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Relatività Generale e Cosmologia




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Relatività Generale e Cosmologia













Negli anni '20 fu formulata la teoria dell' "Espansione dell'Universo", secondo la quale l'Universo si sta espandendo in tutte le direzioni, apparentemente senza avere un centro.

Inizialmente Einstein non accettò questa teoria, per poi riconoscere la sua validità, quando Hubble la dimostrò partendo dal red shift, lo spostamento verso il rosso dello spettro della luce emessa dalle galassie, tanto maggiore quanto più grande era la distanza  delle galassie e pertanto la velocità di allontanamento rispetto alla Terra.

L'espansione dell'Universo ha portato alla formulazione di vari modelli di evoluzione dell'Universo, che affrontano domande come: "l'universo ha avuto un inizio ?" e "Se ha avuto un inizio, come finirà ?

La teoria più nota è la teoria del "Big Bang


se l'universo si espande, all'inizio doveva essere concentrato in un unico punto da cui si è espanso generando lo spazio-tempo curvo attuale. Una verifica sperimentale è stata fornita dalla scoperta della radiazione di fondo presente nell'universo, l'eco del Big Bang

dopo l'esplosione iniziale che ha proiettato la materia e l'energia in tutte le direzioni, l'attrazione gravitazionale tende a rallentare l'espansione. Questa espansione è destinata a continuare sempre o ad un certo istante si fermerà e l'universo comincerà a contrarsi fino a ridursi ad un unico buco nero come quello iniziale ?

La materia osservabile nell'universo sembra non essere sufficiente a creare una forza gravitazionale in grado di fermare l'espansione e portare alla contrazione dell'universo, a meno che non esista una grande quantità di materia non visibile (la cosiddetta materia oscura).

Questo è uno dei tanti problemi che vuole affrontare per esempio il nuovo grande acceleratore di particelle (LHC - Large Hadron Collider) di Ginevra 



La materia oscura e la massa mancante

Non tutto ciò che esiste è visibile.

Come sappiamo, un oggetto perché sia visibile deve emettere delle particolari radiazioni, le "onde elettromagnetiche". Gli scienziati sono convinti che nell'Universo esista qualche cosa che non emette onde elettromagnetiche quindi né luce, né radiazioni di altro tipo: nell'Universo esisterebbe pertanto qualche cosa di assolutamente invisibile, che per tale motivo viene chiamato 'materia oscura', ma se non possiamo vederla, come possiamo sapere che esiste ?

Figura - Materia oscura

mappa tridimensionale della distribuzione di materia oscura nell'Universo,

Nel 1933 l'astronomo Zwicky, studiando i moti relativi delle galassie, notò che queste si muovevano molto in fretta e calcolò che la materia contenuta nel gruppo di galassie osservate, doveva essere almeno 20 volte maggiore di quella corrispondente alle stelle e ai gas visibili, altrimenti le galassie non avrebbero potuto restare unite perché la velocità che le animava era tale che avrebbe dovuto disperderle nello spazio.

Negli anni Settanta, alcuni astrofisici provarono che anche nella nostra galassia doveva esserci molta più materia di quella che si riusciva a vedere diretta-mente; misurarono la massa della Via Lattea som-mando la quantità totale di luce emessa e quindi valutò gli effetti gravitazionali che questa materia avrebbe dovuto esercitare sulla vicina galassia di Andromeda. La conclusione fu che la nostra galassia dovrebbe avere una massa dieci volte maggiore di quella misurabile visivamente.

Si sapeva che le galassie girano intorno ad un'asse che attraversa il loro centro, dove è concentrato il maggior numero di stelle, allo stesso modo in cui i pianeti girano intorno al Sole, cioè più velocemente quelli vicini all'astro centrale, più lentamente quelli lontani. Gli scienziati però notarono che le stelle più esterne delle galassie osservate ruotavano all'incirca alla stessa velocità di quelle più interne, anzi, a volte questa velocità era anche leggermente superiore.

Il fenomeno non poteva essere spiegato in altro modo se non ammettendo che la massa delle stelle visibili nel centro non era tutto ciò che effettivamente esisteva nella galassia: di conseguenza, doveva esserci della materia che non si riusciva a vedere, ma che produceva i suoi bravi effetti gravitazionali.

