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La matematica come sistema logico deduttivo




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La matematica come sistema logico deduttivo


1.1. Introduzione ai sistemi formali

Il metodo scientifico elaborato da Galileo Galilei nel XVI secolo, il quale è la base delle moderne scienze naturali (come ad esempio la fisica, la chimica, la biologia, la geologia etc.), prevede un primo momento induttivo basato sull'osservazione dei fenomeni naturali e sulla raccolta di dati quantitativi relativamente alle grandezze caratterizzanti i fenomeni stessi, un secondo momento deduttivo di interpretazione matematica dei dati raccolti, e un terzo momento induttivo di verifica sperimentale delle ipotesi matematiche formulate.    L'interpretazione matematica è quella che consente allo scienziato di stabilire, entro i limiti degli inevitabili errori sperimentali di misura, in quali rapporti si trovino le grandezze misurate, e dunque di dedurre, a partire da questi, una legge atta a definire univocamente, in termini per l'appunto matematici, le proprietà e le relazioni causa-effetto che legano tra loro i corpi o i sistemi che partecipano al fenomeno osservato. Da questo punto di vista, è ovviamente essenziale che la teoria matematica descrivente un certo fenomeno naturale sia in perfetto accordo con l'esperienza che si ha del fenomeno stesso, cioè che la deduzione non contrasti l'induzione, pena la perdita di validità del suddetto modello matematico. Nelle scienze sperimentali forgiate secondo il metodo galileiano, dunque, si può ragionevolmente affermare che sia l'induzione il principale criterio di verità nell'analisi delle dinamiche dei fenomeni naturali. Rispetto ad essa il momento deduttivo matematico risulta solamente essere un utile mezzo per interpretare, capire e descrivere la Natura in una maniera il più possibile oggettiva, semplice, chiara e universalmente valida, al di là dei singoli casi e delle singole tipologie di fenomeni.

All'interno della matematica stessa, invece, l'induzione e la deduzione giocano ruoli estremamente diversi. La matematica, come si è detto, è il codice lingua attraverso cui si interpretano gli eventi che avvengono in natura, ed è costituito da molteplici e specifiche entità astratte che, come le parole che comunemente si usano per comunicare, descrivono il mondo senza però farne fisicamente parte a guisa di entità reali e percepibili mediante l'esperienza sensibile. Pertanto le proprietà di questi enti e le loro reciproche relazioni non possono essere determinate secondo un metodo induttivo-deduttivo di tipo galileiano, bensì mediante metodi più propriamente deduttivi alla cui base si pone la scienza del linguaggio per definizione, vale a dire la logica. Questo segue appunto dal fatto che, non essendo reali gli enti di cui la matematica parla, il criterio fondamentale di verità non può più trovarsi nell'evidenza del mondo reale, ma nell'evidenza logica, cioè nella validità logica del ragionamento deduttivo.

Il ragionamento deduttivo rappresenta una delle parti più importanti, se non forse la più importante, del fare matematica, cioè del produrre teorie matematiche. È in definitiva lo strumento principe attraverso il quale, a partire da alcuni principi primi indimostrabili e assunti come veri, si perviene a considerazioni più complesse che discendono logicamente da questi. I principi primi indimostrabili posti a fondamento della teoria matematica vengono detti postulati o assiomi, mentre le considerazioni da essi derivate vengono dette teoremi. Un teorema è un enunciato condizionale, cioè del tipo "se T allora A", dove T sono gli assiomi della teoria e A è la conclusione conseguente logicamente da T. Il teorema è inoltre anche un enunciato formale, cioè una formula costituita da un linguaggio simbolico artificiale, costruita rispettando solo regole di correttezza logico-sintattica e priva di un significato intrinseco (relativamente a questi aspetti, vedremo in seguito cosa s'intenda con i termini sintassi e semantica).        

A questo proposito, nel prossimo paragrafo approfondiremo proprio quelle che vengono chiamate teorie matematiche formali o sistemi formali, a cui abbiamo fatto brevemente riferimento.


1.2. I sistemi formali

Una teoria matematica T è detta formalizzata quando sono definiti il suo linguaggio L e l'universo U di oggetti a cui essa si riferisce. La teoria, simbolicamente rappresentata dall'espressione T = (L U), si dice allora teoria formale o sistema formale.

