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Metodi matematici per l'Ingegneria




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Determinante di una matrice Richiami di calcolo combinatorio Dato un numero

Lucrezio


Lucrezio Guidato dalla semplice ignoranza o dal timore, dalla proterva
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Metodi matematici per l'Ingegneria

























I numeri complessi


Forma algebrica

La forma algebrica si esprime con una coppia di valori:

dove a è la parte reale e b è la parte immaginaria; j è l'unità immaginaria e corrisponde a

Re z = a; Im z = b;

Valori di j:

I valori si ripetono per alla volta;

Moltiplicazione:

Divisione:

Forma trigonometrica

La forma trigonometrica si esprime come:

dove è il modulo di z e è l'argomento o fase, si ha che :

                    mente


Forma esponenziale

La forma esponenziale si esprime con:

valgono le tesse regole della forma trigonometrica;

-se z =a reale positivo

-se z = a reale negativo

-se z =jb con b>0            

se z =jb con b<0            


Moltiplicazione:


Divisione:





Le serie a valori complessi, criteri di convergenza


Condizione necessaria ma non sufficiente per la convergenza di una serie

se

la successione dei moduli tende a zero;


Condizioni necessarie:

con infinitesimo di ordine h>1 allora la serie

Criterio del rapporto:

se con l<1

Criterio della radice:

se con l<1


La serie geometrica (serie di funzioni):

La successione dei moduli ci dice per quali valori di Z la serie può convergere :


Se |z|=1

 

Se |z|<1

 

Se |z|>1

 


a noi interessa solo il caso in cui |z|<1.


Proprietà dell'esponenziale nel campo complesso


Presa la funzione complessa a valori complessi:

  

-

- arg z = Im z       la funzione è periodica di

- ;                   -

arg z* = -arg z;                        - arg(-z) = arg z+л;





Seno, coseno, seno h, coseno h, nel campo complesso.


sen z = = cos z = =


sen hz = = cos hz = =


Varie

cos hz + sen hz =

(cos hz )² - (sen hz)² = 1;

sen h jz = jsen z;

cos h jz = cos z;

cos h jz + sen h jz =

cos z + jsen z =

cos (-z) + jsen (-z) =

cos z - jsen (-z) =


Proprietà del logaritmo


Per definizione si pone:

      


log(z1·a2) = log z1 + log z2 = (log │z1│+ log │z2│) + j(arg z1 + arg z2 + );

log(z1/z2) = log z1 - log z2 = (log │z1│- log │z2│) + j(arg z1 - arg z2 + );

log zS = a log z = (a log │z│) + j(a arg z + );

La determinazione principale è data da


La potenza con esponente complesso


con w e z numeri complessi.
















La serie di Fourier


La serie di Fourier si applica a funzioni reali di variabile complessa chiamiamo queste funzioni segnali. In genere tale serie serve per approssimare i segnali periodici, anche discontinui con discontinuità di IS specie, con funzioni buone, (di classe ) come seno e coseno.

Quindi la generica funzione uniformemente in (a,b). (se f(t) è continua);

Dove (a,b) è l'intervallo di definizione della f(t) mentre è una serie di funzioni tale che:

con successione di numeri complessi e è la successione dei seni e dei coseni.

A noi interessa trovare la successione , tramite una dimostrazione (che non riportiamo) si giunge al risultato:

dove T = periodo; frequenza angolare (pulsazione).

Valgono i seguenti teoremi:


Se una funzione f(t) è continua a tratti e limitata, allora è anche integrabile.


Se abbiamo una finzione f(t) periodica di periodo T, regolare a tratti in R, allora il segnale regolarizzato fr(t) è la somma della serie di Fourier del segnale f(t) e la convergenza è puntuale.


Se abbiamo una finzione f(t) periodica di periodo T, regolare a tratti in R, ma continua, allora la convergenza è uniforme.


Per il calcolo della serie di Fourier c'è bisogno di calcolare da prima il coefficiente:

cioè per n=0;

in seguito va calcolata la ridotta ennesima che approssima il segnale con la serie di Fourier:

per n≠0;

Quando è stato trovato anche Cn la serie avrà la forma:

= =

Da ciò, scrivendo come una successione complessa e portando in forma trigonometrica, si può scrivere la serie di Fourier come la somma di seni e coseni:


Tipi di convergenza della serie di Fourier


Supponiamo di aver calcolato la serie di Fourier di un segnale periodico, vediamo che tipo di convergenza ha questa serie:

- Essendo, ci calcoliamo la serie dei moduli e notiamo che questa serie converge secondo i criteri già enunciati, avremo quindi che la serie converge uniformemente in ed anche nel senso dell'energia.

- Se la serie dei moduli non converge bisogna osservare se converge, se ciò avviene avremo una convergenza in ed anche nel senso dell'energia.

Per vedere se una serie converge puntualmente bisogna osservare il grafico del segnale nel periodo T, se il segnale è regolare a tratti allora convergerà puntualmente la serie.

