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Ebrei, ebraismo e antisemitismo




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Ebrei, ebraismo e antisemitismo













In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,

ogni altra vita


Umberto Saba




Ogni volta che a un gruppo di persone si insegna a odiarne un altro,

si inventa una menzogna per fomentare l'odio e giustificare un complotto.


Will Eisner







L'ebraismo e la letteratura latina

Nel quinto libro delle Historiae Tacito si accinge a narrare i fatti avvenuti all'inizio del 70 d.C. in Giudea, la turbolenta provincia orientale che comprendeva l'intera Palestina. Sebbene Cesare e Augusto avessero provveduto a garantire agli Ebrei una piena libertà di culto e l'esenzione dal servizio militare, all'inizio del I secolo d.C. in Giudea si rafforzarono i sentimenti antiromani, almentati sia dal pesante fiscalismo dell'autorità sia dall'influenza esercitata sul popolo dalla setta degli "zeloti", che predicavano l'imminente arrivo di un Messia guerriero che avrebbe liberato il popolo dal giogo romano. Il malcontento sfociò in aperta rivolta nel 66 d.C., sotto Nerone. L'insurrezione poté essere domata solo da Vespasiano e da suo figlio Tito, che nel 70 pose sotto assedio Gerusalemme, ultimo baluardo degli insorti.


Nei confronti dell'ebraismo i Romani sembravano stregati da un ambivalente miscuglio di attrazione e repulsione. Mentre infatti i Greci e gli Egiziani sottolineavano con più forza i caratteri di empietà e misantropia tipici -dal loro punto di vista - della cultura ebraica, per i Romani le cose stavano diversamente. Se da un lato manifestavano sentimenti di disgusto e ironia nei confronti degli Ebrei, dall'altro arrivavano addirittura a dichiarazioni di ammirazione e comunque di rispetto per la fede nel dio unico. Quello che però li ossessionava era la tendenza tipicamente ebraica al proselitismo[1]. A ben vedere, questo è precisamente l'atteggiamento dei Romani stessi nei confronti delle culture sottomesse. Su questo piano, essi avvertivano, evidentemente, la presenza di un nemico pericoloso, che combatteva con le loro stesse armi. Gli Ebrei, insomma, sottolineando la loro "separatezza", rifiutavano di essere assimilati dalla società romana, ma di fatto si infiltravano in essa, facevano seguaci presso tutte le classi sociali, minavano alla base la compattezza e l'integrità della società.


Ma vediamo adesso in che modo l'atteggiamento dei Romani nei confronti degli Ebrei si rifletta nella letteratura latina. Un primo dato che risalta è la forte impressione esercitata sui Romani dalla aniconicità del dio ebraico[2]:


"Gli Ebrei non dichiarano a quale divinità è dedicato il tempio di Gerusalemme, né vi si trova alcuna immagine, dal momento che non pensano che il dio abbia una qualche figura"

[Tito Livio, citazione di un'opera perduta]


Anche Giovenale menziona più di una volta gli Ebrei nelle sue satire: ad esempio, nella satira XIV, nella quale l'autore affronta il tema dell'eredità di vizi e virtù che i figli ricevono dai padri:


"Altri figli ancora, avendo avuto dalla sorte un padre che si preoccupa con timore del sabato, non adorano altro che le nuvole e la potenza del cielo, e sono convinti che non ci sia nessuna differenza tra la carne umana e quella di porco, da cui già il padre si asteneva, e presto si fanno circoncidere. Abituati poi a non curarsi delle leggi romane, imparano a memoria il diritto giudaico, lo osservano e lo temono, insieme con tutto quanto ha tramandato loro Mosè col suo misterioso rotolo, e soltanto ai loro correligionari indicano la strada, soltanto ai circoncisi la fonte. La colpa è del padre, che ogni sette giorni stava in ozio e rifiutava qualunque occupazione."


In questi versi c'è davvero il concentrato della prassi ebraica, i cui elementi sono collocati in un significativo climax: dall'osservanza del sabato e della fede in un dio che non è "altro che nuvola", si passa al cuore dell'essere giudeo, la pratica della circoncisione. È questa che sancisce la separatezza (e quindi la "pericolosità") dei veri iniziati.

