, la vasta sezione dedicata alle singole opere non è meno interessante. È qui che troviamo infatti alcune storiche pre- messe all'impiego dei nuovi materiali e allo uso delle nuove tecniche. Ecco così Burri che presenta un gruppo di dieci splendide opere tali da nobilitare con il loro immutato prestigio l'intera mostra, e accanto a Burri ecco un «Concetto spaziale» del '56 di Fontana e due «po- limaterici» del '35 di Prampolini, e Manzoni (così in anticipo su tanta arte d'oggi) e Melotti con i suoi «metalli» del '35 di una emozionante attualità e Munari, il nostro più geniale inventore di tecniche sperimentali, e Veronesi e Regina un artista già scoperta da Persico nel '31 ed ora, a torto, troppo spesso dimenticata.








La Trucchi cita dunque Regina tra le artiste della sezione storica (e del resto, come abbiamo visto, le opere da lei esposte sono tra le più datate della rassegna); tuttavia, nelle sue considerazioni re- lative alla modernità della scultrice non accenna affatto alla sua partecipazione al Futurismo e a quanto da esso possa aver mutuato (né, d'altra parte, si comporta diversamente parlando di Muna- ri o dello stesso Prampolini). In altre parole, cioè, la Trucchi non inserisce né le sperimentazioni di Regina, né quelle degli altri ex-futuristi presenti in mostra, nella cornice avanguardistica costruita attorno a tali opere dal movimento marinettiano, che pure aveva quanto meno contribuito a definir- ne l'orizzonte; al contrario, sembra piuttosto presentarle come ricerche del tutto personali, irriduci- bili al minimo comune denominatore costituito dall'adesione al medesimo movimento.



Un'altra recensione, a firma in questo caso di Luigi Lambertini, compare sul numero di luglio- agosto de «Le Arti» : tuttavia, più che entrare nel merito della questione dei materiali, Lambertini propone una disamina molto intelligente - ma ai nostri fini di poca utilità - della logica strutturale della mostra



Ancora Passoni torna a parlare della mostra sul numero di luglio-novembre di «D'Ars Agency , con un più ampio articolo che si pone innanzitutto l'obiettivo di difendere la validità scientifica e l'at- tualità della rassegna dalle critiche dai detrattori, innervando al contempo - all'interno di tale di- scorso - considerazioni più generali relative alla «definizione» di arte (anch'esse funzionali alla

«difesa» della mostra). Tuttavia, una volta conclusa tale fondamentale pars destruens del contribu- to (che in alcuni passi assume quasi la forma dell'invettiva), Passoni si occupa anche, e più preci- puamente, della mostra: in primo luogo precisa gli obiettivi perseguiti e la metodologia utilizzata (senza però fornire - per noi - alcun dato in più rispetto a quanto già illustrato da lui e da Marussi nel catalogo della rassegna), e poi illustra rapidamente le «giustificazioni storiche» che - aggiun- gendosi alla scottante attualità della tematica - avevano condotto la commissione scientifica a de-

lineare la mostra. Si tratta di considerazioni assai interessanti che non sono presenti nel catalogo






LUIGI LAMBERTINI, In 61 a Caorle, in «Le Arti , luglio-agosto 19 9.

In particolare, Lambertini elogia la capacità di fondere struttura didattica» e «indagine estetico-operativa», indivi- duando al contempo in questa scelta una ascendenza storica» nell'operare del Bauhaus, nonc in «certe proposizioni sperimentali di materiali e tecniche nuove del Futurismo», senza contare che «ci sarebbe da dire del Dadibidem).