Se vogliamo vedere a priori se un segnale converge nel senso dell'energia bisogna operare il limite seguente:

, il limite deve tendere a zero con un ordine di infinitesimo a>1, se ciò avviene la serie converge in nel senso dell'energia ed anche in .

Se il limite non esiste in allora bisogna provare con , il limite deve tendere a zero con un ordine di infinitesimo a>1, se ciò avviene la serie converge nel senso dell'energia ed anche in .


Criteri di sommabilità


I.     Se f(t) è continua in (a,b)-, non limitata, ciò è:

con infinito di ordine α;

se si quantifica l'ordine di infinito α allora:


II.     Se f(t) è continua in (a,+ ) o in (-,a) allora supponiamo che:

con ordine di infinitesimo α;

se si quantifica l'ordine di infinitesimo α allora:













Energia di un segnale periodico


Diremo che f(t) appartiene a se e solo se è sommabile in [a,b].

Analogamente:           (è al quadrato sommabile)

Si definisce energia del segnale f(t) al quadrato sommabile, l'integrale:

dove è detta energia del segnale

O anche se la somma della successione converge nel senso dell'energia alla funzione f(t) se:

in o nel senso dell'energia

dove =, e

Dall'ultima implicazione ci ricaviamo l'uguaglianza di Parseval che ci da l'energia della serie di Fourier:

Quindi partendo da un segnale periodico f(t) di periodo T, se questo segnale appartiene a allora la serie di Fourier converge nel senso dell'energia.

Esempio:

essendo un segnale non regolare a tratti e discontinuo allora si applica:

l'ordine di infinitesimo è 1 quindi la funzione non è sommabile quindi non è sviluppabile in serie di Fourier.

La convergenza nel senso dell'energia ci fornisce una relazione tra la f(t) ed il suo polinomio di Fourier al tendere di n all'infinito.

Teorema:

Se la funzione f(t) soddisfa le seguenti ipotesi:

a)        f(t) è periodico di periodo T;

b)       f(t) è limitata ovvero ;

c)        f(t) è integrabile in [0,T];

allora risulterà che:

La misura dell'area compresa tra le due funzioni tende a zero.









La derivata di funzioni complesse a valori complessi


Le funzioni di variabile complessa a valori complessi associano ad ogni punto , dominio della funzione, un punto , codominio della funzione.

dove la parte reale u(x,y) è funzione del punto z come la parte immaginaria v(x,y).

Derivare la funzione f(z) significa fare il limite del rapporto incrementale:

essendo e scrivendo f(z) come la derivata si può esprimere lungo rette parallele ai due assi cartesiani x,y;

e =.

A questo punto il limite può dipendere o meno dall'incremento però per definizione diremo:

Sia f(z) una funzione di variabile complessa a valori complessi, se esiste ed è finito il:

indipendentemente da come l'incremento tende a zero allora tale limite si definisce come derivata della f(z), ciò fa si che la funzione sia anche differenziabile.

Se la funzione f(z) ammette derivata in qualsiasi punto z A allora la funzione è detta olomorfa in A.

Il fatto che la derivabilità implichi la differenziabilità, nel campo complesso, innesca un nuovo meccanismo illustrato dal teorema di Cauchy-Riemann.



Essendo:

= e ==

allora in virtù di ciò avremo che ==, (condizione di Cauchy-Riemann).

In base a questo risultato avremo che:

           

essendo: sfruttando la condizione di Cauchy-Riemann risulterà che:




  Funzioni olomorfe:





La condizione di olomorfia (derivazione, analiticità) di una funzione complessa è più forte della derivata nel campo reale, in quanto una funzione olomorfa è differenziabile ed è di classe .

Un'altra caratteristica delle funzioni olomorfe è:

Se f(z) è olomorfa in A f(z) è armonica in A, una funzione è armonica quando:

Tale proprietà è chiamata operatore di Laplace.

Quindi se una funzione è olomorfa in A è anche indefinitamente derivabile in A.

Le funzioni complesse a valori reali sono olomorfe solo se sono funzioni costanti.


Integrale curvilineo di funzioni olomorfe


Definiamo a questo punto l'integrale di una funzione f(z) lungo una curva , sappiamo che ogni spostamento in un piano è riconducibile a due spostamenti, uno lungo lasse x e l'altro sull'asse y, questi spostamenti sono rappresentati da funzioni parametriche:

e hanno derivata che non si annulla nel medesimo punto

la curva in queste condizioni è regolare.

Come al solito indichiamo con = , l'integrale lungo la curva è dato da:

Tutto ciò si ricava dalla relazione .

Come per le funzioni olomorfe, negli integrali curvilinei ci sono integrali che assumono lo stesso valore indifferentemente dallo spostamento, ed integrali che cambiano valore a seconda dello spostamento.

Teorema di Cauchy.

Se f(z) è olomorfa in un aperto A, allora per ogni dominio D risulta che:

(con dim).

Formula di Cauchy.

Se f(z) è olomorfa in A, allora f(z) è olomorfa in ogni intorno circolare contenuto in A, e vale la seguente formula:

dove è la frontiera dell'intorno circolare di centro e raggio . (con dim).