Seneca, in un passo del suo perduto De superstitione, definisce gli Ebrei sceleratissima gens e biasima il fatto che essi abbiano diffuso le proprie usanze per omnes terras, al punto che "victi victoribus leges dederunt"[3]; subito dopo, sostiene che gli Ebrei "si comportano senza senso pratico, perché con quei giorni ricorrenti ogni settimo perderebbero nel riposo circa un settimo della vita".


Altro importante documento sulla presenza degli ebrei nella storia romana è Il resoconto di Tacito sulla repressione della rivolta giudaica. Questo 'capitolo' si apre con un excursus sulle origini degli Ebrei, sulle loro usanze e credenze; un excursus su un popolo che agli occhi dello storico e dei suoi contemporanei doveva apparire decisamente singolare.


"Per i Giudei è profano tutto ciò che per noi è sacro, è ammesso invece ciò che da noi è aborrito. [.] Tra loro infatti la lealtà è tenace, facile il soccorso, ma rancoroso l'odio verso tutti gli altri. Mangiano tra loro, non dormono insieme a esctranei. [.] Presero l'uso di circoncidersi per marcare la propria diversità. Lo stesso fanno quanti abbracciano quel loro modo di vita: ma apprendono innanzitutto a disprezzare gli dei, rinnegare la propria origine, non tenere conto alcuno di genitori, figli, fratelli. C'è molta cura per la propagazione della stirpe: perciò è empio uccidere un figlio se c'è già un erede[4][.]. Piuttosto che bruciare i cadaveri usano seppellirli."


Dalle parole di Tacito possiamo comprendere quanto i Romani considerassero la cultura ebraica come una minaccia: in tutto questo excursus, infatti, vi è una forte contrapposizione tra il mos Iudaeorum[5] e il mos maiorum : lontanissimi tra loro, questi due tipi di mos hanno dei caratteri di esclusività che non ammettono possibilità di fusione. Possono solo guardarsi da lontano, sotto la lente del disprezzo.

Un falso storico clamoroso: i Protocolli dei Savi di Sion

Nel 1905 un prete russo di nome Sergei Nilus pubblicò, in appendice a una sua opera sulla venuta dell'Anticristo sulla Terra, un presunto documento segreto dal titolo I Protocolli dei Savi di Sion, che descriveva un ipotetico piano per la conquista del mondo da parte degli ebrei. Nilus asseriva che i Protocolli erano opera del primo convegno sionista tenutosi a Basilea nel 1987, nel corso del quale gli anziani avrebbero indicato alle giovani generazioni gli strumenti per poter manipolare le masse e instaurare un nuovo ordine politico: la diffusione di idee liberali, la promozione della libertà di stampa, la contestazione dell'autorità tradizionale e dei valori cristiani e patriottici, il controllo della finanza e dei mezzi di comunicazione. In realtà, i Protocolli altro non erano che un falso della polizia zarista[7], impegnata a scaricare sugli ebrei il malcontento popolare. Tutto ciò finì per favorire l'antisemitismo e per obbligare molti ebrei, soprattutto dell'Europa orientale, a emigrare per sfuggire ai pogrom e all'ostilità della gente. Già nel 1921 il Times di Londra aveva dimostrato che si trattava di un falso, tuttavia negli anni Trenta i Protocolli furono usati in Germania dalla propaganda nazista per giustificare la persecuzione ebraica, diventando una lettura obbligatoria per gli studenti tedeschi; in seguito lo diventarono anche in Italia, in appoggio alla campagna antisemita.

I Protocolli dei Savi di Sion hanno ancora oggi dei sostenitori, in particolare nel mondo arabo e musulmano, che fanno leva su questo pamphlet per dimostrare la tesi del complotto ebraico. Il volumetto viene tuttora ristampato ed è oggetto di studio nelle scuole, ad esempio in Arabia Saudita.

Per capire meglio l'attualità dei Protocolli, riporto una menzione che ne ha fatto il giornale statale egiziano "Al-Akhbar" del 3 febbraio 2002:


"Tutti i mali che affliggono il mondo sono dovuti al sionismo. Questo non deve sorpendere perché 'I Protocolli dei Savi di Sion', che furono redatti dai loro anziani più di un secolo fa, stanno procedendo in base a un piano ben preciso e a una meticolosa tabella di marcia ed essi dimostrano che, sebbene siano una minoranza, il loro obiettivo è quello di dominare il mondo e la razza umana."


