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Gaetano Donizetti, Vincenzo Bellini, Giuseppe Verdi e l'Opera italiana




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Gaetano Donizetti, Vincenzo Bellini, Giuseppe Verdi e l'Opera italiana


Nell'Italia ottocentesca ci si applicò quasi esclusivamente all'opera già diffusa nell'600. Quando parliamo di opera ci riferiamo alle voci,alle parole e al teatro. La scarsezza di un forte ceto medio portatore di autonomi valori culturali,impedì che anche in Italia fiorissero numerose come all'estero le società di concerti,facendo rimanere lo spettacolo operistico uno dei principali centri di attrazione sociale e artistica. Il teatro manteneva dunque la funzione assunta nel Settecento,presentandosi quale luogo di ritrovo serale e veicolo di divulgazione culturale per un pubblico collocato in classi. In campo musicale l'Italia ottocentesca creò una serie di capolavori. La concezione drammaturgica,si era differenziata rispetto al Settecento. Lo spettatore ottocentesco,non poneva in primo piano il godimento estetico ma la propria partecipazione emozionale:egli si voleva identificare con i personaggi,partecipando alle loro vicende quasi fossero le proprie seguendo lo scioglimento del dramma,lieto o triste come se si trattasse del proprio destino. I timbri vocali si fanno naturali ,giacchè è difficile identificarsi con un eroe impersonato da un soprano evirato come nel Settecento e sempre più frequentemente il protagonista diventa un tenore. Nelle trame degli anni'20 dell'Ottocento l'eroe è sempre un innamorato ardentissimo,il tiranno sempre enormemente cattivo, la donna sempre pura,tenera e sentimentale e tutti, si fanno dominare più dal loro sentimento che dalla ragione,le passioni estreme sostituiscono il razionalismo settecentesco;mentre i personaggi del Settecento vincevano i loro istinti passionali guidando le proprie azioni verso un immancabile lieto fine,i personaggi ottocenteschi sono travolti dai loro sentimenti ,precipitando immancabilmente verso il baratro di una tragedia (morte o follia). La musica che era un dei fini dello spettacolo dell'opera settecentesca divenne un mezzo per realizzare un dramma coinvolgente,nell'ambito della fruizione emozionale dell'opera ottocentesca,non vi sarà il predominio del librettista sul musicista,perché per 'dramma' si intende lo spettacolo completo,fatto non solo di parole ma anche di musica e di azione scenica. Anzi,il vero drammaturgo del teatro musicale ottocentesco è proprio il compositore. Scompare il recitativo secco in favore di quello accompagnato,per non prolungare la durata dello spettacolo imposero una riduzione del numero dei versi da cantare. In secondo luogo, mutò anche la loro qualità metrica:molte scene dialogate non erano più trattate musicalmente come recitativo ma come duetti vocali,il compositore aveva bisogno di versi misurati ,per permettere il canto simultaneo di più personaggi. Dunque i versi misurati prevalsero su quelli sciolti. La terza conseguenza riguarda lo stile poetico. Anche il testo dei libretti si adattò al fatto di essere più 'cantato'che 'recitato'.Nacque una vera e propria lingua dei libretti,adottando 'nomi in codice'al posto di quelli comuni:non si doveva usare 'volto' o 'faccia' ,ma 'sembiante'.Il dramma per musica settecentesco era divenuto dunque un dramma per musica.