Per quanto riguarda i punti esterni di A l'integrale di Cauchy è nullo;

=0

Derivate d'ordine n di una funzione olomorfa in un aperto.

Se f(z) è una funzione olomorfa è possibile calcolare la derivata ennesima, dato che sappiamo per certo che esiste, attraverso la formula di Cauchy.

.








Serie di funzioni e serie di potenze nel campo complesso.

Prendiamo in considerazione una serie di funzioni supponiamo che sia olomorfa in A. Per definizione una serie di funzioni olomorfe ha per somma una funzione olomorfa. Se f(z) è la somma della serie , ci chiediamo se f(z) coincide con la somma delle derivate. Ciò può accadere solo se la serie delle derivate converge uniformemente in A.

Supponiamo che la serie di funzioni in questione sia una serie di potenze, allora deve risultare che:

quindi la serie delle derivate è ancora una serie di potenza.

Si dimostra che dove è il raggio di convergenza della serie, tale raggio di convergenza è lo stesso per ogni grado di derivazione della serie, ed inoltre la serie converge in ogni cerchio di centro e raggio . Inoltre la serie di potenze è sempre olomorfa e quindi indefinitamente derivabile.

Se f(z) è la soma della sua serie di potenze allora tale serie coincide con la serie di Taylor,

la serie converge nell'intorno circolare di centro .

Una funzione per essere approssimata con la serie di Taylor deve essere analitica, cioè .

Teorema: Se una funzione f(z) è olomorfa in A, avremo che f(z) è la somma di una serie di potenze di punto iniziale in con <d dove d è la distanza minima di dalla frontiera di A. (con dim).

Fin'ora abbiamo parlato di unzioni olomorfe in un aperto A o addirittura di funzioni olomorfe in tutto il campo complesso, ci occupiamo adesso di funzioni che presentano punti di non derivabilità.

Sia f(z) una funzione olomorfa in A-, il punto è detto singolarità isolata, in questi casi la funzione è comunque sviluppabile, con lo sviluppo in serie di Laurent:

con per


dove la prima serie è una serie di potenze come quella di Taylor mentre la seconda è un'approssimazione di una funzione non olomorfa per detta anche parte singolare dello sviluppo di Laurent.


I coefficienti delle serie:

e .

Sono detti coefficienti di Laurent, mentre la seconda serie è detta serie di Laurent di centro .

Di grande importanza è il coefficiente il quale è detto Residuo di f(z) in .

Il punto è di singolarità isolata se preso un intorno di non cadono altri punti di singolarità, in oltre se operiamo l'integrale su una circonferenza contenente , punto di singolarità, tale integrale potrebbe non essere nullo, il valore di tale integrale è comunque detto Residuo di f(z) in e corrisponde ad . .





Classificazione dei punti di singolarità


-Se è una singolarità isolata, allora tale punto è un polo d'ordine k nello sviluppo di Laurent e =0 . Ciò vuol dire che nello sviluppo di Laurent, tutti i coefficienti maggiori di k sono nulli.

-Sempre nel caso in cui è una singolarità isolata, allora si dice singolarità essenziale la parte singolare dello sviluppo di Laurent è fatta da infiniti termini tutti distinti.

Se ci troviamo in condizioni in cui la singolarità è dubbia in , e se f(z) è olomorfa in un intorno circolare di centro allora:

se è un polo per f.

se è una singolarità essenziale per f.

se è un punto di olomorfia cioè la funzione è regolare in .

*Il caso 3 è uno di quei casi in cui la funzione viene prolungata per continuità, ciò non toglie che tale punto sia di singolarità.


Classificazione degli zeri


Siano g(z) e h(z) olomorfe in un intorno circolare di centro , mentre f(z) è olomorfa in

-, diremo che f(z) possiede uno zero di ordine k in se f() = 0, e le derivate di f(z) sono nulle fino alla derivata di orine k.

Es:

f(z)=cos z -1 per =0 la funzione possiede uno zero, per classificare l'ordine di questo zero basta seguire la definizione:

f'(z)= -sen z f'(0) = 0

f''(z)= -cos z f''(0)=1      Questo significa che =0 è uno zero del k=2° ordine.

Proposizione:

Siano g(z) e h(z) due funzioni olomorfe in e sia f(z):

Se h() = 0 e g()0 allora è uno zero di ordine k per h(z), ma per f(z) si tratta di un polo di ordine k.

Se h()=0 e g()=0 allora è uno zero di ordine k per h(z) e uno zero di ordine m per g(z), ma per f(z) avremo:

a)     f(z) ha un polo di ordine k-m se k > m;

b)     f(z) è regolare* se k = m;

c)     f(z) ha in uno zero di ordine m-k se m > k;










La teoria dei residui


Supponiamo che sia un polo del I° ordine per f(z), per calcolarci i l residuo della funzione in quel punto avremo:

Rf()=

Se f(z) è del tipo: con h()0 il residuo sarà:

Se siamo nel caso in cui è un polo d'ordine k>1 allora per calcolare il residuo bisogna fare il seguente limite:

Se la singolarità è del tipo essenziale per calcolarci il residuo, , è necessario operare lo sviluppo di Laurent. Nel caso tornasse utile si può utilizzare il teorema dell'Hopital.