Il linguaggio L deve specificare:

i simboli con cui vengono espressi gli enunciati della teoria;

i criteri di formazione delle espressioni, cioè le regole con cui i simboli si possono combinare tra loro per produrre espressioni corrette all'interno del linguaggio;

le espressioni scelte come assiomi (i quali, come già detto, vengono assunti come veri senza però dover necessariamente trovare un riscontro con la realtà contingente e con il "senso comune");

le regole di deduzione per mezzo delle quali, a partire dagli assiomi, si ricavano altre espressioni.

Come già anticipato, le espressioni che, attraverso una sequenza di deduzioni, possono essere derivate logicamente a partire dagli assiomi vengono dette teoremi. La sequenza logica attraverso cui un teorema viene dedotto si chiama invece dimostrazione. 

Quando l'insieme di oggetti di U è definito in modo da dare un significato ai simboli del linguaggio si ha una interpretazione di L. Un'interpretazione che rende veri tutti gli assiomi di L è detta modello di L


1.2.1. La teoria e la metateoria    

Una teoria matematica formale, che studia le proprietà di determinati oggetti o enti matematici, può essere a sua volta oggetto di studio di una seconda teoria detta metateoria e indicata con il simbolo MT. MT è dotata di un proprio linguaggio ML e studia le proprietà di L L costituisce pertanto, per quanto sopra affermato, l'universo di MT, e viene perciò detto linguaggio-oggetto. Utilizzando l'espressione simbolica di prima si avrà dunque MT = (ML , L

Spesso linguaggio-oggetto L e metalinguaggio (linguaggio proprio della metateoria) ML risultano essere coincidenti, ad esempio nel caso in cui si usa l'italiano (linguaggio della metateoria) per descrivere aspetti linguistici che caratterizzano la lingua italiana stessa (linguaggio-oggetto): è ovviamente importante, nell'analisi dei sistemi formali, saper bene distinguere tra linguaggio della teoria e metalinguaggio.


1.2.2. La sintassi e la semantica

Lo studio metateorico di una teoria T può svilupparsi in due direzioni diverse: la sintassi e la semantica.

La sintassi di T è l'analisi del linguaggio L della teoria, indipendentemente dall'universo U di oggetti a cui T fa riferimento, condotta occupandosi solo della sua struttura e delle regole a cui esso obbedisce (un esempio di sintassi è dato dal caso, analogo a quello discusso nel precedente paragrafo, in cui vengono definiti gli elementi grammaticali di un linguaggio come l'italiano).

La semantica di T è invece l'analisi dello stesso linguaggio L della teoria rapportato all'universo U, considerando cioè la verità o la falsità dei suoi enunciati rispetto al mondo degli oggetti di cui parla (un esempio di semantica è dato dal caso in cui si costruiscono espressioni del tipo "L'enunciato snow is white è vero nella lingua inglese").

Lo studio sintattico pone l'accento sul problema della correttezza logico-formale e quindi sulla coerenza (sintattica: cfr. paragrafo seguente) di T, mentre lo studio semantico concentra la propria attenzione sulla verità di T, cioè sull'aderenza delle sue affermazioni alle proprietà degli oggetti di U. Mentre fino agli inizi dell'Ottocento, il modo di intendere gli assiomi delle teorie matematiche era fondato su un approccio semantico, dopo la nascita delle geometrie non euclidee si assistette invece allo sviluppo, da parte del matematico formalista David Hilbert (1862-1943), di una prospettiva moderna in base a cui si poneva l'attenzione sullo studio sintattico delle teorie.

La distinzione tra sintassi e semantica permette di chiarire il significato di due concetti che, per la loro affinità, sono stati spesso confusi nel corso della storia della matematica: dimostrabilità e verità. Con dimostrabilità di un'espressione s'intende una proprietà puramente sintattica, la quale indica l'esistenza di una catena di espressioni che, a partire dagli assiomi, per mezzo delle regole di deduzione ammesse in L, conduce all'espressione che si vuole dimostrare. La verità è invece un concetto semantico, che stabilisce una relazione tra un'espressione di L e le proprietà degli oggetti dell'universo U a cui la teoria formale si riferisce. Mentre la dimostrabilità è una proprietà intrinseca al linguaggio L, la verità dipende dall'interpretazione di L, cioè dal rapporto tra L e U In tal modo, nell'espressione "per x e y qualunque si ha che: [(x # successore di y) = (successore di x # y)]", si ha che, se interpretiamo la funzione # come addizione, l'espressione è vera; è falsa se la stessa funzione è interpretata come moltiplicazione.