Infine, ecco un raffronto fra due paragrafi tratti dalle opere di Jolie e di Golovinski in cui viene citata la divinità indù Visnù[9] come similitudine:

"Come il dio Visnù, la mia stampa avrà centinaia di braccia, e queste braccia tasteranno ogni possibile opinione in tutto il paese"

(Machiavelli, Dialogo agli inferi tra Machiavelli e Montesquieu, p.141)

  • "Questi giornali, come il dio indiano Visnù, avranno migliaia di mani, ognuna delle quali sentirà il polso delle diverse pubbliche opinioni"

(I Protocolli dei Savi di Sion, p.43)

Antisemitismo in Germania: la Shoah

Olocausto o Shoah?

Il genocidio degli Ebrei ad opera del regime nazista viene spesso definito olocausto, una parola derivante dal greco che letteralmente significa "rogo sacrificale offerto a Dio" e si riferisce ai sacrifici che gli antichi ebrei erano tenuti a compiere in base al testo sacro della Torah, durante i quali alcuni animali venivano uccisi secondo un certo rito e bruciati sull'altare del tempio. Solo in tempi recenti il termine olocausto è stato usato per definire lo sterminio programmato di milioni di ebrei. Ma, visto il significato religioso della parola, oggi molti osservatori, e soprattutto gli stessi Ebrei, trovano problematico usarla in riferimento ai feroci massacri attuati dai nazisti, come se l'uccisione di milioni di Ebrei fosse stata una "offerta a Dio". Per questo viene preferito il termine shoah[10] che in lingua ebraica vuol dire distruzione (ma anche desolazione, calamità), nel senso di sciagura improvvisa e inattesa.

La "soluzione finale"

I tedeschi sottoposero i Paesi conquistati, particolarmente quelli dell'Europa centro-orientale, a un brutale sfruttamento delle risorse umane e materiali, assoggettandone le popolazioni e procedendo all'eliminazione di quelle ritenute razzialmente inferiori.

Nel quadro del "nuovo ordine hitleriano"[11], il 20 gennaio 1942, con la conferenza di Wannsee, presso Berlino, prendeva ufficialmente avvio la "soluzione finale", lo sterminio degli ebrei, peraltro già avviato nei mesi precedenti. Da tempo oggetto di discriminazione e persecuzioni, la popolazione ebraica, additata da Hitler come il nemico per eccellenza, fu avviata da tutti i Paesi conquistati (dove gli ebrei erano stati confinati nei ghetti e costretti a esibire la stella gialla) dai tedeschi nei lager : sei milioni di ebrei, torturati, massacrati, eliminati nelle camere a gas e nei forni crematori, persero la vita nei campi di concentramento e di sterminio. La politica di sfruttamento, di sterminio, di terrore attuata nell'Europa conquistata garantì alla Germania una disponibilità di forza-lavoro servile, di beni e di materie prime che la sostenne nel corso della guerra, anche dopo che "l'invincibilità" dell'Asse cominciò a vacillare.

Un altro tipo di antisemitismo: il revisionismo.

La corrente del revisionismo - o negazionismo[14] - della Shoah sostiene che gli ebrei morti furono molto meno di 6 milioni (in genere, li quantificano nell'ordine delle decine o centinaia di migliaia), e che la loro morte non fu il frutto di una deliberata politica genocida dei Tedeschi. Tali affermazioni sono però in totale contraddizione con tutti i dati e le ricostruzioni storico-documentali, basate anche sugli stessi documenti ufficiali interni del Reich.

Antisemitismo in Italia: il Manifesto della razza e le leggi  razziali

In seguito all'istituzione dell'Asse Roma-Berlino nell'ottobre 1936, in Italia vennero presi dei provvedimenti persecutori nei confronti degli Ebrei, con cui il nostro Paese si allineò alla politica razzista e antisemita di Hitler.