Gaetano Donizetti e Vincenzo Bellini ,sono le personalità musicali più importanti del periodo incorniciati fra Rossini e Verdi. Donizetti nacque a Bergamo nel 1797. Attraverso il suo maestro Mayr il giovane bergamasco potè conoscere approfonditamente non solo l'opera francese,ma anche e soprattutto la musica strumentale del Classicismo viennese; ed ebbe anche la possibilità di studiare a Bologna per circa un anno e mezzo con il celebre padre Mattei. Munito di una così solida formazione,ottene i suoi migliori successi a Roma e a Napoli. Tra queste città pose le basi della sua fama con lavori quali,ad esempio,l'opera buffa L'ajo nell'imbarazzo,la farsa le convenienze e incovenienze teatrali e l'opera seria Elisabetta al castello di Kenilworth. Raggiunta la notorietà in tutta Italia Donizetti produsse opere molto significative tra cui si  segnalano le opere serie Anna Bolena ,Tarquato Tasso,Lucrezia Borgia e le più importanti una comica e l'altra seria:L'elisir d'amore e Lucia di Lammermoor. Bellini,nacque a Catania nel 1801,all'età di diciotto anni ottenne una borsa di studio per approfondirela sua formazione al Conservatorio di Napoli. La sua prima produzione teatrale fu l'opera semiseria Adelson e Salvini,eseguita nel 1825 presso il teatro del conservatorio. Il successo ottenuto gli fruttò la commissione di un'opera da rappresentarsi l'anno successivo al Teatro S.Carlo di Napoli,egli dunque srisse l'pera seria Bianca e Fernando. Un anno dopo un'opera più grande :l'opera seria Il pirata al Teatro alla scala di Milano,che lo consacrò tra i massimi operisti viventi. Librettista del pirata era il poeta Felice Romani,che da lì in poi fornì tutti i libretti belliniani tranne l'ultimo. Fino al 1833 egli visse a Milano, diviso tra i salotti più esclusivi della città e i migliori teatri dell'Italia settentrionale. Le sue opere erano talmente ben retribuite che egli potè permettersi di scriverne in media solo una ogni anno e in tutto ne compose solo dieci. La straniera ,Zaira, I Capuleti e i Montecchi, La sonnambula (la sua seconda ed ultima opera semiseria), Norma(la sua opera più celebre),Beatrice di Tenda. Sia Bellini che Donizetti si trasferirono a Parigi nello stesso periodo. Il primo fu Bellini, che giunse nella capitale francese nel 1833.A Parigi le esecuzione al Thèàtre-Italien del Pirata e dei Capuleti confermarono la sua notorietà,ottenendogli la commissione per quella che sarà la sua ultima opera: I puritani. Divenuto beniamino della buona società parigina , accolto con affetto e stima da musicisti quali Rossini e Chopin,egli vide troncati tutti i suoi progetti artistici da una morte prematura,avvenuta nello stesso 1835:quando non aveva ancora compiuto trentraquattro anni. Donizetti si spinse anche fino a Palermo,dove ricoprì la carica di maestro di cappella al Teatro Carolino nel 1825-1826:difatti,i teatri romani erano chiusi per l'anno santo,quelli napoletani per il lutto conseguente alla morte del re.Donizetti si trasferì a Parigi tre anni più tardi,proprio nel 1835 e conquistò in breve il massimo tempio della musica teatrale parigina:l'Opèra, dove nel 1840 vennero rappresentati I martiri e La favorita e l'Opèra-Comique La figlia del reggimento. Anche Vienna lo consacrò tra i massimi compositori dell'epoca,rappresentando la sua opera semiseria Linda di Chamounix e l'opera seria Maria di Rohan. La carriera teatrale di Donizetti si concluse nel 1843 sui palcoscenici parigini con l'opera buffa in italiano Don Pasquale(opera buffa che inaugura il genere comico sentimentale)e il grand opèra in francese Dom Sebastien. Da allora in poi per i danni causati da una malattia fu ricoverato in una casa di cura a Parigi e poi trasportato dal nipote Andrea a Bergamo,dove morì nel 1848. Differenze e similarità biografiche si rispecchiano anche nella produzioni dei due artisti. Ambedue dovettero fare i conti con l'eredità rossiniana perché le opere del pescarese continuavano a ' tenere cartello' in quasi tutti i teatri. Ma la grande differenza con lo stile rossiniano risiede nella vocalità(qualità del canto e maniera di trattare la voce umana sia nelle composizioni che nell'esecuzione):Bellini abolisce quasi tutte le colorature ,in favore di un melodizzare spianato. La linea melodica di Bellini scorre libera e fluida,e accumula una struggente tensione sino alla morte. La semplificazione della scrittura orchestrale era un tratto comune a tutta l'oper italiana di quel periodo,raggiungendo i limiti della banalità e del dilettantismo. Se bellini incarnò in pieno l'ideale di musicista italiano,Donizetti ebbe una dimensione europea.Bellini si dedicò all'opera seria ,Donizetti dedicò buona parte della sua produzione all'opera buffa,anzi ,egli fu il primo ad avviare una mescolanza tra i due generi,inserendo elementi buffi nell'opera seria ed elementi seri i quella buffa.Quando,nel 1843,la malattia impose a Donizetti di cessare la sua attività,il melodramma italiano si avventurava verso nuove direzioni. Già era attivo colui che sarebbe stato proclamato come il maggiore operista italiano dell'Ottocento:Giuseppe Verdi.