1.2.3. Alcune proprietà dei sistemi formali: coerenza (sintattica e semantica), completezza (sintattica e semantica), decidibilità

Le più importanti proprietà di cui possono godere i sistemi formali sono coerenza sintattica, coerenza semantica, completezza sintattica, completezza semantica e decidibilità.

Una teoria T si dice coerente sintatticamente se non esiste in essa alcun enunciato A tale che A e non-A (negazione di A) siano entrambi teoremi di T: non è cioè possibile dedurre dagli assiomi di T sia l'enunciato A sia l'enunciato non-A e arrivare dunque ad una contraddizione logica.

Una teoria T si dice invece coerente semanticamente (o corretta) se essa è tale da poter dimostrare solo enunciati veri (come abbiamo visto infatti, la verità è un concetto di carattere tipicamente semantico, discendente dall'interpretazione del linguaggio L, e non ha nulla a che vedere con la dimostrabilità sintattica).

Una teoria T si dice completa sintatticamente se, per ogni enunciato A, essa è capace di dimostrare A oppure non-A: gli assiomi della teoria consentono dunque di dimostrare qualunque enunciato A oppure la sua negazione.

Una teoria T si dice invece completa semanticamente se essa riesce a dimostrare ogni enunciato vero (in relazione all'interpretazione di L adottata) ; in questo caso dunque non è possibile che un enunciato vero A non sia un teorema di T.

Infine, una teoria T si dice decidibile se esiste un procedimento meccanico per dimostrare, in un numero finito di passaggi, se un qualsiasi enunciato A è un teorema di T oppure no, cioè se esiste una sua dimostrazione (o una sua refutazione, cioè la dimostrazione della sua negazione non-A) a partire dagli assiomi. In caso contrario, se la teoria è indecidibile, questa procedura meccanica non esiste e la dimostrazione dei teoremi può richiedere una certa dose di ingegno.

È importante notare che la coerenza semantica è una proprietà più forte della coerenza sintattica, in quanto la prima implica la seconda (in generale non vale però il viceversa); infatti se un sistema formale T è sintatticamente incoerente, a partire dai suoi assiomi è possibile dimostrare sia un enunciato A sia la sua negazione non-A, arrivando pertanto ad una contraddizione. Dato inoltre che una contraddizione logica non può mai essere vera, quale che sia l'interpretazione del linguaggio L del sistema formale in questione, T è anche semanticamente incoerente, proprio in quanto dai suoi assiomi deriva una conseguenza sicuramente falsa. In generale invece se un sistema formale T è semanticamente incoerente, non è detto che lo sia anche da un punto di vista sintattico; infatti esso può dimostrare enunciati falsi (secondo una certa interpretazione del linguaggio della teoria) senza condurre per questo necessariamente a contraddizioni.    

È auspicabile che una teoria formale T possieda tutte queste proprietà. Una teoria formale che voglia costituire la base dell'intera conoscenza matematica deve essere coerente e completa (dai due punti di vista sintattico e semantico).


1.2.4. I teoremi d'incompletezza dell'Aritmetica di Kurt Gö­del e la crisi del Programma di Hilbert

Proprio sulla proprietà della coerenza di un sistema formale poneva l'attenzione il programma fondazionalista del matematico formalista tedesco David Hilbert. Secondo Hilbert, la matematica poteva finalmente superare quella "crisi dei fondamenti" (sulla quale rimando alla sezione sulla filosofia della matematica del Novecento), che l'aveva drammaticamente scossa tra fine Ottocento e inizio Novecento, solamente con una nuova considerazione della matematica che vedesse in essa una grande teoria completamente formalizzata (e costituita dunque da tutti gli elementi visti sopra). Da questa visione della matematica come sistema formale, deriva poi la creazione di una nuova disciplina interna alla matematica, la metamatematica o teoria della dimostrazione, la quale svolge la funzione di metateoria della matematica: essa infatti ha come linguaggio-oggetto il sistema formale della matematica, e si occupa di dare dimostrazioni intorno alle espressioni che possono, o non possono, essere dimostrate nel sistema formale matematico. Hilbert ha, dunque, l'ambizioso progetto di dare un solido fondamento alla conoscenza matematica, dimostrando, all'interno della metamatematica, la coerenza del sistema formale dell'aritmetica (branca sulla quale, dopo la crisi innescata dalle geometrie non-euclidee, si riteneva essere fondato tutto il sapere matematico).