Teorema dei residui:

Supponiamo che f(z) sia una funzione olomorfa definita in un aperto A, tranne che per un numero finito di punti, sia D un dominio limitato interamente contenuto in A con frontiera regolare a tratti, allora:

Con singolarità isolate per f(z) le quali sono contenute in D, mentre sulla frontiera di D non ci sono singolarità. (con dim.)


Integrali propri, impropri o a valor principale secondo Cauchy


Prendiamo in considerazione questo tipo d'integrali, dove Q(t) e P(t) sono polinomi nella variabile reale t, vogliamo applicare la teoria dei residui per calcolarci tali integrali, ma prima dobbiamo considerare alcune condizioni:

Il grado del polinomio Q(t) deve esse almeno due volte più grande di quello di P(t);

Gli zeri del polinomio Q(t) devono essere diversi da quelli del polinomio P(t);

Supponiamo che gli zeri di Q(t) siano tutti del I° ordine;

A questo punto se gli zeri di Q(t) sono complessi si tratta di un integrale sommabile chiamato integrale proprio; se gli zeri, invece, sono reali allora si tratta di un'integrale improprio detto anche a valor principale secondo Cauchy, in tali ipotesi avremo:

=

dove sono zeri complessi di Q(t) con parte immaginaria maggiore di zero, mentre

sono gli eventuali zeri reali di Q(t). Si possono inserire anche gli zeri con parte immaginaria negativa anteponendo un segno negativo;

= -.

I poli reali non devono essere di grado superiore al 1°.







- Teorema di Jordan (A) per le trasformate e le antitrasformate di Fourior

Se ci troviamo nelle seguenti ipotesi più restrittive dove:

grado di Q(t) grado di P(t)+1;

zeri di P(t) zeri di Q(t);

gli eventuali zeri di Q(t) sono tutti del I° ordine;

 
possiamo risolvere gli integrali del tipo:      

=

Distinguiamo i seguenti casi;

>0

= ,

dove sono zeri complessi di Q(t) con parte immaginaria maggiore di zero, mentre

sono gli eventuali zeri reali di Q(t), tutti del I° ordine;

<0

= -,

dove sono zeri complessi di Q(t) con parte immaginaria minore di zero, mentre

sono gli eventuali zeri reali di Q(t), tutti del I° ordine.

Da notare che viene fatta distinzione solo tra zeri con parte imm. positiva e negativa, gli eventuali zeri reali si sommano comunque in ambo i casi, il punto 0 è considerato uno zero reale.


- Teorema di Jordan (B) per le trasformate e le antitrasformate di Laplace


Nel caso particolare in cui X(s) è del tipo:

ed inoltre ci troviamo nelle seguenti ipotesi;

a)        Grado di Q(s)>P(s);

b)       Zeri di Q(s) P(s);

c)        Q(s) non si annulla sui punti della retta x = ;

l'integrale sarà :

; distinguiamo i casi t>0 e t<0;

Per t>0: con sono zeri di Q(s) con reale <0;

Per t<0: con sono zeri di Q(s) con reale >

In questo caso gli zeri si distinguono tra, zeri con parte reale maggiore di zero e zeri con parte reale minore di zero, il punto 0 va considerato a seconda dei casi, se siamo in dobbiamo inserirlo tra quelli con t>0, nel caso contrario si aggiungerà tra quelli con t<0.









Altre proprietà delle funzioni olomorfe


Supponiamo che f(z) sia olomorfa in un intervallo cioè olomorfa all'esterno di un cerchio di centro lo 0 e raggio . Per studiare il comportamento della funzione in un intorno dell'infinito si usa porre:

quindi invece di lavorare con z all'esterno del cerchio, lavoreremo con all'interno del cerchio di centro 0 e raggio quindi la g() è olomorfa nel cerchio esclusa l'origine, la quale può essere una singolarità di quelle che abbiamo già analizzato:

Se 0 è un polo per g e un polo per f in .

se 0 è una singolarità essenziale per g, ed anche per f in .

se 0 è un punto di olomorfia cioè la funzione g e quindi anche per f in .

Studiamo adesso il residuo in , avremo che:

Supponiamo che la funzione sia olomorfa in C- tutte singolarità isolate, allora, se presa una circonferenza che contiene tutte queste singolarità, all'esterno avremo che la funzione è olomorfa, cioè f(z) olomorfa in , quindi:

[] da quanto detto se è vera questa uguaglianza, si arriva alla conclusione che:

= .

Teorema di Lioville.

Supponiamo che f(z) sia olomorfa in tutto il campo complesso allora tale funzione si dice intera, quindi se f(z) è inera è sviluppabile in serie di Taylor.