La conclusione fu quindi che nell'Universo dovesse esserci materia in quantità maggiore di quella che si riusciva a vedere attraverso gli strumenti, e ad essa fu dato il nome di 'materia oscura' (in inglese Dark Matter). Essa avrebbe dovuto essere presente sia alla periferia delle singole galassie, sia intorno alle galassie aggregate in ammassi e poteva essere rivelata solo registrando la forza di gravità che essa stessa generava.

Si è calcolato che la materia oscura non è poca cosa in quanto dovrebbe rappresentare almeno 10 volte di più di quello che si riesce a vedere attraverso la luce e le altre radiazioni elettromagnetiche; in altre parole, almeno il 90% della massa delle galassie non emetterebbe alcuna forma di luce visibile né radiazioni elettromagnetiche di altro tipo captabili con strumenti adatti. Di che tipo di materia potrebbe trattarsi?

Di cosa è fatta la materia oscura ?

La risposta più semplice sarebbe quella di immaginare che all'interno delle galassie vi sia materia "ordinaria", cioè materia del tipo di quella che già conosciamo, ma che emette radiazioni molto deboli e quindi è invisibile a grande distanza. Questa materia non visibile, ma pesante, potrebbe essere costituita, ad esempio, da pianeti, satelliti, asteroidi e meteoriti, cioè da materia del tipo di quella che gravita intorno al nostro Sole.

Tutto ciò che ruota intorno al nostro Sole (pianeti, satelliti, asteroidi) è r però ben poca cosa rispetto alla massa del sole: appena lo 0,1% della massa totale, l'altro 99,9% risiede nel Sole stesso. Quindi, anche se intorno ad altre stelle vi fossero pianeti, satelliti e altri corpi non visibili a grande distanza, questa materia rappresenterebbe una percentuale trascurabile e perciò la materia oscura non va quindi cercata intorno alle stelle.

La cosmologia insegna che la materia ordinaria, ossia quella formata di protoni, neutroni ed elettroni, non può esistere in quantità superiore ad un certo limite: la teoria del Big Bang afferma che in un breve lasso di tempo, quando l'Universo aveva un'età di circa tre minuti, avvenne il fenomeno della nucleosintesi, cioè l'unione di protoni e neutroni dalla quale si formarono i nuclei degli atomi più leggeri.

Questo fenomeno di fusione di particelle subatomiche non avrebbe potuto realizzarsi prima di quel tempo, né avrebbe potuto proseguire in tempi successivi perché solo in quel brevissimo lasso di tempo si realizzarono le condizioni adatte: prima la temperatura era troppo elevata perché si potessero unire protoni e neutroni e dopo, a causa dell'espansione in atto, la temperatura si ridusse in misura tale che le collisioni non potevano avvenire con energia sufficiente per formare altri atomi.

Figura - Neutrino

Oggi è possibile riprodurre in laboratorio le condizioni che portarono alla nucleosintesi e quindi valutare le probabilità che le collisioni possano formare un certo nucleo.

Scartata quindi l'idea che la materia oscura possa essere costituita da materia ordinaria, si è passati ad analizzare il mondo subatomico per vedere se da quelle parti poteva esserci qualche corpuscolo adatto a rappresentare la materia oscura. Si è pervenuti quindi a ritenere che i neutrini potrebbero rappresentare un candidato possibile al ruolo di materia oscura.

Il neutrino è una particella di piccolissime dimensioni e priva di carica elettrica la quale si forma durante le reazioni nucleari e la cui esistenza fu ipotizzata prima della sua effettiva osservazione, avvenuta 1956, all'interno dei reattori nucleari dove vengono prodotti in grande quantità.

Oggi non è difficile osservare i neutrini, ma è difficilissimo misurare la loro massa. Invece determinare la massa del neutrino è di fondamentale importanza perché questa, anche se fosse minima, consentirebbe di considerare quel piccolo corpuscolo come il rappresen-tante della materia oscura che stiamo cercando.

Nei primi attimi del Big Bang avvennero molte reazioni nucleari e molte di queste reazioni generarono neutrini. Si calcola che per ogni particella dotata di massa (protone o neutrone che sia) si formarono 100 milioni di neutrini. Pertanto, anche se ogni singolo neutrino possedesse una massa infinitesimale (forse circa 1/10.000 della massa dell'elettrone), tutti insieme i neutrini avrebbero una massa sufficiente per giustificare la materia oscura.