Paradossalmente, proprio dedicandosi al grande programma fondazionale hilbertiano, il logico matematico austriaco Kurt Gödel dimostrò i suoi famosi "teoremi d'incompletezza dell'Aritmetica", i quali, mostrando inequivocabilmente che il suddetto scopo di Hilbert non avrebbe mai potuto essere raggiunto, segnarono definitivamente il tramonto di tutta la concezione formalistica della matematica.

Vedremo qui di seguito di ripercorrere, in maniera semplificata, lo schema generale del ragionamento fatto da Gödel per dedurre questi teoremi (che per semplicità verranno enunciati secondo una versione di tipo semantico), soffermandoci poi sulle loro conseguenze nei confronti del programma di Hilbert.

I teoremi di Gödel sono applicabili a teorie formalizzate T il cui grado di complessità è tale per cui essi riescono ad esprimere una parte dell'aritmetica detta "elementare": sistemi così definiti vengono detti sufficientemente potenti.

Prendiamo quindi in considerazione un sistema formale T sufficientemente potente, che sarà dotato di un proprio linguaggio L, e poniamo che esso sia semanticamente coerente, ossia, per quanto detto nel paragrafo precedente, che esso possa dimostrare unicamente enunciati veri nell'interpretazione di L adottata.

Ora, supponiamo anche che si possa esprimere in una certa maniera, nel linguaggio formalizzato L di T, un enunciato autoreferenziale (cioè un enunciato che si riferisce a se stesso) GT espresso come segue:

(GT) " GT non è dimostrabile in T ". È naturale, a questo punto, chiedersi se GT sia effettivamente dimostrabile, o meno, in T. Poniamo quindi che GT sia dimostrabile; sotto questa ipotesi, allora GT è falso, dal momento che sostiene di non essere dimostrabile. Questo significa dunque che il sistema formale T è semanticamente incoerente, poiché consente di dimostrare un enunciato falso.

Al contrario, se T è effettivamente coerente dal punto di vista semantico, l'enunciato GT è vero, e perciò non è dimostrabile in T; da questo si deduce quindi che T è un sistema formale semanticamente incompleto: infatti ci troviamo nella condizione in cui esiste un enunciato vero, appunto GT, che T non può dimostrare, cioè che non è un teorema di T. Inoltre, poiché GT è vero, la sua negazione non-GT (che viene indicata simbolicamente con ¬GT) sarà falsa. Perciò, dato che nel sistema formale T, supposto coerente semanticamente, gli enunciati falsi non sono dimostrabili, si deduce, per quanto discusso prima, che né l'enunciato GT né la sua negazione ¬GT sono teoremi di T, e pertanto T è anche incompleto dal punto di vista sintattico: esiste infatti un enunciato, tale che né esso né la sua negazione sono dimostrabili in T. Di conseguenza, per quanto detto nel precedente paragrafo, l'enunciato GT è indecidibile in T. Ecco quindi dimostrata la versione semantica informale del cosiddetto Primo Teorema di Incompletezza di Gödel, il cui enunciato è il seguente: "Se T è un sistema formale sufficientemente potente e semanticamente coerente, allora esiste un enunciato GT formulato nel linguaggio L di T, tale che GT è indecidibile in T, ossia né dimostrabile né refutabile in T."

Enunciati del genere di GT vengono detti enunciati gödeliani di un determinato sistema formale: nel caso appena esposto, GT è l'enunciato gödeliano di T.

Siamo così giunti ad affermare che, se T è un sistema formale coerente semanticamente, allora GT non è dimostrabile in T.

Si può dimostrare, inoltre, che la tesi riguardante l'indimostrabilità di GT vale anche se si assume l'ipotesi più debole che il sistema formale T sia solo sintatticamente coerente. Infatti, ponendo per ipotesi GT dimostrabile in T, da ciò verrebbe dimostrata la negazione di GT (che, per come è stato definito GT, afferma appunto che GT è dimostrabile in T). Pertanto, sia GT sia ¬GT sarebbero dimostrabili, e ciò darebbe origine ad una contraddizione logica e quindi all'incoerenza sintattica di T. Da qui si inferisce che, se un sistema formale vuole essere sintatticamente coerente, allora GT non può essere un teorema di T.