Il teorema afferma che se la funzione f(z) è intera e regolare all'infinito allora la funzione è costante. (con dim.).

- Considerazioni sugli zeri di una funzione.

Sia f(z) è una funzione olomorfa in un intorno di , se la funzione si annulla in con tutte le sue derivate, allora la funzione f(z) = 0 .

In particolare se f(z) è olomorfa in A, aperto connesso e la funzione si annulla in con tutte le sue derivate allora la f(z) = 0 A.

La dimostrazione di questo asserto è semplice e deriva dalla definizione di aperto connesso, sappiamo che se si annullano tutte le derivate in allora f(z) = 0 , ma essendo A un aperto connesso è possibile raggiungere tramite una poligonale, quindi se costruiamo una serie di cerchi a partire da , tutti intersecanti, fino ad arrivare a la funzione si annullerà in tutti i punti contenuti in questi intorni, essendo A connesso allora la funzione si annullerà in ogni punto di A.

- Sia f(z) una funzione olomorfa in una aperto connesso A con f(z) 0. allora tutti gli zeri contenuti in A sono punti isolati cioè se è uno zero (la funzione si annulla in ma non con tutte le derivate) per A allora f(z) 0 -.





teorema del massimo valore.

Sia f(z) olomorfa nell'aperto A, dia D un domino chiuso e limitato contenuto in A, allora il massimo del di f(z) in D è raggiunto sulla frontiera di D:

con .


La Trasformata di Laplace


- Operatori:

Diremo che T è un operatore se preso un segnale x(t) lo trasferisce in un'altra funzione T(x(t))= X(s) dove s è una variabile complessa:

la funzione complessa X(s) è una funzione analitica cioè sviluppabile in serie di potenze in quanto l'operatore della trasformata di Laplace è un operatore regolarizzante. I segnali che adotteremo sono sommabili o parzialmente sommabili in quanto le funzioni non sommabili saranno trattate con le Distribuzioni.

Gli integrali che andremo a calcolare devono essere integrali propri, e la variabile di integrazione è la s. la funzione deve essere una funzione sommabile, per esserlo deve risultare che:

, affinché la funzione sia sommabile devono verificarsi delle ipotesi:

- Un segale è di se è sommabile a intervalli limitati di R, cioè se è sommabile localmente.

- diremo in oltre che x(t) è di ordine esponenziale all'infinito se in un intorno di ± la funzione si comporta come un'esponenziale, cioè:

oppure

Quindi in queste ipotesi avremo che per s tale che quindi X(s) è definita nella striscia di piano complessa delimitata da questi due valori; si dimostra inoltre che la funzione X(s) è olomorfa e analitica in tale striscia.

Definiamo, ancora, una proprietà che lega tutti quei segnali q.o. uguali:

siano due segnali q.o. uguali allora avremo che .

In oltre c'è da dire che l'operatore di Laplace è invertibile quindi dove è un segnale q.o. uguale a .

- L'insieme di definizione della trasformata di Laplace:

Si definisce insieme di definizione della trasformata di Laplace l'insieme dei valori dove è definita la funzione: . Si dimostra che l'intervallo di definizione della trasformata di Laplace è sempre circoscritto da due rette parallele all'asse delle ordinate.

Facciamo il caso del segnale u(t), detto anche segnale a gradino, il quale per valori di t<0 la funzione è nulla, mentre per valori di t>0 la funzione assume il valore costante 1. La trasformata di Laplace di questo segnale è: .

Per quanto riguarda il calcolo della trasformata di Laplace, non ci atterremo alla definizione con l'integrale, ma faremo uso di alcune trasformate notevoli che, unite a delle regole, ci permetteranno di calcolare la trasformata di Laplace dei segnali più importanti.







Le proprietà della trasformata di Laplace.

- Linearità: siano x(t) e y(t) due segnali diversi con domini diversi, la cui trasformata risulta essere rispettivamente X(s) e Y(s), in oltre siano "a" e "b" due costanti complesse allora,

. In questo caso sfruttiamo la linearità dell'integrale.

- Traslazione in t: preso in considerazione il segnale x(t) con trasformata X(s), se è un valore reale della variabile t, allora: .

- Traslazione in s: preso in considerazione il segnale x(t) con trasformata X(s), se è un valore complesso della variabile s allora si ha: .

- Riscaldamento:        preso in considerazione il segnale x(t) con trasformata X(s), se "a" è una costante reale allora: .

- Derivata in t:           preso in considerazione il segnale x(t) con trasformata X(s), la trasformata della derivata prima di x(t) è: , più in generale se .

- Derivata in s:           sia X(s) la trasformata del segnale x(t) allora il segnale che ci da la derivata prima di X(s), è: quindi fatta la trasformata del segnale basta fare la derivata, in s, del risultato.

- Coniugazione:         dato il segnale x(t) con trasformata X(s), definiamo la trasformata del segnale coniugato come: .

- Hermitianità:                       preso in considerazione il segnale x(t) con trasformata X(s), se il segnale x(t) è a valori reali allora la sua trasformata di Laplace gode della proprietà di hermitianità, cioè se : .