A tutt'oggi gli scienziati sono ancora dubbiosi del fatto che il neutrino abbia effettivamente una massa perché gli esperimenti condotti portano a risultati contraddittori. Essi invece sono indotti a ritenere che, anche se i neutrini avessero una massa, questa dovrebbe essere irrilevante e quindi non potrebbe risolvere il problema della massa oscura.

LHC - una grande opportunità o un pericolo ?

Negli ultimi mesi del 2008 è stato inaugurato il nuovo acceleratore di particelle LHC (Large Hadron Collider) di Ginevra, un acceleratore molto più potente di quelli precedentemente costruiti, in grado di far scontrare adroni, cioè protoni e antiprotoni a velocità quasi uguali a quella della luce, con un'energia del'ordine di alcuni TeV (un TeV equivale a 1000 GeV, miliardi di eV).

Questo acceleratore dovrebbe permettere di studiare la materia in condizioni vicine a quelle presenti al momento del Big Bang, realizzando la fusione tra particelle prima impossibili in laboratorio, che potranno fornire maggiori informazioni sulla struttura della materia, compresa la possibilità di dimostrare sperimentalmente la teoria della gravità quantistica.

In particolare un esperimento riguarderà la ricerca del bosone di Higgs, la particella ipotizzata ma mai dimostrata, che fornisce la massa ai corpi, uno studio importante anche per la ricerca della "massa oscura" e della sua origine, che sarà permesso dalla formazione di microscopici buchi neri del tutto simili a quelli che si formano normalmente quando i raggi cosmici ad altissima energia colpiscono la nostra atmosfera. Si tratta di buchi neri che 'evaporano' e decadono in molte particelle in una piccolissima frazione di secondo.

Un altro esperimento si occuperà di capire il comportamento che hanno avuto materia e antimateria subito dopo il Big Bang. In origine, materia e antimateria dovrebbero essere comparse in quantità uguali, eppure oggi tutto ciò che conosciamo è composto da sola materia; l'esperimento cercherà di capire dove è finita l'antimateria.

Qualsiasi corpo può diventare un buco nero, se si ha la possibilità di comprimere la sua massa a livelli estremi: la Terra dovrebbe occupare lo spazio di una biglia.

La prospettiva di creare buchi neri in laboratorio, tuttavia, non era mai stata presa in considerazione fino a pochi anni fa. Si riteneva che per creare mini buchi neri in un acceleratore occorresse una massa non inferiore a 10 microgrammi, quella di un granello di polvere. Ma per crearla attraverso lo scontro di particelle sarebbe stata necessaria un'energia di 10 milioni di miliardi di TeV, ottenibile solo in acceleratori grandi come tutta la Via Lattea.

Quindi, nessuno, giustamente, si preoccupava di una simile eventualità. Ma le nuove teorie sull'esistenza di altre dimensioni nell'universo, fanno ora ritenere possibile produrre mini buchi neri in acceleratori con energia di alcuni TeV: le energie che si sviluppano nelle particelle che si scontrano in LHC possono trasformare l'acceleratore in una fabbrica che produce un buco nero al secondo», secondo alcuni fisici.

E ci si pone allora la domanda: c'è il rischio che questi 86.400 mini buchi neri prodotti ogni giorno possano cominciare a mangiare l'acceleratore un protone dopo l'altro e poi piano piano inghiottire Ginevra, la Svizzera e in ultimo tutto il Pianeta?

Alla prima critica il mondo scientifico risponde con l'osservazione che la scienza teorica è sempre stata alla base delle scoperte successive e delle loro applicazioni pratiche; alla seconda risponde che in natura vengono già prodotti continuamente dei buchi neri, in presenza si grandi quantità di energia concentrate in spazi minimi, a causa delle radiazioni cosmiche e pertanto se il problema fosse reale si sarebbe già presentato.

Stephen Hawking, probabilmente il più grande fisico del nostro periodo, ha la risposta pronta: i mini buchi neri vivrebbero al massimo per un centomilionesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo e poi evaporerebbero senza alcun danno.


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