Analizziamo ora il Secondo Teorema di Incompletezza di Gödel, il cui enunciato in versione semantica informale è il seguente: " Se T è un sistema formale sufficientemente potente e semanticamente coerente, allora T non può dimostrare la propria coerenza.". Supponiamo che, per ipotesi, T possa dimostrare la propria coerenza (cioè sia possibile, all'interno del sistema formale T, dimostrare l'enunciato "T è coerente"). Allora l'enunciato "T è coerente" costituirebbe l'ipotesi del teorema sopra dimostrato "Se T è coerente, allora GT non è dimostrabile in T", il quale, per come è stato definito GT, equivale all'enunciato "Se T è coerente, allora GT". Da qui, applicando la semplice regola di inferenza del modus ponens (la quale è descritta informalmente dal ragionamento: "Se B è conseguente logicamente da A, e A è dato per ipotesi, allora si deduce B"), si potrebbe dimostrare GT. Ma questa è una conclusione assurda in quanto esclusa dal Primo Teorema d'Incompletezza: l'ipotesi da cui si è partiti dunque è falsa in quanto porta a contraddizione logica, pertanto è dimostrata la sua negazione, cioè che T, nelle ipotesi fatte, non può dimostrare la propria coerenza (questa regola di inferenza, molto usata nelle dimostrazioni matematiche, viene denominata reductio ad absurdum - riduzione all'assurdo- e dimostra un enunciato A, mostrando logicamente che la sua negazione ¬A conduce ad una contraddizione rispetto a ipotesi di partenza ritenute vere, e che pertanto quest'ultima è falsa).

Dopo aver enunciato e dimostrato, in via semplificata, il contenuto dei due Teoremi di Incompletezza, vediamo, infine, in che senso essi decretano il fallimento definitivo del programma di Hilbert.

Come si è visto, Hilbert si proponeva di dimostrare la coerenza dell'aritmetica formalizzata utilizzando ragionamenti di tipo metamatematico; nelle intenzioni fin troppo ottimiste del formalista tedesco, questa dimostrazione metamatematica avrebbe dovuto essere formalizzabile in un sistema in grado di esprimere la stessa aritmetica, cioè con le stesse caratteristiche del sistema formale T di cui sopra. Tuttavia, in virtù del Secondo Teorema di Incompletezza, queste intenzioni sono impossibili da realizzare: infatti, stando al teorema, la dimostrazione di coerenza di T (sistema formale contenente l'aritmetica) non è formalizzabile in T. Pertanto, T non può auto-dimostrare dall'interno la propria coerenza, per la dimostrazione della quale si ha necessariamente bisogno di un'altra teoria formale, più ricca di T assiomaticamente e dal punto di vista del linguaggio, ma comunque anch'essa inevitabilmente soggetta alle medesime limitazioni imposte dai due Teoremi di Gödel.



1.3. Considerazioni conclusive: La matematica formalizzata tra rigore e limite

In conclusione, si può quindi delineare un sintetico quadro d'insieme degli aspetti più importanti della matematica che emergono da questa prima sezione:

a)        l'attività matematica consta in larga misura di un momento logico-deduttivo, attraverso cui, a partire da un certo numero di espressioni e proprietà fondamentali (gli assiomi) attribuite agli enti di cui parla, ne deduce proprietà più complesse mediante la dimostrazione;

b)        le teorie matematiche vengono rese più rigorose da un punto di vista logico mediante la formalizzazione, la quale rende espliciti gli enti a cui la teoria è riferita, i simboli su cui è basato il linguaggio formale utilizzato, le regole di formazione delle espressioni, gli assiomi, e le regole logiche di deduzione su cui si impernia il momento dimostrativo della teoria stessa;

c)        le teorie matematiche formali possono godere di determinate proprietà, come la coerenza (sintattica e semantica), la completezza (sintattica e semantica) e la decidibilità;

d)        i Teoremi di Incompletezza di Gödel rivestono un'importanza fondamentale, in quanto svelano l'illusoria velleità hilbertiana di poter dare stabilità al corpo delle conoscenze matematiche basandolo sulla coerenza e sulla completezza dell'aritmetica elementare formalizzata, ma soprattutto perché, più in generale, rendono evidente la limitatezza intrinseca della matematica descritta da sistemi formali sufficientemente potenti: in virtù di questi teoremi, se un sistema formale di questo tipo è coerente, non è completo (non potrà dunque dimostrare ogni enunciato espresso nel linguaggio del sistema, o la sua negazione); viceversa, se un sistema formale è completo, perde in coerenza (dando quindi luogo a contraddizioni); infine, se un sistema formale è coerente, non può dimostrare dall'interno la sua coerenza (e si ha quindi bisogno di teorie formali più ricche e complesse, anch'esse però ugualmente limitate dai due teoremi).



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