- Convoluzione:         siano x(t) e y(t) due segnali differenti con trasformate differenti X(s) e Y(s) allora risulta che: .


L'antitrasformata di Laplace


Abbiamo detto, in precedenza, che l'operatore trasformata di Laplace è invertibile, in quanto se

allora , dove è detto segnale regolarizzato, il quale è q.o. uguale al segnale di partenza, infatti preso un segnale regolare a tratti, tramite la trasformata, si giunge ad una funzione complessa X(s) la quale è una funzione analitica, cioè sviluppabile in serie di potenze, giunti a questo risultato si opera l'antitrasformata la quale ci restituisce il segnale regolarizzato , ricordiamo che la trasformata di Laplace è un operatore regolarizzante.

Definiamo a questo punto l'antitrasformata come:

, con forma parametrica della retta per , dove è una qualunque retta, presa con il verso dal basso verso l'alto, parallela all'asse delle ordinate la cui intersezione con l'asse delle ascisse, , è tale che: estremi di definizione della trasformata. Nel caso l'integrale precedente, risulta essere non sommabile siamo di fronte ad un'integrale a valor principale secondo Cauchy, attraverso la parametrizzazione della curva otteniamo:

, tale formula è detta di Riemann-Fourier.





La Trasformata unilatera di Laplace.


La trasformata unilatera di un qualsiasi segnale x(t) si ottiene moltiplicando tale segnale per il segnale u(t), cosi facendo otterremo la trasformata per t>0, analogamente per avere la trasformata per t<0 basta riscaldare il segnale u(t) per -1 ottenendo u(-t), in ogni caso la trasformata unilatera sarà:        Aggiungendo + o - a seconda se si tratta di trasformata unilatera destra o sinistra, se si omette il segno s'intende +. Quindi avremo:

         


Trasformata unilatera di segnali periodici.


Consideriamo un segnale periodico x(t), di periodo T, di cui vogliamo scrivere la sua serie. Preso l'intervallo e annullando il segnale per x > e per x<- otteniamo un segnale dove è la porta di centro 0 e ampiezza T. Per ottenere il segnale con due periodi basta sommare a un altro periodo T, quindi sommando gli infiniti contributi otteniamo la somma delle traslate del segnale:

;

Volendo fare la trasformata di questo segnale, invece, bisogna considerare soltanto il segnale per t>0, a questo punto la somma della serie diviene:

. Essendo =, indichiamo con la trasformata di tale porta che dipende dal periodo T e dal segnale in esame, per quanto riguarda il resto del segnale avremo che:

, la serie all'ultimo membro è una serie geometria di ragione , verifichiamo le condizioni in cui tale serie converge: .

= per cui la trasformata sarà: .

- Teorema del valore iniziale e finale.

Supponiamo di avere un segnale x(t) derivabile in : x(t) e ; sia x(t) di ordine esponenziale in allora:

                                  Teorema del valore finale?


Se poi allora si ha anche che:

Teorema del valore iniziale? (con dim).











Equazioni differenziali con Laplace


Consideriamo l'equazione , questa è un'equazione differenziale d'ordine n, a coefficienti costanti.

L'integrale generale di quest'ultima sarà , di cui sono le n soluzioni dell'omogenea associata, trovate attraverso lo studio del polinomio caratteristico , in fine v(t) è la soluzione particolare.

Supponiamo che di ordine esponenziale a +, per calcolare v(t) useremo la trasformata di Laplace:

, applicando le proprietà avremo che , da cui si ottiene , mettendo in evidenza Y(s), e ponendo abbiamo da cui

Le Distribuzioni


Le distribuzioni sono delle particolari funzioni, dette funzionali, che fanno parte di un insieme più grande delle normali funzioni, infatti, esse ci permettono di fare, ad esempio, la derivata di un segnale regolare a tratti (derivata nel senso delle distribuzioni), ecc.

Indichiamo con D l'insieme delle test funzioni, tali funzioni sono dette di classe in quanto sono derivabili infinite volte in un intervallo chiuso e limitato (a,b), e all'esterno di questo intervallo sono nulle; . Si definisce in oltre il supporto di come supp.

In base a quanto introdotto, possiamo definire meglio i funzionali come un'applicazione che ad ogni test funzione associa un numero reale (o complesso in base al codominio di ) con le classiche proprietà di linearità.

Le distribuzioni sono dei particolari funzionali i quali sono lineari e continui, indichiamo con D' l'insieme d'appartenenza di tali applicazioni.

Le proprietà di linearità e continuità sono: posto T come applicazione funzionale distribuzione, abbiamo, e per ogni successione di test funzioni abbiamo,.

Definire una distribuzione significa dire il suo valore in ogni test funzione, ogni funzione integrabile in un intervallo finito genera una distribuzione: .

Una distribuzione può essere generata anche da funzioni non integrabili nel senso classico, come la detta delta di Dirac, la scrittura seguente, che non rappresenta un vero e proprio integrale ma un simbolo, associa ad ogni test funzione il suo valore nel punto zero:

, tale scrittura rappresenta una distribuzione singolare.