211 FRANCO PASSONI, Caorle 1 6 . Nuovi materiali nuove tecniche, in «D'Ars Agency», luglio novembre .






(se non in forma assai implicita), e che dunque vale la pena di citare perché in grado di integrare il senso dei testi già esaminati:



Il tema aveva anche delle giustificazioni storiche che risalivano all'ottocento, derivate dai fa- mosi rapporti tra scienza e arte, tecnologia e vita dell'uomo, particolarmente denunciati dalla crisi delle filosofie. Venne poi osservato che l impiego dei nuovi materiali nell'arte non era so- lo dovuto all'avanzamento d'una teoria estetica, che si è andata di volta in volta trasformando nel suo divenire, ma trovava un valido argomento nell'importante atteggiamento dei «futuri- sti» quando, allo [sic] inizio del secolo, rifiutarono la visione dell arte concepita unicamente dai precursori come «immobilità contemplativa», rigettando ogni conservatorismo frenante al- lo scopo di avvalorare le loro intuizioni avveniristiche.



Nell'articolo, dunque, con un sostanziale salto di qualità rispetto a quanto sostenuto nel catalogo, Passoni individua esplicitamente nell'atteggiamento «avveniristico» del Futurismo l'elemento sca- tenante di questa 'rivoluzione dei materiali dell arte' di cui la rassegna intende tirare le fila. Qual- che anno più tardi, in una pubblicazione dedicata specificamente all'utilizzo artistico dei materiali plastici - di cui si parlerà212 -, Passoni riprenderà il concetto precisandolo in maniera più dettaglia- ta.



Brevissima, ma molto acuta, è la segnalazione che Vanni Scheiwiller dedica alla mostra sulle pa- gine di «Panorama (accompagnandola peraltro con una riproduzione fotografica de Il paese del cieco ; abbiamo del resto già segnalato che l'autore intratteneva con Regina un rapporto assai stretto). Nonostante l'estrema brevità del suo intervento, Scheiwiller individua con precisione alcuni dei punti più controversi dell'esposizione, criticandone con ragioni ben argomentate sia l'assunto di fondo , sia certi elementi specifici ; particolarmente interessanti sono poi - per noi - le conside-

razioni sulla sezione storica:




FRANCO PASSONI, Arte e materie plastiche, Milano, Industrie pubblicazioni Audiovisive, 19 5.

VANNI SCHEIWILLER, Arte. Le mostre, in «Panorama», 14 agosto 1 69.

Purtroppo, erroneamente ruotata di novanta gradi.

215 Pur mostrando di apprezzare molto le opere esposte, Scheiwiller sostiene che «ben pochi dei presenti hanno una sia pur pallida idea della scienza e della tecnologia. Fanno eccezione il papà di tutti costoro, Bruno Munari e con lui Gianni Colombo e Ugo La Pietra. Un caso a s , alla rovescia è Fausto Melotti, presente con tre sculture del 1 35 e una del ' » (ibidem). In altre parole, cioè, a suo avviso, fatte salve le eccezioni citate tutti gli altri artisti non instaurano nessun rap- porto con la scienza, ma si limitano - banalmente - ad utilizzare i materiali che essa mette a disposizione.








Una simpatica sorpresa nella Sala dei Maestri (tra cui Lucio Fontana, Piero Manzoni e, se doveva esserci Enrico Prampolini, polimaterico, perché non Depero, Severini e tanti altri ) le tre opere di Regina, scultrice del secondo futurismo e poi tra i migliori astratti del nostro tem- po.



Scheiwiller, insomma, non sembra del tutto convinto dell'inserimento di Prampolini (probabilmente per le medesime ragioni che lo lasciano perplesso circa l'arruolamento di Burri ; secondariamen- te, se proprio Prampolini «doveva esserci», allora ritiene che la sezione sia incompleta, perché mancante di «Depero, Severini e tanti altri» (e in quei «tanti altri», dato l'esplicito riferimento al

«polimaterico», mi pare evidente che siano riconoscibili altri futuristi). Infine, segnalo che in questa recensione di Scheiwiller compare per la prima volta - a proposito dell opera di Regina - la locu- zione «secondo futurismo»: sarebbe interessantissimo capire cosa ne pensasse l'artista, ma co- munque - evidentemente - i contributi di Crispolti avevano ormai decretato un'estesa affermazione della definizione da lui coniata.