Le leggi razziali presero le mosse dalla pubblicazione, il 15 luglio 1938, di un Manifesto della razza, firmato da 180 scienziati aderenti al regime, anche se alcuni storici ritengono che quel manifesto sarebbe stato redatto quasi completamente da Mussolini: ciò emergerebbe dai diari del ministro dell'Educazione nazionale Giuseppe Bottai e del ministro degli Esteri Galeazzo Ciano. Il manifesto dichiarava esplicitamente l'adesione del fascismo alle teorie razziste:


"È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti [.]. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto [.]. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia, perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani."


A partire da questo documento, fra la fine dell'estate e l'autunno del 1938, furono emanati diversi decreti legge, a cui fece seguito una Dichiarazione sulla razza emessa dal Gran Consiglio del Fascismo, successivamente adottata dallo Stato con un regio decreto legge del 17 novembre. I provvedimenti contemplavano, tra le altre cose, l'esclusione degli Ebrei dalle scuole pubbliche, il divieto di matrimonio con italiani, il divieto di possedere aziende e beni immobili, il divieto di prestare servizio nell'amministrazione statale e parastatale, nelle banche e nelle assicurazioni, il divieto di prestare servizio militare.

Numerosi scienziati e intellettuali ebrei, colpiti dai provvedimenti fascisti, emigrarono negli Stati Uniti: tra loro vanno ricordati i fisici premi Nobel Emilio Segré ed Enrico Fermi[15] (due dei "ragazzi" di via Panisperna).

L'insegnamento in scuole riservate agli ebrei non venne proibito, ma fra gli insegnanti ebrei che furono costretti a lasciare la loro cattedra nelle università vi furono insigni studiosi come Benvenuto Terracini[16] e Attilio Momigliano .


Nel volantino di propaganda venivano illustate in sintesi le leggi, più o meno secondo questo schema:


Gli ebrei non possono: prestare servizio militare; esercitare l'ufficio di tutore; essere proprietari di aziende interessanti la difesa nazionale; essere proprietari di terreni e fabbricati; avere domestici ariani.

Non vi possono essere ebrei: nelle amministrazioni militari e civili; nel Partito; negli Enti provinciali e comunali; negli Enti parastatali; nelle banche; nelle assicurazioni.
L'ebraismo e la fisica: i Ragazzi di Via Panisperna

I Ragazzi di via Panisperna è il nome con cui è divenuto noto il gruppo di fisici, quasi tutti giovanissimi, che presso il Regio istituto di fisica dell'Università di Roma allora ubicato in via Panisperna, collaborarono con Enrico Fermi alle ricerche che dettero l'avvio alla realizzazione del primo reattore nucleare e della bomba atomica .

Il gruppo nacque grazie all'interessamento di Orso Mario Corbino, fisico, già ministro, senatore e direttore dell'Istituto di fisica di via Panisperna, il quale riconobbe le qualità di Enrico Fermi e si adoperò perché fosse istituita per lui nel 1926 la prima cattedra italiana di Fisica teorica. A partire dal 1929, Fermi e Corbino si dedicarono alla trasformazione dell'Istituto in un moderno centro di ricerca. Per il settore sperimentale, Fermi poté contare su un gruppo di giovani fisici: Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Emilio Segrè, ai quali nel 1934 si aggiunsero Bruno Pontecorvo e il chimico Oscar D'Agostino; in campo teorico, si distingueva la figura di Ettore Majorana.


Le loro ricerche di laboratorio riguardarono inizialmente la spettroscopia[20] atomica e molecolare, quindi si orientarono verso lo studio sperimentale del nucleo atomico: attraverso il bombardamento di varie sostanze mediante neutroni, ottenuti irradiando il berillio con particelle alfa emesse dal radon , fu possibile rendere artificialmente radioattivi numerosi elementi stabili. Sul versante teorico, importantissimi per la comprensione della struttura del nucleo atomico e delle forze che vi agiscono furono i lavori di Majorana e di Fermi, il quale tra il 1933 e il 1934 pubblicò la fondamentale teoria del decadimento beta .


Nel 1938, anche a causa delle leggi razziali e dell'ormai prossima seconda guerra mondiale, il gruppo si disperse e la maggior parte dei 'ragazzi' emigrò all'estero. Del gruppo rimasero in Italia Amaldi, che fu poi l'artefice della ricostruzione della fisica italiana nel dopoguerra e fra i fondatori del CERN[25] e il chimico D'Agostino.