Limite nel senso delle distribuzioni


Si definisce il limite nel senso delle distribuzioni, quando la successione tende alla funzione , in ogni test funzione . Ovvero quando il funzionale associato a tende al funzionale di :

.

Si dimostra che il limite nel senso delle distribuzioni di .

Teorema: Presa in considerazione la funzione tale che , sia esso un'integrale proprio o un'integrale a valor principale secondo Cauchy (improprio), supponiamo che allora . (dim. 1 distrib.)

Più in generale valgono le seguenti proposizioni:

una funzione si comporta, per alla se:

a)        La parte di piano compresa tra il grafico di e l'asse t è 1 per ogni n:

.

b)       Il massimo della successione di funzioni è raggiunto quando t =0;

c)        Il grafico di si assottiglia e si allunga al tendere di n all'infinito, ciò implica che per t diverso da zero: .

Dimostriamo un altro importante teorema che ci permette di approssimare funzioni , al tendere di n all'infinito, anche senza l'ausilio del punto c), in altre parole per le funzioni che non contengono lo zero nel loro intervallo di definizione, ragioniamo affermando che se la funzione si annulla in ogni caso all'esterno di un compatto, che non contiene lo zero, la funzione tende alla . Il punto b) della proposizione precedente, viene sostituito dicendo che la funzione nel punto zero è viene assunta per continuità. Tale risultato si raggiunge dimostrando che converge a zero nel senso delle distribuzioni.


Derivata nel senso delle Distribuzioni


Per definizione la derivata di una distribuzione è quel funzionale associato alla derivata , attraverso la formula di integrazione per parti abbiamo che:

In pratica se ci troviamo di fronte una funzione regolare la derivata di questa funzione nel senso delle distribuzioni coincide con la derivata in senso classico, se ci troviamo di fronte a funzioni non derivabili nel senso classico, la derivata di tali funzioni sarà sempre fattibile ma solo nel senso delle distribuzioni, osservando alcune regole pratiche.






- Regole pratiche -


Abbiamo già affermato che se una funzione è regolare la derivata di questa funzione nel senso delle distribuzioni coincide con la derivata in senso classico.

Nelle ipotesi in cui la funzione sia continua ma non derivabile in alcuni punti angolosi dell'intervallo di definizione, in altre parole la derivata destra non coincide con la derivata sinistra, in questi casi si opera con: .

Se invece ci troviamo di fronte un punto di discontinuità di prima specie allora a tale punto va sostituito un impulso di Dirac d'ampiezza, la differenza tra il limite destro ed il limite sinistro:

.

Le proprietà della derivata nel senso classico sono identiche per quella nel senso delle distribuzioni.



- Le proprietà della -


Non sempre è possibile moltiplicare due distribuzioni, ad esempio non ha seno la moltiplicazione tra e , però se una funzione è continua nel punto t =0, allora si ha che:

= .

Più in generale vale la seguente .

Mentre se è derivabile nel punto t =0 allora, più in generale:

=

In oltre può essere utile sapere che .

Osserviamo, in oltre, che la delta è una distribuzione pari, mentre, la derivata prima è dispari:


- Serie di distribuzioni -

Sia una successione di distribuzioni allora dire che converge nel senso delle distribuzioni a x(t), dove x(t) è una distribuzione, questo se per definizione:

il segno di sommatoria può passare sotto il segno di integrale perché siamo nel senso delle distribuzioni.

Il pettine di Dirac:

;











- Le Convoluzioni -


Convoluzione di funzioni.

Il prodotto di convoluzioni , tra le due funzioni x(t) e y(t) è dato da:

.

I casi più importanti sono:

a)       

con f(t) e g(t) funzioni sommabili in intervalli limitati:

b)       una delle due funzioni è nulla all'esterno di un intervallo [a,b] cioè è del tipo:

, allora:


Convoluzione di distribuzioni.

Cominciamo considerando il prodotto di convoluzioni tra una distribuzione e una test funzione:

.

Per es.: .

Si dimostra che il prodotto di convoluzione tra una distribuzione e una test funzione è sempre una funzione infinitamente derivabile in quanto, si dice che, la convoluzione regolarizza.

Per quanto riguarda il prodotto di convoluzioni tra due distribuzioni si ha:

   Proprietà

- elemento unità                    

- traslazione                          

- derivata di convoluzione

- derivate in x(t)                   


La Trasformata di Fourier


Facciamo subito il caso di funzioni sommabili e diciamo come si trova la trasformata di Fourier di una funzione:

Tale integrale esiste sicuramente perché ciò implica che la è anche essa una funzione infinitesima all'infinito .

Nel caso in cui x(t) è una distribuzione qualsiasi e è una successione di funzioni tale che: e se la trasformata di Fourier di è , allora avremo che:

, dove è la trasformata della distribuzione x(t).