Verdi era nato il 10 ottobre del 1813 da una modestissima famiglia che aveva un'osteria in una frazione di Busseto,Le Roncole. Per studiare a 11 anni si trasferì a Busseto dove godette della paterna protezione di un agiato commerciante e dilettante di musica,Antonio Barezzi,ricevendo una buona educazione musicale. Compiuti i diciotto anni,nel 1832 il giovane musicista proseguì i suoi studi a Milano. Dopo una breve parentesi a Busseto si trasferì con la famiglia a Milano;nello stesso anno 1836 si era infatti sposato con la figlia maggiore di Barezzi, Margherita. L'avvio della sua carriera professionale coincise però con anni per lui molto duri. Malgrado il discreto successo raccolto dalla sua prima opera,Oberto,conte di San Bonifacio,la seguente opera buffa Un giorno di regno cadde miseramente;per di più gli morirono la moglie quanto i due figli . Depresso e demotivato,Verdi stava abbandonando l'attività di compositore;ma l'impresario della Scala Bartolomeo Morelli insistè in ogni modo per fargli scrivere un'opera nuova. Così Verdi scrisse il Nabucco e fu un vero trionfo. Oltre al suo valore artistico,l'opera dava un messaggio di ottimismo politico.(il coro "Và pensiero"incarnava e incarna tutt'oggi un profondo sentimento patriottico):

poiché lo spettacolo lirico iniziava a diventare un fenomeno di massa,fu usato in epoca risorgimentale per diffondere contenuti in gran parte ad esso estranei. Si aprirono così quelli che in seguito egli definirà "anni di galera":perché si dedicò anima e corpo alla composizione,con un ritmo di lavoro quasi frenetico:in dieci anni ,scrisse quattordici opere(nei quarantaquattro anni seguenti ne scrisse solo tredici) Citiamo innanzitutto I lombardi alla prima crociata del coro "Oh Signore,del tetto natio" ed Ernani,I due Foscari e Macbeth. Contrariamente a Donizetti e Bellini,concentrati soprattutto ad esprimere l'infelicità della vittima della vicenda,Verdi istalla nelle sue opere un fervoroso ottimismo,anche se il protagonista alla fine deve soccombere,egli rimane comunque il trionfatore per la propria carica di energia interiore. Il musicologo Gilles De Van ha tratteggiato in sintesi la drammaturgia verdiana,individuando quattro personaggi-tipo (l'eroe,l'eroina,il tiranno,il giustiziere;con i loro eventuali sottotipi(il seduttore,il rivale,il giustizie vendicativo e quello conciliatore). Verdi dunque costruisce la sua drammaturgia puntando sul incastro di una storia che deve proseguire a grande energia sino alla fine:tanto i personaggi quanto la musica sono intensi e ben strutturati.. La musica del primo Verdi dà una netta impressione di grande slancio,ma spesso parte subito con estrema vitalità. Anche dal punto di vista formale Verdi si serve di cìò che gli fornisce la tradizione,ma non si stanca di invocare dai librettisti soluzioni nuove,che lo stimolano a produrre novità in campo musicale. Verdi subisce l'influenza di due stili:il melodramma italiano dell'epoca e il grand opèra. Il 1848, anno di crisi politico-sociale in tutta Europa,portò molti cambiamenti tanto nel mercato operistico quanto nella vita e nella drammaturgia dello stesso Verdi. Innanzitutto,gli interventi della censura si inasprirono ovunque. In secondo luogo,la crisi economica cambiò il sistema impresariale e fece sorgere una nuova figura:l'editore. Era l'editore a commissionare le opere ai compositori(corrispondendo loro i regolari diritti d'autore); con questo sistema ad ogni ripresa si accrescevano i guadagni di editore e compositore. Anche Verdi risentì del cambiamento. Il suo ritmo di produzione rallentò,sia perché ormai era un compositore affermato e aveva raggiunto una solida agiatezza economica,sia perché stava cambiando la sua stessa concezione drammaturgica. Ecco allora,dopo Luisa Miller e Stiffelio,la celebre trilogia costituita da capolavori che non hanno più abbandonato i teatri di tutto il mondo:Rigoletto, Il trovatore e La traviata.