La palazzina di via Panisperna è oggi inclusa nel comprensorio del Viminale, sull'omonimo colle romano che ospita la sede del Ministero dell'Interno; l'edificio è destinato ad accogliere in un prossimo futuro il Centro di studi e ricerche e il Museo di fisica intitolati a Enrico Fermi.

Ebrei nella letteratura italiana: Umberto Saba


Poeta del Novecento, Saba nacque il 9 Marzo 1883 a Trieste, da madre ebrea e padre cristiano. La mancanza della figura paterna costrinse la madre ad affidare il bambino alla balia slovena Peppa Sabaz; egli fu subito conquistato dal carattere estroverso, allegro ed espansivo della nutrice, che lo portò ad allontanarsi dalla figura della madre causando in lui il disagio di un'ambivalenza affettiva che lo tormentò per tutta la vita . Il cognome d'arte Saba, che il poeta assunse dopo i precedenti Chopin e Umberto di Montereale, sembra fosse legato al forte ricordo della nutrice; mentre altri lo attribuirebbero alla parola ebraica saba che significa 'nonno' o, secondo alcune più probabili fonti, "pane".


Nel periodo di produzione dell'autore, a Trieste, unico porto dell'Impero Austro-Ungarico, circolavano tre lingue: il tedesco, il dialetto, lingua maggiormente in uso, e l'italiano, che faceva parte di una tradizione letteraria alta alla quale Saba aderì con una poetica semplice e originale che si allontanava dalle correnti dominanti del tempo. Tutti gli aspetti della vita giornaliera e della sua stessa vita entrano nella sua poesia attraverso parole domestiche, le prime venute, 'parole senza storia',e quindi scelte per la loro concreta oggettività. La donna amata è per lui una sorta di appoggio concreto nella vita di tutti i giorni; Trieste rappresenta invece l'espressione del suo stato d'animo.


Di Saba possiamo dire che egli si rende compartecipe dei sentimenti da lui espressi nelle sue stesse poesie; egli è infatti legato a ciò che racconta da una forte affettuosità, che fonde un premeditato oggettivismo con una spontanea soggettività. Il giudizio della critica sull'opera di questo poeta fu inizialmente perplesso, soprattutto a causa dei suoi versi, giudicati apparentemente poco dotati di freschezza ed originalità. Oggi Saba, compreso al di fuori degli schemi dell'epoca, viene considerato uno dei più grandi poeti del Novecento italiano.

 Saba e le leggi razziali del 1938

Saba, colpito dalle leggi razziali, per la sua origine ebraica, lasciò l'Italia per recarsi a Parigi. Emblematiche sono le parole di questa lettera inviata a Benito Mussolini e alla Direzione Generale per la Demografia e la Razza


'Per un commerciante la Patria può essere anche là dove guadagna; ma toglierla ad un poeta è per lui una sofferenza atroce; è come togliere la madre ad un bambino'.


In questa lettera l'autore richiedeva di essere considerato a tutti gli effetti italiano, non ebreo, e che gli venisse dunque eliminata la discriminazione "per meriti letterari di carattere nazionale'.

Ebrei nella filosofia: Popper e la falsificabilità scientifica

Partendo da una riflessione sulle scoperte fisiche dei primi del Novecento, Popper ha elaborato un'epistemologia[29] definita Razionalismo critico per il valore attribuito al metodo critico.


Cenni biografici

Karl Popper è nato nel 1902 da una famiglia di origini ebraiche a Vienna, dove studiò filosofia, matematica e fisica, entrando in contatto con il Circolo di Vienna[30]. Nel 1934 pubblicò Logica della ricerca scientifica. Nel 1937, poco prima che l'Austria venisse annessa dalla Germania nazista, riparò in Nuova Zelanda, dove pubblicò Che cos'è la dialettica? (1937), La società aperta e i suoi nemici (1945), La miseria dello Storicismo (1945). Dal 1946 si trasferì in Inghilterra dove ha pubblicato numerose opere, tra cui Congetture e confutazioni (1962), La ricerca non ha fine (1974), L'io e il suo cervello (1962), I due problemi della teoria della conoscenza (1979), Poscritto alla logica della scoperta scientifica (1983). Popper è morto a Londra nel 1994.