- Le distribuzioni temperate -


Quando operiamo una trasformata di Fourier di una distribuzione, dobbiamo dire quale è il suo valore in ogni test funzione, cioè:

in alcuni casi la potrebbe non essere più una test funzione, cioè non appartenente all'insieme D di , pur essendo una test funzione e l'integrale ancora sommabile. A questo punto dobbiamo metterci in condizioni più ampie, per poter svolgere l'integrale che ci permette di trovare la trasformata di Fourier di una distribuzione, consideriamo in tal senso le funzioni a decrescenza rapida tali che ciò implica che anche , l'insieme appena introdotto è tale che cioè, l'insieme delle test funzioni di è contenuto nelle funzioni a decrescenza rapida in quanto quest'ultime non sia annullano al di fuori di un'insieme limitato, ma sono comunque di e si annullano con ordine infinitamente grande in un intorno di . Una funzione a decrescenza rapida si riconosce perché:

- ;

- ;

- come abbiamo gia detto si annullano con ordine infinitamente grande in un intorno di e non al di fuori di un insieme limitato.

Prendiamo in considerazione la distribuzione x(t) e una funzione a decrescenza rapida :

le distribuzioni generate dalle funzioni a decrescenza rapida sono dette distribuzioni temperate, tali distribuzioni sono particolari in quanto non tutte le distribuzioni sono definite sul supporto di una funzione a decrescenza rapida, quindi non sempre l'integrale è sommabile. L'insieme di definizione di tali distribuzioni è ed è tale che , ciò che interessa a noi è che possibile fare la trasformata di Fourier di una distribuzione, solo se si tratta di una distribuzione temperata, quindi avremo che: solo se .


- Teorema.

Se il limite nel senso delle distribuzioni della successione di distribuzioni è tale che:

(dim 2 Fourier).


















Proprietà della trasformata di Fourier


Il calcolo pratico della trasformata di Fourier si esegue tramite l'ausilio delle formule che seguono.

- Linearità

Siano a e b due costanti complesse allora:

- Traslazione nel tempo

Se a è un valore costante assegnato della variabile t allora:

- Traslazione in frequenza

Se è un valore costante della variabile allora:

- Riscaldamento

Sia a una costante reale allora:

- Derivata nel tempo

Sia la derivata prima di x(t) allora avremo che:

, più in generale avremo che

- Derivata in frequenza

Indichiamo con la derivata prima di osserviamo che:

, più in generale avremo che

- Simmetria

Se vorremo operare la trasformata della trasformata, però solo di segnali di variabile reale, avremo:

- Coniugazione

Osserviamo come si comporta la trasformata del segnale coniugato:

- Realtà e parità

Se un segnale è reale e pari anche la sua trasformata sarà reale e pari quindi:

- Realtà e disparità

Se un segnale è reale e dispari anche la sua trasformata sarà reale e dispari quindi:

- Convoluzione

Siano x(t) e y(t) due distribuzioni temperate per cui valga il prodotto di convoluzioni allora abbiamo:

- Prodotto

Siano x(t) e y(t) due distribuzioni temperate per cui valga il prodotto puntuale allora:







L'antitrasformata di Fourier


Sia una distribuzione temperata, per trovare il segnale x(t) da cui proviene la bisogna operare con un integrale:

se la è sommabile l'integrale è proprio, altrimenti si tratta di un'integrale a valor principale secondo Cauchy.


Trasformate notevoli

Segale

Trasformata F

 

 

 

 

 

 

 

 

  con =a+jb a>0

 

 con

 con












Trasformata del treno di impulsi o pettine di Dirac


Si dimostra che la trasformata del treno di impulsi è ancora un treno di impulsi, infatti:

dove detta frequenza angolare.

Questa uguaglianza va sotto il nome di uguaglianza di Poissow.


Trasformata di un segnale periodico


Per definizione, una distribuzione si dice periodica di periodo T, quando il segnale si ripete con:

Una distribuzione periodica può essere vista come la somma delle traslate di , dove è il segnale x(t) nel periodo T, quindi:

per la proprietà del prodotto di convoluzioni della delta di Dirac abbiamo che:

Tramite questo risultato possiamo operare la trasformata del segnale periodico, indicando con la trasformata di tale segnale, ed applicando la proprietà di trasformazione del un prodotto di convoluzioni otteniamo:


- Uguaglianza di Plancharel -


Se il segnale cioè è possibile calcolare l'energia del segnale, allora:

l'ultima uguaglianza e detta uguaglianza di Plancharel.





















Trasformata della funzione gradino


Sia

-Dim-

Posto , ci troviamo di fronte un'equazione distribuzionale la quale va risolta ponendo per definizione:

a questo punto si tratta di trovare il valore di h.

Antitrasformiamo:

, con questa operazione ci siamo trovati il segnale regolarizzato di u(t);

= consideriamo il segnale nel punto

t =0, dato che il segnale è regolarizzato, quindi essendo abbiamo:

l'integrale a secondo membro è a valor principale secondo Cauchy, se svolto si dimostra che è nullo, quindi h sarà dato da: , da cui si ricava la tesi .









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