Nel 1855 Verdi scrisse i Vespri siciliani, per l'Opera di Parigi;ad esso seguì Simon Boccanegra e Un ballo in maschera. Dagli anni '60 al 1887 abbiamo solo tre opere,tutte grandi:La forza del destino, Don Carlos e Aida. Durante questi anni Verdi trascorse la maggior parte del tempo facendo il contadino,cioè amministrando la sua tenuta. Ma lavorò anche alla rielaborazione di molte delle sue opere precedenti,presentandole in una nuova versione. Egli cercò di organizzare una Messa da Requiem in memoria di Alessandro Manzoni. Dal 1878 al 1887 Verdi lavorò alla composizione della sua penultima opera:si tratta del "dramma lirico" Otello seguita da Falstaff. La sua ultima pubblicazione fu quella dei Quattro pezzi sacri:un'Ave Maria per coro(costruita su una specie di enigma armonico) le Laudi alla vergine Maria(per due soprani e due contralti),un Te Deum(per doppio coro e orchestra,una copia della cui partitura Verdi volle fosse seppellita con lui)e uno Stabat mater (per coro e orchestra). Verdi nelle sue opere volge il proprio sguardo sempre più verso l'interno dei personaggi che al loro esterno. I cori non raffigurano più un popolo ,una nazione unita dai suoi ideali ma rappresentano la massa volubile spesso indifferente. Egli si considerava soprattutto un uomo di teatro,più che un semplice compositore :l'importante era costruire un vero dramma che coinvolgesse lo spettatore dall'inizio alla fine. A tal fine egli richiedeva libretti composti appositamente e ispirati,ad autentici capolavori letterari. Verdi si andava accostando alle tendenze più moderne:orchestrazione sempre più raffinata,fraseologia sempre più sciolta,armonia sempre più duttile. Egli non aveva affatto intenzione di abolire le forme chiuse ,ma di servirsene. Tutto doveva contribuire a realizzare l'unità totale dello spettacolo e tutto era sorvegliato con accuratezza da Verdi in persona:musica,testo,recitazione,scene,costumi,illuminazione. Ricordi pubblicò le "disposizioni sceniche" per le opere verdiane:una specie di istruzioni per la regia. Verdi poi teneva più ad un avvincente presenza scenica dei cantanti che alla loro purezza vocale. Con Otello e Falstaff,Verdi raggiunge la vicinanza al dramma parlato,senza rinunciare a un'autonomia della musica rispetto al testo. Non sono aboliti i confini tra parti dialogico-drammatiche e parti liriche,ma sono capovolti i rapporti:se prima il dialogo era solo una specie di trampolino di lancio per lo sfogo emozionale del pezzo lirico,ora esso stesso è la parte più coinvolgente e vibrante,mentre le sezioni puramente liriche,ridotte spesso a piccole dimensioni,non sono che una sorta di momento di respiro.









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