Il principio di falsificabilità e la critica all'induzione[31]

Nella Logica della ricerca scientifica (1934), Popper afferma che la scienza è l'unica forma di conoscenza valida; inoltre, introduce il principio di falsificabilità come criterio di scientificità di una teoria.

Secondo questo principio, una teoria è scientifica quando indica possibili esperienze in grado di smentirla. Tali esperienze sono esprimibili come "asserzioni-base", enunciati elementari sotto forma di proposizioni singolari controllabili dai diversi osservatori scientifici.

La validità delle asserzioni-basedipende dal fatto che gli scienziati di un certo periodo storico le riconoscono come validi strumenti di controllo teorici. Ne consegue evidentemente che la base empirica delle scienze oggettive non ha in sé nulla di assoluto:


"La scienza non riposa su un solido strato di roccia. L'ardita struttura delle sue teorie si eleva sopra una palude. È come un edificio costruito sulle palafitte".


Il principio di falsificabilità rappresenta un criterio di demarcazione tra scienza e ciò che non è scienza, ossia ciò che si presenta come inconfutabile. Tale principio, che insiste sulla smentita più che sulla conferma, suona come una sfiducia nei confronti dell'induzione, che non può mai realmente esaurire la totalità dei casi da prendere in considerazione: non sarà mai possibile affermare che "tutti i cigni sono bianchi", perché sarà sufficiente anche un solo cigno nero, per falsificare completamente la tesi iniziale.

Ebrei nell'arte contemporanea: Emanuele Luzzati

Emanuele Luzzati (Genova, 3 giugno 1921 - Genova, 26 gennaio  ) è stato un pittore, animatore, illustratore e scenografo italiano. Ai suoi lavori usava dare un'impronta tipica del mondo del teatro, arricchendo le scene con fondali, sipari e quinte. Il suo tratto peculiare è stata la visionaria e trascinante creatività coloristica capace di trasformare ogni fotogramma in illustrazione. È stato anche ceramista e decoratore. La sua opera più conosciuta è il mediometraggio Il flauto magico. Fra i suoi principali lavori per il cinema figurano anche i titoli di testa dei celebri film di Mario Monicelli di Brancaleone.


Cenni biografici:

Diplomatosi all'Ecole des Beaux Arts di Losanna (dove si era trasferito in seguito alla promulgazione delle leggi razziali in Italia), ha esordito nel mondo della animazione nel 1960 con il cortometraggio I paladini di Francia, in collaborazione con Giulio Giannini, con il quale in seguito ha prodotto poi numerosi film a disegni animati, tra i quali Il Castello di carte del 1962, La gazza ladra del 1964 (premiato al Festival di Annecy), Alì Babà, Turandot e Pulcinella (che ha ottenuto una nomination ai Premi Oscar nel 1974 nella categoria dedicata ai soggetti per film di animazione).


Ha realizzato bozzetti per i più importanti teatri italiani e stranieri. Da ricordare le sue collaborazioni con il London Festival Ballet, con il Glyndebourne Festival, con la Chicago Opera House e con la Staatsoper di Vienna.


Si è occupato anche di illustrazione per l'infanzia producendo alcune opere di cui è autore anche del testo letterario (Tarantella di Pulcinella, I tre fratelli) e illustrando le fiabe italiane di Italo Calvino nonché diversi testi e filastrocche di Gianni Rodari. Ha illustrato, nel 1976, 'Dodici Cenerentole in cerca d'autore' di Rita Cirio


Luzzati è stato l'autore del logo del Palio di Asti per il quale, come uno dei maestri del Palio, ha realizzato i drappi offerti alla Collegiata di San Secondo e al vincitore della corsa, negli anni 1983 e 2005.


Nel corso della sua lunga carriera Luzzati si è interessato anche al simbolismo dei Tarocchi. All'inizio degli anni 90 realizzò la scenografia per un serie di concerti di Fabrizio de André usando le gigantografie di Tarocchi piemontesi.

Nel 2001 ha dipinto ex-novo per le Edizioni d'Arte Lo Scarabeo di Torino i Tarocchi bambini.