Tre giorni più tardi, il 17 agosto, scrive della rassegna Pino Zanchi su Il Giornale di Pavia : si tratta però, stavolta, di un testo che per noi è di scarsissimo interesse, più di cronaca (anche turi- stica) che di critica, in cui a Regina sono dedicate pochissime parole . L'ultima recensione della

mostra, con cui si chiude anche la bibliografia reginiana degli anni Sessanta, è un articolo di Sergio






216 Ad esempio, Scheiwiller contesta il fatto che tutti i materiali siano inovativi: «Lorenza Trucchi, che fa parte della com- missione inviti, dichiara con molto buon senso, che la mostra non vuole essere critica ma documentaria. È vero però che la scelta di materiali nuovi, non organici, prodotti su scala industriale, non ha più senso per il bellissimo 'Sacco rosso

6' di Alberto Burri, che non è certo un sacco sintetico»; va detto peche in nessun punto del catalogo i curatori so- stengono che i 'nuovi materiali' citati nel titolo della rassegna debbano necessariamente essere i materiali «non organici, prodotti su scala industriale» di cui parla Scheiwiller. Notevole, inoltre, benché per noi poco utile, è anche l obiezione cir- ca gli ambienti»: «E la formula dell'ambiente da allestire vale praticamente solo per Gianni Colombo, l'unico che ha cre- ato un vero ambiente. Non è un ambiente quello di Emilio Vedova, ma la documentazione del lavoro geniale dell'artista dal 0 al 1 69» ibidem).

217 Cfr. nota precedente.

218 PINO ZANCHI, Nuovi materiali, nuove tecniche in una mostra di eccezionale livello, in «Il Giornale di Pavia», 17 agosto


19 9.

219 «Regina, pavese, proveniente dal futurismo oggi entrata decisamente nello sic] astrattismo, è presente con sculture di largo respiro e vivida fantasia in alluminio, ferro «Paese del cieco», «Torre», «Terra-luna-ferro» (ibidem).






Tè pubblicato su «Il Secolo d'Italia» il 31 agosto e dedicato specificamente alle sette artiste don- ne presenti in mostra221 (sulla cui opera Tè esprime un giudizio lusinghiero). Il contributo riporta un breve giudizio su Regina, di cui cita la partecipazione al Futurismo:



Regine [sic] è il nome d'arte della moglie del pittore Luigi Bracchi. Nata a Pavia e residente a Milano, fin dal 1930 si è posta all'attenzione dei critici per delle sculture particolarmente au- daci, specie per quell'epoca, poiché erano realizzate in latta ed alluminio. Questa artista, considerata giustamente una delle maggiori e più brave precorritrici delle moderne tecniche artistiche, aderì in giovane età al grande movimento del Futurismo e, nel 1 40, creò le sue prime opere astrattiste. Oggi è presente alla Rassegna di Caorle con tre sculture in alluminio le quali pur portando le date del 19 5, 1937 e 1955 sono un ampio e concreto esempio di quanto i suoi lavori fossero, fin da allora, animati da un forte spirito innovatore.



Al di là di qualche dato impreciso, la recensione collega la novità delle sperimentazioni reginiane degli anni Trenta al clima stimolato da quello che addirittura viene definito come il «grande movi- mento del Futurismo». Credo che non possa sfuggire come in questo caso, a differenza di tanti al- tri che abbiamo esaminato, il Futurismo non sia citato - come dire - sottovoce, ma al contrario sia messo in evidenza con entusiasmo e clamore. Probabilmente, però, anche qui il motivo è di carat- tere politico: strumentalizzando il movimento marinettiano in senso inverso rispetto alla stampa an- tifascista, «Il Secolo d'Italia» esaltava invece il Futurismo anche per le sue posizioni politiche. Ba- sta d'altra parte leggere gli articoli che contornano quello su Regina per rendersi conto che l oriz- zonte politico domina - come è d'altra parte naturale, trattandosi di una testata di partito - ogni te-

sto pubblicato sul quotidiano


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