Nel porto antico di Genova è attivo dal dicembre del 2000 un museo che porta il suo nome

Il Dilettevole Giuoco della Gazza Ladra



Questa illustrazione di Emanuele Luzzati, intitolata 'Il dilettevole giuoco della Gazza Ladra', è stata ideata come un bozzetto per una sorta di reinterpretazione del gioco dell'oca. Questo capolavoro sui generis è caratterizzato dalla presenza del Pulcinella, figura tipica nell'immaginario di questo artista ebreo, insieme a tutte quelle maschere a lui legate che gli sono affiancate nelle sue avventure (come si può vedere in altre sue opere): la moglie dispotica e prepotente, i carabinieri freddi e inespressivi e la gazza ladra, disturbatrice di pulcinella nei suoi momenti di ozio. Come si può notare riprende la forma tipica del gioco dell'oca, ma questa volta ha qualcosa in più, in quanto il Nostro si inventa anche un regolamento tutto nuovo: infatti, quando è stata esposta (postuma) nel 2008 per la prima volta al museo Luzzati di Genova, in una sala a lei completamente dedicata, è stato possibile giocare con tanto di pedine e dadi offerti dal museo. Questo riprende in pieno lo spirito di un uomo quale era Luzzati, una persona semplice, solare e scherzosa che vedeva il mondo con lo sguardo affascinato di un bambino che dava ad ogni stato d'animo un colore diverso e alla realtà dei colori sgargianti.

Bibliografia, sitografia e fonti:


Definizioni

Grande Dizionario della Lingua Italiana 2010, Milano, Garzanti Linguistica, 2009

L'ebraismo e la letteratura latina

AA. VV., Limina 4. L'età imperiale e la tarda antichità, a cura di M. Bettini, Firenze, La Nuova Italia, 2005.

Un falso storico clamoroso: I Protocolli dei Savi di Sion

A. Brancati, T. Pagliarani, Dialogo con la storia 3. Il Novecento, Firenze, La Nuova Italia, 2007

A. Foa, Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento, Roma-Bari, Laterza, 2009

C. Catapano, S. Nilus, I Protocolli dei Savi di Sion, Milano, Lacerna, 1972

W. Eisner, Il Complotto: la  storia segreta dei Protocolli dei Savi di Sion, Torino, Einaudi, 2006

Antisemitismo in Germania: la Shoah

A. Brancati, T. Pagliarani, Dialogo con la storia 3. Il Novecento, cit.

A. Foa, Diaspora, cit.

A. Bussotti, Storia Contemporanea, Sesto San Giovanni, Edizioni Bignami, 2009

Antisemitismo in Italia: il Manifesto della razza e le leggi razziali

A. Brancati, T. Pagliarani, Dialogo con la storia 3. Il Novecento, cit.

A. Foa, Diaspora, cit.

L'ebraismo e la fisica: i Ragazzi di Via Panisperna

A. Foa, Diaspora, cit.

V. Ragazzi di via Panisperna in Wikipedia, l'enciclopedia libera (https://it.wikipedia.org/wiki/Ragazzi_di_via_Panisperna)

Ebrei nella letteratura italiana: Umberto Saba

A. Foa, Diaspora, cit.

V. Saba, Umberto, in Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere e Arti, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1979

G. M. Anselmi, G. Fenocchio, E. Raimondi, Tempi e immagini della letteratura 6, il Novecento, Milano, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, 2008

Ebrei nella Filosofia: Popper e la falsificabilità scientifica

A. Foa, Diaspora, cit.

A. Bussotti, Filosofia Contemporanea, Sesto San Giovanni, Edizioni Bignami, 2007

N. Abbagnano, G. Fornero, Protagonisti e testi della filosofia, Torino, Paravia, 2007

Ebrei nell'arte contemporanea: Emanuele Luzzati

V. Luzzati, Emanuele, in Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere e Arti, cit.

Museo Luzzati: https://www.museoluzzati.it

V. Emanuele Luzzati in Wikipedia, l'enciclopedia libera, (https://it.wikipedia.org/wiki/Emanuele_Luzzati).



Il proselitismo è lo sforzo di fare nuovi seguaci della propria religione o dottrina. Si presenta, in sostanza, come uno sforzo per assimilare senza essere assimilati, propagandare i propri usi, costumi e tradizioni per mantenere la propria identità nelle società di diversi usi e costumi in cui si entra.

Il dio ebraico non è rappresentato, quindi è aniconico, cioè privo di icone e rappresentazioni.

"I vinti hanno dettato legge ai vincitori"

Possibilità che, invece, era contemplata dallo ius Romanum, secondo cui un padre di famiglia poteva non riconoscere come legittimo il figlio nato dopo il primogenito.

Cioè la tradizione, gli usi e i costumi dei giudei.

Ovvero il rispetto per la moralità e per le tradizioni degli antenati.

L'autore fu Mathieu Golovinski, che ispirandosi al pamphlet satirico di Maurice Jolie contro Napoleone III, Dialogue aux enfers entre Machiavel et Montesquieu, elaborò un programma con numerose tecniche per impadronirsi del controllo della società.

I pogrom erano violente sommosse popolari contro le comunità ebraiche che si concludevano con distruzioni e massacri indiscriminati. Il primo pogrom fu attuato nel 1881 in seguito all'assassinio dello zar Alessandro II. Oggi il termine è esteso non solo agli ebrei, ma a qualsiasi minoranza politica, etnica o religiosa che subisca persecuzioni.

Visnù è una divinità indù caratterizzata dalle sue numerose braccia. Ulteriore prova di come vi sia un netto legame tra i Dialoghi e i Protocolli è l'utilizzo delle stesse similitudini.

Traslitterato anche shoa o sho'ah

Cioè il progetto di Hitler sull'Europa

Sono i campi di concentramento e sterminio, in tedesco Konzentrationslager; i principali furono Auschwitz, Mauthausen, Dachau, Buchenwald, ma ce ne furono molti altri.

L'Asse è un patto di amicizia stipulato nell'ottobre 1936 tra Italia e Germania, il nome intero è Asse Roma-Berlino; verrà ad aggiungersi a questo patto anche il Giappone nel 1937, e questa alleanza prenderò il nome di Asse Roma-Berlino-Tokio.

Il termine 'negazionismo' è stato coniato per sottolineare come gli appartenenti a questa corrente di pensiero neghino la veridicità storica della Shoah.

Enrico Fermi fu costretto ad emigrare in quanto aveva sposato una donna ebrea.

Grandissimo linguista, glottologo e letterato italiano.

Celebre critico italiano.

Il primo reattore nucleare sarà costruito da Enrico Fermi nel 1942 con la sua équipe a Chicago.

La prima bomba atomica fu realizzata nel 1942 a seguito di un progetto sviluppato segretamente che coinvolse i più grandi fisici dell'epoca, molti dei quali rifugiati dall'Europa.

La spettroscopia è quella disciplina che studia lo spettro della luce e la sua natura ondulatoria.

Il berillio ha la proprietà di essere un moltiplicatore neutronico, in quanto assorbe un neutrone e ne rilascia altri due.

Le particelle alfa o raggi alfa sono una forma di radiazione corpuscolare altamente ionizzante e con un basso potere di penetrazione dovuto all'elevata sezione d'urto. Consistono di due protoni e due neutroni e si tratta quindi di nuclei di Elio.

Il radon è un gas fortemente radioattivo in quanto emette particelle subatomiche per raggiungere uno stato di stabilità.

Il decadimento beta è un processo per cui nuclidi radioattivi si trasformano in altri nuclidi di atomi che possono essere a loro volta radioattivi o stabili, e questo processo causa la trasformazione dell'atomo da un elemento chimico ad un altro.

Il Conseil européen pour la recherche nucléaire (C.E.R.N.) è il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle. E' situato al confine tra Svizzera e Francia, a Ginevra.

Essendo un cittadino italiano irredentista, il padre di Saba venne costretto a lasciare Trieste dalle autorità asburgiche abbandonando la moglie incinta.

Basti pensare che in una delle poesie del suo Canzoniere si riferisce alla nutrice con l'appellativo di "madre di gioia".

L'Ufficio Centrale Demografico, in seguito a un decreto del 1938, venne trasformato in Direzione Generale per la Demografia e la Razza.

L'epistemologia è quella branca della filosofia che si occupa delle condizioni sotto le quali si può avere conoscenza scientifica e dei metodi per raggiungere tale conoscenza.

Gruppo di filosofi che si riunirono a iniziare dal 1923 a Vienna.

L'induzione è un procedimento che va dal particolare all'universale.

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